Marco Valdo M.I. mon ami, il faut que tu m'expliques... La chanson italienne s'intitule « A zero ore », ce qui devrait se traduire – littéralement s'entend – par « À zéro heure » et toi, tu l'intitules : « Chômage technique ». Moi, je ne comprends pas.
Lucien l'âne, mon ami, tu comprends très bien, car « Chômage technique » est en réalité l'exacte traduction de l'expression italienne « a zero ore » dans le contexte de l'entreprise, de l'économie et de l'assurance sociale. Simplement d'un pays à l'autre, les mots, les façons d'organiser et de réglementer les choses changent. Même quand le mécanisme est le même ou à peu près. « A zero ore » est le régime de « chômage technique ou économique » qui en Italie, permet de mettre un travailleur en quelque sorte « en attente » (sans prester une seule heure de travail – d'où le « zero ore ») de la... (continua)
Sono di Destra ma questa canzone, come altre dei Nomadi, sono talmente belle che le sento mie a prescindere dal colore politico.
Idem come sopra per molte canzoni di de Andrè e Guccini
11/7/2014 - 17:23
smielatticcio inno di pseudo delusi vecchi coglioni, tutto qua
Ufffa... ho fatto in tempo...
il 11.07.2014
scocca il 12.07.
oh, che difficil' !!!
Tradurre dalle matrigna lingua alla lingua matrigna!!!
Tanto... chi se ne frega : D
Salut!
Jamin-a è un'amica algerina. Tutti quanti ma soprattutto la stampa più retriva ha detto che era una prostituta ed è invece una splendida compagna di viaggio. Ce ne fossero di Jamine! Voglio dire: è una Bocca di Rosa vista attraverso un'esperienza personale. Ed è forse l'unica canzone erotica del mio repertorio.
[In Alfredo Franchini, Uomini e donne di Fabrizio De André, pp. 73-74]
Attravero i suoni e le urla del mercato del pesce di Genova, Jamin-a ci conduce nel mondo dell'erotismo. Non si può definirla una prostituta, anche se è chiamata sultana delle bagasce: è una macchina perfetta del sesso, è un'instancabile goditrice dei beni della carne, è quella donna della quale si terrebbe nascosto perfino il desiderio, ma che molti vorrebbero incontrare, almeno una volta, nel loro navigare. Gli aggettivi per definirla si sprecano: lingua infuocata - lupa di pelle scura... (continua)
JAMINA (continua)
inviata da Riccardo Venturi 11/7/2014 - 20:21
Un'appendice linguistica (sarei io se non la facessi?). Magari, chissà, parecchi in trent'anni si saranno chiesti come mai in "Jamin-a" e parecchie altre parole genovesi (anche in questo testo: pin-a, spin-a ecc.) ci sono tutte queste "n" col trattino che le separa dalla vocale che segue. In questo modo l'ortografia tradizionale della lingua genovese indica un fonema consonantico rarissimo che essa possiede: la nasale faucale. Si tratta di una "n" esplosiva (Rinaudo e Padalino, state buoni, è un fenomeno fonetico e non serve a far saltare compressori in Valsusa!) articolata all'altezza delle fauci (come la "n" finale dell'inglese cotton). E' detta anche faringale o nasale desonorizzata: il genovese la condivide con l'islandese. Tanto per mischiare lingue, nello spirito di Creuza de mä.
Svensk översättning av Riccardo Venturi Traduzione svedese di Riccardo Venturi
10 luglio 2014 / 10. juli 2014
Luisa Ronchini samlade närvarande kampsången och publicerade den 1978 i skivan “La donna nella tradizione popolare” (Kvinnan i folktraditionen). Impiraresse, dvs. de venetianska pärlsmyckarinnorna, arbetade hemma för de så kallade conterìe, glasbruken i Murano. Arbetet bestod i att trä lilla glaspärlor på speciella bomulltrådar för bruk i kläder (broderi och halsband), eller på järntrådar för att skapa smycksaker. Det var ett hantverk som krävde tålamod och stor skicklighet, men man kunde få bara småpengar med det. Ett slags arbetskraftutnyttjande till lågkostnad som började i barnsålder omkring 8 år och gick länge vidare tills hög ålder.
Traduzione inglese di Riccardo Venturi
11 luglio 2014 / July 11, 2014
A struggle song collected by Luisa Ronchini and recorded 1978 in the album “La donna nella tradizione popolare” (Women in Folk Tradition). The impiraresse, the Venetian glass pearl stringrers, worked home for the so-called conterìe, the glassworks of Murano. Their work consisted in stringing small glasspearls on special cotton thread for use in clothing, or on iron threads to produce decorative things, It was a starvation-wage job, yet requiring patience and skill. An example of low cost labour exploitation starting in childhood (about 8 years) and going on up to the old age.
