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Frantz Fanon 1952

Jacques Coursil
Lingua: Francese


Jacques Coursil

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[2006]
Texte / Testo / Lyrics /Sanat:
Extrait de / Da / From / Ote kirjasta Frantz Fanon Peau noire masques blancs 1952, Editions du Seuil

Musique / Musica / Music / Sävel:
Jacques Coursil

Album : Clameurs

[[https://www.ligueaa.org/backend/images/blog/1627915015-peau%20noire%20masque%20blanc.jpg| ]


…Introduire l'invention dans l’existence. Dans le monde où je m'achemine, Jje me crée interminablement .
… La densité de l'Histoire ne détermine aucun de mes actes. Je suis mon propre fondement.
Et c'est en dépassant la donnée historique, instrumentale, que j'introduis le cycle de ma liberté.

… Apportare l’invenzione nella vita. Nel mondo in cui mi muovo, io mi creo senza fine.
…La consistenza della Storia non condiziona nessuno dei miei atti. Sono io il fondamento di me stesso. È nel superamento del dato storico e strumentale che posso avviare il ciclo della mia libertà.
[Frantz Fanon].

E’ brano fuori dal comune, nato dall’incrocio tra uno dei più raffinati compositori e trombettisti di Jazz d’avanguardia degli anni ’70 e un intellettuale afro-francese che spese la sua breve esistenza tra la psichiatria e la lotta al colonialismo. Ci riferiamo a Jacques Coursil e a Frantz Fanon. Quest’ultimo fu una grande figura di antropologo e di resistente, membro del FLN algerino. È stato anche male interpretato, gli sono state attribuite spesso posizioni difformi dal suo pensiero. Il fatto è che è stato sempre scomodo per molte lobby e cancellerie per il suo anticolonialismo senza se e senza ma, e perciò silenziato.
Ne riassumiamo la biografia.
Frantz Fanon

Frantz Fanon (Fort-de-France, 20 luglio 1925 – Bethesda, 6 dicembre 1961) è stato uno psichiatra, antropologo, filosofo e saggista francese, nativo della Martinica e rappresentante del movimento terzomondista per la decolonizzazione.
Frantz Omar Fanon nacque in una famiglia discendente da schiavi africani, servi tamil e bianchi. L'appartenenza della sua famiglia alla piccola borghesia gli permise di frequentare il liceo Victor Schœlcher, una scuola per soli neri. In seguito alla caduta della Francia nelle mani dei nazisti nel 1940, delle truppe della marina francese erano rimaste bloccate in Martinica. A causa delle concezioni razziste già circolanti negli ambienti sociali dei colonizzatori, i soldati francesi misero in atto le consuete pratiche discriminatorie e disumane nei confronti dei colonizzati. Vi furono numerose accuse di molestie sessuali. Gli abusi ai danni della popolazione locale da parte dell'esercito francese ebbero una notevole influenza su Fanon, in quanto rinforzarono i suoi sentimenti di alienazione e il disgusto per il razzismo coloniale.
Durante la seconda guerra mondiale combatté con la resistenza francese e in seguito proseguì i suoi studi di psichiatria, conseguendo la laurea nel 1951 con una tesi sull'atassia di Friedreich. Divenne responsabile di una divisione dell'Ospedale psichiatrico di Blida, in Algeria, lavorando soprattutto sull'adattamento dei test ai pazienti locali. Durante la Guerra d'Algeria, collaborò apertamente con il Fronte di Liberazione Nazionale algerino (F.L.N.) e ne divenne il portavoce.

Nel 1957 fu espulso dalla Francia a causa della sua collaborazione con il Governo Provvisorio della Repubblica Algerina (G.P.R.A.). Si trasferì quindi in Tunisia, dove scrisse molti saggi poi raccolti nel libro Pour la révolution africaine, uscito postumo. In questo libro Fanon si occupò di strategia militare e in un capitolo discusse in quale modo fosse possibile aprire un terzo fronte meridionale di guerra. In questo periodo di frenetica attività gli fu diagnosticata la leucemia: si recò nell'Unione Sovietica per sottoporsi ad una terapia, ed eseguì un'ultima visita a Roma per incontrare Jean-Paul Sartre, dopodiché si trasferì negli Stati Uniti, per seguire una nuova cura. Morì il 6 dicembre 1961, nel Maryland, sotto il nome di Ibrahim Fanon.

