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Στον πόλεμο βγαίν' ου Ιταλός

Yorgos Thisvios / Γιώργος Θίσβιος
Lingua: Greco moderno (Karangouniko )


Lista delle versioni e commenti


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Sul ponte di Perati bandiera nera
(anonimo)
Bάζει o Nτούτσε τη στολή του
(Yorgos Thisvios / Γιώργος Θίσβιος)


[1940]
Στίχοι: Γιώργος Θίσβιος
Μουσική: Σοφία Βέμπο
Πρώτη εκτέλεση: Σοφία Βέμπο

Testo: Yorgos Thisvios
Musica: Sophia Vembo
Prima interprete: Sophia Vembo

Canzone della resistenza greca.
Da "Atene in piazza - Canti della resistenza greca" (la canzone è qui eseguita da Retty Zalokostas).

Grecia 1941. Alpini in marcia.
Grecia 1941. Alpini in marcia.
28 ottobre 1941: dopo la scadenza dell'ultimatum di Mussolini al dittatore greco Georgios Metaxas, le truppe italiana di stanza in Albania invadono il paese ellenico. Devono, come ha detto il duce ("il più grande statista del secolo", così pochi anni fa lo definiva il futuro vicepresidente del consiglio del governo Berlusconi ed attuale presidente della camera, Gianfranco Fini), "spezzare le reni alla Grecia". La Grecia che non ha fatto assolutamente niente all'Italia, che -seppur storicamente alleata della Gran Bretagna- è retta da un regime dittatoriale ideologicamente vicino al fascismo, viene invasa per quella che, nelle intenzioni del duce, deve essere una passeggiata. Si rivela invece una disfatta. Per le condizioni ambientali e per il territorio sconosciuto e impervio, l'esercito greco, bene organizzato e motivato nella difesa della propria terra, non solo resiste, ma respinge l'invasore italiano e addirittura occupa metà della colonia albanese. Soltanto l'intervento della Germania hitleriana salva l'alleato italiano da una disfatta di proporzioni umilianti; e per intervenire a fianco del ridicolo, tronfio e stupido alleato, Hitler deve rimandare di settimane la prevista invasione dell'Unione Sovietica. Il risultato è la morte inutile, sulle aspre montagne greche e albanesi, di migliaia di ragazzi italiani, soprattutto alpini; dalla guerra greca nasce, ad esempio, Sul ponte di Perati bandiera nera (che poi diverrà uno dei più celebri canti partigiani, Pietà l'è morta).

Il testo, fortemente (e comprensibilmente) sarcastico verso gli italiani, fu redatto all'autore, Yorgos Thisvios, nel dialetto "karangouniko" della pianura di Tessaglia. La musica è della stessa interprete, Sofia Vembo.
Στον πόλεμο βγαίν' ου Ιταλός
κι ο Τσουλιάς του λέει,
έβγα Μουσουλί,
ρε μι του φστάν' του κουρουμπλί,
γιατί δεν βγαίνεις καταδώ
κι έχω όρεξ' να σι 'δώ.

Κι 'κει, σιαπάν, σιαπάν στην Κορυτσά,
λεν τα πιδιά μας ούλα,
έλα παραδώ,
ορέ, για να συ δω κι εγώ,
γιατί δεν βγαίνεις να συ δω,
όρε, γιατί μας κάνεις το λαγό.

Καίει ο ήλιος, καίει,
καίει μανάρα μ' καίει,
και αυτοί μιλάν' για χιόνια,
λάσπες και βροχές,
όρε, λάσπες και βροχές.

Τον πόλεμο τι, μώρ' τι τον ήθελες,
κι 'συ πιριγιλούνε οι άντρες σα συ δούνε.

Παράτα την,
την παλικαριά,
τα τάνκς κι τα κανόνια
δεν είναι μακαρόνια.

