[1944]
Testo / Lyrics / Paroles / Sanat: Nuto Revelli - Dante Livio Bianco - Quarta Banda Partigiana
Musica: "E non vedi che sono toscano" (Canzone popolare / Folksong / Chanson populaire / Kansanlaulu)
Queste strofe vennero composte da un gruppo di partigiani della Quarta Banda, tra cui Dante Livio Bianco e Nuto Revelli, alle Grange di Narbone (Cuneo) nell'aprile 1944.
La musica si compone di due temi di origine distinta. Le strofe in italiano sono adattate all'aria della canzone entrata nel repertorio goliardico "E non vedi che sono toscano". Il ritornello in piemontese appartiene alla tradizione locale.
Per il contenuto antisabaudo e antibadogliano queste strofe vennero cantate, con alcune modifiche, anche da reparti militari fascisti, a dimostrazione del carattere popolare della canzone che viene riadattata e piegata anche a contenuti ben diversi da quelli espressi dall'autore.
È morto, all'età di 98 anni, il grande attore e doppiatore Arnoldo Foà. Curiosamente, l'8 settembre 1943, toccò a lui, ebreo di nascita (ma ateo dichiarato) e perseguitato dalle leggi razziali, introdurre l'annuncio dell'armistizio da parte del maresciallo Pietro Badoglio:
Da notare che la canzone popolare "E non vedi che sono toscano" sulla cui aria sono cantate le strofe della Badoglieide non è altro che la canzoncina che poi Riccardo Marasco ha riadattato nella sua celebre "La lallera".
Una certa Giorgia Meloni (in vernacolo livornese: Poponi) poco esperta della piazza, ha pensato bene di venire a farsi sentire in quel di Livorno, per Martedi Grasso, il 13 febbraio 2018. Il ricevimento è stato una carnavalata esilarante, e si è concluso con una fuga ingloriosa.
Ci sarebbe da domandarsi perchè a tutt'oggi Grazzano si continui a chiamare Badoglio. Forse non è del tutto inviso all'attuale regime repubblicano così come non lo sono parecchie norme penali fasciste ancora vigenti nonchè svariate altre tra cui quelle sulla stampa e sulla radiotelevisione. Invece di smarronarci sui monumenti del ventennio o sui residuati nostalgici i sedicenti partiti antifascisti dovrebbero rendere conto al popolo italiano della sopravvivenza di sostanziose parti di ordinamento fascista nell'ordinamento repubblicano
Testo del comandante partigiano Nuto Revelli. Composto nel 1944 e cantato dalle bande del II° settore del Vallone dell'Arma (Valle Stura)
Ci ho pensato sopra non so quanto tempo prima di decidermi ad inserire "Pietà l'è morta"; ma penso che nell'ottica delle canzoni di guerra e di resistenza, come questa che è tra le più famose in lingua italiana, che sono delle testimonianze di brutalità, di spietatezza, di lotta e, appunto, di morte persino della pietà, l'opposizione al conflitto risulti sempre molto più chiara della canzoncina che dice "no alla guerra, viva la pace" nel ritornello.
La canzone riprende chiaramente, nella sua struttura, "Sul ponte di Perati bandiera nera".
Chissà sottoterra se il partigiano ha trovato pace, quella pace che si sente sulle montagne quando non ci sono le bombe e la gente che muore, e l’unica cosa che si sente è la brezza del vento e la carezza del sole. Non tradisce il fiore l’ape che ci si va a posare, prende solo un po’ di polline e ci fa il miele, mentre gli uomini fanno il male. Che Dio maledica il nemico alleato…è l’alleato che merita preghiere, perché niente fa male come il tradimento di chi ti sta vicino, e merita preghiere di maledizione, mentre il partigiano ha lottato e ha perso la vita per fare un paese libero anche per lui, il nemico alleato. La meglio gioventù che finisce sotto terra, sotto terra ci prendono il nutrimento le radici delle piante. Combattuta la battaglia, tedeschi e fascisti, fuori d’Italia…sottoterra non ci sono più. Ma quella che è morta davvero è la pietà, perché non si uccide un ragazzo, sulla terra al suo posto c’è una bandiera nera, ma anche tanti fiori che si nutriranno di lui.
