Pensa, qui dominavano i vulcani cinque milioni di anni fa,
i dinosauri, le esplosioni nucleari, pensa al cielo.
A quel tempo un uomo ed una donna, forse passarono di qua,
e videro che il mare già inondava la pianura.
Il giorno prima di partire il mondo è in festa,
ma il mio povero cuore è in tempesta
ed io vorrei abbracciare ogni attimo
il silenzio e il profumo delle cose, respirare questo vento che soffia forte proprio qui.
Vecchie foto, il sorriso di mia madre,
mio padre con la sua valigia,
la stazione, un treno fermo sui binari,
in partenza verso nord,
i passi di mio nonno nella neve,
la lunga strada del ritorno,
soldati stanchi, facce nere di carbone, gli operai.
Il giorno prima di partire il mondo è in festa,
ma il mio povero cuore è in tempesta
ed io vorrei sapere fermare il tempo,
le stagioni, vedere la tua faccia,
cantare le nostre canzoni,
che vento forte che c'è qui,
che vento forte che c'è qui.
Pensa, qui dominavano i vulcani cinque milioni di anni fa,
i dinosauri, le esplosioni nucleari, chissà il cielo.
Dicono che un uomo ed una donna forse arrivarono fin qua,
davanti al mare dove soffiava forte il vento, un canto si lemmò.
Sotto il mare ci dormono tutte le parole,
chi le allegre e chi le amare,
....,
quando ancora c'era tempo sotto il mare. Sotto il mare ci morano tutte speranze,
e chi le ginti che a lontano,
hanno cercato a luna e la mortola per suonare.
Gli uomini gettarono le reti
nell'ombra delle case e sul fondale,
e trovarono ricordi, i frantumi di uno specchio,
la fotografia di un vecchio pescatore,
una lettera d'amore, una lettera d'amore.
i dinosauri, le esplosioni nucleari, pensa al cielo.
A quel tempo un uomo ed una donna, forse passarono di qua,
e videro che il mare già inondava la pianura.
Il giorno prima di partire il mondo è in festa,
ma il mio povero cuore è in tempesta
ed io vorrei abbracciare ogni attimo
il silenzio e il profumo delle cose, respirare questo vento che soffia forte proprio qui.
Vecchie foto, il sorriso di mia madre,
mio padre con la sua valigia,
la stazione, un treno fermo sui binari,
in partenza verso nord,
i passi di mio nonno nella neve,
la lunga strada del ritorno,
soldati stanchi, facce nere di carbone, gli operai.
Il giorno prima di partire il mondo è in festa,
ma il mio povero cuore è in tempesta
ed io vorrei sapere fermare il tempo,
le stagioni, vedere la tua faccia,
cantare le nostre canzoni,
che vento forte che c'è qui,
che vento forte che c'è qui.
Pensa, qui dominavano i vulcani cinque milioni di anni fa,
i dinosauri, le esplosioni nucleari, chissà il cielo.
Dicono che un uomo ed una donna forse arrivarono fin qua,
davanti al mare dove soffiava forte il vento, un canto si lemmò.
Sotto il mare ci dormono tutte le parole,
chi le allegre e chi le amare,
....,
quando ancora c'era tempo sotto il mare. Sotto il mare ci morano tutte speranze,
e chi le ginti che a lontano,
hanno cercato a luna e la mortola per suonare.
Gli uomini gettarono le reti
nell'ombra delle case e sul fondale,
e trovarono ricordi, i frantumi di uno specchio,
la fotografia di un vecchio pescatore,
una lettera d'amore, una lettera d'amore.
envoyé par Dq82 - 24/12/2024 - 11:44
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2024
Canzoni d’amore per un paese in guerra
È una canzone che nasce in momenti diversi, che hanno finito per intrecciarsi e riemergere in un pomeriggio in cui mi trovavo a casa dei miei genitori, la casa in cui sono cresciuto e in cui conservo tutti i miei ricordi d'infanzia, nel paesino abbarbicato ai piedi della Sila Piccola, Petronà. In quel momento si sono coagulate impressioni e sensazioni che avevo provato in altre due occasioni. La prima sulla spiaggia di Riace, assieme alla mia compagna, in un giorno in cui tirava un vento fortissimo. Ricordo che quasi non sentivamo le nostre parole. Dietro di noi passava ogni tanto il treno. Davanti c'era un mare azzurro e profondo, pensai alle epoche lontane, pensai a come poteva essere stato quel luogo prima, molto prima, nella preistoria, a come il trascorrere del tempo poteva aver modellato quei luoghi e le persone che di lì erano passate. La seconda fu a Scilla, nel borgo di Chianalea, a ridosso del mare che ruggiva bellissimo e furioso. Immaginai i pescatori del futuro gettare le reti lì dove si poteva trovare il borgo sommerso, immaginai che i pescatori potessero ritrovare non solo oggetti materiali, ma echi del passato, sentimenti, storie. Tutte queste sollecitazioni si diedero appuntamento in quel pomeriggio a casa dei miei. Ero in preda al quel groppo in gola che si prova quando si deve lasciare un luogo amato, in Calabria si chiama “'a ‘picundria". Mi capita tutte le volte. Così nacque la canzone, dentro a questo sentimento di nostalgia che abbracciava tutto, il passato e anche il futuro, ciò che è stato e ciò che sarà, nell’incedere implacabile del tempo. Questo sentimento individuale, nella composizione, si trasformò in sentimento collettivo: la partenza di chi lascia la propria terra in cerca di una vita migliore, e forse mai più farà ritorno.
Lineatrad 137/2024