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Mio nonno partì per l'Ortigara

Chiara Riondino
Lingua: Italiano (Toscano Fiorentino)


Chiara Riondino

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Chiara Riondino: Mio nonno partì per l'Ortigara
(D. Riondino / C. Riondino), reg. 2024


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[~ 1978]
Testo / Lyrics / Paroles / Sanat: David Riondino
Musica / Music / Musique / Sävel: Chiara Riondino

Monte Ortigara, 15 giugno 1917.<br />
...e li mandarono all'assalto un giorno<br />
sotto il fuoco dell'artiglieria...
Monte Ortigara, 15 giugno 1917.
...e li mandarono all'assalto un giorno
sotto il fuoco dell'artiglieria...


Ho ascoltato questa canzone da Chiara Riondino tanti e tanti anni fa, due chitarre e un microfono alla casa del popolo dietro casa mia, dove abitavo da ragazzo. La casa del popolo "Raffaello Andreoni" di Coverciano, a Firenze. E' stata la prima e unica volta che l'ho ascoltata direttamente. Non credo che Chiara la abbia mai incisa; ma si è come incisa immediatamente nella mia memoria. Dopo quasi trent'anni ora la ritrovo, per caso, su Baracche Verdi con un'incisione di fortuna: un'emozione per me enorme.

Chiara Riondino
Chiara Riondino
Monte Ortigara, 1921, prima adunata alpina.
Monte Ortigara, 1921, prima adunata alpina.



Una canzone che parla della "Patria riconoscente", come il bellissimo e dimenticato libro di Giulio Cisco. Una canzone straordinaria che sono fiero di avere contribuito a tramandare, dato che Chiara la esegue, credo, molto raramente dove viene invitata a cantare con quella sua voce meravigliosa. Secondo alcune notizie (non confermate, perché non provenienti dall'autrice), la canzone dovrebbe risalire a circa il 1978, oppure a partire da quell'anno Chiara Riondino ha cominciato qua e là a cantarla. Deve essere comunque una canzone proveniente dalla seconda metà degli anni '70. Il mio ascolto alla casa del popolo “Andreoni” risale circa alla metà degli anni '80.

La canzone è cantata con accento fiorentino. Chiara Riondino ha cantato e militato, da giovanissima, nel Collettivo Víctor Jara di Firenze, assieme a suo fratello, David Riondino (che, notizie dirette recentissime, è l'autore del testo della canzone). [Riccardo Venturi]

Aggiornamento nov. 2024


Non so come il Webmaster di questo sito, Lorenzo Masetti, per vie traverse sia riuscito a contattare, o a far contattare Chiara Riondino; fatto sta che, con un gesto davvero molto bello, Chiara ha deciso di fare un video “domestico” di buona qualità dove canta la canzone accompagnandosi con la chitarra (che sarà messo su YouTube e che sarà quindi fruibile pubblicamente). Video che mi è stato inviato “in anteprima”, e si può ben capire la mia autentica emozione, non solo nell’ascoltarlo, ma anche nello scrivere queste righe.

Al modo in cui, oltre quarant’anni fa, ho conosciuto e imparato questa canzone (il cui testo è dovuto al fratello di Chiara, cioè David Riondino), ho già accennato qua sopra. Mi ero dimenticato un paio di versi, che ho integrato nel testo a partire dal video; così come una strofa alla fine (spettacolare, tra l’altro), che però non ricordo cantata da Chiara Riondino in quell’unica e remota occasione (la stessa, fra l'altro, in cui Chiara Riondino cantò la sua versione italiana di "Mediterraneo" di Serrat, pure imparata a memoria). Aggiungerò un paio di cose; abitavo, da ragazzo, letteralmente a cinquanta metri, forse meno, dalla Casa del Popolo “Andreoni”; una volta tornato a casa, dopo aver ascoltato la canzone ed averla imparata a memoria, corsi in cantina (la mia stanza era la cantina condominiale) e la trascrissi su un foglio, a mano. Foglio che, naturalmente, andò perso dopo due giorni nel marasma biblico e oceanico che era quel bugigattolo. Così è rimasta per nella mia testa prima di andare a finire sulle “CCG”, vent’anni dopo, durante la “raccolta primitiva” delle seicentotré canzoni che formano il “nucleo storico” di questo sito. Vorrei fare presente che, nella raccolta primitiva fatta sui newsgroups e sulle mailing list, questa canzone dev’essere la quinta o sesta in assoluto. Tuttora, nel sito, la canzone reca il numero progressivo di codice n° 12. I numeri progressivi di codice sono, attualmente, sopra il 68000 (non corrispondono alle effettive trentasettemilacinquecento e rotte canzoni, perché i numeri di codice si applicano anche a canzoni cancellate, a spam, a schifezze, errori, pinzillacchere e altri accidenti che nel sito non compaiono). Recare il n° 12 come codice progressivo significa appartenere non alla sua preistoria, ma più indietro. Al precambriano delle CCG, quando è stata messa c’erano a malapena i trilobiti.

<br />
...perché il Ministro gli consegnava<br />
un assegno da mille lire...

...perché il Ministro gli consegnava
un assegno da mille lire...


Da tutto questo si capisce, credo, l’importanza che ha questa canzone per il sottoscritto. Prima di tutto, ovviamente, per la canzone in sé, per la storia che racconta con ironia mista a tristezza (una caratteristica, peraltro, parecchio “riondiniana”) ed anche per il salto nel tempo che mi fa fare; si aggiunga la voce di Chiara Riondino. Mi sono chiesto a volte perché mi colpì tanto, e talmente tanto da impararla a memoria (sia pure con qualche lieve défaillance) al primo ascolto. Sicuramente c’è tutto il fatto di mio nonno, “ragazzo del ‘98” che ben conobbe poi, quanto sa essere riconoscente la Patria. Prima di farlo “cavaliere senza cavallo” con tanto di diploma firmato da Saragat, fecero pure a lui fare un viaggetto che ho raccontato un po’ nella ”Casa della Dogana”. E poi non lo so. Non si sa quasi mai perché una cosa (una canzone, un quadro, una scultura, una qualsiasi altra manifestazione dell’ingegno umano) colpisce e si fissa immediatamente nella memoria. Oltre non vado.

Spero con questo di aver aggiornato bene. Ovviamente, i versi dimenticati e la strofa finale tralasciata (perché mai ascoltata prima) sono stati inseriti nel testo; si tratterà anche di integrare il tutto nelle traduzioni. Ancora un ringraziamento enorme a Chiara Riondino, davvero di cuore. [Riccardo Venturi 12.11.2024]


...con mille lire ti puoi comprare<br />
tutta la piana di Granaiolo...
...con mille lire ti puoi comprare
tutta la piana di Granaiolo...


LA BATTAGLIA DELL'ORTIGARA

La battaglia dell'Ortigara fu combattuta dal 10 al 25 giugno 1917 tra l'esercito italiano e quello austriaco, per il possesso del Monte Ortigara, nell'altopiano di Asiago.

Il piano d'attacco
La battaglia si rese necessaria perché gli austriaci, a seguito della Strafexpedition, si erano ritirati su posizioni difensive più favorevoli, dalle quali potevano minacciare alle spalle le armate del Cadore, della Carnia e dell'Isonzo.

La linea austriaca partiva dal torrente Assa (sponda destra, poi sponda sinistra all'altezza di Roana) all'estremità orientale dell'Altopiano dei Sette Comuni, passando per i monti Rasta, Zebio, Colombara, Forno, Chiesa, Campignoletti e Ortigara.

Il piano italiano affidava al XX e al XXII corpo d'armata il compito di sfondare il fronte austriaco tra i monti Ortigara e Forno (il XX) e tra i monti Zebio e Mosciagh (il XXII). Il piano presentava però alcuni gravi svantaggi, come la mancanza di sorpresa (perché l'attaco era atteso dagli austriaci), l'eccessivo concentramento di truppe italiane in pochi chilometri di fronte, la posizione dominante delle difese austriache e la loro disposizione ad arco che permetteva alla loro artiglieria di battere facilmente tutto il campo di battaglia.

