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Ninna nanna del fabbricante d'armi

Michele Serra
Langue: italien


Michele Serra

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Musicata da Gualtiero Bertelli

Finché c’è guerra c’è speranza di Alberto Sordi, 1974
Dormi bambina bionda
che il tuo papà ti culla
e il sonno è come un'onda
che non si pensa a nulla.

La guerra si consola
nel buio della stanza
e il fatturato vola
nel cielo di Brianza.

Coi soldi della bomba
ti comprerò la Barbie
con quelli del tritolo
il pupazzo di Sgarbie.

Dormi, che la paura
è solo un brutto sogno
e finché il mondo dura
non cala il fabbisogno.

Dormi, capolavoro
del mondo che lavora
ho fatto la mia bimba
disfando quelle altrui,

Dormi e non dire niente
abbraccia il tuo pupazzo
che i bambini d'oriente
dormono già da un pezzo.

envoyé par Riccardo Venturi



Langue: italien

Versione di Gualtiero Bertelli
NINNA NANNA DEL COSTRUTTORE D'ARMI

Dormi, bambina bionda,
che il tuo papà ti culla,
il sonno è come un'onda
che non si pensa a nulla..
La guerra si consola
nel buio della stanza
e il fatturato vola
sul cielo di Brianza.
Coi soldi della bomba
ti comprerò la Barbie,
con quelli del tritolo
il pupazzo di Sgarbi..
Dormi, bambina bionda,
che il tuo papà ti culla,
il sonno è come un'onda
che non si pensa a nulla.

Ninna oh, Nanna oh
questa bomba a chi la do?

Dormi, bambina bella,
riposati tranquilla,
che niente ti disturba
in questa bella villa..
Dormi, che la paura
è solo un brutto sogno
e finché il mondo dura
non cala il fabbisogno
di bombe e di cannoni
di mine e carrarmati..
Ti compro un puffo d'oro
coi soldi guadagnati
Dormi, bambina bella,
riposati tranquilla,
che niente ti disturba
in questa bella villa..

Ninna oh, Nanna oh
questo mitra a chi lo do?

Dormi e non dire niente
abbraccia il tuo pupazzo
che i bimbi dell'oriente
già dormono da un pezzo..
Dormi, capolavoro
del mondo del lavoro,
ho fatto la mia bimba
disfando quella loro..
Ho fatto la mia bimba
al suono dei violini
disfò quelle di altri
col tuono dei fucili
Dormi e non dire niente,
abbraccia il tuo pupazzo
che i bimbi dell'oriente
già "dormono" da un pezzo..

Ninna oh, Nanna oh
questo cannone a chi lo do?

Ninna oh, Nanna oh
questo cannone a chi lo do…

envoyé par giorgio - 6/3/2013 - 09:20


Armi contro la crisi - L’Italia segna +220%
Boom del settore, nel 2008 autorizzate vendite per 4,3 miliardi

di Raphael Zanotti
da La Stampa del 14 aprile 2009

L’Italia ripudia la guerra, è scritto nella Costituzione. Eppure, di armi italiane, è pieno il mondo. L’Italia vende un po’ a tutti. Paesi belligeranti compresi. Un comparto che non conosce crisi, flessioni. Nel 2008 il volume d’affari è cresciuto del 222% rispetto all’anno precedente, con le transazioni bancarie schizzate da 1.329.810.000 a 4.285.010.000. Scrive la Presidenza del Consiglio nel suo ultimo rapporto sulle esportazioni, importazioni e transito dei materiali d’armamento: «Tale comparto rappresenta un patrimonio tecnologico, produttivo e occupazionale non trascurabile per l’economia del Paese». L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, è anche scritto nella Costituzione. Il maggior acquirente di armi italiane è la Turchia, programmi intergovernativi eslcusi. Le imprese italiane hanno ottenuto dal governo 11 autorizzazioni a stringere affari con Ankara. Si tratta del 35,86% del totale, per un valore di 1092 milioni di euro (quattro volte il Regno Unito, al secondo posto con 254 milioni). Il primato della Turchia è dovuto all’acquisto di elicotteri da combattimento dell’Augusta che saranno utilizzati, secondo il ministro della Difesa turco, per «ricognizione tattica e attacco bellico».

