Sono l’albero del Sicomoro in Africa sono nato
Nello spazio di milioni d’anni il mio viaggio è cominciato
Sono stato nutrimento di gazzelle giraffe e scimmie
Nel mio legno in Egitto i faraoni han deposto mummie
Ero Hathor la dea madre signora del Sicomoro
Radiosa sposa del sole ma la mia ombra è ristoro
In oriente dimoravo presso tombe mussulmane
Vi sostavano in preghiera donne arabe e persiane
Sotto i miei rami estesi grandi come una moschea
Vi sostò anche Maria nel suo viaggio in Galilea
Per veder passar Gesù sul mio tronco salì Zaccheo
L’esattore delle tasse viveva a Gerico era ebreo
Si pentì di aver rubato di essere stato sicofante
E restituì le somme fu miracolo all’istante
In terra di Palestina Jamayiz è il mio nome
Da Gerusalemme a Gaza vedevi ovunque le mie chiome
Tra il campo di Jabalya e la città Ashkelon
Ci son le terre e gli alberi rubati da Sharon
Questa terra non è promessa a eserciti che combattono
Noi alberi siam qui da sempre ci restiam finchè ci abbattono
Il Gelso è mio fratello moracea la mia famiglia
Siamo entrambi centenari diamo frutti a chi li piglia
Van mangiati li sul posto non se ne deve far mercato
È “Sabil” la condivisione chi li vende fa peccato
Abbiamo radici forti che nessuno può sradicare
Ci han costruito intorno muri ma li sapremo frantumare
Abbiamo radici forti che nessuno può sradicare
Ci han costruito intorno muri ma li sapremo frantumare
Nello spazio di milioni d’anni il mio viaggio è cominciato
Sono stato nutrimento di gazzelle giraffe e scimmie
Nel mio legno in Egitto i faraoni han deposto mummie
Ero Hathor la dea madre signora del Sicomoro
Radiosa sposa del sole ma la mia ombra è ristoro
In oriente dimoravo presso tombe mussulmane
Vi sostavano in preghiera donne arabe e persiane
Sotto i miei rami estesi grandi come una moschea
Vi sostò anche Maria nel suo viaggio in Galilea
Per veder passar Gesù sul mio tronco salì Zaccheo
L’esattore delle tasse viveva a Gerico era ebreo
Si pentì di aver rubato di essere stato sicofante
E restituì le somme fu miracolo all’istante
In terra di Palestina Jamayiz è il mio nome
Da Gerusalemme a Gaza vedevi ovunque le mie chiome
Tra il campo di Jabalya e la città Ashkelon
Ci son le terre e gli alberi rubati da Sharon
Questa terra non è promessa a eserciti che combattono
Noi alberi siam qui da sempre ci restiam finchè ci abbattono
Il Gelso è mio fratello moracea la mia famiglia
Siamo entrambi centenari diamo frutti a chi li piglia
Van mangiati li sul posto non se ne deve far mercato
È “Sabil” la condivisione chi li vende fa peccato
Abbiamo radici forti che nessuno può sradicare
Ci han costruito intorno muri ma li sapremo frantumare
Abbiamo radici forti che nessuno può sradicare
Ci han costruito intorno muri ma li sapremo frantumare
Contributed by Paolo Rizzi - 2024/9/23 - 15:56
Language: English
English version / Versione inglese / Version anglaise / Englanninkielinen versio:
Riccardo Venturi, 26-9-2024 12:34
Riccardo Venturi, 26-9-2024 12:34
The Sycamore
I am the sycamore tree, I was born in Africa,
My journey has begun millions of years ago.
I was food for gazelles, giraffes and monkeys,
The Egyptian pharaohs laid mummies in my wood.
I was Hathor, the sycamore’s mother goddess,
Shining bride of the sun, but my shadow is refreshment
I lived in the East, close by Muslim graveyards,
Arab and Persian women stopped there to pray.
Under my vast branches, as big as a mosque,
Also Mary paused on her journey to Galilee.
Zacchaeus climbed up my bole to see Jesus pass by,
The exciseman lived in Jericho, he was a Jew.
He repented for stealing and for his sycophancy,
So, he returned all the sums: an unexpected miracle!
In the land of Palestine Jamayiz is my name,
You can see my leaves from Jerusalem to Gaza.
Between Jabalya camp and the city of Ashkelon
Lie the lands and the trees once stolen by Sharon.
This land is not promised to fighting armies,
We, the trees, remain eternal until they cut us down.
The mulberry is my brother in the family of Moraceae,
We live hundreds of years and give everyone our fruits.
They should be eaten there and then, and never be sold:
This is “Sabil”, mutual sharing: if you sell them, it’s a sin.
We have roots so strong that nobody can uproot them,
They’ve built walls around us, but we know ho to destroy them.
