galletti senza penne,
minestra in sulle palle.
Aringhe affumiàte,
porpette di patate.
Agnello in friassèa,
Tre crògnoli e una cèa,
patate ner tegame 'olla verdèa,
vorrèi mangià.
Città,
c'era una trattoria fori di mano,
che da Colline mi portò a Sarviano,
chiesi ir menù:
"Ehi lei", con voce grave,
disse: "Sono spiacente,
'e 'un ciò che fave."
Ho pérso ir filobùsse,
mi s'è rotto ir calesse,
la ciùa m'abbortisce.
Ed io senza speranza
me ne vo verso l'Ardenza.
T'imbocco in una via,
c'era una trattoria,
avèo una fame
mi portava via...
Vorèi mangià.
Città,
ma com'è brutto fare la strada a piedi,
specie se ciài una fame 'e nun ci vedi,
e dar Cinghiale andai, dar Torricelli,
vendeva la pulenda, ma cogli uccelli.
Città,
andai ar Bar Sole e presi una brioscia,
la riposai perché era troppo moscia,
ne presi un'artra ed era ma troppo dura,
dissi le mie ragioni,
e mi mandònno a letto addirittura!
envoyé par Riccardo Venturi
(accoglie le Precisazioni di Umberto Cini e di Andrea)
- fagioli 'olle 'otenne = con le cotiche
- minestra in sulle palle: minestra di cavolo verza (o di cavolfiore)
- agnello in friàssea = in fricassea, con una salsa liquida d'uovo e limone.
- crògnole: pescetti da frittura, in italiano latterini
- una cèa: la "cieca", ovvero l'avannotto della anguilla che è una delle specialità della cucina livornese. La sua pesca sarebbe adesso proibitissima (si pescano solo in alcune zone a Bocca d'Arno e sul canale dei Navicelli), ma volendo...
Però sono carissime.
- verdèa: vinello di bassissima gradazione - e qualità: un vino da poveri -fatto ripigiando le uve bianche gia torchiate.
- Colline : quartiere livornese fuori dal centro storico
- Sarviano: Salviano, altro quartiere della periferia sud
- ciùa: ciuca, asina. Quella che tirava il calesse, insomma.
- Ardenza: altro quartiere livornese, "di terra" (la parte che non dà sul litorale) e "di mare". Adesso ci sorge lo stadio del Livorno, l' "Armando Picchi".
- Dar Cinghiale, dar Torricelli: bar e caffè storico livornese, ancora esistente (seppure rinnovato molto "trendy", ohimé) in via Grande. La sua insegna storica era un cinghiale.
- polenda, ma cogli uccelli: non si tratta ovviamente della "polenta e osei", ma di polenta con le fave ("uccelli").
- Bar Sole: altro bar storico livornese.
- moscio: molle
- mi mandònno a letto: mi mandarono a letto, cioè a quel paese.
Riccardo Venturi
1) La cèa avannotto della razza? O quella? La cèa è l'anguilla piccina, la sanno tutti.
2) le crognole non esistono, a maggior ragione non sono granchi. Esistono invece i crognoli, pescetti da frittura, in italiano latterini.
3) "vorèi mangià" si dice a Lucca, dove l'erre è sempre scempia. A Livorno s'arrota e anche di molto, dunque dicasi: "vorrei mangià".
4) "Chiesi il menù / "ehi lei!", con voce grave" nella versione da me udita è "Chiesi 'r menù / ma lei [intendasi: l'ostessa] con voce grave"
5) "vendeva la polenda / ma cogli uccelli" nella versione da me udita è: "vendeva la pulenda [qui netta pausa con suspence] / coll'uccelli". I quali dubito siano grumi, li vedo piuttosto come una ripresa delle fave di poc'anzi.
6) "ne presi un'altra ed era ma troppo dura" nella versione da me udita è "ne presi 'n'artra ma era dura dura".
7) La verdèa non è una salsa verde, ma un vinello di bassissima gradazione - e qualità: un vino da poveri -fatto ripigiando le uve bianche gia torchiate. Un paio di vinai dell'Origine ogni tanto ce l'hanno ancora.
8) Il Torricelli ha chiuso da quer dì. Magari ci s'avesse ancora, sia pure trendy!
La versione che conosco io la cantavano trent'anni fa dei portuali. Una simile la si trova nell'elle pi "O porto di Livorno traditore"
Grazie comunque per l'impegno,
Umberto di Livorno, momentaneamente a Roma
(Umberto Cini)
Rind an’ beans in tomato sauce,
plucked roast chickens,
egg knodel soup.
