a Carlo. Genova, luglio 2001
lacrime e sangue e mazze e martelli e falci e forconi e fegati e fulminee intrusioni all'alba
mandato in mano alla ricerca del nero del nerissimo scuro dell'oscuro annerirsi del fiato del
polmone e del cardiaco illegalmente detenuto nascosto celato abilmente nella cassa toracica
abusivamente pulsante insomma una vita a scrocco furtivamente nera come la pece nera come
un sospetto nera di rabbia nera come il nero di uno scacco nera come il nero del futuro del duro
domani delle nostre mani nere più nere dell'anima nere di profitti nere da sconfitti nere come
il nero di uno scarafaggio a forma di sentimento che ci striscia sotto le pareti dell'anima nero
come il sangue antico nell'ampolla che si frantuma e diviene polvere nera esplosiva e muta
nero come una tuta nera nero come un cappuccio nero più nero della notte nero di carni cotte
nero di cani randagi nero di lingua morta asfissiata nero come una vena salassata come una
flebite del respiro nero come quei blindati schierati lì in fondo sul confine della ragione nero
come le maschere come gli scudi gli stivali come la paura che ho dentro la voglia d'avere ali
(è ovvio che si tratta di una tattica d'azione dell'ordinato svolgersi delle teorie del caos
è scontato che ha una sintassi di corse e colpi brevi come accenti acuti che infrangono)
in ordine sparso a piccoli gruppi andando controcorrente travisati traditi travestiti a manciate
più o meno nello stesso momento più o meno in tutta la città più o meno presentandosi a iosa
con la spranga che bacia il cristallo e lo spacca con boati e gas che disperdono il vento con
sirene lanciate a duecento all'ora in vicoli e strade dove le squadre squadrano le folle e più
o meno le squagliano con estintori fieri della loro potenza e noi più o meno anneghiamo più
o meno all'altezza di quella piazza più o meno all'altezza della piccola pozza di sangue più
o meno dove restano tracce coagulate di rabbia calpestate da cingolati e pneumatici chiodati
allora dove il nero si stempera nel nero dove gli occhi si fanno ciechi dove puoi vedere anche
ciò che non si può guardare più o meno nel momento dello sparo della detonazione del cuore
in frammenti dove c'è il luogo per ribellarsi senza ragione il posto nero dove s'annerisce il
nero dove il nero s'annera di nubi s'infila su per i tubi e fa china dell'acqua e fa nero il volto
nera la bocca i denti nere le labbra nella cianosi decisiva salto al buio oltre l'altro che moriva
(è evidente che si tratta di formazioni infiltrate da carbonio ed anidride e zolfo minate ingrate
di sentimenti a manciate con tettoniche aleatorie di sismi e singhiozzi di discorsi rimasti mozzi)
né c'è paesaggio od orizzonte né indulto e la tolleranza è a zero è tolleranza nera ed avara è
come un respiro incartapecorito e sporco è come un torto protetto e annegato nel nero di seppia
nel nero della greppia povera del morto nel nero esempio nel severo moderarsi dell'assassinio
è come un topo con pelo rosso e occhi blu un topo tutto sporco che striscia e che fugge un topo
mezzo roco che prova a spiegare tra un colpo e l'altro mentre annega negli sputi e prova a dire
la sua a giustificare tra una staffilata e l'altra mentre ormai palpita sul pavimento e si mastica le
viscere un topo nero di grumi e di gridi nero di scuse e bugie nero di tutto e di niente nero che
mente e inganna nero bugiardo nero di botte date di giorno e scontate di notte come dolori o
ferite nere come il coagulo di senso nere più nere piaghe vere che spurgano parole e infettano
le ore mentre il topo fugge veloce si getta in salvo nel mare tutto nero del pensiero squittisce
di rabbia promette vendetta poi scompare oltre l'angolo d'ogni incubo e resta solo la sua ombra
nera mentre si ammanettano i feriti e le fratture sporgono dai cellulari le grida dagli auricolari
(è chiaro che si tratta di ricordi confusi di refusi indotti dal dolore di deliri e sogni di lapsus è lampante che
la verità è nel presupposto e non nella traccia del proiettile che si conficca docile)
e a volerlo contare uno per uno questo morto è un morto che ne vale migliaia un prezzo discount
da pagare senza bisogno di rate o un'offerta speciale da consumare subito in piedi un fast-blood
e se pensi che dietro ogni ferita c'è una famiglia vestita a lutto della gente oscura vestita in nero
che affoga nelle gramaglie del destino nero come una divisa come una maschera un manganello
