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Симфония нp. 13 "Бабий Яр" / Symphony no. 13 "Babi Yar" / Sinfonia n° 13 "Babi Yar"

Dmitrij Dmitrievič Šostakovič / Дмитрий Дмитриевич Шостакович
Lingua: Russo


Dmitrij Dmitrievič Šostakovič / Дмитрий Дмитриевич Шостакович

Lista delle versioni e commenti


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[1962]
Sinfonia per basso, coro e orchestra in la bemolle maggiore
Coro: "Ciclo delle poesie di Babi Yar" di Evgenij Evtušenko
A symphony for bass, choir and orchestra in Ab+
Choir: "Cycle of Babi Yar Poems" by Yevgeny Evtushenko


Babi Yar, 29 settembre 1941. Una madre e il suo bambino vengono abbattuti da un soldato tedesco.
Babi Yar, 29 settembre 1941. Una madre e il suo bambino vengono abbattuti da un soldato tedesco.


"Cari amici, vista la vostra recente passione per Shostakovich, vi segnalo la sua 13a sinfonia, con l'avvertenza però che non sono sicurissimo che il testo che vi mando sia quello della sinfonia piuttosto che quello del poema cui si ispira (non trovo la registrazione che dovrei avere da qualche parte, perciò non posso verificare); così come non sono sicuro che il testo sia "contro la guerra" (ma credo di sì). Lascio a voi il compito di controllare e mi scuso in anticipo se il tutto non c'entra niente." [Renato Stecca]

Dmitrij Šostakovič.
Dmitrij Šostakovič.
Evgenij Evtušenko.
Evgenij Evtušenko.




L'amico Renato Stecca aveva invece visto più che giusto, proponendo la Sinfonia n° 13 di Šostakovič, il cui coro (quindi il testo diretto) è formato dal celeberrimo ciclo di poesie sul massacro di Babi Yar (o Babij Jar), di Evgenij Evtušenko. Uno dei più terribili stermini di massa (oltre 30.000 vittime) di ebrei, zingari e slavi perpetrati dagli occupanti tedeschi in Ucraina, per altro ben coadiuvati da molti ucraini. E' stata quindi costruita una pagina adeguata, riprendendo il testo completo russo (in alfabeto originale) del ciclo di poesie evtushenkiane e proponendo l'esteso resoconto sul massacro di Babi Yar proveniente da Wikipedia. [RV].

babiyar1BABI YAR

Babi Yar (russo Бабий яр, Ucraino Бабин яр, Babyn Yar) è il nome di un fossato nei pressi della città ucraina di Kiev. Durante la seconda guerra mondiale fra il 29 e il 30 settembre del 1941, nazisti e collaborazionisti ucraini massacrarono 33.731 civili fra ebrei, zingari e slavi.

Prima del massacro

I tedeschi raggiunsero Kiev il 19 settembre 1941. I partigiani e i servizi sovietici del NKVD avevano minato una serie di edifici nel centro della città e li fecero esplodere il 24 settembre provocando centinaia di di vittime fra le truppe tedesche e oltre lasciando altre 50.000 civili senza casa.

Il 28 settembre, vennero affissi per la città manifesti che dicevano: "Tutti gli ebrei che vivono a Kiev e nei dintorni sono convocati a recarsi alle ore 8 di Lunedì 29 Settembre 1941, all'angolo fra le vie Melnikovsky e Dokhturov (vicino al cimitero). Dovranno portare documenti, danaro, valori, vestiti pesanti, biancheria ecc. Tutti gli ebrei non ottemperanti a queste istruzioni e quelli trovati altrove saranno fucilati sul posto. Qualsiasi civile che entri negli appartamenti sgomberati per rubare sarà fucilato sul posto."

I più, inclusi i 175.000 della comunità ebraica di Kiev, pensarono volesse dire che gli ebrei sarebbero stati deportati. Già il 26 settembre invece, in una riunione fra il comandante militare di Kiev, Generalmajor Eberhardti, l'ufficiale comandate lo Einsatzgruppe C, SS-Brigadeführer Dr Otto Rasch, e l'ufficiale comandate il Sonderkommando 4a, SS-Standartenführer Paul Blobel, si era deciso di ucciderli per rappresaglia agli attentati (ai quali erano estranei).

Il fossato di Babi Yar.
Il fossato di Babi Yar.
Il massacro

Gli ebrei di Kiev si radunarono presso il cimitero, aspettando di essere caricati sui treni. La folla era tale che molti degli uomini, donne e bambini non capivano cosa stesse accadendo e quando udirono il rumore delle mitragliatrici, era troppo tardi per fuggire. Vennero condotti in gruppi di dieci attraverso un corridoio di soldati, come descritto da A. Kuznetsov:

«Non c'era modo di schivare o sfuggire. Colpi brutali, subito sanguinanti, cadevano sulle loro teste, schiene e spalle da destra e sinistra. I soldati continuavano a gridare: "Schnell, schnell!" ridendo allegramente, come se stessero guardando un numero da circo; trovavano anche modi di colpire ancora più forte nei punti più vulnerabili, le costole, lo stomaco e l'addome.»

Agli ebrei venne ordinato di spogliarsi, picchiati se resistevano, e quindi veniva loro sparato sull'orlo del fossato. Secondo lo Einsatzbefehl der Einsatzgruppe Nr. 101, almeno 33,771 ebrei da Kiev e dintorni vennero uccisi a Babi Yar fra il 29 e il 30 Settembre 1941: abbattuti sistematicamente con le mitragliatrici. Almeno 60.000 persone, inclusi rom e prigionieri di guerra russi vennero uccisi in seguito in questo sito.

Esecutore del massacro fu lo Einsatzgruppe C, supportato da membri del battaglione Waffen-SS e da unità della polizia ausiliaria ucraina. La partecipazione di collaborazionisti ucraini in questi eventi, oggi documentati e provati, è tema di un pubblico e doloroso dibattito in Ucraina

Occultare le prove

All'avvicinarsi dell'Armata Rossa, nell'agosto del 1943 i nazisti cercarono di occultare le prove del massacro. I reparti della Sonderaktion 1005 al comando di Paul Blobel impiegarono 327 prigionieri per esumare e bruciare i corpi. I prigionieri portarono a termine il compito in sei settimane.

babiyar2Quelli troppo malati o troppo lenti furono fucilati sul posto. Un militare della Schutzpolizei testimoniò:

«Ogni prigioniero fu ammanettato su entrambe le gambe con una catena lunga 2-4 metri... le pile di cadaveri non venivano bruciate a intervalli regolari, ma non appena una o due pile erano pronte, erano coperte con legno e inzuppate con petrolio e benzina e quindi incendiate»

Testimonianze e commemorazioni

Il massacro degli ebrei a Babi Yar ispirò al poeta russo Evgenij Evtušenko un poema pubblicato nel 1961 e messo in musica l'anno seguente da Dmitri Shostakovich nella sua Sinfonia N. 13.

Per ragioni politiche (la partecipazione di elementi ucraini all'eccidio) un monumento ufficiale sul sito non fu costruito fino al 1976 e comunque non vi venivano menzionati gli ebrei. Sono occorsi altri 15 anni perché venisse eretto un nuovo monumento rappresentante la menorah.

(da it.wikipedia)


babiyarLA TREDICESIMA SINFONIA DI ŠOSTAKOVIČ
da agenziastampa.org

Il primo movimento della Tredicesima Sinfonia di Šostakovič è chiamato “Babi yar”, e rappresenta uno degli ultimi capolavori del musicista russo. Per questa Sinfonia, per basso solo, coro maschile e orchestra, Šostakovič si avvalse dell’aiuto dei versi del poeta sovietico Eugenij Evtušenko, nato nel 1933, che scrisse cinque poesie, ciascuna delle quali corrisponde ad un movimento della Sinfonia; i titoli delle poesie sono:

1) “Babi yar” (Adagio)
2) “L’umorismo” (Allegretto)
3) “Al magazzino” (Adagio)
4) “Paure” (Largo)
5) “Una carriera” (Allegretto)

Il primo poema, “Babi yar”, dà il titolo all’intera composizione, e prende il suo nome dal nome di un burrone che si trova nelle vicinanze di Kiev, dove i nazisti tedeschi gettarono i corpi massacrati di più di centomila uomini, donne e bambini, durante una fase della “guerra di annientamento” (operazione Barbarossa), ordinata da Hitler nel 1941.

La maggioranza delle vittime di questo massacro erano ebrei, ma il poeta ne parla come se questi fossero la totalità; il testo costituisce una denuncia appassionata contro l’antisemitismo e allude anche ad altre atrocità, come l’affare Dreyfus, la morte di Anna Frank, e la vicenda di un povero ragazzo ebreo morto malmenato e calpestato da un gruppo di delinquenti a Byelostock. Quando la Sinfonia venne eseguita per la prima volta a Mosca, nel 1962, nel teatro regnava un clima di grande tensione, il premier stesso, Kruscev, aveva invitato il musicista a non far eseguire un lavoro del genere; i posti riservati ai rappresentanti del governo rimasero vuoti, e non ebbe luogo nemmeno la prevista ripresa televisiva. Il teatro era circondato dalle forze dell’ordine, mentre all’interno la sala era gremita di gente: nonostante tutto il lavorò riscosse un successo clamoroso, il pubblico tributò una vera ovazione ai due autori, il musicista ed il poeta. A questa “prima” fece seguito una dura ed aspra polemica, le autorità chiesero a Šostakovič di apportare diverse modifiche al testo, in modo che si capisse chiaramente che a Babi Yar non giacevano soltanto ebrei, ma che nella stessa terra riposavano anche vittime russe ed ucraine.

La messa in musica del testo del poema è essenzialmente sillabica, e si ascoltano linee melodiche che ricordano i canti popolari russi: l’inizio è solo strumentale, lento e processionale, pieno di echi dolorosi e funerei che vengono ancor più rafforzati dalla drammaticità del coro che attacca all’unisono.