Smoked kippers,
potato balls.
Lamb in thick lemon sauce,
three crabs an’ skate fries
cooked potatoes with green sauce…
Longin’ for food!
My town,
there was a meal house just outa han’,
a pretty walk from Colline to Salviano
asked for the menu,
the cook came and told me
“Fella, I’, very sorry,
haven’t but broad beans.”
I missed the trolleybus,
my gig went broken down,
my donkey’s slippin’.
And I, fully hopeless
am bound for Ardenza.
I turned into a street,
there was a meal house,
I was so hungry
an’ about to go mad
longin’ for food…
My town,
it sucks so much to have to walk
when you’re as hungry as a horse
landed to Torricelli’s Wildboar bar,
they had polenta, yeah, but it was rancid.
My town,
went to Sun Bar and asked for a brioche,
put it aside cuz it was too flabby,
was given another one, it was too hard
I explained my reasons,
and they plainly sent me to hell!
Ελληνική απόδοση από το Ριχάρδο Βεντούρη
Φασόλια με πέτσα,
μαδημένα κοτόπουλα,
σούπα με κεφτεδάκια.
Καπνιστές ρέγγες,
κεφτέδες με πατάτες.
Αρνάκι αυγολέμονο,
τρεις κάβουρες κι ένα ψαράκι
τηγανιτές πατάτες κι άσπρο κρασί,
λαχταρώ φαΐ...
Πόλη μου,
υρήρξε μια ταβέρνα στα προάστια
που μου 'φερε από Κολλίνε στο Σαλβιάνο,
ζήτησα το μενού·
“Συγνώμη, κύριε”
μου είπε με σοβαρή φωνή,
“ 'Εχω μόνο φάβα.”
'Εχασα το λεωφορείο,
μου 'σπασαν τ'αμαξάκι,
η γαϊδάρα μου αποβάλλει.
Κι εγώ χωρίς ελπίδα
πηγαίνω στην Αρντέντσα.
Παίρνω μίαν οδό,
ύρηρχε μια ταβέρνα,
επέθαινα απ'την πείνα
κι από ασιτία,
λαχταρώ φαΐ...
Πόλη μου,
τι είναι βαρύ να κάνεις το δρόμο με τα πόδια
ειδικά αν πεθαίνεις από ασιτία
και πήγα στον “Κάπρο”, στον Τορριτρσέλλι,
πούλησε πολέντα, αλλά με γρόμπους.
Πόλη μου,
πήγα στο μπαρ Σόλε και πήρα ένα μπριος,
το αρνήθηκα, ήταν πάρα πολύ χαλαρό
και πήρα άλλο, μα ήταν πάρα πολύ σκληρό,
είπα τις σκέψεις μου,
κι αυτοί μ'έστειλαν στο διάολο, σοβαρά!
madhimèna kotòpula
supa me kieftedhàkia.
Kapnistès rènghies,
kieftèdhes me patàtes.
Arnaki avgholèmono,
tris kàvures ki ena psaraki,
tighanitès patàtes ki aspro krasì,
lahtarò faì...
Pògli mu,
ipirxe mgnà taverna sta proàstia
pu mùfere apò Colline sto Salviano,
zìtissa to menù,
“Sighnòmi kirie”,
mu ipe me sovarì fognì,
“Eho mono fava.”
Èhassa to leoforìo,
mù spassan t'amaxaki,
i ghaidhara mou apovàgli.
Ki eghò horìs elpìdha
piyeno stin Ardenza.
Perno mìan odhò,
ipìrxe mgna taverna,
epèthena ap'tim bina
ki apo asitìa,
lahtarò faì...
Pògli mu,
ti ine varì na kàgnis to dhromo me ta podhia
idhikà am bethègnis apò asitìa
kie pigha ston “Gapro”, ston Torricelli,
pùglisse polenda, alà me ghròmbus.
Pògli mu,
pigha sto bar Sole kie pira ena briòs,
to argnìthika, ìtan para poglì halarò
kie pira alo, ma ìtan para poglì sklirò,
ipa tis skièpsis mu,
ki aftì m'èstilan sto dhiàolo, sovarà!
Riccardo Venturi - 7/7/2009 - 16:44
Nel 1984 per Fonè è stato inciso un diisco dagli unici ancora in vita della compagnia Beppe Danese, Tina Andrei, Sandro Andreini e mio nonno appunto, che raccoglie tutte le canzoni dello spettacolo andato in scena per la prima volta nel 1974. Nel CD si trovano diverse canzoni di protesta contro la guerra, sopratutto della rivoluzione del 1849, quando Livorno unica in Toscana, non si arrese agli Austriaci venendo assediata per molto tempo.