nero come un pneumatico chiodato mentre stira il cadavere e gli lascia un battistrada come nero
tatuaggio al torace o la canna brunita della pistola che sporge nera come il buco all'altezza dello zigomo
sinistro o il foro d'uscita più piccolo ma nero come un pozzo nero come un alito zozzo
col cadavere da fotografare col cadavere da immortalare abbandonato sull'asfalto nero come le
labbra del morto scure come le ragioni del torto la legittimazione dell'assassinio di chi giustizia
la giustizia e poi si fa la legge e il santo lo gabba lo dribbla l'inganna lo danna e poi lo scanna
ridendo il giorno di festa santificando il suo nome e poi beve fino a notte e rutta d'orgoglio nero
come plotone di stivali e tacchi neri coi lacrimogeni innestati alle palpebre e l'odio alle vertebre
uguali oggi a com'erano ieri uguali oggi a come saranno domani quando in fila e a capo chino
attenderanno lo schianto possente che li spazzerà lo schiaffo rude che ridendo lieto li annienterà
lacrime e sangue e mazze e martelli e falci e forconi e fegati e fulminee intrusioni all'alba
mandato in mano alla ricerca del nero del nerissimo scuro dell'oscuro annerirsi del fiato del
polmone e del cardiaco illegalmente detenuto nascosto celato abilmente nella cassa toracica
abusivamente pulsante insomma una vita a scrocco furtivamente nera come la pece nera come
un sospetto nera di rabbia nera come il nero di uno scacco nera come il nero del futuro del duro
domani delle nostre mani nere più nere dell'anima nere di profitti nere da sconfitti nere come
il nero di uno scarafaggio a forma di sentimento che ci striscia sotto le pareti dell'anima nero
come il sangue antico nell'ampolla che si frantuma e diviene polvere nera esplosiva e muta
nero come una tuta nera nero come un cappuccio nero più nero della notte nero di carni cotte
nero di cani randagi nero di lingua morta asfissiata nero come una vena salassata come una
flebite del respiro nero come quei blindati schierati lì in fondo sul confine della ragione nero
come le maschere come gli scudi gli stivali come la paura che ho dentro la voglia d'avere ali
(è ovvio che si tratta di una tattica d'azione dell'ordinato svolgersi delle teorie del caos
è scontato che ha una sintassi di corse e colpi brevi come accenti acuti che infrangono)
in ordine sparso a piccoli gruppi andando controcorrente travisati traditi travestiti a manciate
più o meno nello stesso momento più o meno in tutta la città più o meno presentandosi a iosa
con la spranga che bacia il cristallo e lo spacca con boati e gas che disperdono il vento con
sirene lanciate a duecento all'ora in vicoli e strade dove le squadre squadrano le folle e più
o meno le squagliano con estintori fieri della loro potenza e noi più o meno anneghiamo più
o meno all'altezza di quella piazza più o meno all'altezza della piccola pozza di sangue più
o meno dove restano tracce coagulate di rabbia calpestate da cingolati e pneumatici chiodati
allora dove il nero si stempera nel nero dove gli occhi si fanno ciechi dove puoi vedere anche
ciò che non si può guardare più o meno nel momento dello sparo della detonazione del cuore
in frammenti dove c'è il luogo per ribellarsi senza ragione il posto nero dove s'annerisce il
nero dove il nero s'annera di nubi s'infila su per i tubi e fa china dell'acqua e fa nero il volto
nera la bocca i denti nere le labbra nella cianosi decisiva salto al buio oltre l'altro che moriva
(è evidente che si tratta di formazioni infiltrate da carbonio ed anidride e zolfo minate ingrate
di sentimenti a manciate con tettoniche aleatorie di sismi e singhiozzi di discorsi rimasti mozzi)
né c'è paesaggio od orizzonte né indulto e la tolleranza è a zero è tolleranza nera ed avara è
come un respiro incartapecorito e sporco è come un torto protetto e annegato nel nero di seppia
nel nero della greppia povera del morto nel nero esempio nel severo moderarsi dell'assassinio
è come un topo con pelo rosso e occhi blu un topo tutto sporco che striscia e che fugge un topo
mezzo roco che prova a spiegare tra un colpo e l'altro mentre annega negli sputi e prova a dire
la sua a giustificare tra una staffilata e l'altra mentre ormai palpita sul pavimento e si mastica le
viscere un topo nero di grumi e di gridi nero di scuse e bugie nero di tutto e di niente nero che
mente e inganna nero bugiardo nero di botte date di giorno e scontate di notte come dolori o