Il pensiero

Nelle sue opere più famose, Fanon analizza il processo di decolonizzazione dal punto di vista sociologico, filosofico e psichiatrico.
La sua opera più conosciuta è I dannati della terra, che è stato concepito come un manifesto per la lotta anticoloniale e l'emancipazione del "Terzo mondo". L'opera fu pubblicata per la prima volta nel 1961 da François Maspero con la prefazione di Jean-Paul Sartre. Ne I dannati della terra Fanon analizza il ruolo della classe, razza e violenza nell'ambito delle lotte di liberazione nazionale, auspica l'avvento di un nuovo modello mondiale, totalmente svincolato dai modelli politico-sociali precedenti, realizzabile tramite una rivoluzione globale (avente qualche richiamo con le idee rivoluzionarie trozkiste) che innanzitutto formi una classe sociale svincolata dall'influenza e dai "benefici" degli imperialisti.
Altra opera di grande importanza è Pelle nera maschere bianche, che ebbe una notevole influenza su rivoluzionari quali Ali Shariati in Iran, Stephen Biko in Sudafrica e Che Guevara a Cuba. Tra questi, solo Guevara si interessò alle teorie di Fanon sulla violenza; Shariati e Biko si interessarono rispettivamente all'idea dell'"uomo nuovo" e della "coscienza nera". L'influenza dell'opera di Fanon si estese ai movimenti di liberazione palestinese, ai tamil, agli irlandesi, alle Pantere Nere, ad altri movimenti che lottavano per la autodeterminazione.

Durante il suo soggiorno in Francia, Fanon scrisse il suo primo libro Peau noire et masques blancs, un'analisi degli effetti della soggiogazione coloniale sulla psiche umana. In particolare descrive la sua personale esperienza di intellettuale nero immerso in un contesto bianco ed elabora, in un'opera che è a metà strada fra un saggio di analisi e un manifesto, le modalità attraverso le quali le relazioni fra colonizzatore e colonizzato vengono, per così dire, normalizzate dalla psicologia e dalla cultura. Fanon, che, per cultura e istruzione, si riteneva un francese a tutti gli effetti, evidenziò tutto il suo disorientamento causato dal razzismo francese da lui provato sulla propria pelle. Secondo Fanon, il linguaggio assume un ruolo importante nella formazione di una coscienza e di una consapevolezza individuale, quindi esprimersi in lingua francese vuole significare l'accettazione, volontaria o coercitiva, della cultura francese: inclusa l'identificazione del nero come simbolo del male. Questi valori della cultura dominante, quando vengono assimilati e interiorizzati, creano una frattura fra la coscienza dell'uomo di colore e il suo corpo: da ciò si genera un’alienazione.

Opere

Peau noire masques blancs, 1952, tr. it. Pelle nera, maschere bianche, Il Saggiatore, Milano, 1965; Marco Tropea Editore, 1996; Edizioni ETS 2015

L'An V de la révolution algérienne, 1959, tr. it. Scritti politici - volume II. L'anno V della rivoluzione algerina, Roma, Derive Approdi, 2007

Les Damnés de la terre, 1961, tr. it. I dannati della terra, Einaudi, 2000

Pour la révolution africaine, 1964, tr. it. Scritti politici - volume I. Per la rivoluzione africana), Roma, Derive Approdi, 2006


Frantz Fanon


Il testo del brano dispone in modo originale e organico varie citazioni tratte dal saggio di Fanon Peau noire et masques blancs . Ne è scaturito un pezzo eccezionale sia per il ritmo sia per il contenuto come fosse un saggio del saggio. A nostro avviso è un esempio di come forma e contenuto sono proprio inscindibili.
Per tale motivo abbiamo ritenuto opportuno sottoporre all’attenzione del lettore, eventualmente interessato oltre che alla musica jazz di alto livello anche ai temi dell’anticolonialismo e similari di impronta libertaria, uno stralcio delle ultime pagine del saggio da cui sono tratte la stragrande maggioranza delle citazioni. Peraltro nelle note al testo del brano il lettore troverà i rimandi alle pagine da cui Coursil ha mutuato le parole.
[Riccardo Gullotta]
Peau noire masques blancs

