Ellos pasan por el Puente de los Franceses
igual que por Atocha,
van al manzanares,
patinan, ríen, cantan, fuman,
vuelven a su hogar
transeúntes, subterráneos,
tal vez en la línea verde o la marrón.
Yo paso por Cuatro Vientos
y sólo veo el frente,
el Puente de los Franceses,
mamita mía y los milicianos.
Tal vez yo también vuelva a mi hogar,
si lo tuviera,
antes de que el metro abra
y bajaré hasta Cibeles
para coger el N18 hasta Casa de Campo.
Ellos no lo saben,
en la Casa de Campo, mamita mía,
montamos un muro.
Yo miro al Manzanares
con ojos de Vicente Rojo
y al metro como
refugio antiaéreo.
No veo al Ateneo como una reliquia,
aún no he enterrado a mis muertos,
cuando paso por Ventas
siempre me acuerdo de Victoria Kent.
Y así siempre en las travesías,
voy a Valencia y veo las colas zarpando al exilio
y los cuadros del Prado.
Muchas veces he estado en Plaza Cataluña
y nunca pienso en el Hard Rock Café
ni en las floristerías
sino en la Telefónica
y en García Oliver.
Ellos no lo saben, mamita mía,
bailan, juegan, hacen turismo
los hijos del siglo XXI
sobre la última capa de tierra
del castillo de Montjuic,
velan a sus muertos
en el Cementerio del Este,
que ahora es mucho más grande que entonces,
y pasean por las calles céntricas
mientras yo me disuelvo en ellas
y me vuelvo invisible
como Federico Sánchez.
Cuando me ves ahí,
entre ellos,
disfrutando el atardecer, aparentemente,
con la mirada perdida entre el Manzanares
y mis papeles, no estoy pintando un cuadro,
estoy trazando planos y vendettas,
apurando los últimos minutos como Miaja,
cubriendo puntos débiles y anotando bajas.
Ellos no lo saben: cuarenta años de paz
no son nada,
pero hay quien tiene memoria de elefante.
Yo lo intuyo,
las tragedias se repiten,
las tragedias se repiten como tragedias,
por eso, cada vez que paso
por el Puente de los Franceses
me pongo triste.
igual que por Atocha,
van al manzanares,
patinan, ríen, cantan, fuman,
vuelven a su hogar
transeúntes, subterráneos,
tal vez en la línea verde o la marrón.
Yo paso por Cuatro Vientos
y sólo veo el frente,
el Puente de los Franceses,
mamita mía y los milicianos.
Tal vez yo también vuelva a mi hogar,
si lo tuviera,
antes de que el metro abra
y bajaré hasta Cibeles
para coger el N18 hasta Casa de Campo.
Ellos no lo saben,
en la Casa de Campo, mamita mía,
montamos un muro.
Yo miro al Manzanares
con ojos de Vicente Rojo
y al metro como
refugio antiaéreo.
No veo al Ateneo como una reliquia,
aún no he enterrado a mis muertos,
cuando paso por Ventas
siempre me acuerdo de Victoria Kent.
Y así siempre en las travesías,
voy a Valencia y veo las colas zarpando al exilio
y los cuadros del Prado.
Muchas veces he estado en Plaza Cataluña
y nunca pienso en el Hard Rock Café
ni en las floristerías
sino en la Telefónica
y en García Oliver.
Ellos no lo saben, mamita mía,
bailan, juegan, hacen turismo
los hijos del siglo XXI
sobre la última capa de tierra
del castillo de Montjuic,
velan a sus muertos
en el Cementerio del Este,
que ahora es mucho más grande que entonces,
y pasean por las calles céntricas
mientras yo me disuelvo en ellas
y me vuelvo invisible
como Federico Sánchez.
Cuando me ves ahí,
entre ellos,
disfrutando el atardecer, aparentemente,
con la mirada perdida entre el Manzanares
y mis papeles, no estoy pintando un cuadro,
estoy trazando planos y vendettas,
apurando los últimos minutos como Miaja,
cubriendo puntos débiles y anotando bajas.
Ellos no lo saben: cuarenta años de paz
no son nada,
pero hay quien tiene memoria de elefante.
Yo lo intuyo,
las tragedias se repiten,
las tragedias se repiten como tragedias,
por eso, cada vez que paso
por el Puente de los Franceses
me pongo triste.
