I rivoltosi londinesi e il diritto al lusso
di Iside Gjergji
Walter Benjamin si interrogò a lungo sul motivo per cui gli insorti parigini del 1830 sparavano agli orologi pubblici, facendolo in modo del tutto spontaneo e senza accordarsi tra di loro. Capire cosa rappresentavano quegli orologi per i rivoltosi di Parigi – che nel frattempo erano scesi in strada, avevano scalzato i pavé e innalzato le barricate – significava comprendere l’essenza stessa della rivolta. Per Benjamin quelli orologi erano il simbolo del tempo scandito dal “progresso” e dalla “disciplina del lavoro”, dettata dai ritmi e dai modi dell’economia capitalista. Erano cioè il simbolo di tutto ciò che aveva disumanizzato ed espulso da un’esistenza dignitosa intere fasce della popolazione di Parigi. E anche per questo che distruggerli significava allora chiudere con i vecchi tempi e aprire nuove dimensioni temporali.
Pour ceux qui ne connaîtraient pas ou qui ne disposeraient pas de ce texte qui parle si bien de la Guerre de Cent Mille Ans... le voici :
Questions que se pose un ouvrier qui lit
Qui a construit Thèbes aux sept portes ?
Dans les livres, on donne les noms des Rois.
Les Rois ont-ils traîné les blocs de pierre ?
Babylone, plusieurs fois détruite,
Qui tant de fois l’a reconstruite ? Dans quelles maisons
De Lima la dorée logèrent les ouvriers du bâtiment ?
Quand la Muraille de Chine fut terminée,
Où allèrent ce soir-là les maçons ? Rome la grande
Est pleine d’arcs de triomphe. Qui les érigea ? De qui
Les Césars ont-ils triomphé ? Byzance la tant chantée.
N’avait-elle que des palais
Pour les habitants ? Même en la légendaire Atlantide
Hurlant dans cette nuit où la mer l’engloutit,
Ceux qui se noyaient voulaient leurs esclaves.
Le jeune Alexandre conquit les Indes.
Tout seul ?
César... (continuer)
Le foto di Stefano Cucchi. Quel corpo prosciugato, quella maschera di ematomi sul viso, un occhio aperto, quasi fuori dall'orbita. Quella morte di Federico Aldrovandi, quel giovane riverso a terra, le mani ammanettate dietro la schiena, esanime. Quelle urla di Giuseppe Uva, dentro la caserma dei carabinieri di Varese. Quelle sue foto col pannolone da adulto incontinente, imbrattato di sangue. Quelle facce gonfie, viola, i rivoli di sangue. E tutte le altre storie, rimaste ignote, oppure richiamate da un trafiletto di giornale, e già dimenticate. Giovanni Lorusso, Marcello Lonzi, Eyasu Habteab, Mija Djordjevic, Francesco Mastrogiovanni. E molti altri. In Italia in carcere si muore. Alcuni sono suicidi, alcuni no. E si muore durante un arresto, una manifestazione di piazza, un trattamento sanitario obbligatorio. Dietro le informazioni istituzionali spesso c'è... (continuer)
Invece è del giugno scorso l'arresto del torinese Massimo Gatto, 47 anni, maresciallo dei carabinieri e comandante della stazione di Parabiago, nel Milanese.
L'accusa: aver molestato, abusato e stuprato una decina di donne, italiane e straniere, poste sotto la sua custodia o che si erano rivolte ai carabinieri per avere giustizia o protezione.
Di questo bastardo, che era anche presidente provinciale di una fantomatica associazione "cavalleresca" (L'UNCI, Unione Nazionale Cavalieri d'Italia, che avrebbe tra i suoi scopi "mantenere alto il sentimento per il riarmo morale; tutelare in relazione alle leggi vigenti il diritto ed il rispetto delle Istituzioni cavalleresche; rendere gli Insigniti stessi esempio di correttezza civica e morale" e bla bla bla...), di questo laido schifoso stupratore - dicevo - una foto c'è:
"[...] Violenza sessuale, concussione sessuale e perquisizione arbitraria... (continuer)
Bartleby 11/8/2011 - 09:06
''Massacrato dai poliziotti mentre già ero sulla barella''
(4 luglio 2011)
La testimonianza di Fabiano Di Berardino della rete Global Project ed esponente del centro sociale bolognese Tpo ferito durante gli scontri in Val di Susa [durante le manifestazioni anti-TAV] e denunciato a piede libero: "Dicevano 'ti ammazziamo', mi hanno rovesciato addosso dell'urina lasciandomi sotto il sole per tre ore"
(video di M. Ravarino da La Repubblica)