L'attacco (10 e 11 giugno)
L'inizio dell'attacco fu preceduto da un massiccio bombardamento delle posizioni austriache. Alle 15 del 10 giugno i soldati andarono all'attacco. Mentre il XXII corpo d'armata, schierato sul lato sud, si trovò davanti una strenua resistenza che gli impedì di avanzare, sul lato nord la 52a divisione (18 battaglioni alpini divisi in due colonne, la colonna Cornaro e la colonna Di Giorgio), ebbe un iniziale successo.

La colonna Cornaro, attraverso la Valle dell’Agnella, tentò di scardinare la linea fortificata che prende il nome di "Opere Mecenseffy" (Comandante austriaco del settore) e di conquistare il Costone dei Ponari e il Monte Campigoletti. Al grido «Savoia!», il Battaglione Mondovì si gettò sulle posizioni nemiche e conquistò il Corno della Segala riuscendo a mantenerlo con l’aiuto del Battaglione Ceva e del Battaglione Val Stura. Il Battaglione Vestone ed il Battaglione Bicocca, d’impeto e con numerose perdite, superarono la prima linea di reticolati del Costone dei Ponari, aiutati anche dalla nebbia, ma furono arrestati sulla seconda linea e presi d’infilata dal fuoco nemico.

La colonna Di Giorgio fu organizzata in una prima ondata composta dai battaglioni Bassano, Sette Comuni, Baldo e Verona, in una seconda ondata composta dai battaglioni Clapier, Arroscia, Ellero e Mercantour e in una riserva composta dai battaglioni Spluga, Tirano, Saccarello, val Dora e 9º reggimento bersaglieri.

La colonna Di Giorgio scese nel Vallone dell’Agnellizza dove si divise in due tronconi: gli Alpini del Battaglione Bassano risalirono, sotto il micidiale fuoco nemico, su per il Passo dell’Agnella verso la quota 2.003 e la quota 2.101 mentre gli Alpini del Battaglione Sette Comuni, dopo aver cantato l’Inno di Mameli, puntarono direttamente sul settore più fortificato della quota 2.105, la vetta dell’Ortigara.

Il Battaglione Bassano insanguinò il Vallone dell’Agnellizza (che verrà nominato Vallone della Morte) e, decimato, espugnò la quota 2.003. Da qui sferrò l’attacco alla quota 2.101, chiamata dagli Austriaci "Cima Le Pozze" e strenuamente difesa; l’assalto si arrestò, ma accorsero in aiuto Compagnie dei Battaglioni Val Ellero e Monte Clapier e la quota 2.101 venne conquistata. Dopo un infruttuoso tentativo di procedere verso la vetta (quota 2.105) i soldati si attestarono e fortificarono sulle posizioni. La 52a Divisione perse 35 ufficiali morti, 85 feriti, 2 dispersi; 280 militari morti, 1874 feriti, 309 dispersi.

Nella notte, fino all’alba i Battaglioni Tirano e Monte Spluga si portarono di rincalzo: iniziarono la discesa del Monte Campanaro e si accinsero ad attraversare il Vallone della morte, illuminato dalle esplosioni. In questo tratto caddero un gran numero di soldati. Queste truppe fresche giunsero a quota 2.101 (Cima Le Pozze) e da lì avrebbero dovuto sfondare verso Cima Dieci e il Portule.

Alle ore 8 giunse l’ordine del generale Ettore Mambretti, comandante dell’Armata, di sospendere l’attacco e rinsaldarsi sulle posizioni. Il nemico intanto si era ulteriormente fortificato su Cima Ortigara e il generale Como Dagna, per consolidare le posizione decise di sferrare un nuovo attacco contro le posizioni del giorno precedente.

Alle 16 ricominciò il Calvario degli Alpini. I Battaglioni Verona e Sette Comuni si sacrificarono nei reiterati attacchi contro Cima Ortigara, mentre i Battaglioni Val Arroscia e Monte Mercantour si dissanguarono contro le fortificate "Opere Mecenseffy". I Battaglioni Tirano e Monte Spluga riattaccarono il Passo di Val Caldiera e la Cima Dieci ad ovest dell’Ortigara e raggiunsero, a prezzo di pesanti sacrifici, le posizioni nei pressi di Passo di Val Caldiera, ma furono costretti a ritirarsi per non essere accerchiati. Alle perdite del giorno precedente si aggiunsero 12 ufficiali morti, 12 feriti e 1 disperso, 54 militari morti, 420 feriti, 54 dispersi (prigionieri o annientati dalle bombe).

Dal 15 al 19 giugno
Il generale Mambretti decise finalmente di sospendere l’azione per almeno tre giorni, ma il 15 giugno ci fu un tentativo da parte degli austriaci di riprendere le posizioni perdute che, però, s’infranse contro la resistenza degli Alpini. A questa azione parteciparono anche i Battaglioni Valtellina, Saccarello e Monte Stelvio. Il bilancio delle perdite fu elevatissimo: 12 ufficiali morti, 48 feriti e 2 dispersi su 217 militari morti, 896 feriti e 269 dispersi.

Tra il 15 ed il 19 giugno 1917 ci fu una relativa calma, fatta eccezione per un attacco a Cima Ortigara il 17 giugno.

Il 19 giugno giunse l’ordine di ripetere l’attacco a Cima Ortigara, Passo di Val Caldiera verso il Portule. La Colonna Cornaro attaccò da sud-est, mentre la Colonna Di Giorgio, che insieme ai Battaglioni Alpini schierò anche fanti del 4° Reggimento ed il 9° Reggimento Bersaglieri, attaccò da est e da nord-est. Alle ore 8 del 18 giugno cominciò il fuoco dell’artiglieria ed alle prime luci dell’alba del 19 giugno 1917 i Battaglioni erano ammassati nelle posizioni d’attacco. Alle ore 6 si scatenò l’assalto e dopo varie, sanguinose ondate, la Cima Ortigara, che si credeva inespugnabile, venne vinta da più lati dagli stanchi e decimati Alpini. Questa sofferta gioia non durò che pochi giorni.

L'ultimo giorno
Il 25 giugno 1917 alle ore 2,30 si scatenò l’inferno dei tiri d’artiglieria austriaca. Alle ore 2.40 si accese l’assalto, reso ancora più tremendo dall’uso di lanciafiamme. Alle ore 3,10 un razzo bianco annunciò ai Comandi austriaci che l’Ortigara era di nuovo nelle loro mani. Incredibile l’ordine del Comando Italiano: «occorre riprendere ad ogni costo» le posizioni. Alle ore 20 i provati e sfiduciati battaglioni di alpini, fanti e bersaglieri si rigettarono nel carnaio del micidiale fuoco nemico per concludere l’ultimo atto del massacro. Il Battaglione Cuneo, nuovo sul terreno dell’Ortigara, rioccupò la quota 2.003 che mantenne fino al 29 giugno 1917 quando fu catturato insieme al Battaglione Marmolada e inviato nei lager austriaci. Complessivamente la 52a Divisione perse nella Battaglia dell’Ortigara 12.633 uomini, dei quali ben 5.969 soltanto l'ultimo giorno, il 25 giugno. pochi giorni dopo, il generale Mambretti, considerato responsabile del disastro, fu rimosso dal comando e la stessa Sesta armata fu sciolta il 20 luglio, facendo confluire le sue truppe (il V, il X e il XXIX corpo d'armata) nella Prima armata e, in parte (il XVIII corpo d'armata, schierato in Val Sugana), nella Quarta armata di stanza in Cadore.


...una gallina e dieci uova, e dopo gioca con mia figlia.
...una gallina e dieci uova, e dopo gioca con mia figlia.
Mio nonno partì per l'Ortigara,
Diciannovenne vestito da Alpino
E si spararono dalle trincee,
Contadino su contadino.

E li mandarono all'assalto un giorno
Sotto il fuoco dell'artiglieria
Che doveva spazzare via
I maledetti reticolati;

Ma avevano sbagliato misura
E di trecento Alpini arrivati,
Inchiodati al filo spinato,
Allo scoperto mitragliati

Di trecento tornarono in trenta
Dopo una notte nella neve.
E nemmeno gli dissero grazie,
Nemmeno una licenza breve.