Που 'σαι ορέ Μπενίτο, κρυμμένος στη σπηλιά,
όρε κατέβα παρακάτω,
φοβάμαι τον τσολιά,
έρι, φοβάμαι τον τσολιά».

inviata da Riccardo Venturi - 19/9/2008 - 16:59



Lingua: Italiano

Versione italiana di Gian Piero Testa, da stixoi.info
ESCE IN GUERRA L'ITALIANO *

Esce in guerra l'Italiano
e l'euzono gli dice,
vieni fuori Mussulì
dai, colla sottana color prugna
perché non vieni qui
che ci ho voglia di vederti.

E lassù lassù a Koritsà**
tutti i nostri ragazzi dicono
vieni qua
dai, così ti vedo anch'io
perché non vieni fuori che ti vedo
dai, perché ci fai la lepre.

Scotta il sole, scotta
scotta mamma mia scotta
ma questi parlano di neve
fango e pioggia
ma va là, fango e pioggia.***

La guerra perché diavolo l'hai voluta
che la gente ti spara, se ti vede.

Piantala,
piantala di fare lo sbruffone
i tanks e i cannoni
son mica maccheroni.

Dove sei, dai, Benito, nascosto nelle grotte
dai, scendi qui in basso
" l'euzono mi fa paura
eh sì, l'euzono mi fa paura".
* Il testo è in un dialetto greco "Karangouniko", cioè della pianura di Tessaglia. Devo questa informazione (e qualche aiuto per la traduzione) al mio amico Thanassis Moustoyannis di Aghios Dimitrios, che anche qui ringrazio. La musica, marcatamente folk, è della stessa prima interprete Sofia Vembo.
** In albanese, Korça
*** Fuor di propaganda: si sa che il tempo fu infame davvero. Per entrambi i contendenti, s'intende. (Cfr. "La marcia verso il fronte" nell'Axion Esti di Elytis).

inviata da Riccardo Venturi - 19/9/2008 - 17:03


Ho scoperto perché mai in questa canzone sia usata la lingua karangounika. Premesso che i Karangounides sono un ramo dei Vlahi, contadini e pastori della Tessaglia, che usavano portare pellicce di montone nero (Kara=nero; gouna= pelliccia: entrambe parole turche), Sofia Vembo aveva appreso una canzone tessala dalla madre e successivamente l'aveva adattata, con la pretesa di metterla nel suo repertorio, come in effetti fece nonostante il disgusto dei suoi musicisti per un canto dialettale di contadinacci tra i più disprezzati. La canzone si intitolava "Στ΄ Λάρισς΄ βγαίν΄ ο αυγερινός" (Esce la stella dell'alba sopra Larissa) ascoltabile qui nella interpretazione di Rozita Serrano. La canzone ebbe un successo imprevedibile, nonostante la strana lingua in cui la Vembo la cantava. Sopraggiunta la guerra, fu facile adattarla alla nuova situazione, e servì egregiamente a mostrare l'avversione anche di questi Greci emarginati per l'Italiano invasore. Interessante questo sviluppo per cui un canto locale diventò patrimonio nazionale.

Gian Piero Testa - 26/12/2011 - 21:41


Appunti sulle canzoni antimussoliniane della guerra italogreca 1940-41

Oggi in youtube è rintracciabile più d'una illustrazione di Στον πόλεμο βγαίνει ο Ιταλός nella interpretazione di Sofia Vembo, nella quale si coglie chiaramente la sua adozione della cadenza dialettale della Tessaglia.



Antecedente di questa canzone era stata, come ho scritto nel commento qui sopra, la rielaborazione di una canzone "vlahika" (paesana) che, secondo la voce «Σοφία Βέμπο» di Wikipedia in greco, la cantante aveva appreso dalla madre. La Vembo si sarebbe limitata a integrare un po' il testo e, è da supporre, a far orchestrare il motivo tradizionale, in modo da poterlo inserire nel repertorio con il titolo di "Στη Λάρ' σα βγαίν' ο Αυγερινός" (1940). Vedi qui l'interpretazione della stessa Vembo:


Στ'Λάρ'σα βγαίν' ο Αυγερινός

Στ'Λαρ'σα βγαίν' o Αυγερινός
στ'ν Ανακασά η Πούλια
έβγα Σμαραϊγδή, μι του φουστάν' του κουρουπλί
γιατί δι βγαίνεις να σ' ειδώ, πω, πω, πω, πω, μαρή θα σαλωθώ.