Lingua: Italiano
Traduzione italiana di Lorenzo Masetti
BUS NOTTURNO 18 (IL PONTE DEI FRANCESI)
Loro, loro passano per il Ponte dei Francesi
come per Atocha,
vanno lungo il Manzanarre [1]
pattinano, ridono, cantano, fumano
tornano a casa
passeggeri, sotterranei
forse sulla linea verde o la marrone.
Io passo per Cuatro Vientos [2]
e vedo solo il fronte,
il Ponte dei Francesi,
mamma mia e i miliziani.
Forse, magari, anch'io tornerò a casa,
se solo ce l'avessi,
prima che apra la metro
e scenderò fino a Cibeles [3]
per prendere il bus notturno 18 fino alla Casa de Campo [4]
Loro non lo sanno,
nella Casa de Campo, mamma mia
abbiamo tirato su un muro.
Io guardo il Manzanarre
con gli occhi di Vicente Rojo [5]
e la metropolitana come
rifugio antiaereo.
Non vedo l'Ateneo como una reliquia
non ho ancora seppellito i miei morti
quando passo per Ventas [6]
mi ricordo sempre di Victoria Kent [7]
E così sempre sulle rotte
vado a Valencia e vedo le code di gente che salpa verso l'esilio
e i quadri del Prado. [8]
Sono stata molte volte in plaça Catalunya [9]
e non penso mai all'Hard Rock Café
né ai negozi di fiori
ma alla Centrale Telefonica [10]
e a García Oliver [11]
Loro non lo sanno, mamma mia,
ballano, giocano, fanno turismo
i figli del ventunesimo secolo
sopra l'ultimo strato di terra
del castello di Montjuic,
vegliano i loro morti
nel Cimitero dell'Est [12]
che ora è molto più grande che allora,
e passeggiano per le vie del centro
mentre io mi dissolvo in esse
e divento invisibile
come Federico Sánchez. [13]
Quando mi vedi lì,
tra di loro,
a godermi il tramonto, apparentemente,
con lo sguardo perduto tra il Manzanarre
e le mie carte, non sto dipingendo un quadro
sto tracciando piani e vendette,
affrettando gli ultimi minuti come Miaja [14]
coprendo punti deboli e annotando le perdite.
Loro non lo sanno: quarant'anni di pace
non sono niente
però c'è chi ha memoria di elefante.
Io lo intuisco,
le tragedie si ripetono
le tragedie si ripetono come tragedie,
per questo, ogni volta che passo
per il Ponte dei Francesi
mi sento triste.
Loro, loro passano per il Ponte dei Francesi
come per Atocha,
vanno lungo il Manzanarre [1]
pattinano, ridono, cantano, fumano
tornano a casa
passeggeri, sotterranei
forse sulla linea verde o la marrone.
Io passo per Cuatro Vientos [2]
e vedo solo il fronte,
il Ponte dei Francesi,
mamma mia e i miliziani.
Forse, magari, anch'io tornerò a casa,
se solo ce l'avessi,
prima che apra la metro
e scenderò fino a Cibeles [3]
per prendere il bus notturno 18 fino alla Casa de Campo [4]
Loro non lo sanno,
nella Casa de Campo, mamma mia
abbiamo tirato su un muro.
Io guardo il Manzanarre
con gli occhi di Vicente Rojo [5]
e la metropolitana come
rifugio antiaereo.
Non vedo l'Ateneo como una reliquia
non ho ancora seppellito i miei morti
quando passo per Ventas [6]
mi ricordo sempre di Victoria Kent [7]
E così sempre sulle rotte
vado a Valencia e vedo le code di gente che salpa verso l'esilio
e i quadri del Prado. [8]
Sono stata molte volte in plaça Catalunya [9]
e non penso mai all'Hard Rock Café
né ai negozi di fiori
ma alla Centrale Telefonica [10]
e a García Oliver [11]
Loro non lo sanno, mamma mia,
ballano, giocano, fanno turismo
i figli del ventunesimo secolo
sopra l'ultimo strato di terra
del castello di Montjuic,
vegliano i loro morti
nel Cimitero dell'Est [12]
che ora è molto più grande che allora,
e passeggiano per le vie del centro
mentre io mi dissolvo in esse
e divento invisibile
come Federico Sánchez. [13]
Quando mi vedi lì,
tra di loro,
a godermi il tramonto, apparentemente,
con lo sguardo perduto tra il Manzanarre
e le mie carte, non sto dipingendo un quadro
sto tracciando piani e vendette,
affrettando gli ultimi minuti come Miaja [14]
coprendo punti deboli e annotando le perdite.