La versione greca di Gian Piero Testa
Ελληνική απόδοση του Δζαν Πιέρο Τέστα
Nell'inviarci questa sua ennesima, e stupenda, versione greca, Gian Piero si è come schernito: dice di "averla fatta in un giorno solo, [...], con un "vocabolarietto del cavolo" e "traducendo il suo testo mentale". Ci fermiamo qui, perché se questi sono i risultati ottenuti con un "vocabolarietto del cavolo", immaginiamo cosa sia capace di fare Gian Piero con alla mano il "bestione" dell'Accademia Ateniese o anche con il semplice "Zanichellotto" della Edizioni Perugia... Insomma, noi la riportiamo così com'è, aggiungendo soltanto gli spiriti e gli accenti del sistema politonico (verso il quale, inutile negarlo, abbiamo molto affetto pur riconoscendo la semplificazione del monotonico). [CCG/AWS Staff]
Si tratta di un testo di autore anonimo adattato alla musica di “Pietà l’è morta”, una delle più celebri canzoni della Resistenza, derivata a sua volta dalla notissima canzone “Sul ponte di Perati bandiera nera”.
In questa versione celebra i 34 partigiani del gruppo comandato da Giacomo Callegari che morirono in una imboscata nazifascista nell’inverno del 1944 ai “Gusei”, nei pressi di Morfasso, sull'appennino piacentino, fra la val Nure e la val d'Arda. A tendere l’imboscata furono alcuni ufficiali tedeschi, accompagnati da qualche fascista delle Brigate Nere, al comando di una settantina di “mongoli”, cioè soldati dai tratti asiatici, alcuni di quei circa 12.000 fra calmucchi, uzbechi, azerbaigiani, karakalpachi, tartari, ucraini, kirghisi, georgiani e turkmeni che, un po’ per paura un po’ per spirito di vendetta verso Stalin, tra la fine del... (continua)
La canzone "Sui monti di Val Trebbia", anch'essa in uso alla "Cichero", utilizza interamente una canzone assai famosa del repertorio alpino: "Sul Ponte di Perati".
Nello scritto di Castagnino "Saetta", I canti della Resistenza, si tratta quest'argomento, ricordando la tragedia della Divisione Julia e dei suoi alpini, mandati a morire sui monti della Grecia. La canzone alpina fu bandita dai fascisti e ritenuta "disfattista".
Interessante notare che gli alpini della Julia, in Grecia ne1 1940, cantando la tragedia del Ponte di Perati... avevano riutilizzato un'aria, a sua volta, già in uso ...Sul Ponte di Bassano bandiera nera...
La trasformazione continua ed, in un distaccamento della "Divisione Cichero", si compone la canzone che diventerà popolarissima in tutta la VI zona Operativa Ligure.
...Sui Monti di Valtrebbia
c'è il partigiano... (continua)
La versione dell'Editore Partigiano "Panfilo", 1947
Nel libretto "Canta Partigiano" (presentato nella pagina La Veglia del Partigiano) è presente una versione del testo quasi identica alla precedente, con l'eccezione della strofa "L'è morto un partigiano" forse più consona al canto corale e che richiama il titolo "...l'è morta".
Lungi da proporla come versione ufficiale, mi limito a riproporne l'introduzione, a firma dell'Editore, che ben recita:
Fu la divisa ed il canto della I Divisione Alpina G.L.
La canzone riprende e svolge il motivo "alpino", congiungendo idealmente l'alpino morto in Russia col partigiano che combatte nelle valli italiane. Intuizione felice: che veramente i partigiani sono gli eredi e i continuatori della magnifica tradizione di quegli alpini, che su tutti i campi di battaglia han dimostrato di essere fra i primissimi soldati del mondo.
