[1977]
Parole e musica di Claudio Rocchi
Nell’album intitolato “a fuoco”, Cramps Records
Io ero ancora piccolo nei ’70 e questa mi pare già una canzone da riflusso (non intendo quello gastroesofageo), però forse contiene qualche verità... A chi c’era l’ardua sentenza.
Ho girato ancora ed ho visto te che mi hai detto che (continua)
inviata da Bernart Bartleby 17/2/2015 - 22:35
Gran testo per una grande canzone per un grandissimo artista!
Forse questa è una canzone che può voler dire poco a chi è giovane oggi, in questo presente dove ogni libertà sembra essere concessa.
Agli inizi degli anni settanta, quando Claudio Rocchi l’ha scritta, non era proprio così.
Nel film di Gillo Pontecorvo “Queimada” un capo rivoluzionario dice una cosa del genere: “La tua libertà nessuno te la può regalare, la tua libertà puoi solo prendertela tu, tu solo puoi conquistarla.”
Questo per cercare di spiegare, anche se solo in minima parte, la differenza tra la libertà di ieri e le “libertà” di oggi.
Io so solo che in quegli anni, quando ho ascoltato questa canzone, ho sentito che Claudio Rocchi stava raccontando esattamente quello che io stavo pensando di me e del mondo che avevo intorno e oggi dopo tanto tempo, sembrerà strano, ma ho scritto questo testo a memoria, perché ho scoperto di non averlo mai dimenticato.
Questa è la tua prima luna che vedi fuori di casa (continua)
inviata da i.fermentivivi
Ogni volta che l'ascolto mi proietto su quel prato e percepisco il sole che baciava la pelle dei figli dei fiori. Mi commuove questa canzone, sempre, ogni volta che la sento, o che la canticchio da sola..
sì, se ne andato Claudio Rocchi... che anni quei primi '70... la musica era l'inevitabile contorno e condimento di tutta la vita. Anche se io ero su altre posizioni, non so che ha avuto poi (o avrà) torto o ragione.
s.
Beh, steno, non credo che sia una questione di torto o ragione aver capito "di colpo che il loro discorso è diverso dal tuo"... E' un fatto, punto e basta, al di là di quali siano stati gli esiti politici dei "magnifici 70".
E poi per gente come Claudio Rocchi la musica non era "contorno e condimento" ma il pane e il vino, ragione stessa di vita. Ed erano la musica e la vita prima di ogni altra cosa.
Ho appena finito di ascoltare questa canzone. Bella, ammetto che non la conoscevo.
È una strana sensazione quando qualcun altro esprime proprio quello che proviamo (o che abbiamo provato una volta..) Io me la ricordo bene la prima notte fuori casa (anche se – devo essere sincera – non mi ricordo se c'era la luna:-) ). Gli anni 70 erano già passati da un bel po' – ma è lo stesso. Non c'era un prato ma una sperduta stazione di frontiera – ma è lo stesso. C'ero io, sola, senza un posto preciso dove passare la notte, con pochi soldi e consapevole che nessuno mi avrebbe aiutato.. Con tante domande e tanti pensieri confusi in testa, sapendo che i miei amici continuavano a vivere una vita semplice e delineata. Dove andavo? Perché? Perché anch'io non volevo fare una vita “normale”? Non tentavo neanche di rispondere. Ma ero convinta che stavo facendo l'unica cosa giusta – dal mio punto di vista –... (continua)
Chanson italienne - La tua prima luna – Claudio Rocchi - 1970
Peut-être est-ce une chanson qui peut dire peu à celui qui est jeune aujourd'hui, dans ce présent où chaque liberté semble être concédée.
Aux débuts des années soixante-dix, lorsque Claudio Rocchi l'a écrite, ce n'était pas vraiment ainsi.