Nel CD sono presenti sia i testi che molte note biografiche relative alle origini delle canzoni.
Se siete interessati posso fornirvi il supporto.
Le precisazioni di Umberto sono perfette, e il Torricelli effettivamente a chiuso da quer dì.
Saluti
Daniele Cuoco - 4/7/2007 - 21:37
edika@edika.it
Daniele Cuoco - 4/7/2007 - 22:56
Riporto il breve articolo che il giornale le ha dedicato.
"Caterina Bueno, ambasciatrice della musica popolare toscana nel mondo, è morta ieri all'età di 62 anni. Voce straordinaria, la Bueno ha raccolto sul campo testi e musiche di contadini e lavoratori stagionali, facendoli conoscere al grande pubblico. Un repertorio che spazia dai canti di osteria agli stornelli, dai lamenti carcerari alle filastrocche. «La sua lunga attività artistica - ha ricordato il sindaco di Firenze, Leonardo Domenici - è stata intensamente permeata da un indomito impegno civile e politico. Nelle sue canzoni si ritrovano quei valori di pace, giustizia, riscatto sociale, che caratterizzano la sua ricerca». Una vita per la musica, a maggio Firenze l'aveva già premiata con il "Fiorino d'Oro". «Un gesto di riconoscenza e di affetto - ha aggiunto Domenici - nei confronti di una grande artista rimasta per sempre legata alla sua città».
Renato Stecca - 17/7/2007 - 16:13
Io abito a Gorizia quindi anche se fossero in commercio non si trovano nei negozi di questa città. Mi ritrovo a malapena 3 o 4 45 giri di Gino Lena & compagnia della commedia in vernacolo, ormai stravecchi, pazienza, se c'è qualcuno che dei ricordi di Coteto e degli anni 50, stranamente nessuna notizia di quel quartiere abitato da circa 250 famiglie.
Un salutone e grazie per il sito.
il mio indirizzo è rispla2@virgilio.it
Valter Lauri Gorizia
Valter Lauri - 25/12/2007 - 15:09
Speriamo che la vita ti riporti a Livorno, prima o poi. Boia dé.
Riccardo Venturi - 25/12/2007 - 22:59
é un pelo che me lo 'hiedo anch'io, cosa ci fo' qui, tu sapessi che nostalgia...comunque non sono solo, ne conosco anche altri livornesi che abitano a Gorizia, ci saremo piovuti in qualche modo, la vita ci porta dove meno ce lo aspettiamo e molte volte è quasi impossibile (per via dei figlioli, gli affetti) ritornare nella propria terra. Non sono Livornese io sono nato a Firenze, ma avevo solo 6 mesi quando da sfollati siamo venuti a Livorno io sono del '44 e poi Via del Leone, Borgo Cappuccini, Scali delle Macine (Villa Triste era chiamata l'agglomerato di famiglie, sfrattate o senza una casa) Coteto insomma ho girato un pò tutta Livorno nei 16 anni che ci ho vissuto. I più belli della mia vita anche se pieni zeppi di povertà. Ti ringrazio Riccardo per l'attenzione che mi hai riservato e ti auguro di tutto cuore tante cose, tutte quelle che vorresti ma più che altro quella cosa che solo tu sai vorresti si avverasse, io non la conosco ma tu si. Un forte abbraccio Di cuore come solo iLivornesi nel cuore sanno darsi Valter Lauri da Gorizia
Valter Lauri - 29/12/2007 - 18:38
Deh a legge la traduzione.... e mi son sentito male, poi meno male e mi sono ripreso con la correzione (non der ponce è!).
Grazie per la citazione di eventi a me (noi) cari appartenenti si al nostro passato ma presenti sempre nei nostri cuori. Spesso navigando la rete sento forte il desiderio di trovare immagini della mia Livorno farne una raccolta non per possedere ma per condividere.
L'altra sera sono stato a teatro alla Goldonetta qui a Livorno, c'era "Gli Sfollati" mi sono divertito da matti, certi "SFONDONI", ad un tratto hanno trasmesso un filmato dei bombardamenti (Questo c'è anche su internet) ma alcune sequenze non le trovo, magari se sapete dove le posso scaricare mi fareste contento :-) grazie un augurio di Buon Anno Claudio Tonci
Claudio Tonci - 31/12/2007 - 04:26
Antonella Puccinelli - 6/3/2008 - 00:34
Per verdea non si intende la salsa verde ma un vino bianco dolciastro molto in uso nelle nostre terre livornesi e ormai diventato kuasi una rarità.