Κι ηκεί, σα πάν', σα πάν' στ'ν Ανακασά
πάν' τα κουρίτσα ούλα
έβγα να σι ειδώ, γιατί, γιατί θα σαλωθώ
γιατί δι βγαίνεις να σ' ειδώ, πω, πω, πω, πω, μαρή θα σαλωθώ.

Καίει ου φούρνους καίει, καίει μανάρα μ' καίει
για να ψήσει την ψουμάρα, να τ'νε φάει η νύφ', α, ρι
να τ'νε φάει η νύφ'.

Στ' Λάρ'σα, δεν μ'ρε, δεν παντρεύομαι
γιατί μι περγιαλούνε, Μαριώ μου σαν μι ειδούνε.

Θα παντρευτώ στ'ν Ανακασά
που μι περικαλούνε τα κουρίτσα σαν μι ειδούνε.

Πού 'σι μ'ρε Βασίλου, δω 'μαι Νικουλή
κατέβα παρακάτου, να μη σι φάει του σκ'λί, α, ρι
να μη σι φάει του σκ'λί.

A LARISSA SPUNTA LA STELLA DEL MATTINO

A Larissa spunta la stella del mattino
ad Anakassà la Chioccetta
esci Smeraldina con la sottana color prugna
perché non esci che ti veda, po po po, po [marì tha salothò: incomprensibile]

E lì quando vanno, quando vanno a Anakassà
vanno tutte le ragazze
esci che ti veda, perché perché [tha salothò: incomprensibile]
perché non esci che ti veda, po po po po [marì tha salothò: incomprensibile]

Scotta il forno, scotta, mamma mia, mi scotta
per cuocere la pagnotta, che la mangi la sposa, a, ri
che la mangi la sposa.

A Larissa non mi sposo, proprio no
perché mi deridono, Marietta, mia quando mi vedono

Mi sposerò a Anakassà
che le ragazze mi pregano quando mi vedono.

Dove diavolo sei Vassilis, qui sono Nicolino
scendi in basso, che non ti mangi il cane, a, ri
che non ti mangi il cane.

Ma proprio le illustrazioni di questa canzone in youtube portano altre informazioni, che un po' chiariscono e un po' confondono le idee sulla questione degli autori sia della versione pastorale, sia della sua parodia ad uso patriottico.
Il filmato infatti mostra la copertina di un disco contenente due canzoni eseguite dalla Vembo ("Στη Λάρ' σα βγαίν' ο Αυγερινός" e "Βάσω"), da cui derivarono rispettivamente due delle più famose parodie antimussoliniane del 1940-41 (e anche oltre queste date , se consideriamo l'intensa attività della Vembo dal 1941 al 1946 in Africa Settentrionale e in Medio Oriente a pro' delle truppe dislocate nelle zone di guerra controllate dagli Alleati): " Στον πόλεμο βγαίνει ο Ιταλός" e
"Βάζει ο Ντούτσε τη στολή του".