Page 185

Sartre a montré que le passé, dans la ligne d'une attitude inauthentique, «prend» en masse et, solidement charpenté, informe alors l'individu. C'est le passé trans- mué en valeur. Mais je peux aussi reprendre mon passé, le valoriser ou le condamner par mes choix successifs.
Le Noir veut être comme le Blanc. Pour le Noir, il n'y a qu'un destin. Et il est blanc. Il y a de cela longtemps, le Noir a admis la supériorité indiscutable du Blanc, et tous ses efforts tendent à réaliser une existence blanche.
N'ai-je donc pas sur cette terre autre chose à faire qu'à venger les Noirs du XVII siècle ?
Dois-je sur cette terre, qui déjà tente de se dérober, me poser le problème de la vérité noire ?
Dois-je me confiner dans la justification d'un angle facial?
Je n'ai pas le droit, moi homme de couleur, de recher cher en quoi ma race est supérieure ou inférieure à une autre race.
Je n'ai pas le droit, moi homme de couleur, de souhaiter la cristallisation chez le Blanc d'une culpabilité envers le passé de ma race.
Je n'ai pas le droit, moi homme de couleur, de me pré occuper des moyens qui me permettraient de piétiner la fierté de l'ancien maître.
Je n'ai ni le droit ni le devoir d'exiger réparation pour mes ancêtres domestiqués.
Il n'y a pas de mission nègre ; il n'y a pas de fardeau blanc. Je me découvre un jour dans un monde où les choses font mal; un monde où l'on me réclame de me battre; un monde où il est toujours question d'anéantissement ou de victoire.
Je me découvre, moi homme, dans un monde où les mots se frangent de silence; dans un monde où l'autre, interminablement, se durcit.
Non, je n'ai pas le droit de venir et de crier ma haine au Blanc. Je n'ai pas le devoir de murmurer ma reconnais- sance au Blanc.
Il y a ma vie prise au lasso de l'existence. Il y a ma liberté qui me renvoie à moi-même. Non, je n'ai pas le droit d'être un Noir.
Je n'ai pas le devoir d'être ceci ou cela...
Si le Blanc me conteste mon humanité, je lui montre rai, en faisant peser sur sa vie tout mon poids d'homme ,

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que je ne suis pas ce « Y a bon banania » qu'il persiste à imaginer.
Je me découvre un jour dans le monde et je me recon- nais un seul droit : celui d'exiger de l'autre un comporte- ment humain,
Un seul devoir. Celui de ne pas renier ma liberté au travers de mes choix.
Je ne veux pas être la victime de la Ruse d'un monde noir. Ma vie ne doit pas être consacrée à faire le bilan des valeurs nègres.
Il n'y a pas de monde blanc, il n'y a pas d'éthique blanche, pas davantage d'intelligence blanche.
Il y a de part et d'autre du monde des hommes qui cherchent.
Je ne suis pas prisonnier de l'Histoire. Je ne dois pas y chercher le sens de ma destinée.
Je dois me rappeler à tout instant que le véritable saut consiste à introduire l'invention dans l'existence.
Dans le monde où je m'achemine, je me crée intermi nablement.
Je suis solidaire de l'Etre dans la mesure où je le dépasse. Et nous voyons, à travers un problème particulier, se profiler celui de l'Action. Placé dans ce monde, en situa tion, « embarqué » comme le voulait Pascal, vais-je accu muler des armes?
Vais-je demander à l'homme blanc d'aujourd'hui d'être responsable des négriers du XVII siècle ?
Vais-je essayer par tous les moyens de faire naître la Culpabilité dans les âmes ?
La douleur morale devant la densité du Passé ? Je suis nègre et des tonnes de chaînes, des orages de coups, des fleuves de crachats ruissellent sur mes épaules.
Mais je n'ai pas le droit de me laisser ancrer. Je n'ai pas le droit d'admettre la moindre parcelle d'être dans mon existence. Je n'ai pas le droit de me laisser engluer par les déterminations du passé.
Je ne suis pas esclave de l'Esclavage qui déshumanisa mes pères.
Pour beaucoup d'intellectuels de couleur, la culture