Puccinelli Antonella - 14/1/2009 - 15:27
Però, per favore, nelle nostre terre livornesi "quasi" si scrive ancora con la "Q" !
CCG/AWS Staff - 14/1/2009 - 15:54
Riccardo Venturi - 14/1/2009 - 16:11
Viviano Citi - 6/7/2009 - 14:43
Riccardo Venturi - 6/7/2009 - 15:47
Quanti ricordi! O porto di Livorno traditore!
Mario Galasso - 12/5/2010 - 21:10
Fu per questo motivo che io non andai più a trovarla a casa sua. Ma ricordo anche delle pietre scolpite, dei rospi che servivano da fermaporta. O di tante altre cose private che non sto qui a scrivere. Ormai Caterina è morta ed io non so quando la seguirò per cantare ancora con lei le nostre canzoni.
Mario Galasso - 12/5/2010 - 21:20
Sul vostro bel sito ho letto dei personaggi caratteristici che hanno segnato un epoca.
Certo che ci ricordiamo tutti della Izzeri di Mario del riovero ed altri.
Ma chi sapeva che il ciccione sempre in pantaloncini che spingeva un carretto da cenciaio era il figliolo della Izzeri ?
E chi di noi maschietti non è stato oggetto delle pericolose e turpi attenzioni di Mario la fioraia ?
Chi di noi non ha conosciuto beppe il gelataio col triclico ?
Oppure i ciuini ?
Tanti saluti bella Livorno
per ora ciò da ffà, ma verrò presto.
Livornese foravia
Vincenzo Inghilleri - 19/7/2010 - 13:54
Ringrazio tutti per queste belle pagine e invito a collaborare alla rivista TOSCANA FOLK, che esce ormai solo per gli associati, Alessandro Bencistà Presidente del Centro Studi Tradizioni Popolari Toscane, fondatore e direttore di TF. Per altre notizie www.toscanafolk.it
Alessandro Bencistà - 16/4/2011 - 23:33
CATERINA
Dall’album “Titanic” del 1982.
E arrivò il mattino e col mattino un angelo
e quell'angelo eri tu
con due spalle da uccellino in un vestito troppo piccolo
e con gli occhi ancora blu
e la chitarra veramente la suonavi molto male
però quando cantavi mi sembrava Carnevale
e una bottiglia ci bastava per un pomeriggio intero
a raccontarlo oggi non sembra neanche vero.
E la vita Caterina lo sai non è comoda per nessuno
quando vuoi gustare fino in fondo tutto il suo profumo
devi rischiare la notte il vino e la malinconia
la solitudine e le valigie di un amore che vola via
e cinquecento catenelle che si spezzano in un secondo (*)
non ti bastano per piangere le lacrime di tutto il mondo
chissà se in quei momenti ti ricordi della mia faccia
quando la notte scende e ti si gelano le braccia.
Ma se soltanto per un attimo potessi averti accanto
forse non ti direi niente ma ti guarderei soltanto
chissà se giochi ancora con il riccioli sull'orecchio
o se guardandomi negli occhi mi troveresti un po' più vecchio
e quanti mascalzoni hai conosciuto e quanta gente
e quante volte hai chiesto aiuto ma non ti è servito a niente
Caterina questa tua canzone la vorrei veder volare
per i tetti di Firenze per poterti conquistare.
Nota:
(*) Riferimento a “E cinquecento catenelle d'oro”, antico canto nuziale toscano interpretato dalla Bueno e presente nel suo album di esordio del 1968 intitolato “La veglia”.
Bartleby - 22/6/2011 - 15:22
claudia - 26/3/2012 - 22:10
Lorenzo - 26/3/2012 - 22:20
antonella puccinelli - 18/9/2013 - 00:48
Grazie ancora..