Su quella copertina si può notare che i titoli delle canzoni "originali" sono esplicati tra parentesi da quelli delle loro parodie in chiave antimussoliniana: come se l'acme della popolarità di entrambi i motivi fosse stato raggiunto presso il vasto pubblico dalle rispettive versioni patriottiche (un po' come la "Bella Ciao" partigiana rispetto alla versione di risaia), in misura tale da consigliare, nel caso di Στη Λάρ' σα βγαίν' ο Αυγερινός, anche l'edizione del motivo folk, e la riedizione di quella di Βάσω (il cui titolo esatto era: "Πλέκει η Βάσω το προικιό της/ Vasso, diminutivo di Vassilikì, ripiega il suo corredo" firmata da un popolarissimo compositore greco di operette, Θεόφραστος Σακελλαρίδης/Theòfrastos Sakellaridis, 1883-1850).
Mentre tutto sembra filare liscio per "Βάσω", per la quale nella copertina si legge, all'interno di un cerchietto, Στίχοι Γ.ΘΙΣΒΙΟΥ (cioé "Versi di Y. Thisvios) e, all'esterno, Μουσική Θ. ΣΑΚΕΛΛΑΡΙΔΗΣ (cioé Musica di Th. Sakellaridis), nel caso di "Στη Λάρ' σα βγαίν' ο Αυγερινός" le note autoriali in copertina costituiscono un piccolo pasticcio, perché all'interno di un secondo cerchietto vediamo scritto: ΒΕΜΠΟ-ΘΙΣΒΙΟΥ-ΜΟΣΧΟΥΤΗ (cioè "di Vembo -Thisvios - Moskhoutis").
Ora, mentre Yorgos Thisvios è senza dubbio l'autore della parodia antimussoliniana, non sembra che gli si possa anche attribuire il testo della canzone contadina.
Su Thisvios ho raggranellato qualche informazione supplementare, insufficiente tuttavia per una nota biografica. E' stato uno scrittore di teatro, paroliere di canzoni e autore di script cinematografici (con un po' di pazienza si riesce a fare emergere dal web anche qualche titolo). Durante l'occupazione fu EAMista, cioè aderente al fronte (socialcomunista) di liberazione nazionale, e fu attivo nel folto gruppo di autori, attori e musicisti teatrali che sotto la guida di Ολυμπία Παπαδούκα/Olimbìa Papadouka usarono le loro risorse artistiche come arma di resistenza.(vedi: [[http://www1.rizospastis.gr/qui). Dopo i Fatti del Dicembre 1944 fu catturato dagli Inglesi e internato con qualche migliaio di presunti comunisti greci tra le sabbie infocate del campo di El Daba, Africa settentrionale (vai a: Ελ Δαμπα). (A me fa una qualche impressione il fatto che da quelle parti, nello stesso tempo, svolazzasse anche Sofia Vembo sui mezzi alleati per dilettare i soldati di Sua Maestà britannica).
Thisvios è morto il 22 dicembre 1985.

Quanto alla musica, pur con le pinze si può accettare un'attribuzione congiunta a Sofia Vembo e a Apostolos Moskhoutis (anche se sarebbe, credo, più filologico definirla "Tradizionale"), sempre che sia attendibile quanto si trova in proposito in Wikipedia greca, dove però la lettera del testo lascia forse involontariamente intendere che i due si siano preoccupati di sistemare piuttosto i versi che la musica:

«Nell'estate del 1940...Sofia Vembo cercava una canzone in dialetto locale della campagna greca, a questa sua richiesta corrisposero alcuni con diverse canzoni dell'epoca, se non che lei stessa alla fine ne scelse una della sua regione che si dice venisse anni prima cantata da sua madre e che integrò lei stessa con alcuni versi aiutata da Moskhoutis. Era la canzone "A Larissa spunta la stella del mattino". Quando la Vembo la finì con particolare entusiasmo, forse anche per il carico di ricordi, la diede a Kostas Yannidis, perché la eseguisse un po' per prova; e quello leggendola si rifiutò energicamente, dicendole:
«Sei certa di star bene, Sofia, se credi che suonerò questa canzone di contadini? Io rinuncio!».
Ma poi per l'insistenza di Sofia e dell'impresario teatrale A. Makedos, K. Yannidis alla fine cominciò a suonarla con molta freddezza. Alla prima esecuzione pubblica - che si tenne al teatro Mondial nell'ambito di un recital dei maggiori artisti della scena leggera con il titolo "Atene in guerra" (vai a: Atene in guerra) NdT - si scatenò un uragano. Il pubblico del teatro costrinse quattro volte Sofia Vembo a tornare in scena. Quando dopo quella serata l'impresario chiese a K. Yannidis il suo parere, quello rispose:
«Ma non avete visto? Ce l'ha cantata con tante moine che non le bastava lo spazio della scena, ce l'ha cantata appoggiata al pianoforte, ce l'ha cantata appoggiata alla quinta, ce l'ha cantata dando le spalle al pubblico, è solo mancato che la cantasse sdraiata!».
Va rilevato che esattamente la stessa cosa accadde più tardi con la canzone Anakasià».

