Sḥefḍen-iyi ad ɣreɣ
Lqaɛa d igenwan
Deg yiḍ ima ɛerqeɣ
Ttafeɣ abrid s yetran
Si mkul amkan wwḍeɣ
Medden ḥemmlen-iyi
Asmi lliɣ d askuti
Tennam anga-t yetri
Nek nwiɣ s tidett
Ziɣen meskin yeɣli
Teṭṭfem-t-id di tceṛkett
Sers allen-ik seg igenni
Muqel-it-id ɣef tayett:
Ur telliḍ d askuti
Terram widen yeẓran
A ɣ-ḍebɛan tamusni
Temlam-iyi ayen yelhan
Yakʷ ayen ur nelhi
Temlam-iyi ayen yellan
Yakʷ ayen ur nelli
Asmi lliɣ d askuti
Terram-t ad yesseḥfaḍ
Ayen yettnadi ur t-ittaf
Seg uyeffus s azelmaḍ
eg webrid ɣer lkaf
Yerna-iyi ɣer wiyaḍ
A Ṛebbi ili-k yid-i
Ur lliɣ d askuti
Tennam ɛass lǧaṛ-ik
Ma yenṭer ɣur-es azzel
Ur k-ittɣaḍ yiman-ik
D abruri neɣ d adfel
Medden yakʷ d atmaten-ik
Di ddunit irkʷelli
Asmi telliḍ d askuti
Tennam ɛass lǧaṛ-ik
Muqel d acu i iheddeṛ
Ayen yexdem d ccɣel-ik
Nekʷni nebɣa a t-nẓer
ẓweṛ awi-d iman-ik
Legṛad-ik ad yali
Ur telliḍ d askuti
Anga teddiḍ lḥu
Ur qebbel ara lbaṭel
Akken wi yellan yettru
D keč iwimi aa d-issiwel
Anga teddiḍ cfu
Lḥeqq yid-ek aa yili
Aqli-k-id d askuti
Lehlak yebda-d si rrif
Kulwa anda illa a t-iḥaz
W’ ur neqbil yella ssif
Ul aḥnin ad yeddaz
Terram iles-iw d lkif
Afus-iw d aɛeqqaz
Ur lliɣ d askuti
Tiɣri-agi tsellem
Tekka-yi-d si temẓi
ẓriɣ a tt-tfehmem
Deg umeyyez tifem-iyi
ɣurwat ad i-tamnem
Ur tteddut yid-i
Nek mačči d askuti
Lqaɛa d igenwan
Deg yiḍ ima ɛerqeɣ
Ttafeɣ abrid s yetran
Si mkul amkan wwḍeɣ
Medden ḥemmlen-iyi
Asmi lliɣ d askuti
Tennam anga-t yetri
Nek nwiɣ s tidett
Ziɣen meskin yeɣli
Teṭṭfem-t-id di tceṛkett
Sers allen-ik seg igenni
Muqel-it-id ɣef tayett:
Ur telliḍ d askuti
Terram widen yeẓran
A ɣ-ḍebɛan tamusni
Temlam-iyi ayen yelhan
Yakʷ ayen ur nelhi
Temlam-iyi ayen yellan
Yakʷ ayen ur nelli
Asmi lliɣ d askuti
Terram-t ad yesseḥfaḍ
Ayen yettnadi ur t-ittaf
Seg uyeffus s azelmaḍ
eg webrid ɣer lkaf
Yerna-iyi ɣer wiyaḍ
A Ṛebbi ili-k yid-i
Ur lliɣ d askuti
Tennam ɛass lǧaṛ-ik
Ma yenṭer ɣur-es azzel
Ur k-ittɣaḍ yiman-ik
D abruri neɣ d adfel
Medden yakʷ d atmaten-ik
Di ddunit irkʷelli
Asmi telliḍ d askuti
Tennam ɛass lǧaṛ-ik
Muqel d acu i iheddeṛ
Ayen yexdem d ccɣel-ik
Nekʷni nebɣa a t-nẓer
ẓweṛ awi-d iman-ik
Legṛad-ik ad yali
Ur telliḍ d askuti
Anga teddiḍ lḥu
Ur qebbel ara lbaṭel
Akken wi yellan yettru
D keč iwimi aa d-issiwel
Anga teddiḍ cfu
Lḥeqq yid-ek aa yili
Aqli-k-id d askuti
Lehlak yebda-d si rrif
Kulwa anda illa a t-iḥaz
W’ ur neqbil yella ssif
Ul aḥnin ad yeddaz
Terram iles-iw d lkif
Afus-iw d aɛeqqaz
Ur lliɣ d askuti
Tiɣri-agi tsellem
Tekka-yi-d si temẓi
ẓriɣ a tt-tfehmem
Deg umeyyez tifem-iyi
ɣurwat ad i-tamnem
Ur tteddut yid-i
Nek mačči d askuti
inviata da Riccardo Venturi - 8/9/2008 - 12:15
Lingua: Italiano
IL BOY-SCOUT
Mi avevano insegnato a leggere
i segni sul suolo e nel cielo
se mi fossi perduto nella notte
avrei trovato la strada con le stelle.
