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Ai Martiri: Cumiana

La bottega di musica e parole
Lingua: Italiano



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2009
Album: Esterno buio

Gli autori della canzone sono Davide Grosso e Roberto Briscese, membri de La Bottega di Musica e Parole.

Cumiana, la strage del 1944

Da Wikipedia




La strage di Cumiana [paese nei pressi di Pinerolo, provincia di Torino, ndr] avvenne il 3 aprile 1944 ad opera di un reparto del 7º battaglione SS italiane (inquadrate qualche mese più tardi in quella che si chiamerà 29. Waffen-Grenadier-Division der SS). Il 7º battaglione, costituito da circa 500 militi, arrivò nella zona di Cumiana, non lontana dalla direttrice Avigliana-Orbassano-Pinerolo, per un ciclo di addestramento in vista di successivi impieghi sul fronte sud. Di fatto, esso fu utilizzato per fronteggiare forti gruppi di "ribelli" (così erano chiamati dalla propaganda nazifascista) appartenenti alla resistenza partigiana.

Antefatti

Il contatto con i partigiani avvenne la notte tra il 31 marzo ed il 1º aprile 1944. Due partigiani vennero fermati ad un posto di blocco, alle porte del paese, sulla strada per Giaveno, ma grazie alla sorpresa e all'oscurità riuscirono a fuggire attraverso i campi e ad avvisare i compagni acquartierati in alta Val Sangone. Dopo una breve riunione fra i capi banda, fu presa la decisione di scendere in paese per capire esattamente cosa stesse accadendo. I comandanti Nino Criscuolo, Franco Nicoletta e Sergio De Vitis, alla guida di una quarantina di uomini, giunti in paese, si avvidero che la situazione era favorevole per l'attacco. Intorno alle 11 del mattino essi diedero l'ordine di aprire il fuoco: alcuni militi delle SS, presi alla sprovvista, cercarono di fuggire con il loro camion, mentre altri resistettero per circa mezz'ora, fino alla resa. Trentaquattro soldati - di cui alcuni istruttori tedeschi - furono fatti prigionieri; si ebbero perdite, non esattamente accertate, da ambedue le parti.

La reazione tedesca

La risposta delle SS non si fece attendere: alle 14 di quello stesso 1º aprile 1944 cominciò un grande rastrellamento e circa centocinquanta uomini di età compresa tra i quindici e i settantacinque anni furono fermati. Buona parte del paese, soprattutto le case dalle quali i partigiani avevano sparato, nella cosiddetta Piazza Vecchia (Via Domenico Berti), fu incendiata. Dopo la prima violenta risposta delle SS, gli ufficiali tedeschi, fra i quali il tenente Anton Renninger, accettarono di intavolare una la trattativa per lo scambio di prigionieri. In assenza del podestà Giuseppe Durando, allontanatosi da casa alcune settimane prima per le minacce ricevute dai partigiani, i tentativi di mediazione vennero affidati al curato del paese, don Felice Pozzo e al medico, Michelangelo Ferrero, i quali fecero la spola per ben cinque volte tra Cumiana e il Forno di Coazze, in Val Sangone, sede delle formazioni partigiane. Nel pomeriggio del 3 aprile, dopo vari incontri tra i capi banda, si giunse ad una drammatica votazione in cui prevalse la risoluzione favorevole allo scambio, avanzata con decisione da un giovane ex ufficiale dei carristi, il tenente Giulio Nicoletta, futuro comandante di tutte le formazioni della valle.

Il tentativo di trattativa

La delegazione formata dallo stesso Giulio Nicoletta, dal curato e dal medico, giunse a Cumiana intorno alle 18, quando ormai la strage era già avvenuta. I tedeschi non avevano atteso l'esito della trattativa. Tra i civili presi in ostaggio e trattenuti nella stalla delle Cascine Nuove - una scuola di missionari salesiani a sette chilometri dal paese dove le SS del 7º battaglione avevano posto già da alcune settimane il loro quartiere - furono scelti cinquantotto uomini destinati alla fucilazione. Incolonnati sotto forte scorta, essi furono dapprima condotti in paese e poi sul luogo dell'esecuzione, la cascina Riva di Caia, a trecento metri dalle ultime case di Cumiana. Le esecuzioni avvennero con le modalità adottate in molte simili casi: le vittime, tre alla volta, furono giustiziate con un colpo alla testa.

Dopo i primi spari, esplosi dietro l'angolo del cascinale, gli ostaggi cercarono disperatamente di fuggire, ma furono sterminati dalle mitragliatrici poste attorno al luogo. Sette uomini scamparono grazie ad una serie di circostanze fortuite: chi per merito di poche parole in tedesco imparate in quei giorni, chi perché graziato all'ultimo momento. Un altro perché l'arma del maresciallo tedesco incaricato della fucilazione si inceppò. Un altro ancora per essersi nascosto fino a tarda notte nel mucchio di cadaveri, per poi allontanarsi di corsa in un momento in cui la sorveglianza si era allentata.

