[XVIII sec.]
Canzone di autore anonimo, di probabile origine scozzese, di cui Karen Dalton diede una sua personalissima interpretazione nell’album “In My Own Time” del 1971. Da quel momento il brano fu associato alla voce della grande musicista e cantante newyorchese.
“Quando arrivai in città la prima volta
Allora mi chiamavano gioiello d’amore.
Ora hanno cambiato musica
E mi chiamano Katie la crudele…
Ho pensato di proporre questa bellissima canzone perché credo che possa essere dedicata a tutte le donne che in epoche diverse, ma tutte dominate dalla “virile” violenza e dalla sua declinazione di massa che è la guerra, sono state vittime della sopraffazione, dei soprusi, degli abusi inflitti loro senza requie dai “guerrieri”. Dalle violenze quasi ogni giorno inferte tra le “quiete” mura domestiche, alle ragazzine stuprate dai branchi…; dai corpi femminili da sempre bottino di guerra,... (Continues)
Une chanson qui traite de la bêtise, de la lâcheté, de l'ingratitude, de la méchanceté et de l'ignominie des hommes (pas nécessairement guerriers, pas nécessairement militaires...). Toutes attitudes qui se passent de commentaires... Sauf ceci que l'esclavage des un(e)s ne fait pas le bonheur des autres... (Jamais !)
Sur un thème assez proche, une variante de la même histoire, Fabrizio De André avait écrit Bocca di Rosa...
Clint Eastwood doveva aver ben presente questa canzone quando diresse il suo capolavoro "Unforgiven" ("Gli spietati"), quel bellissimo "The End" del genere western, scritto da David Webb Peoples, la cui storia prende l'avvio dalla vendetta di un gruppo di "roving jewels" per la violenza subita da una di loro, sfigurata da un cliente, un cow-boy dal coltello troppo facile e dal cazzo troppo piccolo...
Già..., spesso capita che più grossi sono i coltelli, le pistole e i cannoni e più piccoli sono i cervelli e i pirilli...
Ci segnalano che la notizia che Karen Dalton sia morta per le strade di New York è FALSA.
Come racconta molto bene il suo caro amico Peter Walker, è morta in una casa mobile nei pressi di Woodstock dove lui stesso l’aveva ospitata.
"Poco si sa della sua fine, ma si racconta che abbia trascorso i suoi ultimi anni come una “hobo”, vivendo per strada, e che sulla strada sarebbe probabilmente anche morta, per le conseguenze dell’AIDS contratta, se un suo vecchio amico, il grande chitarrista folk Peter Walker, non l’avesse raccolta e assistita nelle ultime settimane di vita."
(1962?)
dall'album "Tear Down The Walls" (1964) con Vince Martin
“It’s an anti-war song by Fred Neil which was written after the US dropped atomic bombs on Hiroshima and Nagasaki. The red canna flowers were the first flowers to bloom in the charred rubble, they became a symbol of courage and hope to the survivors.”
(Alex Gallacher, “The Attic Story and Karen Dalton – Red Are The Flowers”, su Folk Radio UK (FRUK))
Fred Neil scrisse questa canzone ben prima del 1964, anno di pubblicazione dell’album “Tear Down The Walls”. Infatti il brano si trova già interpretato da Karen Dalton nel disco “Cotton Eyed Joe”, un’incisione domestica realizzata nel 1962 a Boulder, Colorado, e riproposta in versione rimasterizzata nel 2007.
Canzone di autore anonimo, di probabile origine scozzese, di cui Karen Dalton diede una sua personalissima interpretazione nell’album “In My Own Time” del 1971. Da quel momento il brano fu associato alla voce della grande musicista e cantante newyorchese.
“Quando arrivai in città la prima volta
Allora mi chiamavano gioiello d’amore.
Ora hanno cambiato musica
E mi chiamano Katie la crudele…
Ho pensato di proporre questa bellissima canzone perché credo che possa essere dedicata a tutte le donne che in epoche diverse, ma tutte dominate dalla “virile” violenza e dalla sua declinazione di massa che è la guerra, sono state vittime della sopraffazione, dei soprusi, degli abusi inflitti loro senza requie dai “guerrieri”. Dalle violenze quasi ogni giorno inferte tra le “quiete” mura domestiche, alle ragazzine stuprate dai branchi…; dai corpi femminili da sempre bottino di guerra,... (Continues)