ferite nere come il coagulo di senso nere più nere piaghe vere che spurgano parole e infettano
le ore mentre il topo fugge veloce si getta in salvo nel mare tutto nero del pensiero squittisce
di rabbia promette vendetta poi scompare oltre l'angolo d'ogni incubo e resta solo la sua ombra
nera mentre si ammanettano i feriti e le fratture sporgono dai cellulari le grida dagli auricolari
(è chiaro che si tratta di ricordi confusi di refusi indotti dal dolore di deliri e sogni di lapsus è lampante che
la verità è nel presupposto e non nella traccia del proiettile che si conficca docile)
e a volerlo contare uno per uno questo morto è un morto che ne vale migliaia un prezzo discount
da pagare senza bisogno di rate o un'offerta speciale da consumare subito in piedi un fast-blood
e se pensi che dietro ogni ferita c'è una famiglia vestita a lutto della gente oscura vestita in nero
che affoga nelle gramaglie del destino nero come una divisa come una maschera un manganello
nero come un pneumatico chiodato mentre stira il cadavere e gli lascia un battistrada come nero
tatuaggio al torace o la canna brunita della pistola che sporge nera come il buco all'altezza dello zigomo
sinistro o il foro d'uscita più piccolo ma nero come un pozzo nero come un alito zozzo
col cadavere da fotografare col cadavere da immortalare abbandonato sull'asfalto nero come le
labbra del morto scure come le ragioni del torto la legittimazione dell'assassinio di chi giustizia
la giustizia e poi si fa la legge e il santo lo gabba lo dribbla l'inganna lo danna e poi lo scanna
ridendo il giorno di festa santificando il suo nome e poi beve fino a notte e rutta d'orgoglio nero
come plotone di stivali e tacchi neri coi lacrimogeni innestati alle palpebre e l'odio alle vertebre
uguali oggi a com'erano ieri uguali oggi a come saranno domani quando in fila e a capo chino
attenderanno lo schianto possente che li spazzerà lo schiaffo rude che ridendo lieto li annienterà
inviata da adriana - 15/7/2008 - 14:16
Maglia gialla
di Riccardo Venturi
Lo vedete il signore con la maglia gialla? Non siamo mica al tour de France, siamo a Genova nel luglio di sette anni fa. Perugini, si chiama quel signore. Faceva il vicequestore. Ai questurini deve piacere chiamarsi con cognomi geografici, Perugini, Calabresi e roba del genere. E piace anche, a questi signori, pestare, bruciare, accanirsi su gente inerme a terra, fare i blitz nelle scuole, prendere la mira e ammazzare ultras nelle aree di servizio, sparare, manganellare. Ah, già, dimenticavo: il capo della polizia che c'è da un po' di tempo si chiama Manganelli. Quando si dice il destino.
Ieri, dicono, c'è stata una "sentenza". Sì, perché in questo paese ci sarebbe ancora chi si aspetta "giustizia" dallo Stato. Cosa di dovrebbe fare, in questi casi? Ridere o piangere? Un "processo" durato anni, dal quale è emerso che sì, a Bolzaneto e alla Diaz è stato tutto uno scherzo. Magari un po' pesante, ma uno scherzo. Ma quale torture! Si chiamano "abusi", casomai. Ma quale "macelleria messicana", tutto è stato ridotto al massimo a un porchettaro sull'Ostiense. E, suvvia, non venitemi a dire che non ve lo aspettavate. Ma cos'altro vi ci vuole, per convincervi che lo stato non processa se stesso, e che, quando finge di farlo, si sa fin dall'inizio come va a finire? Qualche annetto fittizio di galera tanto per dare un po' di belletto, la "procura" che si accontenta ("è stato riconosciuto che qualcosa di grave è avvenuto", all'anima!), gli "avvocati di parte civile" che esultano per i "forti risarcimenti" e perché è stato "riconosciuto l'abuso di autorità".
Di "sentenze" come queste ne abbiamo viste fin troppe, tutte uguali, tutte dello stesso tenore. Nel frattempo continuiamo a vivere nel paese dove i "familiari delle vittime" sono soltanto familiari di certe vittime, quelle buone, quelle sante come –giustappunto- quel commissario Calabresi per cui è stato fatto il francobollo, per cui stata proposta la beatificazione -suprema espressione del connubio inscindibile fra stato e chiesa, fra sbirri terreni e sbirri divini. E giù commossi libri del figliuolo del commissario, già diventati persino audiolibri letti dall'attore di grido. Ci sono poi le vittime che non si possono neppure nominare, quelle senza audiolibri, quelle invisibili. Vittime dello Stato e delle sue forze del disordine. Vittime che "potevano starsene a casa e non gli sarebbe successo niente".