Così la guerra fu vinta, dissero;
Pare la vinsero gli italiani
E mio nonno con gli altri ripartì
In quell'inverno di freddo e di fame

Però la patria non fu avara
Quando depose il suo fucile
Perché il ministro gli consegnava
Un assegno da mille lire.

E nel treno del ritorno
Gli occhi inseguivano un sogno in volo
Con mille lire ti puoi comprare
Tutta la piana di Granaiolo.

E dopo mise su famiglia,
Ma l'assegno non arrivò,
Poi una guerra anche peggiore
L'assegno lo dimenticò.

E lenti passano ancora gli anni
Tra il grano biondo ed il vigneto
E muore un figlio che ha trent'anni
E vede crescere i nipoti

E vede crescere i bambini
Mentre si sente d'invecchiare,
Son diventati cittadini,
Che ogni tanto lo vanno a trovare.

E lui prepara il vino nuovo
Da portar via per la famiglia,
Una gallina e dieci uova
E dopo gioca con mia figlia.

Ma un giorno arriva il telegramma,
Per ogni cosa il suo momento:
Con cinquant'anni di ritardo
Hanno deciso il pagamento.

E nel Teatro Comunale
Li han tutti quanti convocati:
Ragazzi del Novantanove
A settant'anni già suonati.

Ai combattenti per l'Italia
Tra le fanfare e le bandiere
Gli han regalato una medaglia,
Han fatto il nonno cavaliere!

E delle vecchie mille lire
Gliene hanno date novecento
Per via d'alcune trattenute
E i bolli di regolamento.

Disse alla moglie la notizia
Mentre rideva a raccontarlo,
"Che m'hanno fatto cavaliere, sì,
Ma non m'han dato il cavallo."

E delle novecento lire
Non poté più comprar la terra,
Così comprò un annaffiatoio
Per innaffiare la sua serra.

Mio nonno partì per l'Ortigara
Diciannovenne, vestito da Alpino
E si spararono dalle trincee,
Contadino su contadino.



Lingua: Inglese

Versione inglese di Riccardo Venturi
English Version by Riccardo Venturi
Version anglaise de Riccardo Venturi
Riccardo Venturin englanninkielinen versio
24 maggio 2005 / May 24, 2005 / 24 mai 2005

...so he bought a watering can<br />
to water his greenhouse...
...so he bought a watering can
to water his greenhouse...


MY GRANDPA WAS COMMANDED TO ORTIGARA

My grandpa was commanded to Ortigara
When he was 19, with the Alpine troops,
And from the trenches they shot at each other
Peasants at other peasants.

One day they were ordered to attack
Under the artillery fire:
They were ordered to sweep away
Those bloody barbed wire fences;

But the plan wasn’t so well made
And of three hundred Alpine troopers
Nailed to the barbed wire,
Machine-gunned without shelter

Only thirty did survive after a night
Frozen in a cruel snowstorm.
And they didn’t get even a thank you,
They didn’t even get a two days’ leave.

So the war was won, they said,
And it seems that the Italians prevailed
And my grandpa left with the others
In that winter of hunger and cold

But the Fatherland wasn't greedy
When he put his gun aside:
The Minister rightfully rewarded him
With a check of 1,000 lire.

And on the train on his way back home
His eyes were pursuing a winged dream,
With 1,000 lire you can buy
All the wheat fields of Granaiolo.

And then he built up a family
But the check didn't arrive,
Then a war still worse than the other
Forgot the check and all the rest.

And the years pass slowly by
among the wheat and the vineyards,
he sees a thirty years old son die,
he sees his grandchildren grow up

And he sees all the children grow up
while he feels he's getting old,
they have moved to the town
and sometimes pay him a visit.

And he makes the young wine
for his family to take away,
a chicken and ten eggs
and then he plays with my daughter.

But one day a telegram comes,
everything at the right moment:
with a delay of fifty years
the payment order has been issued.

So they call him to the City Theatre
together with his old comrades:
All the “Boys of Ninety-Nine”
well over seventy years old.

Those who fought for Italy
among military bands and flags
were granted a pretty gold medal,
grandpa was made a Knight!

But of his old 1,000 lire
well, he got only 900.
Well, there was some deduction
and the stamp duty tax.

And he went to tell the great news
to grandma, laughing like a fool:
“My wife! I was made a Knight!
But I was granted no horse.”

And with the 900 lire
He could no longer buy land,
So he bought a watering can
To water his greenhouse.

My grandpa was commanded to Ortigara
when he was 19, with the Alpine troops,
and from the trenches they fired at each other
peasants at other peasants.

24/5/2005 - 17:12




Lingua: Francese

Nouvelle version française de Riccardo Venturi
Nuova versione francese di Riccardo Venturi
New French version by Riccardo Venturi
Riccardo Venturin uusi ranskankielinen versio
12 novembre 2024 / 12 novembre 2024

Monte Ortigara.
Monte Ortigara.


La version que j’ai fait en 2005 était indécente. Je profite donc de tous les bouleversements en cours sur cette page pour en faire une nouvelle et, du moins je l'espère, un peu meilleure. Mais je sais bien que tout Italien qui veut écrire en vrai français est voué à se ridiculiser. Je souhaite donc une version marcovaudienne (ou marcovaudoise?) pour cette chanson si belle, et si importante. [RV]
Grand-père partit pour l'Ortigara

Grand-père est parti pour l'Ortigara
À dix-neuf ans, habillé en Alpin,
On se tirait dessus depuis les tranchées,
Paysans contre paysans.

Un jour on les a lancés à l’assaut
Sous le feu d'artillerie,
Il fallait se débarrasser
De tous ces maudits barbelés;

Mais les calculs étaient mal faits,
Et de troix-cents qui étaient là
Cloués aux barbelés,
Mitraillés sans protection

Seulement trente sont revenus
Après une nuit sous la neige.
Et pas même un petit merci,
Pas même un court congé.

Et c’est ainsi, paraît-il,
Que l’Italie a gagné la guerre;
Grand-père repartit avec les autres
Dans un hiver de gel et de faim.

Mais la Patrie n'a pas été avare
Quand il a déposé son fusil:
Monsieur le Ministre lui a accordé
Un chèque de 1000 lire.

Et dans le train qui le ramenait à la maison,
Ses yeux rêvaient comme sur des ailes:
“Avec 1000 lire, je peux m'acheter
Toute la campagne de Granaiolo.”

Et puis il s'est fait une famille,
Mais le chèque n'arrivait pas,
Puis une guerre encore plus terrible
A bel et bien oublié le chèque.

Les années passent lentement
Sur les champs de blé et sur les vignes,
Il voit mourir un fils de trente ans,
Il voit grandir ses petits enfants,

Il voit grandir tous ses enfants
Et se sent vieux maintenant,
Toute sa famille vit en ville
Et lui rend visite de temps en temps.

Et lui, il prépare du vin nouveau
Pour le donner à sa famille,
Une poule et dix œufs
Et puis il joue avec ma fille.

Un jour, il reçoit un télégramme:
Toute chose à son temps,
Le chèque enfin va être payé,
Oui, mais cinquante ans plus tard.

Dans le Théâtre Municipal
On a réuni un tas de vieillards,
Des “Garçons de ‘99”
Âgés plus de soixante-dix ans.

À tous ces vieux combattants,
Entre drapeaux et fanfares,
On a donné une médaille:
Grand-père a été fait Chevalier!

Mais des anciennes 1000 lires
Il n'en a reçu que neuf-cents,
À cause de certaines retenues
Et du prix des timbres fiscaux.

Quand il l'a raconté à sa femme
Il riait vraiment comme un fou:
"Hein, j'ai la croix de Chevalier,
Mais pas question d'un cheval."

Et puis, avec neuf cents lires
Il ne pouvait plus acheter des terres,
Ainsi, il a acheté un arrosoir
Pour bien arroser sa serre.

Grand-père est parti pour l'Ortigara
À dix-neuf ans, habillé en Alpin,
On se tirait dessus depuis les tranchées,
Paysans contre paysans.