Di Απόστολος Μοσχούτης/Apostolos Moskhoutis ho trovato solamente, nella stessa pagina di Wikipedia greca, che fu "grande" musicista e anche autore di musica jazz. Per cui, essendo stata Sofia Vembo del tutto priva di istruzione musicale (era una autodidatta) e anche di istruzione tout-court (la povertà della famiglia e il fatto d'essere femmina non le consentirono di andare oltre la seconda elementare), se i due misero mano alla musica almeno per orchestrare, è probabile che il compito sia stato svolto principalmente dal Mouskhoutis. Poi, per mettere al sicuro il profitto commerciale di questo sforzo tecnico, la canzone sarà stata registrata come creazione dei due. Il "furto" di musica tradizionale è stato frequentissimo in Grecia (ma credo anche dalle nostre parti) e sull'argomento mi è già capitato di fare una nota.

Infine c'è un altro piccolo mistero: quello della prima esecuzione della canzone tradizionale.
Infatti, sia chi ne ha curato l'inserimento nel sito www.stixoi.info, sia chi ha fatto lo stesso in youtube affermano che la prima esecuzione fu di Rosita Serrano. E qui, o riesco a trovare altre informazioni, oppure i conti stentano a tornare, pur tenendo presente che tra una prima esecuzione pubblica e una prima incisione può passare una bella differenza. Ora, su Rosita Serrano, oltre la relativa laconica voce in wikipedia in spagnolo, ho trovato un articolo del giugno scorso, che sembra ben informato, di Μικρός Ρωμηός /Mikròs Romiòs. Esso ci parla di questo soprano leggero cileno, il cui nome per intero suonava Maria Marta Esther Aldunate del Campo (Viña del Mar, 1914 - Santiago del Cile, 1997), figlia di un diplomatico e di una cantante lirica, che, in possesso di un'agile e pronta inclinazione al gorgheggio da far invidia a Josephine Baker, ancora adolescente venne in Europa con la madre Sofia agli inizi degli anni Trenta e, dopo avere incantato Portogallo e Spagna, si stabilì nella Germania hitleriana nel 1936.
A Berlino si esibiva interpretando canzoni popolari cilene, quando il compositore tedesco Peter Kreuder la scoprì e le procurò un contratto con la Telefunken. Tra il 1938 e il 1941 Rosita si impose al pubblico cantando sia nella propria sia in altre lingue, ma soprattutto in tedesco, e girando anche alcuni film. La chiamavano ormai "l'usignolo del Cile" e godeva della benevolenza di Goebbels, il quale, scoppiata la guerra, la mandò ripetutamente ad allietare i reparti della Wermacht. (Vai al video). Egli, come tutti i Tedeschi, amava la sua interpretazione della "Paloma"/ Nel 1943, tuttavia, Rosita fece un affronto imperdonabile all'intero Terzo Reich, perché, trovandosi in tournée nella neutrale Svezia, accettò di esibirsi per gli Ebrei tedeschi colà rifugiati (si dice che ne avesse già aiutati in Germania) e fu perciò considerata come una spia e tutti i suoi dischi incisi in Germania furono tolti dalla circolazione e radiati dalle trasmissioni radiofoniche. In Grecia la Serrano arrivò per la prima volta solo nel 1946 per esibirsi nel locale Arizona e partecipare a spettacoli