Allora, basterà questo a convincervi a smettere di credere nella "giustizia" dello Stato? Oppure, alla prossima Bolzaneto, alla prossima Venaus, alla prossima Chiaiano ve ne starete sempre lì bel belli a attendere "fiduciosi" il processo, a sentire il procuratore disegnare scenari che tanto saranno cancellati dal "giudice"? Bisognerebbe davvero che vi riascoltaste un genovese, uno che sapeva parlare di giudici. "Oggi un giudice come me lo chiede al potere se può giudicare". E che questi abbiano il cuore troppo vicino al buco del culo, lo si vede sempre più chiaramente. E non importa neppure che siano nani.
Non si aspetti "giustizia" da chi giudica in nome di uno Stato terrorista. Non si deleghi più la propria azione. Si cessi di andare a spararsi in vena illusioni di democrazia a base di voti, partiti, parlamenti, istituzioni: quel che si ha in cambio sono manganelli, bastoni, sangue e morte. Una piazza ripresa vale più di qualsiasi finto processo del potere, delle requisitorie di qualsiasi servo, dei risarcimenti che puzzano di merda insanguinata. Una ribellione qualunque, un'aggregazione spontanea per dire "no", una nuova coscienza civile antitetica alle impronte digitali; questo è l'unico vero risarcimento che si può offrire ai ragazzi e alle ragazze presi a calci dalle maglie gialle, incarcerati, uccisi. Il definitivo rifiuto dello Stato è la definitiva ripresa della vita.
di Riccardo Venturi
Lo vedete il signore con la maglia gialla? Non siamo mica al tour de France, siamo a Genova nel luglio di sette anni fa. Perugini, si chiama quel signore. Faceva il vicequestore. Ai questurini deve piacere chiamarsi con cognomi geografici, Perugini, Calabresi e roba del genere. E piace anche, a questi signori, pestare, bruciare, accanirsi su gente inerme a terra, fare i blitz nelle scuole, prendere la mira e ammazzare ultras nelle aree di servizio, sparare, manganellare. Ah, già, dimenticavo: il capo della polizia che c'è da un po' di tempo si chiama Manganelli. Quando si dice il destino.
Ieri, dicono, c'è stata una "sentenza". Sì, perché in questo paese ci sarebbe ancora chi si aspetta "giustizia" dallo Stato. Cosa di dovrebbe fare, in questi casi? Ridere o piangere? Un "processo" durato anni, dal quale è emerso che sì, a Bolzaneto e alla Diaz è stato tutto uno scherzo. Magari un po' pesante, ma uno scherzo. Ma quale torture! Si chiamano "abusi", casomai. Ma quale "macelleria messicana", tutto è stato ridotto al massimo a un porchettaro sull'Ostiense. E, suvvia, non venitemi a dire che non ve lo aspettavate. Ma cos'altro vi ci vuole, per convincervi che lo stato non processa se stesso, e che, quando finge di farlo, si sa fin dall'inizio come va a finire? Qualche annetto fittizio di galera tanto per dare un po' di belletto, la "procura" che si accontenta ("è stato riconosciuto che qualcosa di grave è avvenuto", all'anima!), gli "avvocati di parte civile" che esultano per i "forti risarcimenti" e perché è stato "riconosciuto l'abuso di autorità".
Di "sentenze" come queste ne abbiamo viste fin troppe, tutte uguali, tutte dello stesso tenore. Nel frattempo continuiamo a vivere nel paese dove i "familiari delle vittime" sono soltanto familiari di certe vittime, quelle buone, quelle sante come –giustappunto- quel commissario Calabresi per cui è stato fatto il francobollo, per cui stata proposta la beatificazione -suprema espressione del connubio inscindibile fra stato e chiesa, fra sbirri terreni e sbirri divini. E giù commossi libri del figliuolo del commissario, già diventati persino audiolibri letti dall'attore di grido. Ci sono poi le vittime che non si possono neppure nominare, quelle senza audiolibri, quelle invisibili. Vittime dello Stato e delle sue forze del disordine. Vittime che "potevano starsene a casa e non gli sarebbe successo niente".
