[XIV° secolo]
Una ballata composta da Eustache Deschamps, o Eustache Morel [1345-1405]
Testo trovato su Diachronie, sito belga dedicato alla poesia medievale.
Eustache Deschamps, poeta e uomo d'armi, conobbe da vicino il potere e le sue lusinghe ma ebbe pure il destino di nascere alla vigilia dello scoppio della “Guerra dei 100 anni” e vide per tutta la vita anche le devastazioni, i saccheggi, la miseria, la morte. Da questa esperienza deriva il suo ripudio verso la guerra e, in questa ballata in particolare (alla fine del secondo decasillabo), forse addirittura una certa riserva rispetto alle crociate contro i musulmani, conclusesi soltanto nel secolo precedente (almeno così sostiene Tania Van Hemelryck nella sua ricerca Christine de Pizan et la paix : la rhétorique et les mots pour le dire)
“Jamais ne quier suir guerre ne ost” potrebbe tradursi – ma meglio saprà dirci Riccardo – come “Non ho mai voluto seguire guerra né eserciti”, dove “ost” sta per “armée” in francese medievale.
Je mercy Dieu de ses biens, de sa grace, (continuer)
envoyé par Bernart Bartleby 28/6/2017 - 16:33
Non è che Riccardo ci avrebbe molto da dire al riguardo, dato che quel verso significa proprio quello. Si potrebbe casomai dire che ost deriva in ultima analisi dal latino hostis, dal significato sia di "ospite" che di "nemico, rivale, avversario" (v. "ostile"). Probabilmente per francesismo, "oste" (di genere femminile, come in francese antico) ha il significato di "armata, esercito" anche in italiano arcaico.
Due parole del traduttore. Stavolta ho cercato di seguire (vagamente) il ritmo e qualche rima, indi per cui la traduzione è in alcuni punti discretamente libera.
Poème d'Eustache Deschamps, où Eustache Morel [1345-1405]
Interprétation récitée:
Lucie de Vienne Blanc / Henri Barras, dans: Six Centuries of Recited French, Smithsonian Folkways, 1962
Interprétation musicale: Anne Vanderlove
Musique: Anne Vanderlove
Album: La folle du bout du quai
Poesia di Eustache Deschamps, o Eustache Morel [1345-1405]
Interpretazione recitata:
Lucie de Vienne Blanc / Henri Barras, in: Six Centuries of Recited French, Smithsonian Folkways, 1962
Interpretazione musicale: Anne Vanderlove
Musica: Anne Vanderlove
Album: La folle du bout du quai
Que vos fill's et vos fils vont, la main dans la main / Faire l'amour ensemble et l'Europ' de demain / Qu'ils se soucient de vos batailles presque autant / Que l'on se souciait des guerres de Cent Ans, cantava Georges Brassens nella sua famosa (e controversa) Les deux oncles.
Certo è che, se adesso possiamo « preoccuparci... (continuer)
Contribuendo l'adattamento in francese di oggi, mi sono accorto che nel testo manca l'envoy. Inoltre mi pare che su Diachronie la grafia sia piuttosto differente...
In testi del genere, a seconda dei vari manoscritti, gli Envois sono a volte spuri, ovvero composti e aggiunti di sana pianta dal copista che così ci voleva, come dire, "mettere qualcosa di suo". Bisognerebbe essere esperti di filologia deschampsiana per saperlo, può benissimo essere che in un'eventuale edizione critica dei componimenti di Deschamps siano stati individuati degli envois non originali, e espunti. Si tratta naturalmente di un'ipotesi; ma in questo caso potrebbe anche essere così. Salud!
[XIV° secolo]
Una ballata composta da Eustache Deschamps, o Eustache Morel [1345-1405]
Testo trovato su Diachronie, sito belga dedicato alla poesia medievale.
Eustache Deschamps, poeta e uomo d'armi (fu poeta di corte ma anche ufficiale d'armi, scudiero e balivo) conobbe da vicino il potere e le sue lusinghe ma ebbe pure il destino di nascere alla vigilia dello scoppio della “Guerra dei 100 anni” e vide per tutta la vita anche le devastazioni, i saccheggi, la miseria, la morte. Forse parlare di un suo ripudio della guerra – come ho fatto nel'introduzione ad altre sue ballate – è improprio, ma certamente Eustache Deschamps, uomo colto ed intelligente, capiva che quella guerra, così prolungata, così feroce, era una guerra profondamente ingiusta dove i potenti e le loro soldataglie (e in particolare i “routiers”, i mercenari soldati di ventura) facevano il bello ed il cattivo tempo, disponendo... (continuer)
Au jour d'ui veult chascun guerre mener (continuer)
[XIV° secolo]
Un “canto reale” composto da Eustache Deschamps, o Eustache Morel [1345-1405]
Testo trovato su questo sito belga dedicato alla poesia medievale.