La Turchia non rientra nell’elenco dei Paesi per cui vige un embargo Onu o Ue. Non è considerato Paese in conflitto o dove si verificano gravi violazioni dei diritti umani. Eppure, per Amnesty International, non è così. A dicembre 2007 le forze armate turche hanno effettuato operazioni militari nell’Iraq settentrionale alla ricerca di basi del Pkk. Attentati a Smirne, nel distretto di Ulus ad Ankara e a Sirnak hanno provocato numerosi morti. Condanne e omicidi per chi parla di «Kurdistan» o «denigra l’identità turca». Una guerra a bassa intensità, che va avanti da anni. Esclusa dalla lista nera anche la Cina, a cui l’Italia ha venduto apparecchiature elettroniche per 147.000 euro. Le sentenze di morte emesse quell’anno da Pechino sono state 1860, di cui 470 eseguite. La repressione di tibetani, uiguri e mongoli non si è allentata. Fuori lista anche l’India che da 50 anni combatte con il Pakistan per il controllo del Kashmir. Passati sotto silenzio i 179 morti dell’attentato a Mumbai e i movimenti di decine di migliaia di uomini sul confine, Delhi risulta il miglior partner economico per l’industria armiera italiana tra i Paesi non Ue. Armi di grosso calibro, munizioni, bombe, missili, apparecchiature per la direzione del tiro, navi da guerra, aerei, apparecchiature elettroniche, software e tecnologia: in tutto sono state autorizzate esportazioni per quasi 173 milioni di euro. Ma se la guerra non c’è, perché non vendere armi anche al «rivale»?

Il Pakistan ha così acquistato da noi apparecchiature per la direzione del tiro, veicoli terrestri, navi da guerra, aerei e apparecchiature elettroniche per 30 milioni. Anche Israele è «esente» da conflitti. Vendiamo così a Tel Aviv aerei, sistemi d’arma a energia diretta, software e tecnologia per 1,9 milioni. Fra i clienti non abbiamo Palestina, Iraq o Iran, ma la Siria compra da noi i suoi sistemi di puntamento per 2,8 milioni. Trovare nuovi clienti non sembra difficile. A febbraio 2008 una fiammata investe i Balcani. Il premier Hashim Thaci proclama l’indipendenza del Kosovo. Il Capo di Stato serbo Boris Tadic dichiara: «La Serbia non riconoscerà mai l’indipendenza del Kosovo». Quell’anno l’Italia vende al neonato Stato balcanico agenti tossici, chimici o biologici, gas lacrimogeni e materiali radioattivi. Alla Serbia apparecchiature elettroniche per quasi 7 milioni di euro. Altre zone calde dove sono presenti armi italiane sono la Nigeria (aerei e tecnologia, 60 milioni di euro), il Kenia delle violenze elettorali tra Pnu e Odm (navi da guerra e apparecchiature elettroniche, 21 milioni), il Messico dei 2500 morti all’anno delle organizzazioni criminali (armi leggere e armi pesanti, 10 milioni), il Vietnam (apparecchiature elettroniche, 108 mila euro). Un mercato che tira e non solo nelle aree del mondo a rischio. I programmi intergovernativi hanno registrato un incremento del 45% tra il 2007 e il 2008 passando da un valore di 1846 a 2689 milioni di euro. Il segmento copre ormai il 65% dell’intero comparto italiano ed è sempre più difficile da controllare. Quest’anno, dal rapporto, è sparito l’elenco delle banche attraverso cui passavano le transazioni finanziarie per la compravendita di armamenti.

Alessandro - 14/4/2009 - 15:21


Per la guerra i soldi non mancano

I nuovi caccia F-35 costeranno 13 miliardi

da Peaceroperter del 14 aprile 2009

Due giorni dopo il terremoto in Abruzzo, le Commissioni Difesa di Senato e Camera hanno espresso parere favorevole (con l'astensione dei commissari del Pd) sul piano governativo per l'acquisto di 131 caccia-bombardieri F-35 e per l'ampliamento della base aerea di Cameri (Novara) dove i velivoli verranno assemblati.
Un piano di riarmo che in diciotto anni ci costerà oltre 17 miliardi di dollari, pari a 13 miliardi di euro.
Una spesa enorme "a cui si farà fronte - si legge nel documento della Commissione camerale - attraverso risorse già individuate nell'ambito delle disponibilità dello stato di previsione del Ministero della Difesa nonché attingendo ad altre fonti di finanziamento".
Non è previsto nessun esame in aula.
Vi riproponiamo l'articolo che PeaceReporter aveva pubblicato appena appresa l'esistenza di questo piano.