di beneficenza accanto a Sofia Vembo, di cui era amica personale; ma vi arrivò già perfettamente conosciuta e ammirata, con il plauso della stampa e l'onore di qualche copertina di rivista, perché durante l'Occupazione (terminata nel settembre del 44) la radio nazionale, controllata dai Tedeschi, aveva riversato fino alla damnatio del 1943 le sue canzoni nelle orecchie dei soldati occupanti e, di conseguenza, anche in quelle dei Greci. E di qualche sua interpretazione in lingua greca si hanno tracce (per esempio ne cantò una di Soyoul), per cui non c'è da sorprendersi del fatto che abbia cantato la canzoncina villereccia della Vembo: ma che sia arrivata a farlo prima dell'autrice, che la impose per uno spettacolo da tenersi a non più di un mese di distanza, questo è un po' difficile da accettare. Si aggiunga che, come si vedrà, la parodia antimussoliniana dell'innocua canzone popolare venne approntata a tambur battente, e che Mussolini, tutto sommato, era, nonostante il gran guaio combinato in Grecia, il miglior alleato di Hitler. Resta il fatto che di Rosita Serrano esiste l'interpretazione di Στη Λάρ' σα βγαίν' ο Αυγερινός, per cui resterebbe da accertare in che tempo e in quali circostanze l'abbia eseguita e, soprattutto, registrata: cosa che tenterei volentieri di fare, se non avessi a questo punto già troppo umiliato la mia suscettibile pigrizia.
Anche se non c'entra per niente, aggiungo in margine che la Rosita ritornò in Grecia diverse altre volte fino al 1960. Nel 1951, rincasando una notte in compagnia delle sorelle Sofia e Aliki Vembo, sue amiche, da una serata a Kastrì nella villa di Yorgos Papandreou (il nonno), fiero avversario dei comunisti ma ancor più della Corte, consentì graziose giravolte alcoliche alla sua Chevrolet decapottabile, finché questa, attraversato di slancio un campo e riguadagnata bravamente la strada, non si fermò contro una corriera di linea. Nessuno si fece molto male, tranne la Serrano, che trascorse quattro mesi non all'ospedale ma in prigione, per essere fuggita dopo l'incidente, e... tranne l'assente Papandreou, che dovette a lungo rintuzzare gli attacchi degli avversari politici, e pare anche della moglie, per sostenere che con quelle signore dello spettacolo, abbastanza mature ma ancora piacenti, intratteneva normali relazioni sociali, ma non certo il libertinaggio di cui veniva sospettato. Papandreou, peraltro, aveva dedicato negli anni Trenta molti sforzi alla fondazione di un teatro nazionale ed era sposato in seconde nozze con uno dei mostri sacri della scena drammatica greca, Κυβέλη Ανδριανού/Cibele Andrianoù: per questo era normale che intrattenesse relazioni nel mondo dello spettacolo. Si difese con sobrietà, senza inventarsi parentele della Serrano con Gonzales Videla e nemmeno con Peron: ma lui in quel momento era solo un vicepresidente del governo Venizelos...
Ritornata in Cile, dove poi morì poverissima nel 1997, la Serrano non godette delle simpatie dei suoi compatrioti, i quali non le perdonarono mai il suo periodo all'ombra della croce uncinata.