L’organico orchestrale prevede circa cento esecutori e un coro di sole voci maschili, un apparato imponente, con una sezione delle percussioni molto forte e fornita di strumenti particolari (castagnette, tamburelli baschi, campane), con due arpe obbligatorie, un pianoforte, ed una sezione di archi di non meno di 64 elementi; tuttavia la sonorità del pieno orchestrale è utilizzata raramente, pochi strumenti per volta bastano a delineare efficacemente gli stati d’animo e le emozioni che scaturiscono dalle parole del testo poetico.

Ecco la traduzione della poesia:

“Non c’è segno di ricordo a Babi Yar. Le scogliere a picco sono là come tante pietre tombali, Mi fa paura. Mi sento vecchio, vecchio come il popolo degli Ebrei. Io stesso mi sento un Ebreo. Attraverso a piedi l’antico Egitto. Qui io muoio, inchiodato a una croce, e ancora oggi porto le ferite dei chiodi. Mi sento Dreyfus. I filistei sono sia i delatori che i giudici. Sono imprigionato, perseguitato, calunniato e ricoperto di sputi. Signore che a stento frenano il riso, vestite con incredibili abiti di trine, mi punzecchiano il viso con i loro ombrelli. Poi mi sembra di essere un ragazzo di Byelostock. Il sangue ricopre il pavimento, i brutti ceffi della taverna puzzano di vodka e cipolla. Mi colpiscono al fianco con uno stivale. Invano chiedo un po’ di pietà a questi massacratori. Mi disprezzano e gridano: uccidete gli sporchi Ebrei, salvate la Russia!
Alcuni commercianti di grano danno addosso a mia madre. Oh, il mio popolo russo! Il tuo nome risplende in tutto il mondo. Ma alcuni, con mani empie, troppo spesso hanno trasformato questo nome in un simbolo di malvagità. La mia terra è buona, lo so. Questi antisemiti sono spregevoli: senza esitazione si definiscono Unione del popolo russo! Penso a me come se fossi Anna Frank, traboccante di vita come un ramo all’inizio della primavera… E divento un enorme grido silenzioso che si distende sulle migliaia di morti che giacciono qui. Io sono ogni vecchio che qui è stato ucciso. Io sono ogni bambino che qui è stato ucciso”.
I. Бабий Яр

Над Бабьим Яром памятников нет.
Крутой обрыв, как грубое надгробье.
Мне страшно.
Мне сегодня столько лет,
как самому еврейскому народу.

Мне кажется сейчас -
я иудей.
Вот я бреду по древнему Египту.
А вот я, на кресте распятый, гибну,
и до сих пор на мне - следы гвоздей.
Мне кажется, что Дрейфус -
это я.
Мещанство -
мой доносчик и судья.
Я за решеткой.
Я попал в кольцо.
Затравленный,
оплеванный,
оболганный.
И дамочки с брюссельскими оборками,
визжа, зонтами тычут мне в лицо.
Мне кажется -
я мальчик в Белостоке.
Кровь льется, растекаясь по полам.
Бесчинствуют вожди трактирной стойки
и пахнут водкой с луком пополам.
Я, сапогом отброшенный, бессилен.
Напрасно я погромщиков молю.
Под гогот:
"Бей жидов, спасай Россию!"-
насилует лабазник мать мою.
О, русский мой народ! -
Я знаю -
ты
По сущности интернационален.
Но часто те, чьи руки нечисты,
твоим чистейшим именем бряцали.
Я знаю доброту твоей земли.
Как подло,
что, и жилочкой не дрогнув,
антисемиты пышно нарекли
себя "Союзом русского народа"!
Мне кажется -
я - это Анна Франк,
прозрачная,
как веточка в апреле.
И я люблю.
И мне не надо фраз.
Мне надо,
чтоб друг в друга мы смотрели.
Как мало можно видеть,
обонять!
Нельзя нам листьев
и нельзя нам неба.
Но можно очень много -
это нежно
друг друга в темной комнате обнять.
Сюда идут?
Не бойся — это гулы
самой весны -
она сюда идет.
Иди ко мне.
Дай мне скорее губы.
Ломают дверь?
Нет - это ледоход...
Над Бабьим Яром шелест диких трав.
Деревья смотрят грозно,
по-судейски.
Все молча здесь кричит,
и, шапку сняв,
я чувствую,
как медленно седею.
И сам я,
как сплошной беззвучный крик,
над тысячами тысяч погребенных.
Я -
каждый здесь расстрелянный старик.
Я -
каждый здесь расстрелянный ребенок.
Ничто во мне
про это не забудет!
"Интернационал"
пусть прогремит,
когда навеки похоронен будет
последний на земле антисемит.
Еврейской крови нет в крови моей.
Но ненавистен злобой заскорузлой
я всем антисемитам,
как еврей,
и потому -
я настоящий русский!

II. Юмор

Цари, короли, императоры,
властители всей земли,
командовали парадами,
но юмором не могли.
В дворцу именитых особ,
все дни возлежащих выхолена,
являлся бродяга Эзоп,
и нищими они выглядели.
В домах где ханза наследил
своими ногами щуплыми,
всё пошлость
Ходжа Насредин шибал,
как шахмату, шутками! ...
Хотели юмор купить,
да только его не купишь!
Хотели юмор убить,
а юмор показывал кукиш!
Бороться с ним дело трудное.
Казнили его без конца.
Его голова отрубленная
торчала на пике стрельца.
Но лишь скамароши дудочки
свой начинали сказ,
он звонко кричал: "Я туточки!"
И лихо пускался в пляс.
В потрёпанном куцем пальтишке,
понуряць и словно каясь,
преступником политическим
он, поиманный, шёл на казнь.
Всем видом покорность выказывал,
готов к неземному житию,
как вдруг из пальтишка высказывал,
рукой махал и - тю-тю!
Юмор прятали в камеры,
до чёрта с два удалось.
Решётки и стены каменные
он проходил насквозь.
Откашливаясь простужено,
как родовой боец,
шагал он частушкой-простушкой
с винтовкой на Зимний дворец.
Привык он к взглядам сумрачным,
но это ему не вредит,
и сам на себя с юмором
юмор парой глядит.
Он вечен ... Вечен!
Он ловок ... Ловок!
И юрок ... И Юрок!
пройдём через всё, через всех.
И так да славитьця юмор!
Он мужественный человек

III. Б магазине

Кто в платке, а кто в платочке,
как на подвиг, как на труд,
в магазин поодиночке
молча женщины идут.
О, бидонов их бряцание,
звон бутылок и кастрюль!
Пахнет люком, огурцами,
пахнет сосем "Кабул".
Зябну, долго
в кассу стоя,
но покуда движусь к ней,
От дыхания женщин стольких
в магазине всё теплей.
Они тихо поджидают,
боги добрые семей,
и в руках они сжимают
деньги трудные свои.
Это женщины России.
Это наша честь и суд.
И бетон они месили,
и пахали и косили ...
Всё они переносили,
всё они перенесут.
Всё на свете им посильно, -
сколько силы им дано!
Их обсчитывать постыдно!
Их обсчитывать грешно!
И в карман пельмени сунув,
я смотрю, суров и тих,
на усталые от сумок
руки праведные их.

IV. Страхи

Умирают в России страхи,
Словно призраки прежних лет,
лишь на паперти, как старухи,
кое-где ещё просят на хлеб.
Я их помню во власти и силе
при дворе торжествующей лжи.
Страхи всюду, как тени, скользили,
проникали во все этажи.
Потихоньку людей приручали
и на все налгали печать:
где молчать бы –
кричать приручали,
и молчать –
где бы надо кричать.
Это стало сегодня далёким.
Даже странно и вспомнить теперь.
Тайный страх
перед чием-то доносом,
тайный страх перед стуком в дверь.
Ну а страх
говорить с иностранцем?
С иностранцем –
то а с женой?
Ну а страх безотчетный
остаться после маршей
вдвоём с тишиной?
Не боялись мы
строить в метели,
уходить под снарядами в бой,
но боялись порою смертельно
разговаривать сами с собой.
Нас не сбили и не растлили,
и недаром сейчас во врагах
победившая страхи Россия
ещё больший раздает страх
Страхи новые вижу светлея:
страх неискренним быть со страной,
страх неправдой унизить идеи,
то являются правдой самой;
страх фанфарить до одурения,
страх чужие слова повторять,
страх унизить других недоверьем
и чрезмерно себе доверять.
Умирают в России страхи.
И когда я пишу эти строки
и парою невольно спешу,
то пишу их в единственном страхе,
что не в полную силу пишу.

V. Карьера

Твердили пастыри, что вреден
и неразумен Галилей.
(что неразумен Галилей...)
Но как показывает время,
кто неразумен – тот умней!
(кто неразумен – тот умней!)
Учёный, сверстник Галилея,
был Галилея не глупее.
(Был Галилея не глупее...)
Он знал что вертится земля,
но у него была семя.
(Но у него была семя...)
И он садясь с женой в карету,
свершив предательство своё,
считал, что делает карьеру,
а между тем губил её.
(А между тем губил её.)
За осознание планеты
шёл Галилей один на риск,
и стал великим он.
(И стал великим он...)
Вот это – я понимаю –
карьерист.
Итак да здравствует карьера,
когда карьера такова,
как у Шекспира и Пастера,
Ньютона и Толстова,
и Толстова ...Льва ...? Льва!
Зачем их грязью покрывали?
Талант, талант как не клейми.
Забыты те,
кто проклинали,
но помнят тех,
кого кляли
(но помнят тех,
кого кляли.)
Все те,
кто рвались в стратосферу,
врачи, что гибли од холер,
вот эти делали карьеру!
Я с их карьер беру пример!
Я веру в их святую веру.
Их вера – мужество моё.
Я делаю кареру тем,
что не делаю её!

inviata da Renato Stecca - 27/4/2007 - 20:18




Lingua: Russo (Romanized)

La romanizzazione del testo del ciclo di Babi Yar di Evgenij Evtušenko, secondo i criteri di trascrizioni generalmente adottati in questo sito.