Va cantata sull'aria di... (continua)
Ogni mattina all’alba, nel buio freddo, selezionavamo i feriti, abbandonavamo i morti, quelli della notte. Che pietà, che coraggio, ad allontanare i feriti gravi. Avevano il ventre bucato o un femore spaccato, e si trascinavano fino alle slitte. Decideva il comandante. Eravamo spietati con i feriti gravi. Ed erano i migliori che abbandonavamo, i feriti in combattimento, i volontari del combattimento: non gli sbandati, non i feriti per caso. Tironi! Come ricordo il freddo mattino di Nikolajewka. Le lacrime ti serravano la gola. Ripetevi il mio nome come se non ti riconoscessi. Ti aggrappavi a me, alla slitta. Ti ho abbandonato nella neve, nel buio e nel freddo. Una legge bestiale l’imponeva. Non servivi più a nulla. Eri un peso inutile, un ingombro. Ti ho abbandonato, sapendo cosa facevo”.
C'è ben poco da spiegare, Gaetano: nelle tradizioni popolari non hanno, spesso, valori (anche geografici) ben definiti; oppure ci possono essere stati dei motivi la cui origine, però, si è persa nel tempo. Faccio un esempio classico: Come mai la perfida amante della canzone popolare "Donna Lombarda", diffusa in tutta Italia e anche fuori di essa (Dame Lombarde o L'Empoisonneuse in Francia) deve essere proprio lombarda? Poi si è stabilito che la ballata ha origine da tempi e da fatti talmente remoti, altomedievali, e che quel "lombarda" sta per "longobarda". Un ulteriore fatto ben presente nei canti popolari: nascono in ambiti geografici ben definiti (mettiamo la Toscana), nominano un luogo che magari si chiama "Sarteano" che, col tempo e con la tradizione, diventa piano piano "Sanremo"; oppure in Toscana ci sarà stato, chissà, qualche "S. Remo" da qualche parte (c'è una Livorno in Piemonte... (continua)
Da "Dolce Resistenza" [2006]
Dal Sito ufficiale di Massimo Priviero
Ispirata all'omonimo libro di Nuto Revelli.
Ufficiale degli alpini in Russia, protagonista della Resistenza nel cuneese, Revelli si è battuto per dar voce ai dimenticati di sempre: i soldati, i reduci, i contadini delle campagne più povere. Questa è la testimonianza delle storie vere e tragiche di cui furono protagonisti gli alpini della Cuneese sul fronte russo: lo sfacelo di un esercito, la tragedia di uomini gettati allo sbaraglio, beffati e traditi, che pure riscoprirono in sé le profonde ragioni della dignità del vivere. "La strada del davai ("avanti, cammina!" in russo) non mi ha fatto dormire - ricorda Mario Rigoni Stern - non perché i fatti raccontati mi siano nuovi, ma per la verità atroce che continua nella vita dei sopravvissuti, e per la luce in cui sono messe queste testimonianze".
Testo segnalato da Adriana, che inserisco immediatamente nonostante stia cercando di impedirmelo zampettando sulla tastiera Michelle, gattina nera di mesi 3. Roma, 17 dicembre 2006.
Testo / Lyrics / Paroles / Sanat: Nuto Revelli - Dante Livio Bianco - Quarta Banda Partigiana
Musica: "E non vedi che sono toscano" (Canzone popolare / Folksong / Chanson populaire / Kansanlaulu)
Queste strofe vennero composte da un gruppo di partigiani della Quarta Banda, tra cui Dante Livio Bianco e Nuto Revelli, alle Grange di Narbone (Cuneo) nell'aprile 1944.
La musica si compone di due temi di origine distinta. Le strofe in italiano sono adattate all'aria della canzone entrata nel repertorio goliardico "E non vedi che sono toscano". Il ritornello in piemontese appartiene alla tradizione locale.
Per il contenuto antisabaudo e antibadogliano queste strofe vennero cantate, con alcune modifiche, anche da reparti militari fascisti, a dimostrazione del carattere popolare della canzone che viene riadattata e piegata anche a contenuti ben diversi da quelli espressi dall'autore.
Il... (continua)