Loro non lo sanno: quarant'anni di pace
non sono niente
però c'è chi ha memoria di elefante.
Io lo intuisco,
le tragedie si ripetono
le tragedie si ripetono come tragedie,
per questo, ogni volta che passo
per il Ponte dei Francesi
mi sento triste.
[1] Il Puente de los Franceses (detto così dalla nazionalità degli ingegneri che parteciparono al progetto) è un ponte ferroviario sopra il fiume Manzanares, luogo di cruente battaglie durante la difesa di Madrid e immortalato nelle celebri coplas.
[2] quartiere a sud ovest della città di Madrid
[3] piazza nel centro di Madrid, vicino alla Porta di Alcalá
[4] Il più grande parco pubblico di Madrid. Prima del 1931 era terreno di caccia riservato alla Casa Reale. Ancora oggi vi si trovano resti delle trincee della guerra civile.
[5] Vicente Rojo Lluch capo di stato maggiore dell'Esercito Popolare della Repubblica durante la guerra civile
[6] quartiere a est di Madrid
[7] Avvocata e politica spagnola. Fu la prima donna ad entrare nel Collegio per Avvocati di Madrid nel 1925, nel pieno della dittatura di Miguel Primo de Rivera e la prima donna al mondo che esercitò come avvocata presso un tribunale militare
[8] Con l'infuriare dei combattimenti nella capitale, il governo repubblicano trasferì alcuni dei dipinti più significativi del museo del Prado fino a Barcellona con un viaggio rocambolesco, da dove furono poi trasferiti in Francia e poi a Ginevra. Le opere tornarono in Spagna solo alla fine della guerra.
[9] La grande piazza centrale di Barcellona
[10] Nel maggio 1937 a Barcellona, unità della Guardia Civil (comandate dal Partito Comunista di Spagna e dalla controparte locale, il Partito Socialista Unificato della Catalogna) tentarono di prendere il controllo della centrale telefonica fino ad allora amministrata da lavoratori anarchici. Gli occupanti resistettero e risposero al fuoco, dando inizio a una serie di scontri per la città. Ne risultarono cinque giorni di scontri per le strade, con gli anarchici spalleggiati dai militanti del Partito Operaio di Unificazione Marxista (POUM, Partido Obrero de Unificación Marxista).
[11] Juan García Oliver (1902-1980) è stato un rivoluzionario e anarchico spagnolo, anarco-sindacalista e figura di spicco dell'anarchismo spagnolo.
[12] Cimitero nel quartiere di Poblenou a Barcellona
[13] Jorge Semprún (Madrid, 10 dicembre 1923 – Parigi, 7 giugno 2011) è stato uno scrittore e politico spagnolo, che visse in Francia la maggior parte della propria vita, scrivendo principalmente in lingua francese. Jorge Semprún visse clandestinamente in Spagna, dal 1953 al 1962, durante la dittatura di Francisco Franco, lavorando come organizzatore per il Partito Comunista di Spagna, allora fuorilegge, ma dal quale venne espulso nel 1964. Dopo la morte di Franco e l'avvento della democrazia, divenne Ministro della Cultura nel governo socialista, dal 1988 al 1991. Fu sceneggiatore per due successivi film del regista greco Costa-Gavras, Z (1969) e La confessione (1970), che affrontano entrambi il tema della persecuzione perpetrata dai governi. Nel 1952, diventa quadro permanente del PCE e nel 1953 fa ritorno a Spagna per la sua prima missione di coordinare le attività clandestine di resistenza al regime franchista; per circa dieci anni vive in clandestinità con diversi pseudonimi, particolarmente quello di "Federico Sanchez".
[14] José Miaja Menant, generale e politico spagnolo. Difese la Seconda repubblica spagnola e tra il 13 e il 25 marzo 1939 fu Presidente del Consiglio di Difesa Nazionale, di fatto l'ultimo Presidente dell'agonizzante governo repubblicano. Dopo la vittoria di Francisco Franco fu esiliato.