Il “chant royal” è stato un genere poetico, prossimo alla “ballade”, in voga in Francia tra il XIV ed il XVI secolo. Si chiamava così perchè originariamente i decasillabi venivano composti in onore del re, dei nobili, ma in seguito furono introdotti temi di tutt'altro genere, come questo trattato da Eustache Deschamps, che pure nella dispedita finale rivolge il suo appello morale al nobile di turno (Carlo VI, o Luigi I d'Orléans?).
Si tratta infatti di una feroce satira contro i potenti feudatari dell'epoca – quella sanguinosa e tetra della Guerra dei 100 anni, di cui Deschamps fu testimone diretto – paragonati a scimmie, lupi, orsi e leoni, fiere insaziabili che hanno letteralmente tosato, spelato, divorato, annientato il loro... (continuer)
Per BB come "criterio" se metterai altre ballate di Deschamps: la grafia del francese antico è ovviamente fluttuante, ma nei titoli a mio parere è sempre meglio scrivere "Ballade", con due "l" e come richiede la grafia moderna del termine. Anche perché "balade" in francese significa "passeggiata" (e il "baladeur" è il walkman...). Salud.
Due parole del traduttore. La traduzione è nel “consueto” italiano più o meno secentesco che mi diverto (sì, lo confesso) a fare a volte per questo genere di cose, cercando di restare comunque comprensibile. Ma il francese trecentesco di Eustache Deschamps è lingua tanto flessibile quanto difficile e oscura, e c'è stato quindi bisogno forzato di qualche nota esplicativa pe' lettori moderni.
Ciao Riccardo, ho scritto "ballade" in introduzione ma la fonte belga citata (Diachronie) riporta "Titre - Balade moult morale"...
D'altra parte, il testo riportato da fr.wikisource è davvero molto diverso. Ho optato per il primo perchè mi sembrava più "filologico" e perchè quello della raccolta del 1861 mi sembrava un po' troppo corretto al francese corrente.
Interessante.
Scopro ora su Wiktionnaire che "balade" (passeggiata) e "ballade" (ballata) avrebbero la medesima origine storica:
"Du verbe balader, lui-même venant de ballade (« poème chanté ») en raison des saltimbanques qui se déplaçaient sans destination particulière et qui chantaient des ballades pour demander l’aumône."
Anche secondo me hai fatto benissimo a utilizzare il testo che hai proposto, e condivido in pieno le tue motivazioni e osservazioni sul testo dato da fr.wikisource (comunque molto utile per le note). Quel che dici a proposito della "correzione al francese corrente" è assolutamente esatto (si veda ad esempio l'uso degli accenti, pressoché inesistente all'epoca). Quanto a "ballade" e "balade", ignoravo davvero che avessero un'origine comune; sembra quasi che sia avvenuto un traslato simile a quello dell'italiano "saltapicchiare" o roba del genere. Davvero grazie e complimenti per queste cose, BB. Salud (da un RV operato, laparoscopizzato e fasciato)
Ho sempre pensato che “Le conseil tenu par les rats” fosse una favola di Jean de La Fontaine ispirata ad una delle favolette morali di Esopo, quella che inizia con “Ἔν τινι οἰκίᾳ πολλοὶ μύες ἦσαν.”
Invece scopro oggi che lo scrittore seicentesco più che ad Esopo si era rifatto ad una ballata di Deschamps, già di per sé un apologo su oppressione e resistenza composto da un poeta che conobbe da vicino il potere e le sue lusinghe ma che ebbe anche il destino di nascere alla vigilia dello scoppio della “Guerra dei 100 anni” e vide per tutta la vita anche le devastazioni, i saccheggi, la miseria, la morte.
Una ballata composta da Eustache Deschamps, o Eustache Morel [1345-1405]
Testo trovato su Diachronie, sito belga dedicato alla poesia medievale.
Eustache Deschamps, poeta e uomo d'armi, conobbe da vicino il potere e le sue lusinghe ma ebbe pure il destino di nascere alla vigilia dello scoppio della “Guerra dei 100 anni” e vide per tutta la vita anche le devastazioni, i saccheggi, la miseria, la morte. Da questa esperienza deriva il suo ripudio verso la guerra e, in questa ballata in particolare (alla fine del secondo decasillabo), forse addirittura una certa riserva rispetto alle crociate contro i musulmani, conclusesi soltanto nel secolo precedente (almeno così sostiene Tania Van Hemelryck nella sua ricerca Christine de Pizan et la paix : la rhétorique et les mots pour le dire)
“Jamais ne quier suir guerre ne ost” potrebbe tradursi – ma meglio saprà dirci Riccardo – come “Non ho mai voluto seguire guerra né eserciti”, dove “ost” sta per “armée” in francese medievale.