Un ultimo cenno ormai non conviene tralasciare, con l'aiuto del sito odgoo.gr, alla produzione di canzoni antimussoliniane, che fu intensa nel periodo del conflitto regolare. E' noto che, mentre si svolgevano le operazioni sul fronte albanese, la vita notturna della capitale continuò senza soste e che i teatri e i cabaret intrattennero il pubblico su contenuti ovviamente influenzati dallo stato di guerra. Fu nel mondo dello spettacolo d'intrattenimento che nacquero le canzoni che accompagnarono lo sforzo bellico dei Greci, sovente nascendo come adattamento di successi già familiari al pubblico e ai combattenti. La propaganda militare se ne impadronì sveltamente e provvide a diffonderle al fronte e nelle retrovie attraverso la radio e a distribuirne le riproduzioni fonografiche. La cosa funzionò in quel clima di mobilitazione generale contro l'aggressione italiana; e tra tutti gli interpreti emerse (o fu costruito) il personaggio simbolo della Vembo. Ma la Vembo non fu la prima a riutilizzare in senso patriottico un proprio successo. L'idea le nacque dall'ascolto di una canzone, che fece subito sua, "Πατρίδα, πατρίδα/Patria patria", rielaborata nel testo da Τραϊφόρος su un noto motivo "Διαμάντω/Diamantina", di Yannis Vellas (1909 - 1999), ed eseguita dalla corfiota Ειρήνη "Ρένα" Βλαχοπούλου (Rena Vlahopoulou, 1923- 2004), un' attrice e cantante agli esordi di una bella carriera, che nel dopoguerra si sarebbe anche dedicata alla musica jazz. Volle perciò incontrare Traiforos (che poi sposò e dal quale subì ripetute delusioni coniugali che avvelenarono anche alcolicamente i suoi ultimi anni) e gli chiese di scrivere nuovi versi sull' esotico e languido motivo della canzone "Ζεχράς" (1938) di Α. Σαββίδης e Μ. Σουγιούλ. E così nacque "Παιδιά της Ελλάδος παιδιά", ancor oggi tra tutte la più evocativa del comune stato d'animo di quel periodo, nel quale la tristezza per il sacrificio delle vite e la volontà di resistenza dovevano, senza clamori, necessariamente convivere. Ne vennero poi altre, quale più enfatica, quale contraddistinta dallo spirito sarcastico, a ciò ben prestandosi i successi militari e la caricaturale immagine del duce. Ma io credo che nessun'altra abbia il tono giusto come "Παιδιά της Ελλάδος παιδιά", che non per nulla la Vembo rispolverò nel novembre del 73 per contrastare, commovendone i conducenti, i tanks dei Colonnelli. A proposito di questo tono, dimesso e languido e molto meno retorico e guerresco delle parole che accompagna, è utile ricordare che fu la Vembo stessa a volere sostituito un verso in cui Traiforos parafrasava con un duro e militaresco «Αν δεν βγείτε νικηταί, να μην έρθετε ποτέ /Se non sarete vincitori, non tornate mai più» il motto degli antichi Spartani «Ἢ τὰν ἢ ἐπὶ τάς/O con gli scudi o sugli scudi».
Particolarmente pungente per l'orgoglio fascista dovette risultare "Κορόιδο Μουσολίνι/ Mussolini buffone", perché utilizzava non un successso greco, ma un motivo italiano in voga: quella "Reginella campagnola" di Eldo Di Lazzaro apparsa con altre in Italia nel 1938 a fiancheggiare la politica rurale del regime, ma ben accolto anche in Grecia nell'interpretazione della già ricordata Rena Vlahopoulou con il titolo solo traslitterato di "Καμπανιόλα Μπέλα". Ne rifece il testo tal Γιώργος Οικονομίδης/Yorgos Ikonomidis (1916 - 1985), che si trovava sotto le armi, e che, come paroliere, sceneggiatore e presentatore avrebbe occupato un discreto spazio nell'intrattenimento radiofonico, per finire con l' essere mal ricordato non tanto come l'autore dell'Inno del Panathinaikòs, e passi, ma - cosa assai peggiore - di quello della Giunta dei Colonnelli: il repellente "Inno del 21 Aprile" (chi proprio lo voglia sentire, vada qui) su musica di Yorgos Katsaros. Κορόϊδο Οικονομίδης!
Questi appunti, che si possono integrare con altri provenienti da kanellatou.gr/ e da vembosofia non esauriscono di certo l'argomento. Un'osservazione però consentono: che l'ostilità a Mussolini che esse giustamente esprimono non nasceva da un antifascismo che incominciava a liberarsi e ad agire, ma dall'animo un paese ancora avviluppato in un altro fascismo e che si sentiva offeso nella sua identità nazionale. Con l'eccezione di Thisvios, sono proprio le precedenti e le successive vicende dei personaggi protagonisti di quella stagione, con le loro mille incongruenze, le oscillazioni politiche e le debolezze personali che circoscrivono, ai miei miopi (?) occhi, il valore di quella stagione. Che pure va conosciuta e considerata, perché accompagnò un bel tratto di quella vicenda anche culturale e morale, da cui si liberò in Grecia una potentissima e ancora non esaurita vena di canzone e poesia civile. (gpt)

GIan Piero Testa - 1/1/2012 - 17:21




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