Allora, basterà questo a convincervi a smettere di credere nella "giustizia" dello Stato? Oppure, alla prossima Bolzaneto, alla prossima Venaus, alla prossima Chiaiano ve ne starete sempre lì bel belli a attendere "fiduciosi" il processo, a sentire il procuratore disegnare scenari che tanto saranno cancellati dal "giudice"? Bisognerebbe davvero che vi riascoltaste un genovese, uno che sapeva parlare di giudici. "Oggi un giudice come me lo chiede al potere se può giudicare". E che questi abbiano il cuore troppo vicino al buco del culo, lo si vede sempre più chiaramente. E non importa neppure che siano nani.
Non si aspetti "giustizia" da chi giudica in nome di uno Stato terrorista. Non si deleghi più la propria azione. Si cessi di andare a spararsi in vena illusioni di democrazia a base di voti, partiti, parlamenti, istituzioni: quel che si ha in cambio sono manganelli, bastoni, sangue e morte. Una piazza ripresa vale più di qualsiasi finto processo del potere, delle requisitorie di qualsiasi servo, dei risarcimenti che puzzano di merda insanguinata. Una ribellione qualunque, un'aggregazione spontanea per dire "no", una nuova coscienza civile antitetica alle impronte digitali; questo è l'unico vero risarcimento che si può offrire ai ragazzi e alle ragazze presi a calci dalle maglie gialle, incarcerati, uccisi. Il definitivo rifiuto dello Stato è la definitiva ripresa della vita.
Riccardo Venturi - 15/7/2008 - 14:58
Ieri sera al TG3 Primo Piano, confronto sulla sentenza Bolzaneto tra Nichi Vendola e Alfredo Mantovano.
Il gelido destro ha battuto l'impacciato sinistro per 1 a 0. Alla fine la responsabilità per un assassinio, per i massacri pianificati, indiscriminati e continui effettuati dalla forze del disordine nei giorni di Genova 2001 è ricaduta - indovina un po'? - sul black block...
102 anni di reclusione comminati a 24 manifestanti, con una sola assoluzione e pene singole fino a 11 anni, con il ricorso ad una figura di reato gravissima, la devastazione e saccheggio...
24 anni di reclusione (tutti indultati o prescritti entro pochi mesi) a 15 torturatori in divisa (30 gli assolti) che andrebbero processati e condannati di fronte a qualche tribunale internazionale per gravi violazioni dei diritti umani, visto che il nostro ordinamento non contempla il crimine di tortura...
Queste le proporzioni...
E quando Vendola ha detto che nemmena una delle "mele marce" (accolta la tesi che si sia trattato di poche teste calde e non - come fu - di una generale manifestazione di benvenuto dei camerati in divisa ai propri gerarchi appena insediatisi al Governo), nemmeno uno dei condannati si farà un solo giorno di galera, quella vipera di Mantovano gli ha risposto che AN non votò in favore dell'indulto mentre RC sì... cazzi vostri!
E quell'altro, sudato, allappato e impacciato, se n'è stato zitto...
Che figura! Un altro motivo per non sentire la mancanza di RC in Parlamento...
Il gelido destro ha battuto l'impacciato sinistro per 1 a 0. Alla fine la responsabilità per un assassinio, per i massacri pianificati, indiscriminati e continui effettuati dalla forze del disordine nei giorni di Genova 2001 è ricaduta - indovina un po'? - sul black block...
102 anni di reclusione comminati a 24 manifestanti, con una sola assoluzione e pene singole fino a 11 anni, con il ricorso ad una figura di reato gravissima, la devastazione e saccheggio...
24 anni di reclusione (tutti indultati o prescritti entro pochi mesi) a 15 torturatori in divisa (30 gli assolti) che andrebbero processati e condannati di fronte a qualche tribunale internazionale per gravi violazioni dei diritti umani, visto che il nostro ordinamento non contempla il crimine di tortura...
Queste le proporzioni...
E quando Vendola ha detto che nemmena una delle "mele marce" (accolta la tesi che si sia trattato di poche teste calde e non - come fu - di una generale manifestazione di benvenuto dei camerati in divisa ai propri gerarchi appena insediatisi al Governo), nemmeno uno dei condannati si farà un solo giorno di galera, quella vipera di Mantovano gli ha risposto che AN non votò in favore dell'indulto mentre RC sì... cazzi vostri!
E quell'altro, sudato, allappato e impacciato, se n'è stato zitto...
Che figura! Un altro motivo per non sentire la mancanza di RC in Parlamento...