12/11/2024 - 21:16




Lingua: Spagnolo

Traducción al español / Traduzione spagnola / Spanish translation / Traduction espagnole / Espanjankielinen käännös:
Cármen Valenzuelas Perrone

"Buongiorno, sono una ragazza sivigliana che vive in Italia da 4 anni (a Palermo). Colpita da questa canzone, di cui non sapevo niente, ho voluto tradurla in spagnolo sperando di avere compreso bene tutto il senso. Veramente bellissima, esiste una registrazione un po' migliore?. Cármen Valenzuelas Perrone."
MI ABUELO PARTIÓ A ORTIGARA

Mi abuelo partió a Ortigara,
De diecinueve años, cazador alpino
Y se disparaban desde las trincheras,
Campesino a campesino.

Les ordenaron el ataque un día
Bajo el fuego de la artillería
Que tenía que acabar
Con los malditos alambrados

Pero habían mal calculado,
De los trescientos que habían llegado
Clavados al alambre de púas,
Ametrallados sin protección,

Sólo treinta regresaron
Después de una noche en la nieve
Y ni siquiera les dieron gracias,
Ni siquiera un permiso breve.

Así, dicen, se ganó la guerra,
Parece que la ganaron los italianos,
Y mi abuelo regresó con los otros
En un invierno de hambre y de frío

Pero la Patria no fue avara
Cuando él dejó las armas
Porque el Ministro le había prometido
Un cheque de mil liras.

Y en el tren con que regresaba
Sus ojos soñaban como si volaran,
Con mil liras puedes comprarte
Toda la tierra de Granaiolo.

Y se casó y tuvo familia,
Pero el cheque no llegó,
Y pues otra guerra aún peor
Del cheque se olvidó.

Los años van pasando lentos
Entre el trigo rubio y las viñas,
Le muere un hijo de treinta años
Y ve crecer a sus nietos

Y ve crecer a los niños
Mientras él siente que está envejeciendo,
Ahora moran en la ciudad,
De vez en cuando van a verlo.

Y él prepara el vino nuevo
Para que su familia se lo lleve a casa,
Una gallina y diez huevos
Y luego juega con mi hija.

Y un día llega el telegrama,
Todo tiene su momento:
Con cincuenta años de retraso
Han decidido pagarle el cheque.

Y en el Teatro Municipal
A todos los han invitado,
“Muchachos del Noventa y Nueve” [1]
A los setenta ya cumplidos.

A los combatientes por Italia
Entre fanfarrias y banderas
Les entregaron una medalla:
Al abuelo le han hecho Caballero!

Y de las viejas mil liras
Sólo le dieron novecientas
Debido a algunas retenciones
Y a pólizas reglamentarias.

Dijo el abuelo a la abuela
Mientras se reía al contarlo:
¡Ojalá, me han hecho Caballero!
Sí, pero no me han dado el caballo.

Y con novecientas liras
Ya no podía comprar la tierra,
Entonces compró una regadera
Para regar su invernadero.

Mi abuelo partió a Ortigara,
De diecinueve años, cazador alpino
Y se disparaban desde las trincheras,
Campesino a campesino.
[1] Los muchachos nacidos en 1899 que fueron enviados al frente en primera línea después de la derrota de Caporetto en 1917, eso es, a la edad de 18 años.

inviata da Cármen Valenzuelas Perrone - 16/5/2018 - 14:22




Lingua: Ungherese

Magyar nyelvre fordította Riccardo Venturi
2009.01.06-án
Versione ungherese di Riccardo Venturi
6 gennaio 2009
Hungarian version by Riccardo Venturi
January 6, 2009
Version hongroise de Riccardo Venturi
6 janvier 2009
Riccardo Venturin unkarinkielinen versio
6. tammikuuta 2009


Chiara Riondino.
Chiara Riondino.


Ezet a fordítást Sajó Tamásnak felajánlom (rv)

Ez a dal a szerző nagyapjának a története. Egy dal, amit harminc éve meghallgattam először egy firenzei “Népházban”, amikor Chiara Riondino énekelte a gitárjával és egy mikrofonnal. Nem hiszem, hogy Chiara felvette; de én az emlékezetembe vettem fel. Harminc év után véletlenül megtalálom a firenzei városnegyedem honlapján, “Baracche Verdi”-n, egy alkalmi felvétellel: Chiara még énekli a gitárjával és egy mikrofonnal, az emberek között a városnegyedi piacban. Egy dal a “hálás hazáról”, mint Giulio Cisco nagyon szép, elfelejtett könyve. Egy toszkán paraszt tragikomikus élettörténete, amit az unokája énekel a firenzei nyelvjárásban és béketűrő, keserű gúnnyal. [RV]
Nagyapám leindult Ortigarára

Nagyapám leindult Ortigarára
19-éves, hegyivadászruhában,
A lövészároktól lőttek egymásra,
Paraszt lőtt parasztra.

Egynapon támadásra
Ágyútűzben vezényelték,
Hogy lerombolják azokat
Az átkos drótsövényeket.

De a számitásuk téves volt,
És háromszáz hegyivadászot
Szögesdrótra szegezettek,
Védelem nélkül géppuskázottak.

Csak harmincan visszatértek
Egy éj után a hózivatarban.
És mégsem köszönték meg,
Mégsem két nap szabadságot.

Úgy látszik, a háborút
Megnyerték az olaszok,
És nagyapám mindenki mással együtt
Hazatért abban a fagyos éhségtélben.

De a Haza nem bizonyult fukarnak
Amikor nagyapám letette a fegyverét:
A miniszter ezer lírás csekket
Átadott a volt harcosnak.

S ahogy hazatérve a vonaton
Ábrándokat kergetett a szeme:
Ezer lírával megvehetem
Az egész Granaiolói síkságot.

Saját családot alapított meg,
De a csekk nem érkezett,
Aztán egy még roszzabb háború
A csekket felejtette el.

Lassan lassan repülnek az évek,
A szőke búza s a szőlő között,
Meghal egyik 30-éves fia,
Nézi meg az unokáit felnőni,

Látja, hogy felnőnek a gyerekek,
Mialatt érzi, hogy öregszik.
Most a családja a városban él
És olykor meglátogatja.

S nagyapám új bort keszít
Hogy a családja elvigye,
Egy tyúkot és tíz tojást,
Aztán játszik a kislányommal.

Egynapon érkezik egy távirat,
Minden a maga idejében jön!
Ötven évés késéssel
A fizetést határozták el.

És a Városi Színházba
Mindnyájukat összehívták,
Azokat a már a hetvenen túli
“1899-es fiúkat”.

Olaszország hőseit
Bandák és zászlók között
Aranyéremmel tüntették ki:
Nagyapámot ütötték Lovaggá!

De a régi ezer lírából
Csak adták neki kilencszázat,
Bizonyos levonások
S az okmánybélyegek miatt.

Nagymamának nevetve
Nagyapám a hírt mondta:
“Lovaggá ütöttek,
Jól, de lovam nincs.”

De csak kilencszáz lirával
Földet már meg nem vehetett,
Így vásárolt egy öntözőkannát
Az üvegházát öntözni.

Nagyapám leindult Ortigarára
19-éves, hegyivadászruhában,
A lövészároktól lőttek egymásra,
Paraszt lőtt parasztra.

6/1/2009 - 18:52





Notturna versione greca, tra birre, vodka e quant'altro, di Riccardo Venturi. E' già il 26 giugno 2009.
Con un'introduzione di Gian Piero Testa per i lettori Ellenici. Σε μια εισαγωγή από το Δζαν Πιέρο Τέστα για τους 'Ελληνες αναγνώστες.

Αυτές τις γραμμές τις χαράζω γιά τους πολύ αγαπημένους μας ‘Ελληνες που επισκέπτονται αυτή την ιστοσελίδα.