"Ho cessato di dare importanza alle mie parole, ma non ho mai scritto una sola nota in cui abbia mentito": questa è una confidenza di un Shostakovic ormai maturo al poeta e amico Evtuscenko.
La sua musica, sfuggente per natura, sorta di linguaggio cifrato sottilmente sospeso tra un trionfo e una catastrofe, per Stalin, divenne un'arma a doppio taglio.
La tredicesima Sinfonia di Shostakovic, in cui l'impeto morale contro ogni forma di antisemitismo, e insieme l'amore profondo per la patria russa, tocca tutti i registri, dall'angoscia che prende alla gola, alla collera sorda, al furore gridato, alla tenerezza, alla più stridula ironia.
Sono cinque movimenti, come le cinque coraggiose poesie di Evtushenko su cui si basa: il primo dà il nome alla Sinfonia, "Babi Yar", il luogo vicino a Kiev dove i nazisti assassinarono duecentomila ebrei, una pagina dominata da un senso di opprimente desolazione, un paesaggio di pietra e ferro, con quel timbro indimenticabile del coro maschile (linea unica, nessuna polifonia!) che interferisce con il basso solista; segue uno "scherzo" musicale che stride e sprizza con inesauribile fantasia, intitolato "Yumor", umorismo, qualità vitale che nessuna forca potrà uccidere, quindi un adagio sommesso, "Magazinye" (Al grande magazzino), omaggio alla pazienza delle donne che fanno la coda nei negozi di alimentari e momento di dolcezza e memoria nel percorso dell'opera.
La poesia che segue, "Strakhi" (paure), era stata chiesta a Evtushenko appositamente dal compositore; definendo "spettrale" la pagina che ne ha ricavato, ogni uso di questa parola altrove sarebbe improprio: il suo tema è la paura stessa, la paura di delazioni anonime, del rumore di passi su per le scale di casa, sostanza astratta che Shostakovic ricordava tuttavia di aver patito come acuta sofferenza fisica, materiale; questa paura era ancora in sospensione negli anni del disgelo kruscioviano quando l'opera fu scritta, tanto che illustri esecutori si tirarono indietro preoccupati (la prima, il 18 dicembre 1962, sarà diretta a Mosca da Kyril Kondrashin); infine "Karyera", magistrale satira del carrierista e della nomenclatura sovietica, fra toni canzonatori (lo staccato del fagotto, il coro che fa il finto sciocco) che sfumano in un'atmosfera stupefatta, quasi pacificata, forse rassegnata.

Da: Cosenza in rete
I. Babij Jar

Nad Bab'im Jarom pamjatnikov net.
Krutoj obryv, kak gruboe nadgrob'e.
Mne strašno.
Mne segodnja stol'ko let,
kak samomu evrejskomu narodu.

Mne kažetsja sejčas –
ja nudej.
Vot ja bredu do drevnemu Egiptu.
A vot ja, na kreste raspjatyj, gibnu,
i do six por na mne – sledy gvozdej.
Mne kažetsja, čto Drejfus –
əto ja.
Mešćanstvo –
moj donosčik i sud'ja.
Ja za rešetkoj.
Ja popal v kol'co.
Zatravlennyj,
oplevannyj,
obolgannyj.
I damočki s brjussel'skimi oborkami,
vizža, zontami tyčut mne v lico.
Mne kažetsja –
ja mal'čik v Belostoke.
Krov' l'etsja, rastekajas' po polam.
Besčinstvujut voždi traktirnoj stojki
i paxnut vodkoj s lukom popolam.
Ja, sapogom otbrošennyj, bessilen.
Naprasno ja pogromšćikov molju.
Pod gorot:
"Bej židov, spasaj Rossiju!" –
nasiluet labaznik mat' moju.
O, russkij moj narod! –
Ja znaju
ty
Po sušćnosti internacionalen.
Ho často te, č'i ruki nečisty,
tvoim čistejšim imenem brjacali.
Ja znaju dobrotu tvoej zemli.
Kak podlo,
čto, i žiločkoj ne drognuv,
antisemity pyšno narekli
sebja "Sojuzom russkogo naroda"!
Mne kažetsja –
ja - əto Anna Frank,
prozračnaja,
kak vetočka v aprele.
I ja ljublju.
I mne ne nado fraz.
Mne nado,
čtob drug v druga my smotreli.
Kak malo možno videt',
obonjat'!
Nel'zja nam list'ev
i nel'zja nam neba.
No možno očen' mnogo –
əto nežno
drug druga v temnoj komnate obnjat'.
Sjuda idut?
Ne bojsja - əto guly
samoj vesny –
ona sjuda idet.
Idi ko mne.
Daj mne skoree guby.
Lomajut dver'?
Net - əto ledoxod…
Nad Bab'im Jarom šelest dikix trav.
Derev'ja smotrjat grozno,
po-sudejski.
Vse molča zdes' kričit,
i, šapku snjav,
ja čuvstvuju,
kak splošnoj bezzvučnyj krik,
nad tysjačami tysjač pogrebennyx
Ja –
každyj zdes' rasstreljannyj starik.
Ja –
každyj zdes' rasstreljannyj rebenok.
Ničto vo mne
pro əto ne zabudet!
"Internacional"
pust' progremit,
kogda naveki poxoronen budet
poslednij na zemle antisemit.
Evrejskoj krovi net v krovi moej.
No nenavisten zloboj zaskoruzloj
ja vsem antisemitam,
kak evrej,
i potomu –
ja nastojašćij russkij!


II. Jumor

Cari, koroli, imperatory,
vlastiteli vsej zemli
komandovali paradami,
no jumorom ne mogli.
V dvorcu imenityx osob,
vse dni vozležašćix vyxolena,
javljalsja brodjaga Əzop,
i nišćimi oni vygljadeli.
V domax gde xanza nasledil
svoimi nogami šćuplymi,
vsë pošlost'
Xodža Nasredin šibal,
kak šaxmatu, šutkami!…
Xoteli jumor kupit',
da tol'lko ego ne kupiš'!
Xoteli jumor ubit',
a jumor pokazyval kukiš!
Borotsja s nim delo trudnoe.
Kaznili ego bez konca.
Ego golova otrublennaja
torčal na pike strel'ca.
No liš' skamaroši dudočki
svoj načinali skaz,
on zvonko kričal: "Ja tutočki!"
I lixo puskalsja v pljas.
V potrëpannom kucem pal'tiške,
ponurjac' i slovno kajas',
prestupnikom političeskim
on, poimannyj, šël na kazn'.
Vsem vidom pokornost' vykazyval,
gotov k nezemnomu žitiju,
kak vdrug iz pal'tiška vyskazyval,
rukoj maxal i – tju-tju!
Jumor prjatali v kamery,
do čërta s dva udalos'.
Rešëtki i steny kamennye
on proxodil naskvoz'.
Otkašlivajas' prostuženo,
kak rodovoj boec,
šagal on častuškoj-prostuškoj
s vintovkoj na Zimnij dvorec.
Privyk on k vzgljadam sumračnym,
no əto emu ne vredit,
i sam na sebja c jumorom
jumor paroj gljadit.
On večen…Večen!
On lovok…Lovok!
I jurok… I Jurok!
projdëm čerez vsë, čerez vsex.
I tak da slavit'cja jumor!
On mužestvennyj čelovek.

III. V magazine

Kto v platke, a kto v platočke,
kak na podvig, kak na trud,
v magazin poodinočke
molča ženšćiny idut.
O, bidonov ix brjacanie,
zvon butylok i kastrjul'!
Paxnet ljukom, ogurcami,
paxnet sosem "Kabul".
Zjabnu, dolgo
v kassu stoja,
no pokuda dvižus' k nej,
Ot dyxanija ženšćin stol'kix
v magazine vsë teplej.
Oni tixo podžidajut,
bogi dobrye semej,
i v rukax oni sžimajut
den'gi trudnye svoi.
Əto ženšćiny Rossii.
Əto naša čest' i sud.
I beton oni mesili,
i paxali i kosili…
Vsë oni perenosili,
vsë oni perenesut.
Vsë na svete im posil'no, -
skol'ko sily im dano!
Ix obsčityvat' postydno!
Ix obsčityvat' grešno!
I v karman pel'meni sunuv,
ja smotrju, surov i tix,
na ustalye ot sumok
ruki pravednye ix.

IV. Straxi

Umirajut v Rossii straxi,
slovno prizraki prežnix let,
liš' na paperti, kak staruxi,
koe-gde ešćë prosjat na xleb.
Ja ix pomnju vo vlasti i sile
pri dvore toržestvujušćej lži.
Straxi vsjudu, kak teni, skol'zili,
pronikali vo vse ətaži.
Potixon'ku ljudej priručali
i na vse nalgali pečat':
gde molčat' by –
kričat' priručali,
i molčat' –
gde by nado kričat'.
Əto stalo segodnja dalëkim.
Daže stranno i vspomnit' teper'.
Tajnyj strax
pered čiem-to donosom,
tajnyj strax pered stukom v dver'.
Nu a strax
govorit' s inostrancem?
S inostrancem –
to a s ženoj?
Nu a strax bezotčetnyj
ostat'sja posle maršej
vdvoëm s tišinoj?
Ne bojalis' poroju smertel'no
razgovarivat' sami s soboj.
Nas ne sbili i ne rastlili,
i nedarom sejčas vo vragax
pobedivšaja straxi Rossija
ešćë bol'šij razdaet strax
Straxi novye vižu svetleja:
strax neiskrennim byt' so stranoj,
strax nepravdoj unizit' idei,
to javljutsja pravdoj samoj;
strax fanfarit' do odurenija,
strax čužie slova povtorjat',
strax unizit' drugix nedover'em
i črezmerno sebe doverjat'.
Umirajut v Rossii straxi.
I kogda ja pišu əti stroki
i paroju nevol'no spešu,
to pišu ix v edinstvennom straxe,
čto ne v polnuju silu pišu.