Dans le film de Gillo Pontecorvo « Queimada » un chef révolutionnaire dit une chose du genre : « Ta liberté personne ne peut te l'offrir, ta liberté tu peux seulement te la prendre toi, toi seul peut la conquérir. » Ceci pour chercher à expliquer, même si seulement dans une très partiellement, la différence entre la liberté hier et les « libertés » d'aujourd'hui.
Je sais seulement que dans ces années-là, lorsque j'ai entendu cette chanson, j'ai senti que Claudio Rocchi racontait exactement ce que je pensais de moi et du monde que j'avais autour et aujourd'hui après tant de temps, cela semblera étrange, mais j'ai écrit ce texte de mémoire, parce que j'ai découvert ne jamais l'avoir oublié.
[1969]
Scritta da Claudio Rocchi e Franco Fabbri
Nell’album d’esordio degli Stormy Six (l’unico con Claudio Rocchi) intitolato “Le idee di oggi per la musica di domani”
Forse una scrittura ancora un po’ acerba, incerta... Eppure questa canzone mi sembra che in tre strofe sintetizzi la parabola di un’epoca intera, quella della Contestazione, dell’opposizione al genocidio in Vietnam, quella in cui apparati dello Stato e neofascisti preparavano la stagione delle bombe - adombrata nella prima strofa profeticamente, visto che il disco uscì diversi mesi prima della strage di Piazza Fontana - per soffocare nel sangue le istanze di cambiamento, di rivoluzione sociale.
[1972]
Scritta da “P. e F. Fabbri”, dove il secondo sta per il mitico Franco ma “P.” non so chi sia (uno dei fondatori degli Stormy Six si chiamava pure lui Fabbri, ma Giovanni...)
Nel disco intitolato “L’Unità”, pubblicato nel 1972, concept album sulla cosiddetta (e sempre presunta) “Unità” d’Italia che la RAI censurò integralmente alla sua prima uscita.
L’unica canzone che esula dal contenuto dell’intero album, visto che è dedicata a Claudio Rocchi il quale, dopo l’album di debutto “Le idee di oggi per la musica di domani”, aveva abbandonato il gruppo in disaccordo con la linea tutta votata all’impegno politico che Fabbri e gli altri avevano intrapreso, e anche perché allettato dalla prospettiva di una carriera solista.
Non gliela perdonarono e non furono teneri, che peraltro nemmeno i tempi lo erano: prima la Rivoluzione e poi la felicità e le altre chiacchiere...
[1972]
Parole di Eugenio Pezza
Musica di Claudio Rocchi
Dall’album “La norma del cielo (Volo magico n. 2)”, con Alberto Camerini, Mauro Pagani, Lucio “Violino” Fabbri, Eno Bruce e altri.
In ricordo di Claudio Rocchi, artista sensibile e visionario, scomparso ieri, 18 giugno 2013, all’età di 62 anni.
Un piccolo, grande esempio di canzone della prima metà degli anni settanta, quando l’utopia pacifista e non violenta di una intera generazione di giovani era ancora viva anche se ormai già incredibilmente lontana anni luce dalla nuova realtà che andava sfociando nella lotta armata e nel terrorismo.
Claudio Rocchi stava celebrando probabilmente le ultime canzoni di pace dell’epoca.
Più che un mestiere nella vita io voglio fare l'uomo (continua)
inviata da i.fermentivivi 5/1/2005 - 13:12
A mio parere..ha scritto di più che contro la guerra.... Perchè la realtà è Maya, come ha scoperto la fisica subatomica, "La realtà non esiste".
Quando viviamo siamo un centro di ruota....
E lui è stato il primo cantautore e il solo ad averlo capito...
Forse cantautore è in questo caso un'etichetta riduttiva.
Parole e musica di Claudio Rocchi
Nell’album intitolato “a fuoco”, Cramps Records
Io ero ancora piccolo nei ’70 e questa mi pare già una canzone da riflusso (non intendo quello gastroesofageo), però forse contiene qualche verità... A chi c’era l’ardua sentenza.