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européenne présente un caractère d'extériorité. De plus, dans les rapports humains, le Noir peut se sentir étranger au monde occidental. Ne voulant pas faire figure de parent pauvre, de fils adoptif, de rejeton bâtard, va-t-il tenter fébrilement de découvrir une civilisation nègre? Que surtout l’on nous comprenne. Nous sommes con- vaincu qu'il y aurait un grand intérêt à entrer en contact avec une littérature ou une architecture nègres du III siècle avant Jésus-Christ. Nous serions très heureux de savoir qu'il exista une correspondance entre tel phi losophe nègre et Platon. Mais nous ne voyons absolument pas ce que ce fait pourrait changer dans la situation des petits gamins de huit ans qui travaillent dans les champs de canne en Martinique ou en Guadeloupe.
Il ne faut pas essayer de fixer l'homme, puisque son destin est d'être lâché.
La densité de l'Histoire ne détermine aucun de mes actes. Je suis mon propre fondement.
Et c'est en dépassant la donnée historique, instrumen- tale, que j'introduis le cycle de ma liberté.
Le malheur de l'homme de couleur est d'avoir été esclavagisé.
Le malheur et l'inhumanité du Blanc sont d'avoir tué l' homme quelque part.
Sont, encore aujourd'hui, d'organiser rationnellement cette déshumanisation. Mais moi, l'homme de couleur, dans la mesure où il me devient possible d'exister abso lument, je n'ai pas le droit de me cantonner dans un monde de réparations rétroactives.
Moi, l'homme de couleur, je ne veux qu'une chose :
Que jamais l'instrument ne domine l'homme. Que cesse à jamais l'asservissement de l'homme par l'homme. C'est-à- dire de moi par un autre. Qu'il me soit permis de décou vrir et de vouloir l'homme, où qu'il se trouve.
Le nègre n'est pas. Pas plus que le Blanc.
Tous deux ont à s'écarter des voix inhumaines qui furent celles de leurs ancêtres respectifs afin que naisse une authentique communication. Avant de s'engager dans la voix positive, il y a pour la liberté im effort de désalié- nation.Un homme, au début de son existence, est toujours

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congestionné, est noyé dans la contingence. Le malheur de l'homme est d'avoir été enfant.
C'est par un effort de reprise sur soi et de dépouille-ment, c'est par une tension permanente de leur liberté que les hommes peuvent créer les conditions d'existence idéales d'un monde humain.
Supériorité? Infériorité?
Pourquoi tout simplement ne pas essayer de toucher l'autre, de sentir l'autre, de me révéler l'autre ?
Ma liberté ne m'est-elle donc pas donnée pour édifier le monde du Toi ?
A la fin de cet ouvrage, nous aimerions que l'on sente comme nous la dimension ouverte de toute conscience.

Mon ultime prière :
0 mon corps, fais de moi toujours un homme qui interroge

Pelle nera maschere bianche
Pagina 185

Sartre ha dimostrato che il passato, in linea con un atteggiamento non autentico, “attecchisce” in massa e, strutturato solidamente, modella poi l’individuo. È il passato trasmutato in valore. Ma posso anche riappropriarmi del mio passato, valorizzarlo o condannarlo con le mie scelte successive.
L'uomo Nero vuole essere come l'uomo Bianco. Per l'uomo Nero esiste un solo destino. Ed è bianco. Da molto tempo il Nero ha ammesso l'indiscutibile superiorità del Bianco e tutti i suoi sforzi sono mirati a realizzare una vita bianca.
Allora, non posso fare altro su questa terra che vendicare i Neri del XVII secolo?
Dovrei, su questa terra, che già cerca di dileguarsi, pormi il problema della verità nera?
Dovrei limitarmi a giustificare un angolo facciale [misura del prognatismo di un cranio, ndR] ?
Non ho il diritto, in quanto uomo di colore, di indagare in che modo la mia razza sia superiore o inferiore a un'altra razza.
Non ho il diritto, in quanto uomo di colore, di augurare che nei bianchi si cristallizzi il senso di colpa verso il passato della mia razza.
Non ho il diritto, in quanto uomo di colore, di preoccuparmi dei mezzi che mi permetterebbero di calpestare l'orgoglio dell'ex padrone.
Non ho né il diritto né il dovere di chiedere riparazione per i miei antenati sottomessi.
Non esiste una missione negra; non c'è alcun fardello bianco. Un giorno mi scopro in un mondo dove le cose fanno male; un mondo in cui mi viene chiesto di combattere; un mondo in cui è sempre questione di annientamento o di vittoria.
Mi scopro, uomo, in un mondo in cui le parole sono orlate di silenzio; in un mondo dove l'altro si indurisce senza soluzione di continuità.
No, non ho il diritto di venire a gridare il mio odio all'uomo Bianco. Non ho il dovere di sussurrare la mia gratitudine all'uomo Bianco.
C'è la mia vita presa nel laccio dell'esistenza. C'è la mia libertà che mi rimanda a me stesso. No, non ho il diritto di essere un Nero.
Non devo essere questo o quello...
Se l’uomo Bianco contesta la mia umanità, gli dimostrerò, mettendo tutto il mio peso di uomo nella sua vita,