Bellissima! Approfitto dell'argomento per rendere grazie e onore a una mia cara conoscenza, Gian Paolo "Zanipolo" Trabucco, autentico e indomito venessian del quarto stato, poeta, attore e simpatico brontolon, che mi ha fatto avere una sua operina nella quale rievoca "I mestieri de 'na volta" (ed. Supernova, Venezia, maggio 2014) così come li ha conosciuti lui.
Sulle "impiraresse" così scrive nella sua singolare prosa ritmica, a pagina 19:
"Sto nome le gaveva, cussì le vegniva ciamae, in quel'epoca se usava trovandole anca in strada, con un filo de anima de fero tegnindolo a mo de sventola su una man, con l'altra la se agiutava, perle le infiava.
Un mestier tipico Venessian, impirar perle con le man, colane e brazaleti, murine e cascainpeto, non li faseva difeto. Tute intorno in carega sentae, sesola o casele, piene de perle colorae, sto spetacolo unico e tanto belo, se vedeva da Muran... (continua)
E che ne diresti di tradùlla in greco, caro Gian Piero, ché di sicuro Venessia c'entra parecchio di più con la Grecia che con la Svezia, ora che ci penso?... :-P
Bellissimo il racconto di Gian Paolo Trabucco, e bellissima la sua prosa. Se penso alla Venezia di adesso, alla Disneyland che è diventata (come Firenze del resto) e al "Mose" con annessi e connesi, mi viene da piangere. C'è chi dice che una città smette di vivere quando smette di lottare e quando i suoi centri storici cessano di essere tali per l'espulsione degli abitanti e per diventare vuote vetrine e salottini per ricchi e per turisti; probabilmente è vero, 'iocàn. Dalla descrizione di Trabucco appare anche un particolare importante per la canzone: con la sessola, evidentemente, le impiraresse raccoglievano le perline dalle scatole per infilarle. Di sessole, che sono attrezzi marinari, a Venezia non dovevano mancarne.
Zanipolo venessian (ho scordato di dire che ha ancora una bella e ben educata voce di tenore) sta a Dorsoduro, è nato nel 1933, e ha visto "dal basso" la sua adorata città negli anni in cui non aveva nulla di disneyano. E l'ha ancora tutta negli occhi e nel cuore. Però sopravvivono bei tratti salvi di Venezia e della Laguna: bisogna andarci con chi li conosce. A Venezia io ritorno sempre volentieri, se ho questo genere di guide.
E' vero, gli Svedesi forse non sono i più pronti a capire Venezia...ma chi può saperlo. Stoccolma, in fondo, è intrisa pure lei di mare e respira della sua aria.
Per i Greci, provo a fare un tentativo: se partono i primi ottonari, chissà, forse si può arrivare alla fine. Sto traducendo metricamente Solomos; e gli ottonari in questi tempi sono il mio pane quotidiano...
Trascinato dagli eventi, mi sono messo a tentare una traduzione metrica del "Revoluzzer", che mi garberebbe tanto dedicare ad uno che so io; ma lasciamo perdere. Eccola qua, ad ogni modo. Naturalmente, in alcuni punti è una riscrittura; a rigore, un Lampenputzer non è un lampionaio. Il Lampemputzer i lampioni li pulsce, mentre il lampionaio li accende; ma non cambia molto. [RV]
Nella seconda versione c'è un'introduzione parlata, qualcuno ha la traduzione?
Visto che la canzone è stata usata per una campagna elettorale del Presidente Allende, è possibile che si tratti proprio di lui, o di un estratto di un suo discorso?
à partir de la version italienne de Riccardo Venturi d'une
Chanson tchèque – Když mě brali za vojáka – Jaromír Nohavica – 1990
d'après un poème de Fráňo Šrámku – 1906
Fráňo Šrámku fut un important poète tchèque, né le 19 janvier 1877 à Sobotka et mort le 1° Juillet 1952 à Prague. Pendant sa vie, il adhéra à l'anarchisme, suite à son expérience de service militaire dans les casernes des Hasbourgs. Pendant la Première guerre mondiale, il combattit sur les fronts italien et roumain.
En somme, dit Lucien l'âne, c'était un cousin du soldat Chveik... et sans doute, un parent d'Adam Juracek, celui qui fit un grand bond au plafond.