Το τραγούδι, που μπορούν οι ‘Ελληνες να διαβάζουν εδώ απάνω, δεν το ξέρουν όλοι οι Ιταλοί. Κυκλοφόρησε μόνο σε ειδικό μέρος της Ιταλίας, κι εγώ που γράφω, δεν το ήξερα πριν να το διαβάσω εδώ.
Σίγουρα πολλοί ‘Ελληνες ξέρουν το περίφημο μυθιστόρημα “Η Ζωή εν τάφῳ” του Στράτη Μυριβίλη. Και έχουν μάθει εκεί την ατμόσφαιρα του Πρώτου Παγκόσμιου Πόλεμου, πως πολεμούσανε και πως πεθαίνανε σαν μύγες οι φαντάροι τους και οι φαντάροι μας και οι φαντάροι όλων των λαών σ’ εκείνες τρομερές τις μάχες που η ζωή του καθενός ανθρώπου δεν είχε ούτε την ελάχιστη αξία.

Το Ιταλικόν Βασίλειον, το οποίο πριν ένα χρόνο ήταν ακόμα σύμμαχος με τις Γερμανική και Αυστροουγγαρικήν αυτοκρατορίες, μπήκε στον Α’ Παγκόσμιο Πόλεμο μόνο στο τέλο του Μάιου του 1915, στο πλάι των τέως αντιπάλων του, των ‘Αγγλων, των Γάλλων και των Ρώσων. Αρχηγός του στρατού ήταν ο σκληρός στρατηγός ο Λουίτζι Καντόρνα, ο οποίος, σύμφωνα με τους πολεμικούς τρόπους της εποχής, λογάριαζε μοναδικόν άξιον πράμα την επιθετική μαζική πράξη με απόλυτη αδιαφορία για τις ανθρωπινές ζωές. ‘Εβαλε αμέσως σημάδη την πολιτεία Τεργέστη και σ’αυτή την διεύθυνση σαν τυφλός έριξε απ’την αρχή ως στο Σεπτέμβρη του 1917 ένδεκα επίθεσεις που δεν πετύχανε τον στερνόν τους σκοπόν, μα προκάλησαν αποτέλεσμα μια φριχτή αιμορραγίαν στου Ιταλικού στρατού τις γραμμές. Μόνο στις δύο τελευταίες επίθεσεις (Μάη - Σεμπτέμβρη του 1917) χαθήκανε 185.000 ιταλικοί φαντάροι.
Λόγω της τρομερής απωλίας πολεμιστών και της αδυναμίας της αριστερής ορεινής πλευράς του μέτωπου, έπρεπε πολύ νωρίς να γίνει κατάταξη των πιο μικρών ταξέων ηλικίας, παιδιών δηλαδή που είχαν γεννηθεί μόνο το 1899 και το 1900 (αυτοί, ευτυχώς, γλύτωσαν την φωτιά).

Πριν γίνει η τελευταία αποφασηστική μάχη πέρα στο Πιάβε ( 24 - 30 Οκτόβρη του 1918), έπρεπε ο ιταλικός στρατός , παρ’όλο που οι καινούργιες δυνάμεις δεν κρατούσαν ακόμα αρκετή εμπείρια πόλεμου, να πάρει πιο ικανές θέσεις πάνω στα βουνά στην αριστερά του μέτωπου. Αλλά οι Αυστριακοί δεν συμφωνούσανε καθ’όλου. Και παραπολύ αίμα έτρεξε γι’αυτό, σε ολόκληρη διάρκεια του 1917 και του 1918.
Σ’αυτή την φάση, πριν γίνει η τελευταία νίκη, το βουνό Ορτιγκάρα (Βουνό των Τσουκνίδων), για τον οποίον μιλάει το τραγούδι, όπου από τη 10 ως τη 25 Ιουνίου του 1917 μαθαίως καήκανε 25.000 άνθρωποι, όπως και το βουνό Γκράππα, όπως και το Οροπέδιο Επτά Κοινώτητων του Αζιάγκου ( του οποίου δεν έμεινε ούτε ενα σπίτι ούτε ενα δέντρο ), τα πότησε ενα ποτάμι αίμα και των Ιταλών και των φυλών της Αυστροουγγαρικής Αυτοκρατορίας.

Το φθινόπορο του 1917 μεγάλη συμφορά έπαθε ο Ιταλικός στρατός. Οι αυστριακές και οι γερμανικές δυνάμεις μπόρεσαν να ξεπεράσουν τις ιταλικές γραμμές σ’ενα ανατολικό χοριό λεγομένο Καπορέττο ( τώρα Κόμπαριντ στην Σλοβενία) και, σαν ενα μεγάλο κύμα, πλυμμιρήσανε ολόκληρη την πεδιάδα βοριοανατολική της Ιταλίας. ‘Επρεπε οι καινούργιες αρχές του ιταλικού στρατού να βάλουν πολύ πίσω το μέτωπο, γιατί ολόκληρος ο στρατός είχε καταστραφεί, και 400.000 πολιτικός κόσμος από τα χοριά και από τις πολιτείες είχε γεμίσει όλους τους δρόμους αποχωρίζοντας χωρίς ουδεμία οργάνωση.
‘Επεσε σε μεγάλο κίνδυνο και η πολιτεία Βενετία, που μόνο πενίντα χρόνια πριν είχε προσαρτηθεί στην Ιταλίαν.

‘Επρεπε λοιπόν γρήγορα καινούργιο μέτωπο να χτιστεί στο ποταμό Πιάβε, που τρέχει ως στον Ενετικόν Κόλπον από τα ενετικά βουνά, εκεί που το πέρασμα στην πεδιάδα είναι πιο στενό. Εάν ο Πιάβε δε θα κρατούσε, ούτε η Βενετία, ούτε η Βερόνα, κλειδί της ιταλικής χερσόνησου, δεν θα μπορούσανε να σωθούν.
Θα έπρεπε οι καλύτερες ένοπλες δυνάμεις να απλωθούν στα βουνά, στην αριστερή άκρη του μέτωπου, και δίπλα στην γραμμή του ποταμού. Αλλά σ’ εκείνη τη στιγμή καλές δυνάμεις δεν υπήρχανε πια, χαμένες στις τρομερές προηγούμενες μάχες. Δίχως οποιαδήποτε αμφιβολία, οι ιταλικές αρχές, για να σωθούν οι ίδιες, ρίξανε στην στερνή μάχη και τους στερνούς στρατευμένους, τα παιδιά του 1899.

Σφιγμένοι από τους Γάλλους κι από τους ‘Αγγλους στο δυτικό μέτωπο με την καινουργια βοήθεια των ΗΠΑ, οι Γερμανοί σταμάτησαν να δώσουν την βοήθεια τους στους Αυστροουγγαρικούς. Και οι Ιταλοί εντελώς μπόρεσαν να τους χτυπήσουν σκληρά πέρα από τον Πιάβε.
Τα αγοράκια του 1899 που τότε σώθηκαν, μεγάλωσαν, και μερικοί τους συμμετείχανε με άλλους πόλεμους που τους ήθελε, τα πρώτα, το Ιταλικόν Βασιλείον στην Αλβανία, και, ύστερα, ο φασισμός στην Ανατολική Αφρική, στην Ισπανία, και, στην διάρκεια του Δεύτερου Παγκόσμιου Πόλεμου, στη Λυβία, στην Ελλάδα, στην Ρωσία.

Στα χρόνια εβδομήντα, κάποιος βουλευτής, γιά να μαζέψει κάποιον εύκολο ψήφο, έπεισε την Εθνηκή Βουλή να αποφασίσει τα αγόρια του 1899 να γίνουν, λογω τιμής, Ιππότες της Ιταλικής Δημοκρατίας με κάτι λεπτά σύνταξη. “Ιππότες του Βιττόριο Βένετο” ! ( ετσι ξαναβαπτιστηκε ο άγνωστος καμπος όπου έγινε η τελευταία ιταλική μάχη τον Οκτόβρη του 1918).
Ενα μετάλλιο, ενα χαρτί με κάτι βλακεία γραμμένη, λίγες λιρέτες που ο φόρος έκανε και πιο ελαφρές. Μια κρατική πλάκα, πράγματι. Για τους ζωντανούς. Και πιο πολύ για τα πεθαμένα αγοράκια.