Dovunque passassi
la gente mi voleva bene
quand’ero un boy-scout
Mi avete chiesto dove sta la stella
credevo parlaste di una vera
ma la povera stelletta è caduta
l’avete presa al laccio
Abbassa lo sguardo dal cielo,
eccotela lì sulla spallina (*)
non sei più un boy-scout.
Avevate messo dei sapienti
ad insegnarci la scienza
mi avevate mostrato cosa è bene
e che cosa non lo è
mi avevate mostrato cosa c’è
e cosa non c’è
quand’ero un boy-scout
Avete messo ad insegnare
uno che non sa neppure trovare quel che cerca
un’inversione di rotta: da destra a manca
dalla retta via al precipizio
anche nei miei rapporti con gli altri
O Dio, sii al mio fianco
Non sono più un boy-scout
Mi avevate detto: curati del tuo prossimo
se è in difficoltà accorri da lui
non ti risparmiare
anche se grandina o nevica
tutti gli uomini sono tuoi fratelli
in ogni parte del mondo
quando sei un boy-scout
Mi avete detto: curati del tuo prossimo
ta’ attento a quello che dice
quello che fa è affar tuo
Noi vogliamo saperlo
Allora sta’ all’erta
E salirai di grado
non sei più un boy-scout.
Dovunque tu vada
non accettare l’ingiustizia
chiunque sia in lacrime
saprà che può appellarsi a te
Dovunque tu vada ricorda
che con te ci sarà la giustizia
perché tu sei un boy-scout
Il male si leva da ogni parte
senza risparmiare nessuno
per chi non ci sta c’è la violenza
chi mostra compassione è stritolato
Avete fatto della mia parola l’oppio
e del mio braccio il bastone (**)
Non sono più un boy-scout
Questa voce che udite
mi viene dalla mia infanzia
so che la capirete
perché siete più saggi di me
Guai a fidarvi di me
non seguite il mio esempio
Io non sono un boy-scout…
Mi avevano insegnato a leggere
i segni sul suolo e nel cielo
se mi fossi perduto nella notte
avrei trovato la strada con le stelle.
Dovunque passassi
la gente mi voleva bene
quand’ero un boy-scout
Mi avete chiesto dove sta la stella
credevo parlaste di una vera
ma la povera stelletta è caduta
l’avete presa al laccio
Abbassa lo sguardo dal cielo,
eccotela lì sulla spallina (*)
non sei più un boy-scout.
Avevate messo dei sapienti
ad insegnarci la scienza
mi avevate mostrato cosa è bene
e che cosa non lo è
mi avevate mostrato cosa c’è
e cosa non c’è
quand’ero un boy-scout
Avete messo ad insegnare
uno che non sa neppure trovare quel che cerca
un’inversione di rotta: da destra a manca
dalla retta via al precipizio
anche nei miei rapporti con gli altri
O Dio, sii al mio fianco
Non sono più un boy-scout
Mi avevate detto: curati del tuo prossimo
se è in difficoltà accorri da lui
non ti risparmiare
anche se grandina o nevica
tutti gli uomini sono tuoi fratelli
in ogni parte del mondo
quando sei un boy-scout
Mi avete detto: curati del tuo prossimo
ta’ attento a quello che dice
quello che fa è affar tuo
Noi vogliamo saperlo
Allora sta’ all’erta
E salirai di grado
non sei più un boy-scout.
Dovunque tu vada
non accettare l’ingiustizia
chiunque sia in lacrime
saprà che può appellarsi a te
Dovunque tu vada ricorda
che con te ci sarà la giustizia
perché tu sei un boy-scout
Il male si leva da ogni parte
senza risparmiare nessuno
per chi non ci sta c’è la violenza
chi mostra compassione è stritolato
Avete fatto della mia parola l’oppio
e del mio braccio il bastone (**)
Non sono più un boy-scout
Questa voce che udite
mi viene dalla mia infanzia
so che la capirete
perché siete più saggi di me
Guai a fidarvi di me
non seguite il mio esempio
Io non sono un boy-scout…
(*) Qui si fa riferimento alle stellette che i militari portano sulle spalline
(**) Allusione al romanzo di Mouloud Mammeri, "L'opium et le bâton" (L'oppio e il bastone), del 1965.