Alessandro - 16/7/2008 - 09:39
Io lo trovo piuttosto un altro motivo, l'ennesimo, per non sentire la mancanza del "parlamento" e di tutti i personaggini che lo popolano in nome della "democrazia rappresentativa". Ma del resto ho già espresso ampiamente le mie opinioni, e non c'è nessun bisogno di tornarci sopra. Mi astengo anche dall'assistere a dibattiti vari in tivvù, certo delle ciance che vengono ammannite a profusione. Non sono cose che mi attengono. La "sentenza", vorrei ripeterlo, era per me pienamente attesa e attendibile, fin dall'inizio. Non ritengo né utile né coerente scandalizzarsi più di tanto per una cosa più che ovvia. Che ci sia o non ci sia RC, che ci siano o non ci siano i "forchettoni rossi", mi resta del tutto indifferente, non mi provoca nessuna passione. E finché tale cosa non sarà capita e non si tornerà ad uno straccetto di azione diretta, auguro a tutti buona visione degli show televisivi. Saluti. [RV]
Riccardo Venturi - 16/7/2008 - 16:03
Guarda, Riccardo, sono 25 anni che nemmeno guardo la tele... ciò nonostante, sarà anche inutile e incoerente, ma a me mi fa schifo, mi scandalizzo e m'incazzo pure, guarda un po'! E non ti dico il tipo di azioni dirette che mi verrebbero da fare, se solo ne fossi capace, contro gente come Perugini e i suoi camerati del cazzo...
In ogni caso, non credo che ci sia nulla di più indiretto, inutile e incoerente che continuare a postare il mio incazzo su questo sito... torno al mio ruolo di cercatore di mp3 e quanto al rifiuto dello Stato e all'azione diretta speriamo di incontrarci in qualche piazza riconquistata, possibilmente vivi. Saluti
In ogni caso, non credo che ci sia nulla di più indiretto, inutile e incoerente che continuare a postare il mio incazzo su questo sito... torno al mio ruolo di cercatore di mp3 e quanto al rifiuto dello Stato e all'azione diretta speriamo di incontrarci in qualche piazza riconquistata, possibilmente vivi. Saluti
Alessandro - 16/7/2008 - 22:20
Beh, Alessandro, con il mio intervento non intendevo ovviamente tapparti la bocca in alcun modo, tutt'altro. E' solo che non ritengo davvero che ci sia bisogno ulteriormente di incazzarsi per le affermazioni di questa gentaglia, dei Mantovani come dei Castelli; e pensare che al Vendola sarebbe bastato rispondere che per i servi dello stato non c'è bisogno di alcun "indulto", dato che per loro, e da sempre, non un indulto ma l'impunità è garantita da sempre dagli apparati politici e giudiziari. Mi dirai: ah, ma per un uomo delle istituzioni, come è pur sempre Vendola, dire una cosa del genere non sarebbe possibile. Sai il putiferio che avrebbe scatenato, il putiferio che scatena sempre la verità più semplice e per questo più indicibile. Minimo gli sarebbe saltata la poltrona di governatore della Puglia. Ecco, questo è il punto. Fare parte delle istituzioni è essere sempre e comunque essere inseriti nel loro apparato, è essere loro complice. Non si fa nessuna opposizione reale in un parlamento, semplicemente non può esistere. Per definizione. Non si fa opposizione calcolando minoranze e maggioranze, la si fa per la strada, nella propria vita. La si fa agendo, non delegando. Saluti cari.
Riccardo Venturi - 17/7/2008 - 01:16
Non c'è problema... sono d'accordo con te... Però ritengo giusto, dopo quest'ultimo intervento, di ritornare al mio ruolo, anche perchè sennò, se sei costretto sempre a rispondere a cani e porci (e sempre in modo articolato, a volte anche troppo) ma quando ti rimane il tempo per farla 'sta benedetta azione diretta? (scherzo, mi pare che tu abbia energie sufficienti per la diretta e la differita!).
Solo un'ultima cosa su Genova, una cosa che non ho mai detto ma che mi è sempre rimasta sul gozzo...
Tutto vero... sbirri assassini, fanatici fascisti, sospensione dei diritti fondamentali, tortura, figli di puttana, picchiatori di ragazzini, vigliacchi bastardi, stato di polizia, impuniti ecc. ecc.
Però io a Genova c'ero, e ci andai una settimana prima dell'inizio delle manifestazioni... Potei allora vedere crescere giorno dopo giorno la macchina che ci avrebbe stritolato. Mi resi conto subito della partita che si stava per giocare, e che gli avversari avrebbero fatto i peggio falli, anche perchè non c'erano arbitri e guardialinee...
Agnoletto e i suoi, gli organizzatori, parevano non rendersi affatto conto della cosa, impegnati egoticamente in interviste e dibattiti...