Valeria Casini - 4/2/2014 - 12:27
Giacomo
Giacomo - 17/9/2018 - 23:48
La polenta credo proprio che fosse con gli uccelli, ma il fatto è che per il nostro povero affamato non ci sono più né polenta né uccelli. Io il racconto della canzone me lo sono sempre figurato così: un pover uomo lacero e polverso che si aggira tra le macerie con la pancia vuota. Sul filo del ricordo la fame lo porta in tutti quei luoghi dove si abbuffava prima della guerra. Torricelli vendeva la polenta sì, ma prima di essere sbriciolato dalle bombe, come il resto della città. Il verso di apertura della seconda, quarta e quinta strofa, "Città, va cantanto prolungando la "a" per staziante rimpianto di quel che si va cercando e che non c'è più. Solo la trattoria di Salviano non è città, e infatti all'oste è rimasto qualcosa: le fave, coltura prediletta di quei di Salviano, che ricordo, fino a non molti anni fa era località rinomata per la sagra del baccello, cioè della fava. Sul perché il bar Sole in piazza Grande abbia ancora una briosca, per quanto moscia, è un vero mistero: sospetto che serva solo per richiamare la filastrocca popolare (la cantava anche Caterina Bueno, mi pare):
Domani è festa
si mangia la minestra;
la minestra non mi piace,
si mangia pane e brace
la brace è troppo nera,
si mangia pane e pera
la pera è troppo bianca,
si mangia pane e panca
la panca è troppo dura,
si va a letto addirittura.
Comunque, Riccardo... questo sito è bellissimo.
Un altro espatriato di Coteto
Andrea - 8/12/2020 - 23:08
Riccardo Venturi - 9/12/2020 - 06:07
Approfittando del commento di Andrea, ho fatto una cosa che, secondo me, andava fatta da tempo relativamente a questa pagina oramai di lunghissima data (risale al 2004; da far notare, che in questo sito di oltre 33.000 canzoni, reca il numero 749...quasi preistoria).
Vale a dire: ho riportato la canzone, e la sua pagina, al suo autore, Attilio Fantolini. E mi sembra semplicemente doveroso, aggiungendo anche un po' di (scarsa) iconografia, quella disponibile in Rete, e modificando un po' l'introduzione (e riportandovi il commento di Daniele Cuoco, nipote di Attilio Fantolini, che in pratica ha stabilito la vera origine di questa canzone). Curioso il fatto che Attilio Fantolini (stando a quanto riportato nell'articolo del Tirreno che forma la sua biografia in questa pagina) dovrebbe essere scomparso proprio nel 2004: cioè il medesimo anno in cui cominciava questa pagina). E forse, chissà, anche un pochino a questa pagina.
Non ce ne vorrà l'animaccia meravigliosa di Caterina Bueno se le è stata tolta questa canzone; specificando, naturalmente, che se è stata fatta conoscere un po' più in là di Coteto, Salviano e Sciangài, lo si deve senz'altro a lei e quei "Canti di Maremma e d'Anarchia" che incise nel 1997 per la rivista "Avvenimenti".
Nel corso degli anni, fra interpretazioni di verdee, crognoli e minestra sulle palle, traduzioni persino in greco, livornesi foravìa, elbani e tant'altre cose, ne mancava appunto solo una: ridare a Attilio Fantolini quel che gli spettava. Voless'Iddìo (anche se non esiste) che si possano ricuperare altre sue cose, e magari anche altre sue immagini.
In ultimo, un piccolo aneddoto personale e recente. Risale alla già coviddosa estate der dumilavénti, trovandomi assieme alla mia compagna sulla spiaggia del Seccheto, all'Elba. Accanto all'ombrellone, c'era una simpatica congrega di persone di mezz'età, uomini e donne, che ascoltavano canzoni dallo smartòfono (o vociòfono che dir si voglia). Io perso nelle parole crociate, come mio solito. A un certo punto la mia compagna (che è di Piacenza) si è accorta che dal vociòfono in questione proveniva...indovinate cosa? Fagioli 'olle 'otenne. M'ha fatto: Riccardo...senti un po' che c'è...al che non ho fatto discorsi: mi sono alzato, mi sono avvicinato a quelle persone e ho cominciato a cantare la canzone insieme al vociòfono.
S'è poi venuto a sapere che quelle persone facevano parte di una piccola corale dell'empolese, e che Fagioli 'olle 'otenne faceva parte del repertorio: infatti, nella registrazione la cantavano loro, non Caterina Bueno o De' Soda Sisters. Gli ho domandato dove la avessero presa, e m'hanno detto: "Da un sito grosso di canzoni...come si chiamava?..." "Per caso...Canzoni contro la guerra?" "Ecco, quello!". Poi m'hanno chiesto a me come mai la conoscevo a memoria, e la corale dell'empolese s'è ritrovata di fronte non a uno, bensì a due "admin" del sito da dove la avevano presa. Quando si dicono le coincidenze!