We have roots so strong that nobody can uproot them,
They’ve built walls around us, but we know ho to destroy them.
I am the sycamore tree, I was born in Africa,
My journey has begun millions of years ago.
I was food for gazelles, giraffes and monkeys,
The Egyptian pharaohs laid mummies in my wood.
I was Hathor, the sycamore’s mother goddess,
Shining bride of the sun, but my shadow is refreshment
I lived in the East, close by Muslim graveyards,
Arab and Persian women stopped there to pray.
Under my vast branches, as big as a mosque,
Also Mary paused on her journey to Galilee.
Zacchaeus climbed up my bole to see Jesus pass by,
The exciseman lived in Jericho, he was a Jew.
He repented for stealing and for his sycophancy,
So, he returned all the sums: an unexpected miracle!
In the land of Palestine Jamayiz is my name,
You can see my leaves from Jerusalem to Gaza.
Between Jabalya camp and the city of Ashkelon
Lie the lands and the trees once stolen by Sharon.
This land is not promised to fighting armies,
We, the trees, remain eternal until they cut us down.
The mulberry is my brother in the family of Moraceae,
We live hundreds of years and give everyone our fruits.
They should be eaten there and then, and never be sold:
This is “Sabil”, mutual sharing: if you sell them, it’s a sin.
We have roots so strong that nobody can uproot them,
They’ve built walls around us, but we know ho to destroy them.
We have roots so strong that nobody can uproot them,
They’ve built walls around us, but we know ho to destroy them.
Aggiungo alcuni aneddoti relativi al testo.
Nella canzone parlando di Zaccheo uso la parola “Sicofante”, è una parola di origine greca “sùkon” fico ed il verbo “fàino” mostrare. Era colui che denunciava chi esportava i fichi illegalmente ma poi venne attribuita a chi defraudava e calunniava.
Faccio menzione del fatto che nel 1972 Sharon ministro dell’agricoltura acquistò i terreni vicini a Sderot, cittadina nata dopo la distruzione del villaggio palestinese di Huj nel 1948 e la conseguente evacuazione dei suoi abitanti verso Gaza. Realizzò il suo Sicomoro ranch (Havat Shikmim) ed è qui che ora è sepolto.
Dopo il 7 ottobre queste cittadine israeliane sono state oggetto degli attacchi di Hamas e quindi poi parzialmente evacuate. La città di Ashkelon a pochi km nord da Gaza fino al 1948 era abitata solo da 5.000 arabi ora vi sono circa 100.000 israeliani arrivati da Russia, Africa, Asia. Paola Carini nel libro riporta testimonianze di chi ricorda di un viale con migliaia di sicomori che lo fiancheggiavano da entrambi i lati, percorso gioiosamente dai ragazzini che andavano a giocare all’ombra raccogliendo i fichi.
Ora gli abitanti di Ashkelon sono preoccupati dell’inquinamento causato dai bombardamenti israeliani su Gaza, che hanno distrutto il campo profughi e anche gli impianti di depurazione a Jabalya. Ora l’acqua inquinata di Gaza risale fino a contaminare anche le loro spiagge. Sui social si leggono commenti di disprezzo e non di commiserazione per lo stato di degrado del territorio palestinese causato dai bombardamenti.
Mi è piaciuta molto la puntualizzazione che è citata nel libro rispetto al principio di consumare sul posto la frutta di questi alberi “sacri” e di non farne mercato, un concetto espresso dalla parola “Sabil” che denota la condivisione fra chiunque possa accedere a questi regali della natura. Il sicomoro può fruttificare anche 8 volte all’anno.
Nella canzone parlando di Zaccheo uso la parola “Sicofante”, è una parola di origine greca “sùkon” fico ed il verbo “fàino” mostrare. Era colui che denunciava chi esportava i fichi illegalmente ma poi venne attribuita a chi defraudava e calunniava.
Faccio menzione del fatto che nel 1972 Sharon ministro dell’agricoltura acquistò i terreni vicini a Sderot, cittadina nata dopo la distruzione del villaggio palestinese di Huj nel 1948 e la conseguente evacuazione dei suoi abitanti verso Gaza. Realizzò il suo Sicomoro ranch (Havat Shikmim) ed è qui che ora è sepolto.
Dopo il 7 ottobre queste cittadine israeliane sono state oggetto degli attacchi di Hamas e quindi poi parzialmente evacuate. La città di Ashkelon a pochi km nord da Gaza fino al 1948 era abitata solo da 5.000 arabi ora vi sono circa 100.000 israeliani arrivati da Russia, Africa, Asia. Paola Carini nel libro riporta testimonianze di chi ricorda di un viale con migliaia di sicomori che lo fiancheggiavano da entrambi i lati, percorso gioiosamente dai ragazzini che andavano a giocare all’ombra raccogliendo i fichi.