[2] quartiere a sud ovest della città di Madrid
[3] piazza nel centro di Madrid, vicino alla Porta di Alcalá
[4] Il più grande parco pubblico di Madrid. Prima del 1931 era terreno di caccia riservato alla Casa Reale. Ancora oggi vi si trovano resti delle trincee della guerra civile.
[5] Vicente Rojo Lluch capo di stato maggiore dell'Esercito Popolare della Repubblica durante la guerra civile
[6] quartiere a est di Madrid
[7] Avvocata e politica spagnola. Fu la prima donna ad entrare nel Collegio per Avvocati di Madrid nel 1925, nel pieno della dittatura di Miguel Primo de Rivera e la prima donna al mondo che esercitò come avvocata presso un tribunale militare
[8] Con l'infuriare dei combattimenti nella capitale, il governo repubblicano trasferì alcuni dei dipinti più significativi del museo del Prado fino a Barcellona con un viaggio rocambolesco, da dove furono poi trasferiti in Francia e poi a Ginevra. Le opere tornarono in Spagna solo alla fine della guerra.
[9] La grande piazza centrale di Barcellona
[10] Nel maggio 1937 a Barcellona, unità della Guardia Civil (comandate dal Partito Comunista di Spagna e dalla controparte locale, il Partito Socialista Unificato della Catalogna) tentarono di prendere il controllo della centrale telefonica fino ad allora amministrata da lavoratori anarchici. Gli occupanti resistettero e risposero al fuoco, dando inizio a una serie di scontri per la città. Ne risultarono cinque giorni di scontri per le strade, con gli anarchici spalleggiati dai militanti del Partito Operaio di Unificazione Marxista (POUM, Partido Obrero de Unificación Marxista).
[11] Juan García Oliver (1902-1980) è stato un rivoluzionario e anarchico spagnolo, anarco-sindacalista e figura di spicco dell'anarchismo spagnolo.
[12] Cimitero nel quartiere di Poblenou a Barcellona
[13] Jorge Semprún (Madrid, 10 dicembre 1923 – Parigi, 7 giugno 2011) è stato uno scrittore e politico spagnolo, che visse in Francia la maggior parte della propria vita, scrivendo principalmente in lingua francese. Jorge Semprún visse clandestinamente in Spagna, dal 1953 al 1962, durante la dittatura di Francisco Franco, lavorando come organizzatore per il Partito Comunista di Spagna, allora fuorilegge, ma dal quale venne espulso nel 1964. Dopo la morte di Franco e l'avvento della democrazia, divenne Ministro della Cultura nel governo socialista, dal 1988 al 1991. Fu sceneggiatore per due successivi film del regista greco Costa-Gavras, Z (1969) e La confessione (1970), che affrontano entrambi il tema della persecuzione perpetrata dai governi. Nel 1952, diventa quadro permanente del PCE e nel 1953 fa ritorno a Spagna per la sua prima missione di coordinare le attività clandestine di resistenza al regime franchista; per circa dieci anni vive in clandestinità con diversi pseudonimi, particolarmente quello di "Federico Sanchez".
[14] José Miaja Menant, generale e politico spagnolo. Difese la Seconda repubblica spagnola e tra il 13 e il 25 marzo 1939 fu Presidente del Consiglio di Difesa Nazionale, di fatto l'ultimo Presidente dell'agonizzante governo repubblicano. Dopo la vittoria di Francisco Franco fu esiliato.
×
Letra: Gata Cattana (La escala de Mohs)
Base musical: Nico Miseria
La scala di Mohs è un criterio empirico per la valutazione della durezza dei materiali. È anche il titolo dell'unica raccolta di poesie di Gata Cattana, poesie che la cantante spagnola ha recitato, e che - dopo la sua morte - sono state adattate a una base musicale che ne fanno una vera e propria canzone rap. Come nella scala di durezza anche le poesie della raccolta sono unità di misura della solidità, della durezza dei nostri principi, come persone e come società.
In questa eccezionale poesia/canzone, la poetessa rap si confrontava con la memoria della guerra civile spagnola, un evento lontano per lei, nata nel 1991, ma allo stesso tempo incredibilmente vicino, perché quaranta anni di pace (dalla morte del dittatore alla pubblicazione di queste poesie) non sono niente. E quando un'anima sensibile passa per il Puente de los Franceses non può evitare di essere preda della tristezza.