V. Kar'era

Tverdili pastyri, čto vreden
i nerazumen Galilej.
(čto nerazumen Galilej…)
No kak pokazyvaet vremja,
kto nerazumen – tot umnej!
(kto nerazumen – tot umnej!)
Učënyj, sverstnik Galileja,
byl Galileja ne glupee.
(Byl Galileja ne glupee…)
On znal čto vertitsja zemlja,
no u nego byla semja.
(No u nego byla semja…)
I on sadjas' s ženoj v karetu,
sveršiv predatel'stvo svoë,
sčital, čto delaet kar'eru,
a meždu tem gubil eë.)
Za osoznanie planety
šël Galilej odin na risk,
i stal velikim on.
(I stal velikim on…)
Vot əto – ja ponimaju –
kar'erist.
Itak da zdravstvuet kar'era,
kogda kar'era takova,
kak u Šekspira i Pastera,
N'jutona i Tolstova,
i Tolstova…L'va…? L'va!
Začem ix grjaz'ju pokryvali?
Talant, talant kak ne klejmi.
Zabyty te,
kto proklinali,
no pomnjat tex,
kogo kljali
(no pomnjat tex,
kogo kljali.)
Vse te,
kto rvalis' v stratosfery,
vrači, čto gibli od xoler,
vot əti delali kar'eru!
Ja s ix kar'er beru primer|
Ja very v ix svjatuju very.
Ix vera – mužestvo moë.
Ja delaju kar'eru tem,
čto ne delaju eë!

inviata da Riccardo Venturi - 3/5/2007 - 12:59




Lingua: Inglese

Versione inglese di George Reavey della prima poesia del ciclo - "Babi Yar" - da questa pagina
An English version (by George Reavey) of the first poem of the cycle - "Babii Yar" - from this page
BABI YAR

No monument stand over Babii Yar.
A drop sheer as a crude gravestone.
I am afraid.
Today I am as old in years
as all the Jewish people.
I see myself now
a Jew.
Here I plod through ancient Egypt.
Here I perish, crucified, on the cross,
and to this day I bear the scars of nails.
I see myself as
Dreyfus.
The Philistine is both informer and judge.
I am behind bars.
I am surrounded.
Hounded, spat at, slandered.
Squealing,
dainty ladies in flounced Brussels lace
stick their parasols into my face.
I see myself then
a young boy in Bialystok.
Blood runs, spilling over the floors.
The bar-room rabble rousers
give off a stench of Vodka and onion.
A boot kicks me aside, helpless.
In vain I plead with these pogrom bullies.
While they jeer and shout,
"Beat the Yids. Save Russia!"
some grain-marketeer beats up my mother.
O my Russian people!
I know
you are
by nature international.
But those with unclean hands
have often taken in vain your purest name.
I know the goodness of my land.
How vile these anti-Semites- without a qualm
They proudly call themselves
"The Union of the Russian People!"

I see myself as
Anne Frank,
limpid as a branch in spring.
And I love.
And have no need of empty phrases.
My need
is that we look into each other.
How little we can see
or smell!
We are denied the leaves,
we are denied the sky!
Yet we can do so much-
tenderly
embrace in a dark room.
They're coming here?
Be not afraid.
It is the muffled sound
of spring itself-
spring is coming here.
Come then to me.
Quick, give your lips.
Are they breaking down the door?
No, it is the ice breaking...
The wild grass rustles over Babii Yar.
The trees look ominous
like judges.
Here all things scream in silence,
and, baring my head,
Slowly I feel myself
turning gray.
And I myself-
one massive, soundless scream
above the thousand thousand buried here-
I am
each old man
here shot down.
I am every child
here shot down.
Nothing within me
will ever forget.
Let the "Internationale"
thunder
when the last anti-Semite on earth
is buried forever.
In my blood there is no Jewish blood.
In their callous rage all anti-Semites
must hate me now
as if I were a Jew.
And for that reason
I am a true Russian!

inviata da Riccardo Venturi - 3/5/2007 - 20:56




Lingua: Italiano

La traduzione italiana di "Babi Yar" (la prima poesia del ciclo) ripresa da questa pagina
BABI YAR

Non c'è un momumento
A Babi Yar
Il burrone ripido
E' come una lapide
Ho paura
Oggi mi sento vecchio come
Il popolo ebreo
Ora mi sento ebreo
Qui vago nell'antico Egitto
Eccomi, sono in croce e muoio
E porto ancora il segno dei chiodi.
Ora sono Dreyfus
La canaglia borghese mi denuncia
e mi giudica
Sono dietro le sbarre
Mi circondano, mi perseguitano,
mi calunniano, mi schiaffeggiano
E le donne eleganti
Strillano e mi colpiscono
con i loro ombrellini.
Sono un ragazzo a Bielostok.
Il sangue è ovunque sul pavimento
I capobanda nella caverna
Diventano sempre più brutali.
Puzzano di vodka e di cipolle
Con un calcio mi buttano a terra
Non posso far nulla
E invano imploro i persecutori
Sghignazzano "Morte ai Giudei"
"Viva la Russia"
Un mercante di grano
picchia mia madre.
O mio popolo russo
So che in fondo al cuore
Tu sei internazionalista
Ma ci sono stati uomini che con le loro
mani sporche
Hanno abusato del tuo buon nome.
So che il mio paese è buono
Che infamia sentire gli antisemiti che
senza la minima vergogna
Si proclamano.
Sono Anna Frank
Delicata come un germoglio ad Aprile
Sono innamorato e
Non ho bisogno di parole
Ma soltanto che ci guardiamo negli occhi
Abbiamo così poco da sentire
e da vedere
Ci hanno tolto le foglie e il cielo
Ma possiamo fare ancora molto
Possiamo abbracciarci teneramente
Nella stanza buia.
"Arriva qualcuno"
"Non avere paura
Questi sono i suoni della primavera

La primavera sta arrivando
Vieni
Dammi le tue labbra, presto"
"Buttano giù la porta"
"No è il ghiaccio che si rompe"
A Babi Yar il fruscio dell'erba selvaggia
Gli alberi sembrano minacciosi
Come a voler giudicare
Qui tutto in silenzio urla
e scoprendomi la testa
Sento che i miei capelli ingrigiti
sono lentamente
E divento un lungo grido silenzioso qui
Sopra migliaia e migliaia di sepolti
Io sono ogni vecchio
Ucciso qui
Io sono ogni bambino
Ucciso qui
Nulla di me potrà mai dimenticarlo
Che l' "Internazionale" tuoni
Quando l'ultimo antisemita sulla terra
Sarà alla fine sepolto.
Non c'è sangue ebreo
Nel mio sangue
Ma sento l'odio disgustoso
Di tutti gli antisemiti
come se fossi stato un ebreo
Ed ecco perché sono un vero russo

inviata da adriana - 6/5/2007 - 11:28


Cari amici, sto leggendo un libro molto interessante (non so perchè, ma mi ricorda alcuni politici di destra attuali!), nel quale ho trovato una testimonianza che mi ha molto colpito; non resisto alla voglia di farvela conoscere. Vedete voi se vale la pena inserirla, in questa pagina o in un'altra.

«Moennikes e io andammo direttamente alle fosse. Nessuno pensò di impedircelo. A questo punto udii provenire da dietro una collinetta di terra vari colpi di fucile in rapida successione. Le persone scese dai camion, uomini, donne e bambini di ogni età, su comando di un SS, che impugnava una frusta o uno scudiscio, dovettero spogliarsi e deporre i propri effetti in luoghi prestabiliti, le scarpe divise dagli abiti e dalla biancheria. Il mucchio della calzature comprendeva, da quel che ho visto, da ottocento a mille paia, e c’erano grandi mucchi di biancheria e di abiti. I deportati si spogliavano senza pianti né grida, se ne stavano raccolti in gruppi per famiglia, baciandosi e dicendosi addio a vicenda, in attesa del cenno di un altro SS che era sceso nella fossa e impugnava del pari una frusta. Durante il quarto d’ora che sono rimasto accanto alle fosse, non ho udito nessun lamento né implorazione. C’era per esempio una famiglia di forse otto persone… Una vecchia con i capelli candidi reggeva in braccio un bambino di forse un anno, canticchiandogli qualcosa e facendogli il solletico, e il bambino lanciava gridolini di piacere. Il padre e la madre guardavano la scena con gli occhi imperlati di lacrime; l’uomo teneva la mano di un ragazzo sui dodici anni, parlandogli a voce bassa, e il ragazzo faceva del suo meglio per inghiottire le lacrime. Il padre indicava con il dito il cielo, accarezzava la testa del figlio, sembrava spiegargli qualcosa. A questo punto, lo SS che si era calato nella fossa gridò qualcosa al suo camerata; questi isolò dal resto una ventina di persone e ingiunse loro di recarsi dietro la collinetta di terra. Tra queste si trovava la famiglia di cui ho testé parlato. Mi ricordo perfettamente di una ragazza sottile e coi capelli neri che, passandomi accanto, indicò con un cenno sé stessa e disse: «Ventitré anni!». Mi recai a mia volta dietro la collinetta di terra e mi trovai di fronte a un’enorme fossa; in questa le vittime giacevano fittamente ammucchiate l’una sull’altra, tanto che se ne vedevano soltanto le teste, e da tutte il sangue scorreva sulle spalle. Alcuni dei fucilati si muovevano ancora, certuni alzando le braccia e agitando il capo, per mostrare che erano ancora vivi… Volsi lo sguardo all’uomo che provvedeva alle esecuzioni, un SS che se ne stava seduto per terra, sul lato minore della fossa, con le gambe penzoloni in questa, un mitra di traverso sulle ginocchia, intento a fumare una sigaretta. I fucilandi, completamente nudi, scesero nella fossa per una rampa scavata lungo la parete di fango e, inciampando nelle teste dei caduti, raggiunsero il punto indicato loro dalle SS. Si disposero davanti ai morti o feriti, alcuni di loro facendo una carezza a quelli che erano ancora vivi e dicendo loro sottovoce qualcosa. A questo puntò risuonò una salva. Guardai nella fossa, e vidi che alcuni dei corpi erano ancora agitati dalle contrazioni agoniche oppure erano già immobili. Dalle nuche ruscellava il sangue.»