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che io non sono questo “Y'a bon Banania” [Pubblicità razzista in cui un soldato nero beve la bevanda al cacao Banania, ndR] che si ostina a immaginare.
Un giorno mi scopro al mondo e mi riconosco un solo diritto: quello di esigere dagli altri un comportamento umano,
Un solo dovere. Quella di non negare la mia libertà attraverso le mie scelte.
Non voglio essere vittima dell’astuzia di un mondo nero. La mia vita non deve essere dedicata a tirare le somme sui valori dei negri.
Non esiste un mondo bianco, non esiste un’etica bianca, non esiste più un’intelligenza bianca.
Ci sono uomini in entrambe le parti del mondo che cercano.
Non sono prigioniero della Storia. Non devo cercare lì il significato del mio destino.
Devo ricordare a me stesso in ogni momento che il vero salto è fare entrare l'invenzione nella vita.
Nel mondo in cui viaggio, creo me stesso all'infinito.
Sono legato all'Essere nella misura in cui lo oltrepasso. E attraverso un problema particolare vediamo emergere quello dell'Azione. Collocato in questo mondo, all’occorrenza, “coinvolto” come diceva Pascal, accumulerò armi?
Chiederò all’uomo bianco di oggi di essere responsabile dei commercianti di schiavi del XVII secolo?
Cercherò in tutti i modi di far nascere sensi di colpa nelle anime?
Dolore morale di fronte alla pesantezza del Passato? Sono negro e tonnellate di catene, furie di colpi, fiumi di sputi scorrono sulle mie spalle.
Ma non ho il diritto di lasciarmi ancorare. Non ho il diritto di ammettere la minima particella ad avere spazio nella mia esistenza. Non ho il diritto di lasciarmi impregnare dalle determinazioni del passato.
Non sono schiavo della Schiavitù che ha disumanizzato i miei antenati.
Per molti intellettuali di colore, la cultura

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europea ha un carattere di esteriorità. Inoltre, nei rapporti umani, il Nero può sentirsi estraneo al mondo occidentale. Non volendo apparire come un parente povero, un figlio adottivo, un figlio bastardo, cercherà in modo febbrile di scoprire una civiltà negra?
Cerchiamo soprattutto di farci capire. Siamo convinti che ci sarebbe un grande interesse ad entrare in contatto con una letteratura o un’architettura negra del III secolo a.C. Saremmo molto felici di sapere che sarebbe esistita una relazione tra un certo filosofo negro e Platone. Ma non vediamo assolutamente cosa ciò potrebbe cambiare nella situazione dei piccoli di otto anni che lavorano nei campi di canna della Martinica o della Guadalupa.
Non dobbiamo cercare di aggiustare l'uomo, poiché il suo destino è quello di lasciarsi andare.
La consistenza della Storia non determina nessuna delle mie azioni. Sono io il fondamento di me stesso.
Ed è andando oltre il dato storico, strumentale, che introduco il ciclo della mia libertà.
La sfortuna dell'uomo di colore è essere stato ridotto in schiavitù.
La sfortuna e la disumanità dell'uomo bianco sono di avere ucciso l’uomo da qualche parte.
Ancora oggi organizzano razionalmente questa disumanizzazione. Ma io, l’uomo di colore, nella misura in cui mi diventa possibile esistere in modo assoluto, non ho il diritto di confinarmi in un mondo di riparazioni retroattive.
Io, l'uomo di colore, voglio solo una cosa:
Che lo strumento non domini mai l'uomo Che cessi per sempre la schiavitù dell'uomo dall'uomo. Cioè di me mediante un altro. Mi sia permesso di scoprire e desiderare l'uomo, ovunque egli sia.
Il Negro no, no anche al Bianco.
Entrambi devono allontanarsi dalle voci disumane, quelle dei rispettivi antenati affinché possa emergere una comunicazione autentica. Prima di impegnarsi nella voce positiva, c'è uno sforzo di disalienazione per la libertà. Un uomo, all'inizio della sua esistenza, è sempre

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congestionato, è annegato nel contingente. La sfortuna dell'uomo è essere stato bambino.
È attraverso uno sforzo di recupero e di svuotamento di sé, è attraverso una tensione permanente della propria libertà che gli uomini possono creare le condizioni ideali di esistenza di un mondo umano.
Superiorità? Inferiorità?
Perché non provare semplicemente a toccare l'altro, a sentire l'altro, a rivelare l'altro a me stesso?
La mia libertà non mi è stata data per costruire il mondo di Te?
Alla fine di questo lavoro, vorremmo che le persone sentissero come noi la dimensione aperta di ogni coscienza.