26 marzo 2009 - Entro il 16 aprile le commissioni Difesa di Camera e Senato dovranno esprimersi sul programma di riarmo aeronautico presentato dal ministro della Difesa Ignazio La Russa, che prevede l'acquisto di 131 caccia-bombardieri da attacco F-35 Lightning II nell'arco dei prossimi diciotto anni. Spesa complessiva: oltre 13 miliardi di euro. Velivoli 'stealth' di quinta generazione che dal 2014 dovrebbero progressivamente sostituire tutta la flotta aerea d'attacco italiana, attualmente composta dai Tornado e dagli Amx dell'Aeronautica e dagli Harrier-II della Marina. Sessantanove F-35A a decollo convenzionale verrebbero destinati alle forze aeree, mentre sessantadue F-35B a decollo rapido o verticale andrebbero a finire sui ponti delle portaerei 'Garbaldi' e 'Cavour'.

Per le missioni all'estero. Nei mesi scorsi il capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Vincenzo Camporini, aveva definito l'acquisizione degli F-35 "assolutamente vitale per la difesa" del nostro Paese.
In realtà, per la 'difesa' propriamente detta dello spazio aereo italiano sono già stati spesi oltre 7 miliardi di euro per l'acquisto di 121 caccia Eurofighter in sostituzione dei vecchi F-104.
Pur definendo il programma come "destinato alla difesa nazionale", il testo che il ministro La Russa ha sottoposto alle commissioni parlamentari - e di cui PeaceReporter ha ottenuto copia - enuncia chiaramente la destinazione d'impiego degli F-35 "nelle missioni internazionali a salvaguardia della pace" in virtù della loro "spiccata capacità di impiego fuori area".

Un affare per Finmeccanica. I caccia F-35 sono il frutto del programma di riarmo internazionale Joint Strike Fighter (Jsf) lanciato dagli Stati Uniti a metà degli anni '90, al quale hanno aderito molti Paesi alleati, tra cui l'Italia nel 1996 con il primo governo Prodi (adesione confermata nel 1998 dal governo D'Alema e nel 2002 dal secondo governo Berlusconi). Il nostro Paese partecipa al consorzio industriale Jsf - guidato dalla statunitense Lockheed Martin - tramite l'Alenia, l'azienda aeronautica del gruppo Finmeccanica. Lo stabilimento piemontese di Cameri (Novara) verrà attrezzato per diventare l'unica linea di montaggio finale del velivolo al di fuori fuori dagli Stati Uniti, dove verranno assemblati tutti gli F-35 destinati alle forze aeree del Vecchio Continente (per ora è certa l'Olanda). Secondo i piani, l'Alenia di Cameri si occuperà anche delle successive revisioni e aggiornamenti per tutta la vita operativa degli F-35, vale a dire per altri trentacinque anni circa.

Un riarmo contro la crisi. Secondo la Difesa, il super-bombardiere F-35 creerà almeno 10 mila posti di lavoro, genererà un forte sviluppo tecnologico dell'industria italiana e determinerà un incremento del Pil. Insomma, il riarmo come via d'uscita dalla crisi economica, come con la Grande Crisi degli anni '30 e con la Grande Depressione di fine '800. Peccato che in entrambi i casi questa strada abbia condotto a guerre mondiali. Di certo - questo il documento di La Russa non lo dice - l'impiego dei nuovi bombardieri nelle missioni "di pace" produrrà anche morti, mutilati e sofferenza. E se non dovessero mai venire usati - improbabile - risulteranno del tutto inutili. Forse questi 13 miliardi di euro di denaro pubblico - nostro - potrebbero essere investiti in qualcosa di più utile alla collettività. Spetta alle due commissioni parlamentari decidere nelle prossime settimane.

Alessandro - 3/5/2009 - 17:53




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