(**) Allusione al romanzo di Mouloud Mammeri, "L'opium et le bâton" (L'oppio e il bastone), del 1965.
inviata da Riccardo Venturi - 8/9/2008 - 15:03
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Testo e musica di Lounes Ait Menguellat
Paroles et musique: Lounes Ait Menguellat
Words and music: Lounes Ait Menguellat
Album: A lmus-iw
In questa canzone Ait Menguellat riesce ad esprimere con molta sensibilità il disincanto di quanti, dopo avere aderito con giovanile entusiasmo alla rivoluzione, si sono ritrovati, dopo l’indipendenza, sotto un regime militare. Il boy-scout è il simbolo di quei giovani, dal momento che proprio l’associazione degli scout musulmani d’Algeria fornì un primo quadro organizzativo in cui si ritrovarono molti dei futuri combattenti per la libertà. La canzone di A. Menguellat è stata anche il simbolo cui fa esplicitamente allusione il romanzo dallo stesso titolo, Askuti, scritto da Said Sadi nel 1983, in cui si narrano proprio le vicende di un cabilo che, dopo avere aderito al maquis in gioventù, abbandonando gli studi al liceo, si ritrova, dopo l’indipendenza, a fare il poliziotto che perseguita e tortura i suoi compatrioti.
Vermondo Brugnatelli, da La canzone cabila.
Askuti è anche il titolo di uno dei primi romanzi in cabilo, scritto da Said Sadi, che riprende esplicitamente il titolo di quella canzone.
L'interesse di questi autori per gli scout deriva dal fatto che questi ragazzi erano in Algeria il simbolo della generazione che si era battuta per l'indipendenza con la purezza di ideali tipica dello scautismo. Infatti, quando ancora l'Algeria era una colonia francese, molti giovani algerini che volevano la libertà, non potendosi riunire in organizzazioni politiche che sarebbero state vietate, si incontrarono e cominciarono a far circolare la parola d'ordine della lotta per l'indipendenza proprio nel quadro dell'associazione degli scout algerini (Scouts musulmans algériens), che era sorta negli anni trenta da una costola del movimento scout francese.
Tra questi scout vi furono molte persone di spicco che divennero un simbolo della lotta per l'indipendenza come Laimèche Ali o Mohand Idir Ait Amrane.
Dopo la sanguinosa guerra di liberazione, che durò ben otto anni, il potere venne assunto dai militari, e tutto il paese, che aveva sognato di essere libero, si ritrovò a vivere sotto una dittatura militare. La canzone di Ait Menguellet esprime proprio la delusione di chi si accorgeva dell'enorme divario tra gli ideali della rivoluzione e la realtà dello Stato indipendente.
Molto suggestive le immagini impiegate da questo autore, che molti considerano tra i più grandi poeti cabili odierni. All'inizio, per esempio, egli parla delle stelle, che gli scout imparano a conoscere per sapersi orientare, mentre col passare del tempo non contano più le stelle in cielo ma le "stellette" sulla divisa in un paese militarizzato.
Anche il tradizionale altruismo e interesse per il prossimo che è tipico degli scout verrà corrotto dalla nuova società, trasformandosi nell'invito a interessarsi degli altri... per sorvegliarli e fare la spia.
Sono rimasti celebri i versi conclusivi, che esprimono compiutamente il disincanto dell'autore:
ur teddut yid-i
nek matchi d askuti
"Guai a fidarvi di me
non seguite il mio esempio
io non sono più un boy-scout..."
(Lounis Ait Menguellet, Askuti - trad. it. Vermondo Brugnatelli )
Il romanzo che Said Sadi scrisse all'inizio degli anni ottanta, apparve dapprima a puntate sulla rivista Tafsut ("Primavera") e poi nel 1983 in volume, il che ne fa il secondo romanzo scritto in cabilo dopo Asfel di Rachid Aliche (1981).
Il titolo si rifà volutamente alla canzone di Ait Menguellet (che il protagonista mostra di conoscere e cita in alcuni punti dell'opera), anche perché l'argomento che sviluppa è sostanzialmente lo stesso. La vicenda narra infatti di un giovane, Meziane, che nel 1956 lascia il liceo per unirsi alla resistenza antifrancese, e alla fine della guerra si ritrova a fare il poliziotto diventando senza accorgersene, un po' alla volta, un oppressore del popolo per il quale si era battuto:
« Ti poteva capitare di torturare un uomo al mattino e di uscirtene la sera col cappotto sulle spalle e la sigaretta in bocca, andando in giro da un caffè all’altro come qualunque altro lavoratore. Avevi lavorato, avevi finito la tua giornata, eri stanco, dovevi rilassarti, assaporare un po’ di tranquillità. E c’è chi dice che i sortilegi non esistono! E questo che cos’è? Un essere umano si trasforma in un mostro senza nemmeno accorgersene! »
La "primavera berbera" del 1980 gli aprirà gli occhi ed egli deciderà di lasciare la polizia. Col risultato, però, di ritrovarsi dall'altra parte della barricata, non più in veste di persecutore bensì in quella di perseguitato.
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