Giulio Nicoletta, appena giunto in Cumiana, seppe dell'avvenuta strage mentre si trovava nella Trattoria della stazione, luogo prescelto per l'incontro con gli ufficiali nazisti. Il tenente Renninger, riluttante, ammise solo dopo varie esitazioni che l'ordine era già stato eseguito. Ci fu uno rabbioso scambio di accuse, ma, nonostante il tragico esito, le trattative furono riprese il giorno successivo, per la liberazione degli altri cento ostaggi ancora detenuti nella scuola missionaria. Il difficile negoziato venne trasferito a Pinerolo, sede del comando SS dove Nicoletta giunse sotto scorta. Il generale Peter Hansen, comandante di tutti i volontari italiani arruolati nelle SS aderì allo scambio degli ostaggi e fece intendere al giovane tenente che, pur non potendo ammetterlo apertamente, egli stesso era convinto che la Germania avrebbe perso la guerra. Lo scambio degli ostaggi avvenne senza incidenti il 5 aprile 1944.

Giustizia sommaria

Il 3 maggio 1945, una Squadra d'azione patriottica rintracciò l'ex podestà Giuseppe Durando a casa sua, a Torino. Con un cartello appeso al collo su cui era stato scritto: "Parassita del popolo criminale di guerra", egli venne caricato sul cassone di un camion e portato in giro nei paesi vicini, per poi giungere a Cumiana. Durando fu trascinato fino alla piazza principale del paese, e linciato. Alcuni mani pietose lo strapparono dalla folla nel tentativo di salvarlo ma poco più tardi, l'agonizzante ex podestà fu tratto dal piccolo ospedale del paese in cui era stato provvisoriamente ricoverato e portato nel piazzale di fronte al cimitero, dove venne finito con una scarica di mitra. Non è mai stato chiarito il ruolo che ebbe l'ex podestà in tutta la vicenda. Egli non si trovava in paese già da alcune settimane, in seguito a varie minacce ricevute. Non fu un responsabile diretto della strage, ma presumibilmente non tentò neppure di appoggiare le complesse trattative fra partigiani e SS. La sua colpa, se così si può dire, fu proprio quella di non tornare in paese nel momento in cui la sua presenza avrebbe forse evitato il peggio.

La riapertura del caso

Il tenente Renninger invece fu rintracciato nel 1998 in Germania, a Erlangen (vicino a Norimberga) dove era vissuto tranquillamente fino ad allora. Il caso era stato riaperto dopo un'inchiesta di Alberto Custodero, giornalista torinese de La Repubblica. Incriminato dal tribunale militare di Torino, Renninger non si presentò al processo e morì nell'aprile del 2000, dopo poche udienze preliminari.


(Bernart)





La Bottega di Musica e Parole sotto il campanile del duomo di Pinerolo.
La Bottega di Musica e Parole sotto il campanile del duomo di Pinerolo.



(Bernart)
Ho visto il sole tramontare nel cielo sui Tre Denti,
ho sentito storie di vita, di partigiani e delle loro genti,
di martiri fucilati nella cascina della vergogna,
Cumiana soggiogata ai fascisti e alla loro menzogna.

Centoquindici le borgate che raccontano la nostra storia,
nella valle del Chisola echeggia la tua memoria,
nella stagione della rivolta nascosti tra i monti contro il regime,
dove il ribelle brandiva coraggio ed imbracciava il fucile.

Siamo figli dei tuoi monti
primavera dei tuoi campi.
Siamo il rosso del tuo vino
la voce dei tuoi canti.
Dalla piazza alle cascine contro un nemico senza pietà,
fra i boschi per le colline: viva la libertà!

E i ribelli dalla montagna varcavano la Colletta,
tendevano un’imboscata ai nazisti in piazza Vecchia,
dalle case sulla strada, “quanti proiettili impazziti”,
in ostaggio tre ufficiali nel covo dei banditi.

E un fuoco di vendetta divampava dalle case,
rastrellava i Cumianesi e li portava al cascinale,
contro un muro inginocchiati da un nazista ubriaco,
come bestie fucilati cadevano su un prato.

Siamo figli dei tuoi monti
primavera dei tuoi campi
Siamo il rosso del tuo vino
la voce dei tuoi canti
dalla piazza alle cascine una memoria un identità,
ai martiri Cumiana: viva la libertà!

E Cumiana si risveglia si redime e si ricorda,
il 3 Aprile ‘44 è una ferita nella storia,
Cinquantun colpi di fucile tuonano ancora in riva di Caia,
sia il ricordo a far tacere la vendetta e la mitraglia.

Guardo la notte raccontare nel cielo sui Tre Denti,
i ricordi fanno breccia e non cambiano coi venti,
i martiri non lasciano la cascina della vergogna,
Cumiana liberata nel suo letto adesso sogna.

inviata da DonQuijote82 - 15/10/2013 - 15:38




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