Questo racconto è una parte della deposizione resa dall’ingegner Hermann Friedrich Gräbe in merito a una fucilazione in massa di circa cinquemila ebrei avvenuta il 5 ottobre 1942 a Dubno, in Ucraina, a opera di SS e membri della milizia [fascista] ucraina.

Da Joachim Fest, “Hitler, una biografia” , traduzione a cura di Francesco Saba Sardi, edita da la Repubblica nel 2005 (il libro è però del 1973), alle pagine 968-969, dove c’è anche questa annotazione su cui sarebbe bene riflettere:

«Dei supremi gerarchi del regime, soltanto Heinrich Himmler alla fine di agosto del 1942 assistette, una volta, a un’esecuzione di massa, ma per poco non svenne e fu colto subito dopo da un attacco isterico.»

Renato Stecca - 27/9/2007 - 22:46


La foto, ancora più terribile nella sua interezza, che è diventata il simbolo del genocidio degli ebrei ucraini operato dai nazisti tra il 1941 e il 1944.

Sotto i colpi di fucile dei Sonderkommandos e degli Einsatzkommandos agli ordini di Heinrich Himmler, Hans Adolf Prützmann e Paul Blobel morirono 500.000 ebrei ucraini nel 1941, 700.000 nel 1942 e 200.000 dal 1943 fino al ritiro nazista dall’Ucraina nel 1944. Altre centinaia di migliaia furono deportati e morirono nei campi di sterminio…

Bartleby - 18/10/2010 - 16:08


... non dimentichiamo gli ebrei eliminati in massa dai sovietici (cosa che sicuramente alimentò la cattiva coscienza del regime) anche dopo la seconda guerra mondiale, come racconta Golda Meir ...

Franco UGOLINI - 18/9/2019 - 09:42


La terribile foto all'inizio dell'introduzione - qui nella sua interezza - non si riferisce al massacro di Babij Jar del settembre 1941 ma fu scattata l'anno seguente, nei pressi di Ivangorod, sempre in Ucraina.

Einsatzgruppen murder Jews in Ivanhorod

B.B. - 29/3/2020 - 16:01




Lingua: Yiddish

ייִדיש איבערזעצונג / תרגום יידיש / Перевод на идиш / Traduzione yiddish / Yiddish translation / Traduction yiddish / Jiddiškielinen käännös:
זיאַמע טעלעסין [[https://www.lebnsfragn.com/bin/articles.cgi?ID=55|[Zyame Telesin]]]



Zyame Telesin fu un fine letterato di cultura yiddish e poeta del Novecento apprezzato non soltanto in Unione Sovietica. L’unica sua opera reperibile online è un libro di poesie in yiddish pubblicato nel 1980. Purtroppo non abbiamo potuto trovare alcuna traduzione delle sue poesie in rete.
Viene citato nei saggi che trattano del rapporto tra cultura russa e cultura yiddish e nelle monografie di letteratura degli anni ’60.


Zyame Telesin (15 luglio 1909 -1996)

Nacque a Kalinkovitsh (Kalinkavičy), Polesia, Bielorussia, nella casa di un fabbro. Nel 1929 si trasferì a Mosca, dove studiò nella facoltà yiddish della Seconda Università statale di Mosca. Negli anni 1931-1940, pubblicò poesie in Shtern / Stella e Oktyabr / Ottobre, tra le altre riviste, a Minsk.
Tradusse Broyt / Pane [Khleb] di Aleksey Tolstoy (Minsk, 1940). Insieme alla poetessa Rokhl Boymvol, sua moglie, tradusse un volume di storie di Anton Chekhov, Oyderveytle dertseylungen / Storie selezionate (Minsk, 1938). Fu coeditore dal 1938 al 1941 di una rivista per bambini in lingua bielorussa.
Durante la seconda guerra mondiale fu ufficiale dell'esercito sovietico e corrispondente di guerra per Eynikeyt / Unità a Mosca, in cui pubblicò spesso poesie negli anni 1945-1948.

Tra i suoi libri: Af der likhtiker velt / Nel mondo illustre (Mosca: Emes, 1948); Noent tsum hartsn / Vicino al cuore (Mosca: Sovetski pisatel, 1965), tradotto dal russo in yiddish; Af mayne akhrayes, lider, balades, poemes / La mia responsabilità, poesie e ballate (Mosca: Sovetski pisatel, 1968); Geveyn fun zikorn / Grido dalla memoria (Tel Aviv: Perets Publ., 1972); Komets-alef-o (Gerusalemme: Kultur-gezelshaft, 1980).
Nel 1957 la sua raccolta di poesie in lingua russa fu pubblicata con il titolo Zhivye korni / Radici viventi (Mosca: Sovetskii pisatel'). Ha anche pubblicato poesie per bambini su riviste per bambini russe e ha anche lavorato nel Baider Bafrayte, letterarishe zamlung / Fratelli liberati, antologia letteraria (Minsk, 1939) e ha contribuito al primo numero di heymland / patria a Mosca.
Nel 1971 si trasferì in Israele e si stabilì a Gerusalemme, dove continuò le sue intense attività letterarie. Nel 1990 gli fu assegnato il Premio Manger in Israele.



La localizzazione topografica del burrone di Babi Yar é riportata in colore nero nelle mappe seguenti:

[[http://www.deathcamps.org/occupation/pic/bigkievmap03.jpg|]]  Babi Yar, Mappa del 1942
[[http://www.deathcamps.org/occupation/pic/bigkievmap03.jpg|]] Babi Yar, Mappa del 1942

[[http://www.deathcamps.org/occupation/pic/bigkievmap04.jpg|]] Babi Yar, Mappa del 2000
[[http://www.deathcamps.org/occupation/pic/bigkievmap04.jpg|]] Babi Yar, Mappa del 2000


[Riccardo Gullotta]
באַבי יאַר

קיין דענקמאָל איז נישטאָ אין באַבי יאַר.
אַלײן דער אָפּריס איז דאָ די מצבֿה.
װי ס'ייִדיש פֿאָלק כ'װער אַלט פֿון גרויל און צער -
צװײ טויזנט יאָר כ'בין אַלט בײַ אָט דעם קבֿר...
מיר נעמט זיך דוכטן, איך בין דאָס דער ייִד,
װאָס דורך דעם אוראַלטן מצרים װאָגלט
און מײנע װוּנדן פֿון די טשװעקעס נאָגן -
דאָס האָט מען מיך צום צלם צוגעשמידט.
מיר דוכט זיך אויס אַז דרײַפֿוס - דאָס בין איך.
די מוסרים שטעלן מיך פֿאַרן געריכט...
אָט בין איך הינטער קראַטעס, דורך די שונאים
דערנידעריקט, באַלײדיקט און באַשפּיגן.
די דאַמעלעך, זיי האָבן זיך צושריגן
און טיטשען מיט די שירעמס מיר אין פּנים.
...מיר דוכט, איך בין אַ קינד פֿן ביאַליסטאָק,
כ'באַקום אַ זעץ און קאָרטשע זיך אין קראַמפן.
פֿון די צעיושעטע שיכּורים טראָגט
אַ מין געשטאַנק פֿון ציבעלעס און בראָנפֿן.
אָט האָט אַ װאָרף געטאָן זיך אויף מײַן מוטער
אַ זשלאָב אַ פֿינצטערער, אַ װילדע בריאה...
און װי אַרײַן איז זײ װאָלט דער ניטגוטער,
זײ שרײַען: - ביעי זשידאָװ, ספּאַסײַ ראַסיִו!
מײַן רוסיש פֿאָלק! ביסט אינטערנאַציאָנאַל.
נאָר די װאָס פֿלעגן מאַכן די פּאָגראָמען -
זײ פֿלעגן שמוציק האַנדלען װי דער כּלל
דאַן מיט דײַן שײנעם, זויבער - ריינעם נאָמען.
כ'קען אויסגעצײכנט זי, מײַן גוטע ערד.
אַזאַ מין חוצפּה איז דאָך אומדערהערט!
"פֿאַרבאַנד פֿון פֿאָלק פֿון רוסישן" צו האָבן
דערװעַגט זיך אָנרופֿן די יודאָפֿאָבן.
...מיר דוכט זיך אויס אַז איך בין אַננאַ פֿראַנק -
אַ דורכזיכטיקע װי אַ פֿרילינג - צװײַגל.
מיט איר מיר האָבן איין געפֿיל און איין געדאַנק,
מיר קוקן איינער אויפֿן צװײטן און מיר שװײַגן.
ס'איז אַלץ פֿאַרװערט אונדז. מיר זײַנען פֿאַרשפּאַרט.
צעשײדט מיט לופֿט, מיט דופֿט, מיט גרינס, מיט פֿאַרבן
נאָר ס'איז אין אונדזער מאַכט אַרומנעמען זיך צאַרט
אין דער בוידעם-שטוב אַ רגע פֿאַרן שטאַרבן.
מע גייט אַהער? אָן שרעק!... פֿאַראַנען קלאַנגען,
אַז װעסנע - צײַט אונדז װאַרטן גוטע נײַס.
נו קום צו מיר, די הענט דײַנע דערלאַנג מיר!
...מע ברעכט די טיר? נײן, נײן! דאָס פּלאַצט דער אײַז...
דער באַבי יאַר אין װילדן גראָז דורכאויס.
די שטרענגע ביימער קוקן מיט באַדויער.
אַלץ שרײַט דאָ שטומערהייט, מײַן קאָפּ כ'אַנטבלויז.
כ'װער גרוי. מיט יעדער רגע גרויער, גרויער.
איך װער אַלײן אַ שטומער אויסגעשרײ
פֿון טײַכן בלוט װאָס זײַנען דאָ פֿאַרגאָסן,
מיט קינד און קייט איך פֿאַל דאָ ריי נאָך ריי
און יעדעס מאָל איך װער אויפֿסנײַ דערשאָסן...
לויט מײַע בלוטן בין אין ניט קײן ייִד.
נאָר, אָנגעפֿילט מיט שנאה מיט גערעכטער,
בין איך אַ ייִד פֿאַר דעם אַנטיסימיט.
און אָט דערפֿאַר בין איך אַ רוס אַן עכטער.