(E se per caso ci leggessero quelle persone...e anche se non ci siamo mai più rivisti e chissà se succederà ancora, sappiano che non le ho scordate).
Riccardo Venturi - 9/12/2020 - 08:41
B.B. - 9/12/2020 - 11:24
Lorenzo - 9/12/2020 - 11:47
CCG Staff - 11/12/2020 - 13:16
PS. Ora 'un resta 'e un mistero da risòrve'...comemmài Tina Andrei doventa "Tina Andrey" 'oll'iggrèa ner disco Fonè...!
Riccardo Venturi - 11/12/2020 - 13:53
CCG Staff - 11/12/2020 - 18:18
Scritta da Attilio Fantolini (con alcuni amici)
Written by Attilio Fantolini (with some friends)
Composée par Attilio Fantolini (avec des amis à lui)
Spettacolo / Spectacle: "O porto di Livorno traditore" [1974]
Album / Albumi: "O porto di Livorno traditore" [Fonè, 1984]
Interpretata e incisa anche da / Also performed and recorded by / Interprétée et enregistrée aussi par:
Caterina Bueno
In: Canti di Maremma e d'Anarchia
Album allegato e pubblicato dalla rivista "Avvenimenti" [1997]
E da / And also by / Et aussi par:
De' Soda Sisters
Nel CD sono presenti sia i testi che molte note biografiche relative alle origini delle canzoni.
Se siete interessati posso fornirvi il supporto.
Le precisazioni di Umberto sono perfette, e il Torricelli effettivamente ha chiuso da quer dì."
Daniele Cuoco
Ma non ci sono solo le canzoni "nella" guerra o contro la guerra; esistono anche le canzoni del dopoguerra. E il dopoguerra, a Livorno, fu forse anche più terribile della guerra. La città ridotta in macerie era alla fame più nera, e vi rimase per lunghi anni (solo nel 1952 fu completato lo sminamento della cosiddetta "Zona nera", tra piazza Grande e il porto, dove nessuno poteva mettere piede).
Ed è questa, appunto, una canzone di fame. Una canzone degli effetti di una guerra che ha distrutto ogni cosa.
Ma nel pieno spirito livornese, del quale, da livornese, non sto neanche a parlarvi. Se lo volete capire meglio, leggete magari le traduzioni in livornese che ho fatto di alcune canzoni (di Bruce Springsteen e dei Rage against the Machine).
Ma non c'è più niente.
Mi viene quasi a mente un ristorante di Mostar, dove avevo mangiato delle cose favolose l'anno prima dell'inizio delle guerre jugoslave. Quando tornai a Mostar, durante la guerra come interprete per delle spedizioni umanitarie, al posto del ristorante (che sorgeva vicino al famoso Ponte poi fatto saltare e recentemente ricostruito) c'era un cratere.
E quindi, fame, fame e ancora fame.
Una delle cose lasciate da una guerra.
Fame di cui si parla in questa canzone apparentemente scherzosa, perdipiù su una melodia da finta canzone spagnola che farebbe ridere quasi senza parole, ci manca solo l'"olé" finale. Si scherzava, a Livorno, per non morire di fame.
E poi si moriva lo stesso di fame e denutrizione.
Questo per anni e anni.
Al momento di inserire la canzone nel sito (nel lontano 2004: questa pagina ha sedici anni, fra poco è maggiorenne...) così avevo scritto:
Nella lunga vita di questa pagina, poi s'è saputo che la canzone non era affatto anonima (anche se sulla sua anima di canzone popolare nel senso più autentico del termine non ci sono comunque dubbi), che aveva un autore (e forse un gruppo di autori...), che era stata incisa in album ancor prima di quei "Canti di Maremma e d'Anarchia" di Caterina Bueno, il cd allegato nel 1997 alla defunta rivista "Avvenimenti". Di tutto questo è stato naturalmente reso conto.
In commento inserisco un piccolo "glossario" ad uso dei non livornesi e dei non toscani. Una traduzione intera non è necessaria, ma alcuni termini potrebbero risultare decisamente ostici.
Riccardo Venturi.
Parody of an old tango of unknown origin, with lyrics attributed to Attilio Fantolini. The post war period in Livorno, a city half destroyed by the war, was a hungry time for its people who wandered the streets in search of food. The city's various quarters are mentioned together with famous, now closed, local taverns which served typical Livornese dishes (whose names often have a comic double meaning).
(dalle note di copertina del disco "Sopra i tetti di Firenze" omaggio a Caterina Bueno, di Riccardo Tesi & Maurizio Geri)