Ο πατέρας μου, που είχε γεννηθεί τη 28 Νοέμβρη 1899, και είχε πολεμήσει ανθυπολοχαγός στο μέτωπο στις 'Αλπεις, σαν του έπρεπε να υπογράψει ρώτηση για να γίνει Ιππότης, αρνήθηκε οριστηκά, και αυτό που τοτε μου είπε, ποτέ δεν το ξέχασα. “ ‘Οταν - μου είπε - δεκαεπτά χρονών που ήμουνα, με πήραν για τον πόλεμο, καλά το ήξεραν πως να μας βρούνε. Τώρα, εάν κάτι έχουν να μας δώσουν, το ξέρουν και τώρα που βρισκόμαστε”.
Δεν ήθελε ποτέ να υπογράψει ρώτηση, και όταν πέθανε, δεν μπόρεσα εγώ να γράψω στην νεκρολογία του “Ιππότης του Βιττόριο Βένετο”. Αμαρτία, μάλλον, μα δίκαιο κρατούσε, ο μπαμπάκας μου. - Δζαν Πιέρο Τέστα
ΠΑΠΠΟΥ ΤΟΝ ΠΗΡΑΝΕ ΣΤΡΑΤΙΩΤΗ

Παππού τον πήρανε στρατιώτη
στην Ορτιγκάρα δεκαεννιάρη Αλπίνον,
πυροβολήθηκαν απ'τα χαρακώματα
χωριάτης κατά χωριάτη.

Τους διέταξαν έφοδο μια μέρα
υπό του πυροβολικού
πού 'πρεπε να σαρώσει αυτά
τα καταραμένα συρματοπλέγματα

Αλλά 'καναν λάθος λογισμό
κι από τριακόσιους Αλπίνους που ήρθαν
καρφωμένους στα συρματοπλέγματα,
σφαγιασμένους χωρίς προστασία,

Από τριακόσιους, επέστρεψαν τριάντα
μετά μια νύχτα στη χιονοθύελλα
κι ούτε τους ευχαριστήσανε,
ούτε μία σύντομη άδεια.

'Eτσι νικήθηκε ο πόλεμος, είπαν,
φαίνεται ότι νίκησαν οι Ιταλοί
και παππούς έφυγε με τους άλλους
σ'εκείνο το κρύο πεινοχειμώνα

Αλλά η Πατρίδα δε φειδωλεύτηκε
όταν παππούς αποστρατεύτηκε
γιάτι του έδωκε ο Υπουργός
μια επιταγή χιλιών λιρετών.

Και στο τρένο επιστροφής
στα μάτια του ονειροπολούσε·
με χιλιές λιρέτες μού πουλώ
όλ' τη πεδιάδα του Γκραναγιόλου.

Κι έπειτ' έφτιαξε οικογένεια
μα δεν έφτασε η επιταγή,
μετά, ένας χειρότερος πόλεμος
την ξέχασε την επιταγή.

Κι αργά περνάνε τα χρόνια
μες στα αμπέλια και στο χρυσό σιτάρι
και του πεθαίνει 'νας γιος τριαντάρης
και βλέπει τους εγγονούς να μεγαλώνουν

Και βλέπει τα παιδιά να μεγαλώνουν
καθώς νιώθει ότι γερνάει·
τώρα όλοι στην πόλη ζούνε
και πότε πότε πάνε να τον δούνε.

Κι αυτός κάνει νέο κρασί
για τ'οικογένεια να το πάρει,
μια κότα και μια δεκαριά αυγά
και μετά παίζει με τα παιδιά.

Μια μέρα νά το, το τηλεγράφημα,
κάθε πράγμα στο καιρό του
με πενήντα χρονώ καθυστέρεση
αποφάσισαν τη πληρωμή.

Και στο Δημοτικό Θέατρο
όλους τους τους συγκαλέσανε,
“Αγόρια του Ενενήντα Εννιά”
που 'χουν πατήσει τα εβδομήντα.

Τους Ιταλούς πολεμιστές
ανάμεσ' σημαίες και φανφάρες
τους έδωσαν ένα παράσημο,
παππού τον κάνανε Ιππότην!

Μα από τις παλιές χιλιές λιρέτες
μόνο του δώσανε εννιακόσιες
λόγῳ κρατήσεων ἄν γένοιντο
καὶ ὀφειλομένων φόρων.


Τα είπε τα νέα στη γυναίκα του
και μιλούσε και γελούσε·
“Εμένα με κάνανε Ιππότην,
αλλά δε μου 'δωσαν τον ίππον!”

Και με εννιακόσιες λιρέτες
Δεν μπορούσε πια ν' αγοράσει γη,
Αγόρασε λοιπόν ένα ποτιστήρι
Να ποτίσει το θερμοκήπιό του.

Παππού τον πήρανε στρατιώτη
στην Ορτιγκάρα δεκαεννιάρη Αλπίνον,
πυροβολήθηκαν απ'τα χαρακώματα
χωριάτης κατά χωριάτη.

26/6/2009 - 02:58


Questa è una canzone assolutamente stra-or-di-na-ria!
Davvero non è stata mai incisa? Che peccato...

Annalisa


Bellissima. C'è modo di ascoltarla?

Mario Vallecchi - 24/5/2005 - 17:16


Non avevo mai mandato un commento a questo sito che pure leggo da tanto tempo, ma per questa canzone lo mando volentieri...assolutamente straordinaria. Grazie.

Maria Stella - 24/5/2005 - 17:47


I vecc' bergmasc parigini la cantano ed io con loro.

facciamo una bella festa il 5 novembre saremo 270 bergamaschi e certamente sara al repertorio

cordialement

nanda masserini di Parigi - 29/10/2005 - 16:38


attenzione la foto dell'Ortigara è del 1921 e si riferisce alla prima adunata alpina, in occasione dell'inaugurazione della "ColonnaMozza" il monumento meno retorico della Grande Guerra perché porta solo la scritta " per non dimenticare".
Ieri è stata celebrata la novantesima ricorrenza della memoria dei caduti alpini.
(ernesto campesan )

Grazie per la precisazione e la dicitura della foto è stata corretta di conseguenza. [RV]

9/7/2007 - 11:22


GRAND-PÈRES, GUERRES, CHANSONS
de Riccardo Venturi

Mon grand-père s'appelait Bruno Venturi. Né le 1er janvier 1898, mort le 12 juillet 1978. C'est avoir de la mauvaise veine, que de naître en 1898, l'an des "émeutes pour le pain et le travail" reprimées dans le sang par le général Bava Beccaris.

À l'âge de dix-huit ans on te mobilise pour la guerre et faut bien que tu y ailles. 1916. Il revient du front avec quelques blessures, mais il revient. On lui trouve un emploi comme cheminot. Pépère dit qu'il est devenu socialiste, mais on voit souvent dans ses poches certains bouquins écrits par Bakounine, par Kropotkine, par Malatesta et par d'autres pères de l'église anarchiste. À 21 ans il se marie avec mémère, Ede; on se mariait jeunes en ce temps-là. Peu après, c'est le début du fascisme; mon père, par ironie du sort, vient au monde exactement le 28 octobre 1924, c'est-à-dire le deuxième anniversaire de la "marche sur Rome". Mon père, tout petit enfant, demande à son père si tous ces drapeaux qu'on voit aux fenêtres et sur les terrasses sont pour lui. Il croit que c'est pour son anniversaire.

Pendant le fascisme, pépère collectionne plusieus séjours dans un bon nombre de geôles de la Patrie. Comme il est cheminot, il doit voyager beaucoup; c'est ainsi qu'un beau jour il est mis en prison préventive à Ancône. C'était comme ça, alors: quand le Duce allait en visite officielle dans une ville, les suspects du bled, ou bien ceux qui s'y trouvaient par hasard (socialistes, communistes, anarchistes, antifascistes en général) étaient interpellés et laissés en prison pendant quelque temps. Quelques jours ou quelques mois. Ma grand-mère ne s'en fait pas, elle est habituée. Pas de téléphone. Si son mari ne rentre pas, elle sait qu'il est au cachot. D'autres enfants viennent au monde, et ce n'est que des filles: mon père est le seul garçon.