inviata da Riccardo Gullotta - 18/4/2020 - 16:18




Lingua: Ebraico

תרגום עברי / Перевод на иврит /העברעאישע איבערזעצונג / Traduzione in ebraico / Hebrew translation / Traduction en hébreu / Hepreankielinen käännös:
זאב גייזל [Zeev Geisel ] [1]


באבי יאר

עַל בַּאבִּי יָאר אֵין מַצֵּבוֹת,
אֵין כְּלוּם
מִדְרוֹן תָּלוּל – אַנְדַּרְטָה מֵעַל פֶּצַע
אֲנִי יָרֵא.
אֲנִי מַרְגִּישׁ קָדוּם
כְּמוֹ הַיְּהוּדִים עַצְמָם, כְּמוֹ עַם הַנֶּצַח

אֲנִי לוֹחֵשׁ:
עִבְרִי אָנוֹכִי.
לְאֹרֶךְ הַיְאוֹר אֲנִי פּוֹסֵעַ,
שְׁנִייָה אַחַת – וְעַל הַצְּלָב גוֹוֵעַ
הַמַּסְמֵרִים עֲדַיִן בְּתוֹכִי

נִדְמֶה לִי גַּם שֶׁדְּרַיְיפוּס –
זֶה אֲנִי.
הַנֶּאֱשָׁם
בְּבֵית מִשְׁפָּט שְׂטָנִי
מֻצָּג לְרַאֲוָה
בֵּין סוֹרָגִים
אוֹתִי רוֹדְפִים,
עַָלַי יוֹרְקִים,
לִי לוֹעֲגִים.
גְּבִירוֹת צָרְפָתִיוֹת
צוֹוְחוֹת כְּמוֹ חֲזִירִים
וּמִטְרִיוֹת תּוֹקְעוֹת לִי בַּפָּנִים

בְּבְּיָאלִיסְטוֹק –
אֲנִי הוּא יֶלֶד רַךְ.
הַדָּם זוֹרֵם, כְּאִלּוּ תְּעָלָה.
צוֹהֶלֶת כָּל נִבְחֶרֶת הַפֻּנְדָּק,
מְחֻמָּמִים בַּוּוֹדְקָה הַזּוֹלָה.
מֻכֶּה, נִזְרָק, אֲנִי – חֲסַר עוֹנִים
וּמִתְחַנֵּן לַשָּׁוְא "תַּפְסִיקוּ, דַּי!"
"תַּצִּיל אֶת רוּסִיָה,
הֲרֹג יְהוּדוֹנִים!"
וְהֵם…
אוֹנְסִים אֶת אִמָּא מוּל עֵינַי

אָחַי הָרוּסִים!
יָדוּעַ לִי:
כָּבוֹד לְכָל אוּמָה יֵשׁ בְלִּבֵּנוּ
אַךְ אֵיךְ קָרָה, שֶׁהַמְּנֻוָּלִים
לְכָל מַעֲשֵׂיהֶם נִצְּלוּ אֶת שְׁמֵנוּ?
אֶת טוּב הַלֵּב אַרְצִי סִמְּלָה תָּמִיד.
אַךְ בְּלִי הִסּוּס,
בְּלִי שׁוּם קְרִיצָה אוֹ קֶמֶט
בְּשֵׁם יָפֶה "בְּרִית עֲמָמִית רוּסִית"
כָּךְ אֶת עַצְמָם כִּנּוּ הָאַנְטִישֶׁמִים!

עַל בַּאבִּי יָאר הַדֶּשֶׁא מְרַשְׁרֵשׁ
וְהָעֵצִים עוֹמְדִים
כְּמוֹ בְּמִשְׁמֶרֶת
הַכָּל מָלֵא
בָּרַעַם הַחִרֵשׁ
אֲנִי מַרְגִּישׁ
אֵיךְ שֵׂיבָתִי נוֹשֶׁרֶת
וְגַם אֲנִי
כְּמוֹ הַצְּוָחָה הַחֲרִישִׁית
מֵעַל הָרְבָבוֹת אֵי שָׁם בַּקֶּבֶר
אֲנִי –
כָּל יֶלֶד שֶׁנּוֹרָה כָּאן, בְּתַחְתִּית
וְכָל קָשִׁישׁ,
וְכָל אִשָּׁה וָגֶבֶר.

שׁוּם מְאוֹרָע
אֶת כָּל זֶה לֹא יַשְׁכִּיחַ!
וְעוֹד יֻשְׁמַע
"אִינְטֶרְנָצִיוֹנָל" שָׁלֵם
בָּרֶגַע הַנִּפְלָא שֶׁעוֹד יַגִּיעַ –
אַחְרוֹן הָאַנְטִישֵׁמִים יֵעָלֵם!
אֵין גֵּנִים יְהוּדִים בְּתוֹךְ דָמִי,
אֲבָל שָׂנוּא אֲנִי בָּרֹעַ הָאַרְסִי
לָאַנְטִישֵׁמִים,
כְּמוֹ כָּל יְהוּדִי
וּמִשּׁוּם כָּךְ –
אֲנִי הוּא הָרוּסִי!

[1] Israeliano: traduttore, artista e matematico

[Riccardo Gullotta]

inviata da Riccardo Gullotta - 18/4/2020 - 19:29




Lingua: Inglese

English translation / Aнглийский перевод / תרגום לאנגלית / Traduzione inglese / Traduction anglaise/ Englanninkielinen käännös:
[[http://shostakovich.hilwin.nl/op113.html| Valeria Vlazinskaya [Валерия Влажинская]]]

Here there is the translation of the full song cycle of the Symphony no. 13 in five movements , as many as the poems of Evtušenko.

There are quite a large number of English translation of the poem Babi Yar. The one of Robin Milner-Gulland , currently Emeritus Professor of Russian and East European Studies, was maybe the first carried out by an authoritative scholar. Another early translator of the poem was the Irish poet George Ravey, Russian-born on mother side; his work has been included in these pages.
The translation of Benjamin Okopnik is maybe the most famous and valued among the insiders. We have a soft spot for the work of A.Z. Foreman, great knowledge of Russian and Semitic linguistics and, what matters most, of the jewish culture.

As to the other poems, trusty translations can be found in Yevtushenko Poems ( Pergamon Press ), translated by H. Marshall and Selected Poems Yevtushenko ( Penguin Books ) ,translated by the above mentioned Robin Milner-Gulland and Peter Levi.
Nevertheless, for sake of consistency, the author of the shown below translations is Valeria Vlazinskaya , a Russian lady whose name usually appears as a translator on American Label releases concerning the Russian artists. That’s because the poems are five, so the consistency among the translations has been deemed desirable.
Please be advised that the right indentation verses are sung by the Solo voices while the not indented ones refer to Chorus.
[Riccardo Gullotta]

The Death cart Edith Birkin  - Manchester, IWM North
The Death cart Edith Birkin - Manchester, IWM North
1.Babi Yar Adagio

Over Babi Yar there are no monuments.
The steep precipice is like a crude gravestone.
I am terrified.
I am as old today
As all Jewish people.

Now I imagine that I'm a Jew.
Here I wander through ancient Egypt.
And here, on the cross, crucified, I perish.
And still I have on me the marks of the nails.
I imagine myself to be Dreyfus.
The Philistine - my informer and judge.
I am behind bars. I am surrounded.
Persecuted, spat on, slandered.
And dainty ladies in Brussels frills,
Squealing, poke their parasols into my face.
I imagine myself the boy from Belostok.

Blood flows, running over the floors.
The rabble-rousers in the tavern commit their outrages
Reeking of vodka and onions, half and half.

Kicked by a boot, I lie helpless.
In vain I plead with the pogrom-makers.

Accompanied by jeers: "Beat the Yids, save Russia!"
A grain merchant batters my mother.

O my Russian people, I know you
Are innately international
But often those whose hands were vile
In vain used your purest name.
I know the goodness of my land.
What base lowness - without a quiver of a vein
The anti-Semites proclaimed themselves

"The Union of the Russian People!"

I imagine myself as Anne Frank,
Transparent as a sprig in April,
And I love, and have no need for phrases,
But I do need for us to gaze into each other.
How little one can see, or smell!
Leaves - we cannot have,
Sky - we cannot have,
But there is so much we can have -
To embrace tenderly in a darkened room.

"They're coming!"

"Don't be afraid, those are the booming sounds
Of Spring itself. It's coming here.
Come to me,
Quickly, give me your lips!"

"They're breaking the door!"

"No, it's the ice breaking..."

Over Babi Yar the wild grasses rustle.
The trees look sternly as if in judgement.
Here everything screams silently and, taking off my hat
I feel I am slowly turning grey.

And I myself am one long soundless cry.
Above the thousand thousands buried here.
I am every old man here shot dead.
I am every child here shot dead.
Nothing in me will ever forget this.

The "Internationale" - let it thunder
When forever will be buried
The last of the anti-Semites on earth.

There is no Jewish blood in mine,
But I am adamantly hated
By all anti-Semites as if I were a Jew.

That is why I am a true Russian!


Belsen Mary Kessel, 1945  - London, IWM
Belsen Mary Kessel, 1945 - London, IWM


2.Humor Allegretto

Tsars, kings, emperors,
Rulers of the world,
Commanded parades
But humor - humor they could not.
To the palaces of the eminent
Who, well groomed, all day reclined.

Came the vagabond Aesop
And before him all appeared impoverished.

In homes where a hypocrite left traces
Of his puny feet,

And this banality Hadji Nasr-ed-Din
Swept aside with his jokes like a chessboard.

They wanted to buy humor.

Only he cannot be bought!

They wanted to kill humor.

But humor thumbed his nose.

To battle him is tough business.
They executed him endlessly.

Humor's severed head
Was stuck on a warrior's pike.

Just when the buffoons' pipes
Would start their tale
He would brightly cry: "I'm here."