Quando arrivai, andai subito ad accreditarmi e mi resi subito conto che non c'era nessun minimo tipo di controllo... un bordello di rare proporzioni dove chiunque poteva infiltrarsi, come infatti successe...
Lasciamo stare poi Casarini e le sue "bellicose" Tute Bianche che andarono allegramente a suicidarsi contro una massicciata della ferrovia... io, se fossi il fantasma di Carlo Giuliani, non andrei solo da Placanica a tirargli i piedi di notte...
Questo per dire che quando i fascisti dilagano non è solo perchè sono forti e impuniti ma anche perchè glielo si lascia fare...
... non dimentichiamo che il 23 agosto 1973, il presidente cileno Salvador Allende nominò capo delle forze armate un generale fedele al Governo: si chiamava Augusto Pinochet.
Saluti
PS Non condivido il tuo coerente "puntiglio" di fornire ad ogni piè sospinto il tuo indirizzo e i tuoi numeri di telefono. Non ce n'è proprio bisogno. Fascisti e baciapile sono notoriamente dei vigliacchi e non c'è proprio bisogno di invitarli anche a casa propria...
Solo un'ultima cosa su Genova, una cosa che non ho mai detto ma che mi è sempre rimasta sul gozzo...
Tutto vero... sbirri assassini, fanatici fascisti, sospensione dei diritti fondamentali, tortura, figli di puttana, picchiatori di ragazzini, vigliacchi bastardi, stato di polizia, impuniti ecc. ecc.
Però io a Genova c'ero, e ci andai una settimana prima dell'inizio delle manifestazioni... Potei allora vedere crescere giorno dopo giorno la macchina che ci avrebbe stritolato. Mi resi conto subito della partita che si stava per giocare, e che gli avversari avrebbero fatto i peggio falli, anche perchè non c'erano arbitri e guardialinee...
Agnoletto e i suoi, gli organizzatori, parevano non rendersi affatto conto della cosa, impegnati egoticamente in interviste e dibattiti...
Quando arrivai, andai subito ad accreditarmi e mi resi subito conto che non c'era nessun minimo tipo di controllo... un bordello di rare proporzioni dove chiunque poteva infiltrarsi, come infatti successe...
Lasciamo stare poi Casarini e le sue "bellicose" Tute Bianche che andarono allegramente a suicidarsi contro una massicciata della ferrovia... io, se fossi il fantasma di Carlo Giuliani, non andrei solo da Placanica a tirargli i piedi di notte...
Questo per dire che quando i fascisti dilagano non è solo perchè sono forti e impuniti ma anche perchè glielo si lascia fare...
... non dimentichiamo che il 23 agosto 1973, il presidente cileno Salvador Allende nominò capo delle forze armate un generale fedele al Governo: si chiamava Augusto Pinochet.
Saluti
PS Non condivido il tuo coerente "puntiglio" di fornire ad ogni piè sospinto il tuo indirizzo e i tuoi numeri di telefono. Non ce n'è proprio bisogno. Fascisti e baciapile sono notoriamente dei vigliacchi e non c'è proprio bisogno di invitarli anche a casa propria...
Alessandro - 17/7/2008 - 08:52
Non ho nessun problema nel rispondere più o meno a chiunque, anche perché ritengo che sia proprio una parte dell'azione diretta che propugno. L'azione diretta non ha nessun limite, nessun paletto. E' nella piazza come in rete, all'interno come all'esterno. Non parlo qui dentro dell'esterno, anche perché di guai ne ho passati e ne sto tuttora passando, in pienissima coscienza; per quanto riguarda l'interno, dare una risposta articolata, o anche troppo articolata come dici, fa semplicemente parte di un insieme. Tutto questo sito, volendo, è un sito di azione diretta; e, senza ovviamente sbrodolarci addosso, ché proprio non è il caso, credo che sia attualmente uno dei pochi in circolazione (e di portata abbastanza vasta) che lo fa. Il tempo lo si prende, basta ad esempio rinunciare a una caterva di cose inutili (tipo guardare la televisione).
Sicuramente hai fatto bene a dire quella certa cosa su Genova che ti sta sul gozzo. Sui signori Agnoletto e Casarin, come dire, sfondi una porta aperta; quei due hanno realmente fatto più danni della grandine. Però anch'io devo dire un'altra cosa necessaria. Non sono tra quelli che condivide il cosiddetto "legalitarismo", è bene dirlo. Con il legalitarismo ad ogni costo si gioca con le regole di lorsignori, regole che andrebbero invece del tutto sovvertite.