On arrive au 10 juin 1940, le jour où Mussolini déclare la guerre à l'Angleterre et à la France. Pépère a 42 ans et une "famille nombreuse" qui n'a que lui comme soutien. Il échappe par miracle à la mobilisation générale, mais en février 1944 il n'arrive pas à échapper à une rafale des chleuhs après l'assassinat d'un gerarche fasciste par les Groupes d'Action Partisane. On l'envoie donc fare un petit tour à Mauthausen, la "maison de la douane". On le croit mort et on le pleure. Mais il est un costaud, lui aussi, et il arrive à survivre. À la libération du camp il revient à pied, et ça fait un sacré chemin de l'Autriche du Nord. Il pèse cinquante kilos. Quand il frappe à la porte, ma grand-mère risque de mourir.

Il n'a jamais voulu raconter ce qu'il a vu dans le camp. Il disait qu'il ne le ferait jamais, et il a toujours gardé son propos. Pas moyen de lui arracher un mot. La porte de sa mémoire était condamnée. Il avait une véritable passion pour les gilets. Il fumait la pipe. Il est toujours resté fidèle à ses idéaux, mais très discrètement. Sa femme meurt en novembre 1977; il ne lui survit que quelques mois. Son fils aussi est mort, c'est-à-dire mon père. Les filles, mes tantes, sont encore vivantes.

Il y a longtemps, un soi-disant concert collectif indépendant avait été organisé dans une "maison du peuple" ou machin truc. Parmi les artistes, il y avait Chiara Riondino. C'est la sœur de David Riondino, qui est devenu un chanteur et un poète assez connu en Italie. Des florentins d'origine calabraise. Deux frères avec leurs guitares et un grain d'antimatière dans la tête. Chiara n'est jamais devenue célèbre comme son frère; elle écrivait et chantait ses chansons comme par jeu ou pour le plaisir de le faire. Elle en chanta une, cette fois-là.

Moi j'étais là, un jeune garçon, un ado. Elle commença à la chanter, et comme par instinct je sortis un bloc-notes de mes poches et je commençai à transcrire les paroles en utilisant une espèce de système sténographique que j'avais inventé pour prendre des notes en classe. Je n'ai plus jamais écouté cette chanson-là. Mais je n'ai pas oublié la musique.

Je l'avais transcrite parce qu'elle me rappelait mon grand-père et son histoire lointaine. L'histoire de tous les grand-pères à qui on a volé la vie, la jeunesse, tout.

Riccardo Venturi - 19/9/2008 - 23:50


Un'emozione enorme, dicevo nell'introduzione, per aver ritrovato casualmente questa canzone di Chiara Riondino dopo quasi venticinque anni. Sono legato a "Mio nonno partì per l'Ortigara" forse più che ad ogni altra canzone in questo sito; e la ritrovo da una registrazione di fortuna su Baracche Verdi, "Una comunità di base fiorentina, sulla sponda dell'Arno, di fronte alle Cascine. Una storia cominciata negli anni cinquanta prima pacata poi dirompente. Una storia di cui è importante far memoria; una storia che continua.".

13 maggio 2007: Chiara Riondino canta Mio nonno partì per l'Ortigara in piazza dell'Isolotto, a Firenze.
13 maggio 2007: Chiara Riondino canta Mio nonno partì per l'Ortigara in piazza dell'Isolotto, a Firenze.


Far memoria, ecco. Facciamola. La comunità di base di cui si parla è quella di don Mazzi, quello fiorentino, quello dell'Isolotto. E la registrazione di "Mio nonno partì per l'Ortigara" è stata fatta il 13 maggio 2007 proprio in piazza dell'Isolotto, a due passi da dove abito, sotto le logge del mercato dove vado quasi tutti i giorni a fare la spesa. L'Isolotto del '68, dei fascisti (guidati dallo squadrista Marco Cellai) che andarono sotto Natale a interrompere la messa all'aperto e a tirare botte. Era destino, si vede, che ci andassi a finire, all'Isolotto.

Dall'Isolotto mi torna a casa il nonno di Chiara. Mi torna a casa, e nel posto giusto. Non poteva andare perduta, questa storia. Scaricate la canzone e ascoltatela: avevo pensato, in tutto questo tempo, addirittura di inciderla in qualche modo io a voce e basta e di metterla qui. Non ce n'è fortunatamente più bisogno.

Riccardo Venturi - 20/9/2008 - 01:30


Una canzone incredibilmente bella al pari di tutto questo sito. Davvero in questo paese c'è chi la Resistenza continua a farla, ogni giorno, in silenzio e senza chiedere o pretendere niente.

Anna Locchi - 28/9/2008 - 01:11


Caro Riccardo, ti ringrazio moltissimo per la traduzione ungherese di questo canzone, proprio di questo canzone tanto caro a te, e per la dedica personale. Sono profondamente commozionato, non trovo le parole.

Permettimi di mandarti in cambio i due canzoni “contro la guerra” dei miei due nonni ungheresi (uno di origine cecco, mentre l’altro ruteno, solo per illustrare meglio l’assurdità della situazione), cantati nella stessa guerra, l’uno in Russia, mentre l’altro – appunto nelle trincee alpine dell’Italia, probabilmente solo pochi chilometri dal tuo nonno. In ungherese: http://wangfolyo.blogspot.com/2009/01/... , in italiano: http://riowang.blogspot.com/2009/01/la... , in inglese: http://riowang.blogspot.com/2009/01/mo... .

Un grandissimo köszönöm, e un abbraccio forte,
Tamás

Tamás Sajó - 8/1/2009 - 21:06


Mio padre era figlio di un coltivatore diretto, un po' di terra sua e molta di più in affitto, dei dintorni di Novara. Era nato il 28 novembre 1899 e, quando gli Austriaci sfondarono a Caporetto, unico dei fratelli, stava studiando ragioneria a Novara. Fu chiamato alle armi, e, grazie agli studi in via di compimento, istruito alla buona come "ufficiale" a Caserta, e subito mandato, alpino, sulla linea del fronte tra Valtellina e Sudtirol. Fu fortunato, perché quella parte di fronte non conobbe particolari oscillazioni e non fu orrendamente insanguinata alla stregua del vicino Adamello e di quella di cui canta la bellissima canzone. Fu, in ogni caso, uno dei cosiddetti "Ragazzi del '99". Quando le alte sfere decisero di conferire il Cavalierato ai superstiti della sua leva, noi figli gli chiedemmo: "E tu papà, non la fai la domanda ?". Non ho mai dimenticato la sua risposta: "Quando a diciassette anni mi hanno spedito in guerra, lo sapevano come trovarci. Se oggi credono di avere qualcosa da darci, possono trovarci anche adesso". Non si "abbassò" mai a fare la domanda e, quando morì, non potei scrivere nel suo necrologio: "Ragazzo del '99". Sarà stato un peccato, ma aveva ragione lui.

Gian Piero Testa - 28/6/2009 - 22:36


Una notizia ferale: il sito di "Baracche verdi" è scomparso (come del resto, purtroppo, le stesse Baracche Verdi, uno storico centro autogestito del mio quartiere). Dopo averla così faticosamente cercata per anni, ho dovuto quindi togliere la registrazione dallo scarico; spero di averla da qualche parte per poterla affidare a "Libere canzoni", o mi toccherà fare la posta a Chiara Riondino sperando che la ricanti prima o poi da qualche parte...Purtroppo una grave perdita. Accidenti a me e a quando non ne ho risalvato una copia.

Riccardo Venturi - 7/5/2012 - 23:13


Riccardo, ne ho ritrovata una copia sul blog ungherese di Tamás. Comunque me la copio e magari per sicurezza nei prossimi giorni la mettiamo anche su goear!

Lorenzo - 7/5/2012 - 23:58


E queste sí che le son belle notizie! :-PP
Porca vacca, questa canzone per me ha una storia pazzesca, per anni questo è stato l'unico sito col testo che la riportava, col testo che mi ricordavo (male) a memoria...
Non ci avevo pensato al sito di Támás, certo che quando mi ci metto yo soy un verdadero cojón...