And would break into a dashing dance.

In a threadbare scanty coat,
Crestfallen and as if repenting,
Caught as a political prisoner
He would go to his execution.
His appearance displayed obedience,
Ready for his life hereafter,
When suddenly he would slip out of his coat
Waiving [1]his hand

And bye-bye!

They hid humor in cells,
But like hell they succeeded[2].

Iron bars and stone walls
He would pass right through.
Cleaning his throat from the cold,
Like an ordinary soldier
He marched as a simple ditty
With a rifle for the Winter Palace.

He is used to stern glances,
But it does not hurt him.
And humor looks upon himself
At times with humor.

He is everlasting.
He is smart.
And nimble.

He will walk through everything and everybody.

And so, glory to humor!
He is a courageous fellow.

One of the death pits ,1945  Leslie Cole - London, IWM
One of the death pits ,1945 Leslie Cole - London, IWM


3. In the Store Adagio

Some in shawls, some kerchiefs,
As if to a heroic feat or labor
Into the store one by one
Women silently enter.

Oh, the clanking of the cans,
The clanging of the bottles and saucepans.
The smell of onions and cucumbers,
The smell of "Kabul" sauce.

I shiver queuing for the cashier
But as I keep moving closer
From the breathing of so many women
It gets warmer in the store.

They wait silently,
The family's kind gods,
As they clutch in their hands
The hard-earned money.

These are women of Russia,
They are our honor and our conscience.
They have mixed concrete
And ploughed and reaped.

They have endured everything.
They will endure everything.

Everything on earth is possible for them,
They have been given so much strength.

It is shameful to short-change them.
It is sinful to short-weigh them.

And, shoving dumplings into my pocket,
I look, solemn and quiet,
At their weary-from-shopping,
Saintly hands.


 Contro il filo, Auschwitz  Jerzy Adam Brandhuber -  Drawings from Nazi Concentration Camps
Contro il filo, Auschwitz Jerzy Adam Brandhuber - Drawings from Nazi Concentration Camps


4. Fears Largo

In Russia fears are dying
Like the ghosts of yesteryears.
Only on church steps here and there like old women
They are begging for bread.

I remember fears being in power and force
At the court of triumphant lie.
Fears like shadows slithered everywhere,
Infiltrated every floor.
Gradually they tamed the people
And on everything affixed their seal.
Where silence should be, they taught screaming,
They taught silence, where shouting would be right.
This, today, has become distant,
It is strange even to recall it now.
The secret fear at someone informing,
The secret fear at a knock at the door.
Then, a fear to speak to a foreigner;
Foreigner - nothing, even with one's own wife.
And unaccountable fear, after marches,
To remain alone with silence, eye to eye.

We did not fear to build in snowstorms,
To march into battle under fire.
But we deathly feared at times
To talk to ourselves
We did not get demoralized or corrupted,
And it is not without reason
That Russia, having conquered her own fears,
Spreads even greater fear in her enemies.

I see new fears arising,
The fear of being insincere to the country,
The fear of degrading the ideas
That are truth in themselves.
The fear of bragging until stupor,
The fear of repeating someone else's words,
The fear of belittling others with distrust
And to trust oneself excessively.

In Russia fears are dying.

As I write these lines,
And at times unwittingly hurry,
I write them with the single fear
Of not writing at full speed.




Human Laundry ,1945 Doris Zinkeisen  - London, IWM
Human Laundry ,1945 Doris Zinkeisen - London, IWM


5. Career Allegretto

The clergy maintained that Galileo
Was a wicked and senseless man.

Galileo was senseless.

But, as time demonstrated,

He who is senseless is much wiser.

A fellow scientist of Galileo's age

Was no less wise than Galileo.

He knew that the earth revolved.

But - he had a family.

And he, stepping into a carriage with his wife,
Having accomplished his betrayal,
Considered himself advancing his career,

Whereas he undermined it,

For his assertion of our planet
Galileo faced the risk alone

And became truly great.

Now this

To my mind, this is a true careerist!
Thus - salute to the career!
When the career is similar
To Shakespeare and Pasteur,
Newton and Tolstoy,
And Tolstoy.

Leo?

Leo!
Why was mud flung at them?
Talent is talent, brand them as one may.

Those who cursed them are forgotten.

But the accursed are remembered well,

All those who yearned for the stratosphere,
The doctors who perished fighting cholera,
They were pursuing a career!

I take as an example their careers.

I believe in their sacred belief.
Their belief is my courage.
I pursue my career
By not pursuing it!
[1] lapsus , the right translation is Waving as the russian text says: махал [maxal]

[2] It seems that два [dva] / two times has been omitted, albeit the meaning don’t suffer

inviata da Riccardo Gullotta - 19/4/2020 - 18:01




Lingua: Italiano

Traduzione italiana / Итальянский перевод / תרגום לאיטלקית / Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös :
Riccardo Gullotta

Non avendo trovato in rete, per parecchio tempo, le traduzioni in italiano delle poesie di Evtušenko costitutive dei Movimenti della sinfonia, a parte ovviamente la prima, ho ritenuto di dovere colmare la lacuna traducendole tutte. Ho preso a riferimento i testi di Valeria Vlazinskaya confrontandoli, per quanto mi è stato possibile, con altre traduzioni autorevoli e sbirciando il testo russo, munito dei conforti di qualche dizionario e note occasionali.
Mi corre l’obbligo di precisare, a scanso di equivoci, che il mio inglese non va al di là del livello medio e che la mia conoscenza di russo si aggira, si e no, su una cinquantina di vocaboli e nessun verbo. Per cui l’impegno è stato piuttosto rilevante.
Le parti cantate dalla voce solista sono impostate con il rientro a destra.

Ultima precisazione. Ho dedicato anche non poco tempo per individuare pitture e disegni dell’Olocausto, non molto noti, realizzati per la maggior parte dai deportati nei lager con mezzi di fortuna, ma anche da qualcuno che poté accedere ai luoghi dell'infamia nel ’45. Ho ricondizionato al meglio la scala tonale e la resa cromatica spesso compromesse come per la quasi totalità delle immagini presenti in rete. Le immagini sono intenzionalmente disseminate tra un testo e l’altro delle traduzioni inglesi e di queste in italiano.
Speriamo che Evtušenko da Peredelkino e Šostakovič da Novodevičij non manifestino un sussulto di biasimo; non riuscirei a farmene una ragione, tanta è l’ammirazione incondizionata che nutro per loro.

[Riccardo Gullotta]

 Holocaust Tom Bauer
Holocaust Tom Bauer
1.Babi Yar Adagio

Nessun monumento a Babi Yar.
Il burrone è la sua grezza lapide tombale [1]
Sono sgomento.
Oggi ho tanti anni
Quanti ne hanno tutti gli ebrei [2]

In questo momento mi sembra di essere ebreo
Ecco, qui vagabondo attraverso l’antico Egitto
E qui, sulla croce, crocifisso, muoio.
E porto ancora le cicatrici dei chiodi.
Mi sembra d’essere io stesso Dreyfus
I Filistei [3] – miei delatori e giudici.
Sto dietro le sbarre. Accerchiato.
Perseguitato, preso a sputi, calunniato.
E damigelle in pizzi e merletti [4]
Strillano e punzecchiano il mio volto con i loro ombrellini
Mi sembra d’essere il ragazzo di Białystok.[5]

Scorre sangue, si sparge sul pavimento
I leader [6] dell’osteria insultano
Ammorbando l’aria metà di vodka e metà di cipolle

Preso a calci con gli stivali, giaccio indifeso.
Invano li supplico, quelli dei pogrom.

Coperto dagli scherni:” Colpisci i Giudei [7], viva la Russia!”
Un mercante di grano picchia [8] mia madre

Oh popolo mio russo, lo so,
Sei internazionalista per vocazione
Ma spesso quelli con le mani sporche
Hanno sfruttato la purezza del tuo nome
Conosco la bontà della mia terra.
Con che bassezza- senza un fremito nelle vene
gli antisemiti si gloriano di essere

“L’Unione del popolo russo!” [9]

Mi sembra di essere Anna Frank,
Diafana come un ramoscello d’aprile
E amo, non ho bisogno di parole [10]
Ma ho bisogno che ci guardiamo fissi l’un l’altro.
Quanto poco possiamo vedere e percepire profumi
Di foglie non possiamo averne
Il cielo non è per noi
Ma c’è tanto di cui possiamo disporre
Di stare in un tenero abbraccio in una stanza buia.

“Arrivano!”

“Non temere, sono gli echi della primavera. Arriva.
Vieni qui,
su, dammi le tue labbra!”

“Spaccano la porta!”

“No, è il disgelo del ghiaccio…”

Su Babi Yar il fruscio delle erbe selvatiche.
Gli alberi guardano severi come giudici.
Qualunque cosa qui urla in silenzio e, tolto il cappello
mi accorgo che il grigio si fa largo piano piano con gli anni.

E io stesso sono un lungo grido silenzioso.
Sulle migliaia e migliaia qui sottoterra.
Sono ogni vecchio fucilato qui.
Sono ogni bambino fucilato qui.
Niente di me lo dimenticherà mai.

Che "L’Internazionale" si faccia rombo
Quando sarà per sempre sotterrato
L'ultimo degli antisemiti sulla terra.

Non scorre sangue ebraico nelle mie vene,[11]
Ma odiato con accanimento
Da tutti gli antisemiti , ecco io sono [12] ebreo.

Ed è per questo che sono un vero russo!

Death march Camp scene ,1945 Jan Hartman
Death march Camp scene ,1945 Jan Hartman


2. Umorismo Allegretto

Zar, re, imperatori,
Governanti del mondo,
Parate militari
Ma l’umorismo …– contro l’umorismo non potevano farci niente
Ai palazzi dei famosi
Che, ben curati, stavano adagiati tutto il giorno,

Giungeva Esopo vagabondo
E di fronte a lui tutti sembravano dei poveracci.