La mia ultima preghiera:
Corpo mio, fa di me sempre un uomo che pone domande.
[Trad. RG]
OUI,
L’homme est un OUI. [1]
Mais c’est un NON aussi.
Non, au mépris,
Non, au meurtre de ce qu’il y a de plus humain dans l’humain : la liberté. [2]

Des tonnes de chaînes,
des orages de coups,
des fleuves de crachats
ruissellent sur mes épaules.[3]

Je sentis naître en moi des lames de couteau.[4]
Et plus violente retentit ma clameur.
Eiah !
Je suis nègre.[5]

Mais je n’ai pas le droit de me laisser ancrer.[6]
Non!
Je n’ai pas le droit de venir et de crier ma haine.
– pas le droit,
de souhaiter la cristallisation
d’une culpabilité
envers le passé de
ma race – [7]
Dois-je me confiner
à la répartition raciale de la culpabilité,
Non, je n’ai pas le droit d’être un Noir.
– je n’ai pas le droit d’être ceci ou cela… [8]
Le Nègre n’est pas, pas plus que le Blanc. [9]
Je demande qu’on me considère à partir de mon Désir.
Je me reconnais un seul droit :
celui d’exiger de l’autre
un comportement
humain.[10]

Le malheur et l’inhumanité du Blanc
sont d’avoir tué l’humain
quelque part.[11]
Le malheur du nègre
est d’avoir été esclave.
Mais je ne suis pas esclave
de l’esclavage
qui déshumanisa mes pères.[12]

Je suis homme
et c’est tout le passé du monde
que j’ai à reprendre.[13]
– la guerre du Péloponnèse
est aussi mienne
que la découverte de la boussole.
Je ne suis pas seulement responsable
de Saint-Domingue –[14]
La densité de l’Histoire
ne détermine aucun de mes actes.
Je suis mon propre fondement. [15]

Exister absolument.
Je n’ai ni le droit ni le devoir
d’exiger réparation
pour mes ancêtres domestiqués.[16]
Pas le droit de me cantonner
dans un monde de réparations rétroactives.[17]
Je ne suis pas prisonnier de l’Histoire [18]
Il y a ma vie prise
au lasso de l’existence.
Il y a ma liberté.[19]
Il n’y a pas de mission Nègre ;
Pas de fardeau Blanc [20]
pas de monde blanc
pas d’éthique blanche,
pas d’intelligence blanche.
Il y a de part et d’autre du monde
des humains qui cherchent.[21]

Ô mon corps,
fais de moi toujours
un homme qui interroge ![22]
[1] Peau noire, masques blancs,page 6
[2] ibid.,180
[3] ibid.,186
[4] ibid.,95
[5] ibid.,112
[6] ibid.,186
[7] ibid.,185
[8] ibid.
[9] ibid.,186
[10] ibid.
[11] ibid.,187
[12] ibid.,186
[13] ibid.,183
[14] ibid
[15] ibid.,187
[16] ibid.,185
[17] ibid.,187
[18] ibid.,186
[19] ibid.,185
[20] ibid
[21] ibid.,186
[22] ibid.,188

inviata da Riccardo Gullotta - 7/10/2024 - 12:19



Lingua: Italiano

Traduzione italiana / Traduction italienne / Italian translation / Italiankielinen äännös:
Riccardo Gullotta

[[https://twitteringmachines.com/wp-content/uploads/2024/09/jacquescoursil.jpg| Jacques Coursil]
FRANTZ FANON 1952

SÌ,
L'uomo è un SÌ.
Ma è anche un NO.
No al disprezzo,
No all'assassinio di ciò che c'è di più umano nell'umanità: la libertà.

Tonnellate di catene,
furie di colpi,
fiumi di sputo
colano lungo le mie spalle.

Sentii nascere dentro di me lame di coltello.
E il mio tumulto rimbombò più violento.
Ehi!
Io sono negro.