Riccardo Venturi - 8/5/2012 - 01:23


Installazione per il progetto Il sentiero del silenzio nel comune di Gallio (VI)

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Paola - 26/7/2016 - 14:52


La prof. Chiara Riondino, gli studentelli fascistelli e i nasi da maiale
repubblica.it - Firenze

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"Hanno indossato occhialini di plastica e un naso da maiale e hanno improvvisato un flash mob davanti al portone del liceo classico Galileo di Firenze. Cgil, studenti e insegnanti a fianco di Chiara Riondino, la professoressa di storia e filosofia, la cui foto (modificata proprio con occhiali e naso da maiale) era stata pubblicata sulla pagina Facebook di Azione Studentesca. Pochi giorni fa alcuni militanti del movimento studentesco di destra stavano distribuendo un volantino davanti al liceo e l'insegnante aveva detto ai suoi studenti di leggerlo, buttarlo e studiare la Storia. La manifestazione, organizzata dalla Flc Cgil di Firenze con l'adesione della Rete degli Studenti Medi, di Anpi Firenze e della Rete antifascista di San Iacopino, è stata un modo per ribadire che "come afferma la Costituzione, il fascismo, sotto qualsiasi forma si ripresenti, è un reato". "Questo flash mob, così partecipato, rappresenta una bella risposta a quel che mi è accaduto - commenta Riondino - L'indifferenza non paga mai, si possono dare risposte metaforiche che sanno colpire il bersaglio". Paola Pisano, segretaria Flc Cgil Firenze, spiega così l'iniziativa: "Abbiamo deciso di ironizzare su quella che è stata una connotazione pesante. Abbiamo anche voluto sottolineare che l'insegnante non è un caso 'patologico isolato' come hanno scritto su Facebook, ma è una che fa con coscienza il proprio lavoro: diremo sempre no al far finta di niente. Un obiettivo era anche sensibilizzare i ragazzi, che infatti all'uscita di scuola si sono fermati a chiedere spiegazioni. Ed è bene che chiedano, si informino e poi scelgano". Proprio sul tema dell'antifascismo, da mesi la Flc Cgil Firenze ha lanciato la campagna #D12 #SottoQualsiasiForma."

CHIARA RIONDINO - Classe 1955. Cantautrice. È insegnante di letteratura italiana al liceo Galileo di Firenze. Discografia recente: “La stessa rabbia la stessa primavera”, viaggio attorno alle canzoni del 1968. Collaborazioni con Francesca Breschi, Lisetta Luchini. Interprete de “La buona novella”, banda, coro e quintetto, dall'omonimo disco di De André, coordinato da Fabio Battistelli.

Riccardo Venturi - 9/6/2018 - 07:45


Viene quasi da ridere.
Incredibile che la narrazione del mondo, l'indicazione delle priorità e gli stessi rapporti fra le persone debbano passare da quell'autoschedatura per mediocri.
Farne a meno significa davvero restare a quote più normali.
Il sottoscritto poi vi ha messo del proprio dal momento che non possiede neppure apparecchi televisivi. La cosa gli consente di derubricare a inutili ridicolaggini i quattro quinti delle ciance di chi gli sta intorno.
L'altro quinto va considerato, spesso, nefandezza pericolosa.

Io non sto con Oriana - 9/6/2018 - 10:18


Solo per dire che la vecchia pensilina del mercato di Piazza dell'Isolotto, quella sotto la quale si vede Chiara Riondino cantare questa canzone (e che stava alle spalle di Gigi Ontanetti), stamattina è stata abbattuta. Le autorità cittadine di Firenze stanno "riqualificando" Piazza dell'Isolotto per farne una cosa tutta bellina e funzionale; al posto della vecchia pensilina, il mercato starà sotto una cosa tutta hi-tech e accalatravata. Era solo per dirlo; ma si sa che sono un isolottino sentimentale. Se n'è andata prima l'edicola, l'unica che vendeva a Firenze "Umanità Nova" direttamente al pubblico.

Piazza dell'Isolotto (Firenze), 2 marzo 2020
Piazza dell'Isolotto (Firenze), 2 marzo 2020

Riccardo Venturi - 3/3/2020 - 00:04


Una canzone incredibile, tanto più incredibile quando sconosciuta. Grazie per averla salvata.

Annalaura Horvath - 2/12/2020 - 03:34


Secondo notizie recentissime, ma dirette, il testo della canzone è del fratello di Chiara, vale a dire David Riondino. A Chiara Riondino sono dovute la musica e, naturalmente, l'interpretazione. Le notizie autoriali sono state modificate in tale senso.

CCG/AWS Staff - 6/11/2024 - 12:28


In attesa della disponibilità del video con l'interpretazione "ex novo" di Chiara Riondino, ho integrato dei versi e una strofa, e scritto un "aggiornamento nov. 2024" nell'introduzione.

Riccardo Venturi - 12/11/2024 - 19:05


Il nuovo video con l'interpretazione di Chiara Riondino di questa canzone è ora disponibile per tutti. Ascoltate questa canzone straordinaria che siamo felici, nel nostro piccolo, di aver contribuito a riportare alla luce.

Naturalmente un enorme ringraziamento e i nostri più sinceri complimenti vanno a Chiara Riondino per la sua disponibilità. Grazie naturalmente anche a Cristina Trinci che ci ha messo in contatto con Chiara e ha permesso tutto questo!

Lorenzo - 13/11/2024 - 18:05


Come una storia che arriva a compimento dopo più di quarant’anni, e la canzone deve averne, mi sa, quasi una cinquantina. Un’ultima curiosità: nella cantina condominiale (v. Introduzione) la avevo pure cantata a memoria e registrata, su un vecchio “Gelosino” coi pulsantoni multicolori che trascinava la sua esistenza fin dagli anni ‘60. Purtroppo, dopo non molto esalò l’ultimo respiro assieme ai suoi nastri. Quando a volte me la ricantavo, anche a bocca chiusa e mentalmente, spesso immaginavo di farne una storia disegnata (oggi si direbbe una “graphic novel”), ce la vedevo benissimo e m’immaginavo pure le tavole. Solo che, disgraziatamente, non so disegnare nemmeno la casina con l’alberello, il comignolo e la stradina. Sarà magari per la prossima vita.

gelsn


Colgo l'occasione per ringraziare anch'io Cristina Trinci. Che non so neppure chi sia, ma questo è un particolare del tutto insignificante, e la saluto e la ringrazio lo stesso!

Riccardo Venturi - 13/11/2024 - 18:26


Felice di aver contribuito a "popolare" il vostro sito, per me da sempre un punto di riferimento. Anche Chiara vi ringrazia per gli onori riservati a questa canzone... speriamo un giorno di registrarne una versione professionale. Le chiedo al più presto (se la sa) la data precisa a cui risale il testo, scritto da David, e vi aggiorno. Buon tutto e complimenti per il vostro instancabile e indispensabile lavoro!

Cristina Trinci - 14/11/2024 - 18:40


Ciao Cristina, e prima di tutto fammi scusare con te: nella mia infinita sbadataggine, non mi ero accorto che in questo sito c’eri di già, ad esempio con una canzone “a quattro mani” con Chiara Riondino, Empoli 1921 (una pagina che andrà rimessa a posto e ampliata). Quindi i miei ringraziamenti sono rinnovati, a te e a Chiara. Gli onori riservati a questa canzone non saranno mai troppi; se scorri (o hai già scorso) questa pagina, ti accorgerai (o ti sarai accorta) che le sono stati riservati non soltanto da me. E’ andata persino a finire in Ungheria (e in lingua ungherese!), ed è stata messa in repertorio dai “Vecc’ Bergmasc” di Parigi il 5 novembre 2005 a cura di Nanda Masserini. Ma chiunque sia intervenuto su questa pagina ne ha parlato con (comprensibile e giustificato) entusiasmo. Spero davvero che prima o poi ne venga fatta una versione professionale; non nascondo che mi piacerebbe esserci, ovviamente in un angolino per assistere com’ero in un angolino quel lontanissimo giorno di quaranta e rotti anni fa. Un saluto ancora, e un abbraccio!

Riccardo Venturi - 14/11/2024 - 19:24




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