Nelle case in cui l’ ipocrita lasciava le impronte
Dei suoi piedi gracili,

E Hadji Nasr-ed-Din[13] queste volgarità
Le liquidava con le sue battute come in una partita a scacchi.

Volevano comprare l’umorismo.

Peccato che non possa essere comprato!

Volevano uccidere l'umorismo.

Ma l'umorismo s’è fatto beffe di loro.

Combatterlo è impresa dura.
Lo hanno giustiziato senza mai finire.

La testa mozza dell'umorismo
stava infilzata su una picca.

Proprio quando i pifferi dei buffoni
Avrebbero iniziato il loro racconto
Prorompeva in un grido netto: "Eccomi qui".

E irrompeva in una danza sfrenata.

In un cappotto striminzito e liso,
Desolato e come fosse pentito,
Arrestato come prigioniero politico
andava incontro l’esecuzione.
Aveva l’apparenza di uno che mostrava obbedienza,
Pronto per la sua vita nell’al di là,
Quando all'improvviso eccolo scivolare fuori dal cappotto
la sua mano agitandola

E ciao, ciao!

Segregavano l'umorismo in cella,
Ma dannazione, ci fossero riusciti in due volte!

Sbarre di ferro e muri di pietra
Ci sarebbe passato attraverso.
Tossendo e raffreddato
Come un soldato semplice
Marciava canticchiando
Con un fucile verso la rivoluzione. [14]

È abituato a sguardi cupi,
Ma non lo turbano.
E l'umorismo guarda sé stesso
A volte ridendo di sé.

È eterno.
È agile.
È fringuello.

Passerà attraverso tutto e tutti.


E così, gloria all'umorismo!
È un tipo coraggioso.

Ritorno dal lavoro, Auschwitz Jerzy Adam Brandhuber
Ritorno dal lavoro, Auschwitz Jerzy Adam Brandhuber


3. Nel negozio Adagio

Chi in scialle, chi con il fazzoletto,
Come per un'impresa o un lavoro
Nel negozio una ad una
Le donne entrano silenziosamente.

Oh, il tintinnio delle lattine,
Il tintinnio di bottiglie e pentole.
L'odore di cipolle e cetrioli,
L'odore della salsa "Kabul". [15]

Ho i brividi mentre sono in coda per la cassa
Ma mentre continuo ad avvicinarmi
Grazie al fiato di tante donne
c'é più tepore nel negozio.

Aspettano in silenzio
loro,le buone dee del focolare,
Mentre stringono tra le mani
I soldi guadagnati con fatica.

Sono queste le donne della Russia,
Sono il nostro onore e la nostra coscienza.
Hanno impastato il cemento
E arato e falciato.

Hanno sopportato tutto.
Resisteranno a tutto.

Qualunque cosa sulla terra è possibile grazie a loro,
Sono dotate di così tanta forza.


È vergognoso ingannarle.
È peccato frodarle.

E, mentre ripongo gli gnocchi nella mia sacca,
Guardo austero e tranquillo,
quelle mani affaticate dalle borse,
Quelle mani sante.









4.Paure Largo

Le paure stanno scomparendo in Russia
Come i fantasmi dei tempi andati.
Solo sul sagrato di una chiesa, qua e là, come donne anziane
Stanno implorando l’elemosina.

Ricordo che le paure erano al potere e avevano forza
Alla corte della menzogna in trionfo.
Come ombre le paure strisciavano ovunque,
Si infiltravano in ogni dove.
A poco a poco hanno imbrigliato la gente
E su ogni cosa hanno apposto il loro sigillo:
Quando sarebbe stato il tempo del silenzio ci insegnarono a urlare,
Ci insegnarono a tener la bocca chiusa quando sarebbe stato giusto gridare.
Oggi ciò è cosa remota,
È persino strano ricordarsene ora.
La paura nascosta di possibili delatori,
La paura nascosta che bussassero alla porta.
E che dire poi della paura di parlare con uno straniero?
Straniero è niente, ma che dire sul parlare con la propria moglie?
E la paura inspiegabile di rimanere
soli in silenzio dopo che la banda ha smesso di suonare, tutti in tacito accordo?

Non abbiamo avuto paura di costruire nelle tempeste di neve,
o di andare a combattere sotto le bombe.
Ma a volte avevamo una paura mortale
di parlare con noi stessi.
Non ci demoralizzammo né divenimmo corrotti
E non è senza motivo
Che la Russia, dopo avere vinto le sue paure,
Seminò una paura
perfino maggiore tra i suoi nemici.

Vedo sorgere nuove paure.
La paura di nascondere la realtà al paese,
La paura di togliere spazio alle idee
Che sono di per sé stesse verità.
La paura di vantarsi per stupire,
La paura di ripetere le parole di qualcun altro,
La paura di sminuire gli altri con la diffidenza
E di accordare eccessiva fiducia a sé stessi.

In Russia le paure stanno morendo.

Mentre scrivo queste righe,
E a volte involontariamente in fretta,
Le scrivo con la sola paura
Di non scrivere a tutta velocità.




 Mothers with Babies  Roman Halter
Mothers with Babies Roman Halter




5.Carriera Allegretto

Il clero sostenne che Galileo
Era un uomo perfido e stupido.

Galileo era insensato.

Ma, come il tempo ha poi dimostrato,

Chi è stupido è molto più saggio.

Un collega scienziato dell'età di Galileo

Non era meno saggio di Galileo.

Sapeva che era la terra a ruotare.

Ma - aveva famiglia.

E lui, salendo su una carrozza con sua moglie,
Avendo compiuto il tradimento,
pensava di portare avanti la sua carriera,

Eppure la stava rovinando

Per la sua teoria sul nostro pianeta
Galileo ha affrontato il rischio da solo

Ed è diventato davvero un grande.

Ora questa

Secondo me, questa è una vera carriera!

Perciò – evviva la carriera!
Quando la carriera somiglia a quella di
Shakespeare e Pasteur,
Newton e Tolstoj,
E Tolstoj.

Leo? [16]

Leo!
Perché è stato buttato fango su di loro?
Il talento è talento, chiamalo come vuoi.

Quelli che li hanno maledetti sono stati dimenticati.

Ma dei maledetti è vivo il ricordo,

Tutti quelli che agognavano alla stratosfera,
I medici che morirono combattendo il colera,
Loro hanno fatto carriera!

Prendo le loro carriere come esempio.

Credo nella loro sacra fede.
La loro fede è il mio coraggio.
Perseguo la mia carriera
senza inseguirla!
[1] грубое надгробие [gruboe nadgrob’e] dà forza all’immagine per il contrasto tra грубое / ruvido, grezzo e надгробие / monumento celebrativo . Il contrasto è assicurato anche a livello fonetico, per la ripetizione dei fonemi /gr/ e /b/

[2] еврейскому [evrejskomu] /ebraico è l’aggettivo di Eврей [Evrej] , forma più omnicomprensiva che fa riferimento all’etnia più che alla religione. L’altro termine иудей [Iudej], più avanti, è usato invece per connotare la religione professata.

[3] Мещанство [Меšаnsтvо] . All’incirca piccolo borghesia. Non c’è un termine univoco in italiano, l’equivalente inglese è Babbittry. In italiano sarebbe la piccolo-borghesia con riferimenti solo in parte di classe e più intesa in senso antropologico per significare la chiusura mentale e il conformismo. I traduttori hanno adottato il termine Filistei in quanto nemici tradizionali del popolo ebreo, così da rendere il senso con più immediatezza.

[4] брюссельскими оборками [ brjussel’skimi oborkami] / pizzi di Bruxelles nel senso di fronzoli

[5] Nelle strofe successive è evidente il riferimento al pogrom di Białystok del 1906: più di 80 ebrei uccisi e circa 80 feriti.

[6] La parola è вожди [voždi] / guida, usata durante il periodo stalinista per indicare il leader nazionale, cioè Stalin. Non più in uso da tempo, nella poesia ha un senso ironico, ad indicare il basso profilo dei capibastone.

[7] žid è un termine carico di disprezzo per designare gli ebrei, ha una connotazione razzista antisemita in Russia, mentre negli altri paesi di lingua slava non ha una carica negativa.
Бей жидов, спасай Россию! [Bey židov, spasaj Rossiju!] fu lo slogan delle Centurie nere / Черносотенцы [Černosotenc’i], movimento reazionario zarista xenofobo dei primi del Novecento.

[8] насилует [nasiluet] oltre che picchiare significa anche stuprare. Nelle traduzioni si trova ora l’uno ora l’altro.

[9] E’ il nome di uno dei partiti in seno al famigerato movimento delle Centurie nere, acronimo CPH [SRN]. Antisocialista, antiliberale, antisemita, fu attivo a S.Pietroburgo dal 1905 al 1917. Contò 300.000 aderenti.

[10] Nel testo: фраз [fraz]

[11] Nel testo: крови [krovi], letteralmente “nel mio sangue”

[12] Nel testo: как [kak] /come.Ho ritenuto di ometterlo per rendere meglio il senso e la forza che Evtušenko ha voluto conferire all’epilogo.

[13] Nasreddin Khoja è un personaggio che figura spesso nelle favole e storielle orientali in veste di saggio ma anche di eccentrico. Si dice che sia sorto nell’ambito della cultura selgiuchide nel XIII sec, ma è una tesi ottomana e turca. È invece un’icona araba sorta almeno nel IX sec. Lo prova il fatto che la sua declinazione siciliana è Giufà , tenendo presente che gli Arabi furono cacciati dalla Sicilia nell’XI sec.

[14] nel testo originale : Зимний дворец [Zimnij dvorec] / palazzo d'inverno

[15] detta anche “mogul” ovvero tartara. E’ la salsa base del piatto che in Italia si chiama insalata russa / салат столичный [salat stoličnij]

[16] la domanda è posta per distinguere Lev Tolstoj [ Лев Николаевич Толстой ] da Aleksej Nikolaevič Tolstoj [Алексей Николаевич Толстой], scrittore del Novecento

[Riccardo Gullotta]

inviata da Riccardo Gullotta - 19/4/2020 - 23:51




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