Ma non ho il diritto di lasciarmi bloccare.
NO !
Non ho il diritto di venire a gridare il mio odio.
– no, non ho il diritto,
di volere la cristallizzazione
di un senso di colpa
verso il passato
della mia razza –
Dovrei limitarmi
ad attribuire in termini razziali il senso di colpa,
No, non ho il diritto di essere un Nero.
– Non ho il diritto di essere questo o quello…
Il Negro no, no anche al Bianco.
Mi aspetto di essere considerato in base al mio Desiderio.
Riconosco a me un diritto solo:
quello di esigere dall'altro
un comportamento
umano.

La sfortuna e la disumanità dell'uomo Bianco
devono avere ucciso l'umano
in qualche modo.
La sfortuna del negro
è di essere stato uno schiavo.
Ma io non sono schiavo
della schiavitù
che ha disumanizzato i miei antenati.

Io sono uomo
ed è tutto il passato del mondo
che devo riprendere.
– la guerra del Peloponneso
è anche mia
come la scoperta della bussola.
Non sono responsabile soltanto
di San Domingo –
La consistenza della Storia
non determina nessuna delle mie azioni.
Sono io il fondamento di me stesso.

Esistere in modo assoluto.
Non ho né il diritto né il dovere
Di reclamare un risarcimento
per i miei antenati sottomessi.
Nessun diritto di relegarmi
in un mondo di risarcimenti retroattivi.
Non sono prigioniero della Storia
Si tratta della mia vita
catturata dall’esistenza.
Si tratta della mia libertà.
Non esiste una missione Negra;
Nessuna zavorra Bianca
niente mondo bianco
nessuna etica bianca,
nessuna intelligenza bianca.
Da entrambe le parti del mondo esseri
umani che cercano.

Corpo mio,
Fa di me sempre
un uomo che fa domande!

inviata da Riccardo Gullotta - 7/10/2024 - 12:22


UOMO BIANCO grazie grandioso approfondimento e musica meravigliosa

P.r. - 7/10/2024 - 20:45


Fanon e la questione Palestinese. Ricardo Gullotta col suo "saggio" su Fanon, oltre a regalarci dell'ottima musica, apre un sacco di domande citando ad esempio la questione palestinese ed il colonialismo
ho trovato questo ottimo articolo che condivido con i lettori più curiosi di questo sito

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Fanon in Palestina: Riconoscimento e conquista dei cieli  

Sullo sviluppo storico-sociale del Movimento Nazionale in Palestina.



un estratto dall'articolo, il finale:

Lo sviluppo dal sumud alla resa, che ha contraddistinto l’atteggiamento dell’OLP verso Israele, dimostra quel processo che Fanon definì l’ “epidermizzazione razzista dell’oppresso”, nel quale l’ANP è divenuta il prodotto dell’interiorizzazione di ciò che l’oppressore pensa esso debba divenire. Negando la sua stessa storia e le conquiste ottenute, l’ANP ha cercato di promuovere una nuova immagine dei Palestinesi, presentandoli come pacifici e civilizzati e, pertanto, meritevoli di un loro Stato. Di conseguenza, il focus della lotta e resistenza è stato posto sul riconoscimento di questa nuova immagine palestinese piuttosto che sulla contestazione della struttura complessiva del colonialismo degli occupanti, che ha inizialmente creato il bisogno di questo riconoscimento. Come Fanon constatò, il colonizzato diventa ossessionato dall’attenzione da parte dell’uomo bianco nel momento in cui avverte un forte desiderio di dimostrargli che si sbaglia riguardo all’uomo nero.

Fanon scrisse febbrilmente che furono le masse a “conquistare i cieli”, superando, nel farlo, il loro complesso d’inferiorità nei confronti dell’oppressore coloniale. Quello che si è verificato durante l’era del sumud è stata la presa di coscienza di una leadership politica e del suo popolo sulle possibilità trasformatrici insite nel processo rivoluzionario che crea un “uomo nuovo”. Fanon non era schiavo del nazionalismo, ma comprendeva che le peculiarità dell’etnia e dell’identità nazionale sono fondamentali per mobilitare gli individui. L’evidente ridimensionamento delle rivendicazioni dell’ANP, che dichiara di agire in difesa dell’interesse nazionale, è rappresentativo del collasso delle componenti rivoluzionarie del nazionalismo palestinese. Nella prossima parte di questi saggi, saranno analizzate le istituzioni che sono emerse dalla capitolazione neocoloniale.

Paolo Rizzi - 7/10/2024 - 21:16




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