Ora gli abitanti di Ashkelon sono preoccupati dell’inquinamento causato dai bombardamenti israeliani su Gaza, che hanno distrutto il campo profughi e anche gli impianti di depurazione a Jabalya. Ora l’acqua inquinata di Gaza risale fino a contaminare anche le loro spiagge. Sui social si leggono commenti di disprezzo e non di commiserazione per lo stato di degrado del territorio palestinese causato dai bombardamenti.
Mi è piaciuta molto la puntualizzazione che è citata nel libro rispetto al principio di consumare sul posto la frutta di questi alberi “sacri” e di non farne mercato, un concetto espresso dalla parola “Sabil” che denota la condivisione fra chiunque possa accedere a questi regali della natura. Il sicomoro può fruttificare anche 8 volte all’anno.
Paolo Rizzi - 2024/9/23 - 22:22
Giuro che non ho pregato Riccardo di fare la traduzione quindi considero il suo lavoro un omaggio da amico.
Grazie
Grazie
Paolo Rizzi - 2024/9/26 - 14:40
Confesso che per fare bella figura con i traduttori di Antiwarsongs volevo mettere il geroglifico corrispondente al "figlio del sicomoro" che avevo trovato in questo articolo ma non ho saputo come inserirlo.
Vi mando comunque questa antica storia egiziana
Vi mando comunque questa antica storia egiziana
Il figlio del sicomoro, di Cesare Feruglio Dal Dan. - Archeofriuli
Sinuhe, nella lingua di allora (Medio Regno 2064 – 1543 a. C.), significava appunto: figlio del sicomoro. I motivi che spinsero la madre a dare quel nome al pargoletto non sono noti: poteva essere un omaggio alla dea Hathor, cui l’albero era dedicato, oppure una presunzione nemmeno tanto velata di paragonarsi alla dea, visto che …
Paolo Rizzi - 2024/9/26 - 14:50
Confermo assolutamente: non me lo ha chiesto nessuno. Quando faccio qualche cosa, di solito la faccio per mia iniziativa. Ciò non toglie che sono sempre disponibile se qualcuno mi chiede di fare qualche cosa, e la faccio volentieri. Saluti cari!
Riccardo Venturi - 2024/9/26 - 16:19
Il cedro è il simbolo del Libano ora se ne appropriano i coloni israeliani.
I coloni israeliani non soddifatti degli insediamenti illegali in cisgiordania hanno già preparato una cartina del Sud del Libano con in nomi in ebraico dei paesi libanesi che vorrebbero conquistare.
il loro logo è una grande stella di Davide con dentro un cedro con grandi radici.
vedi questo articolo
https://www.france-palestine.org/Liban...
I coloni israeliani non soddifatti degli insediamenti illegali in cisgiordania hanno già preparato una cartina del Sud del Libano con in nomi in ebraico dei paesi libanesi che vorrebbero conquistare.
il loro logo è una grande stella di Davide con dentro un cedro con grandi radici.
vedi questo articolo
https://www.france-palestine.org/Liban...
Paolo Rizzi - 2024/9/27 - 21:10
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Testo / Lyrics / Paroles / Sanat: Paolo Rizzi
Paola Caridi dopo il bel libro dal titolo "Hamas" premio Kapuscinsky 2024, ha scritto un nuovo libro: Il gelso di Gerusalemme. Ci aiuta a leggere un’altra Storia di Palestina e del Medioriente, quella con la "s" minuscola, quella scritta dalla natura aggredita dall’uomo. Il gelso appartiene alla stessa famiglia del Sicomoro: le moracee, sono patriarchi generosi che donano frut-ti a tutti dall'Africa al Medioriente. Scrive così : “Perché c’è una storia che è oltre il paesaggio degli umani, a cui gli alberi assistono come testimoni, più spesso come vittime sacrificali, e che ci dice altre, diverse cose sulla terra che attraversiamo solo temporaneamente, come individui e collettività. Come specie. Ci dice che siamo una specie che progetta il paesaggio a proprio uso e consumo e che può decidere dell’irrilevanza di un albero abbattendolo, bruciandolo, facendone spazzatura. Se poi le ragioni sono dettate da conflitti e guerre si perpetua il disprezzo fino ad un ecocidio impunito.
podcast
(PS come immagine del video vi suggerisco di mettere quella della copertina del libro Il gelso di Gerusalemme che trovate in internet . spero così di invogliare qualcono ad acquistarlo, è molto bello, grazie).
Con questo brano mi sono accorto di averne composti 10 dedicati alla Palestina dal 7 ottobre 2023 ad oggi e quindi la prossima settimana vi manderò il link ad un video che li raccoglie tutti e si chiamerà Canto per la Palestina.