"Questo per dire che quando i fascisti dilagano non è solo perchè sono forti e impuniti ma anche perchè glielo si lascia fare..."
(tanto per citarti precisamente e per dare un senso maggiore a quanto ho scritto prima).
Per concludere, posso anche capire la tua non condivisione sul fatto che io fornisca ad ogni piè sospinto i miei recapiti in pubblico. Lo faccio da sempre, e non è da ieri che sto in rete. Ho avuto, sempre in rete, a che fare con personaggi ben peggiori e con luoghi ben più burrascosi di questo. Devo dirti che, finora, mai nessuno non solo si è presentato a casa, ma nemmeno ha alzato la cornetta per telefonarmi. Il mio modo di fare ha questo preciso scopo: mettere del tutto a nudo la codardia totale di questi tizi. Buoni soltanto a vomitare le loro idiozie ben protetti dall'anonimato. Che ne venga uno una buona volta alla porta di casa, poi vi racconterò. Ma tanto non ci viene.
Saluti!
Sicuramente hai fatto bene a dire quella certa cosa su Genova che ti sta sul gozzo. Sui signori Agnoletto e Casarin, come dire, sfondi una porta aperta; quei due hanno realmente fatto più danni della grandine. Però anch'io devo dire un'altra cosa necessaria. Non sono tra quelli che condivide il cosiddetto "legalitarismo", è bene dirlo. Con il legalitarismo ad ogni costo si gioca con le regole di lorsignori, regole che andrebbero invece del tutto sovvertite.
"Questo per dire che quando i fascisti dilagano non è solo perchè sono forti e impuniti ma anche perchè glielo si lascia fare..."
(tanto per citarti precisamente e per dare un senso maggiore a quanto ho scritto prima).
Per concludere, posso anche capire la tua non condivisione sul fatto che io fornisca ad ogni piè sospinto i miei recapiti in pubblico. Lo faccio da sempre, e non è da ieri che sto in rete. Ho avuto, sempre in rete, a che fare con personaggi ben peggiori e con luoghi ben più burrascosi di questo. Devo dirti che, finora, mai nessuno non solo si è presentato a casa, ma nemmeno ha alzato la cornetta per telefonarmi. Il mio modo di fare ha questo preciso scopo: mettere del tutto a nudo la codardia totale di questi tizi. Buoni soltanto a vomitare le loro idiozie ben protetti dall'anonimato. Che ne venga uno una buona volta alla porta di casa, poi vi racconterò. Ma tanto non ci viene.
Saluti!
Riccardo Venturi - 17/7/2008 - 13:57
Allora anche cercare e postare gli mp3 è azione diretta!
Stai attento al prossimo post allora, perchè ho trovato una chiccazza assoluta! E con questo ho esaurito il mio debito di azione diretta per oggi.
Stai attento al prossimo post allora, perchè ho trovato una chiccazza assoluta! E con questo ho esaurito il mio debito di azione diretta per oggi.
Alessandro - 17/7/2008 - 14:55
Benedett'iddìo che non esiste, ma certo che lo è! Lo è come qualsiasi cosa che renda palese una partecipazione. Ben vengano gli mp3, ben venga ogni cosa, ogni granello, ogni chicco di grano. Qualsiasi cosa che contrasti la passività, l'adagiarsi, il dire "tanto non ci si può fare niente". Saluti, Alessandro, e non te la prendere se a volte sembro eccessivamente duro su certe cose. E' semplicemente il mio modo di provare a non cedere. Non dico "non cedere"; dico "provare". Saluti!
Riccardo Venturi - 17/7/2008 - 21:04
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(Lello Voce, Frank Nemola)
Musiche di: Frank Nemola
E con: Frank Nemola - elettronica; Luigi Cinque - sax soprano; Paolo Fresu - tromba; Michael Gross - tromba flicorno; Luca Sanzò - viola
Edizioni: MRF 5 ed. mus.
Fast Blood è la prima operazione di branding letterario e comprende una ’linea’ costituita da un disco di poesia, uno spettacolo multimediale, basato sui testi poetici del libro disco, e un romanzo.
I primi due prodotti sono ormai completi e, mentre lo spettacolo già da qualche tempo gira per i festival di poesia e teatro, il libro-disco di poesia sarà in distribuzione in maggio per MRF Progetti - Absolute Poetry.
Il romanzo, invece, sarà completo entro il 2005, ma già da gennaio 2004 singoli brani sono disponibili in anteprima su questo sito.