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Dionysios Savvopoulos / Διονύσιος Σαββόπουλος: Κανονάκι

GLI EXTRA DELLE CCG / AWS EXTRAS / LES EXTRAS DES CCG
Language: Greek (Modern)


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(Dionysis Savvopoulos / Διονύσης Σαββόπουλος)
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(Dionysis Savvopoulos / Διονύσης Σαββόπουλος)


Kanonáki
[1979]

Στίχοι και μουσική / Testo e musica / Lyrics and music / Paroles et musique / Sanat ja sävel :
Dionysis Savvopoulos

Ερμηνεία / Interpreti / Performed by / Interprétée par / Laulavat:
Dionysis Savvopoulos

'Αλμπουμ / Album :
Η Ρεζέρβα

[[https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/8/89/Meshadi_Jamil_Amirov_playing_qanun.jpg/537px-Meshadi_Jamil_Amirov_playing_qanun.jpg|   ]
Τούτος ο κανόνας με το κανονάκι,
τούτος ο κανόνας με το κανονάκι
αν δεν είχε λόγο χαρισμένο
θα `τανε ψωμί σκουληκιασμένο.

Πούθεν έρχεται και που θε ξεχειλίζει,
πούθεν έρχεται και που θε ξεχειλίζει
μέσ’ από το ρεύμα και το χρόνο
μέσ’ απ’ τη συνήθεια και το νόμο.

Κανονάκι, κανονάκι δεν υπάρχει ορόσημο
κόβονται τα γόνατά μου στο τρελό της δόσιμο.
Είναι η χάρη που μας παίρνει, σκάει κι απογειώνεται
βρίσκει την καινούργια βία και ξανασαρκώνεται.

Μας αγάπησε αφού έρχεται και στρίβει,
μας αγάπησε αφού τη στέγη ανοίγει
στ’ αφρισμένο κύμα του χειμώνα,
στου Αυγούστου τον απατεώνα.

Στους καταυλισμούς ορμάει μ’ ασθενοφόρο,
ξεριζώνει ένα σύρμα ηλεκτροφόρο
το τελειώνει μέσ’ στην μουσική της
κι ύστερα πετάει το κλειδί της.

Κανονάκι, κανονάκι δεν υπάρχει ορόσημο
κόβονται τα γόνατά μου στο τρελό της δόσιμο.
Είναι η χάρη που μας παίρνει, σκάει κι απογειώνεται
βρίσκει την καινούργια βία και ξανασαρκώνεται.

Ξέρω να κρατώ τα μέτρα και τους χρόνους
τους μικρούς μου κώδικες σχεδόν τους ξέρω όλους
κι όμως δε θα είχα επιτυχία
δίχως την κρυμμένη τους αιτία.

Μια φορά κι έναν καιρό
ήταν ένας κότσυφας
που τον λέγαν Σταύρο.

Απέκτησε φωλιά και κοτσυφόπουλα
και τόσο περήφανος αισθάνθηκε
που βγήκε και κάθονταν στο κλαδί
καμαρωτός καμαρωτός.

Από μακριά
έρχονται όλα τα πουλιά του δάσους...
Μπεκάτσες, τσίχλες, περιστέρια, αηδόνια,
τσαλαπετεινοί και παγόνια
από μακριά τον χαιρετάνε
κι από κοντά του λένε:

"Γεια σου Σταύρο!"

"Δε με λένε Σταύρο,
μον’ με λένε Σταύρο και κυρ Σταύρο
και αφέντη Τσουτσουλομύτη!"

Αλλάζει όμως ο καιρός,
να βροχές, να χαλάζια, να κεραυνοί
πάει η φωλιά πάν’ τα κοτσυφόπουλα, παν’ όλα,
βγήκε και κάθονταν στο κλαρί μονάχος.

Από μακριά
έρχονται όλα τα πουλιά του δάσους...
Μπεκάτσες, τσίχλες, περιστέρια, αηδόνια,
τσαλαπετεινοί και παγόνια
από μακριά τον χαιρετάνε
κι από κοντά του λένε:

"Γεια σου Σταύρο και κυρ Σταύρο
και αφέντη Τσουτσουλομύτη!"

"Δε με λένε Σταύρο και κυρ Σταύρο
και αφέντη Τσουτσουλομύτη.
Μόνο Σταύρο με λένε, μόνο Σταύρο"...

Contributed by Riccardo Gullotta - 2024/9/16 - 10:01



Language: Italian

Μετέφρασε στα ιταλικά / Versione italiana / Italian version / Version italienne / Italiankielinen versio:
Riccardo Venturi, 16-9-2024 21:55

Per rispondere a Riccardo Gullotta: la canzone, lo dico subito, deve andare tra gli “Extra” senza se e senza ma. La canzone, a mio parere, è una metafora di tutta la carriera artistica di Savvopoulos fino a quel momento, e delle sue esibizioni in pubblico; la parte centrale e quella finale della canzone sono occupate da una “favoletta”, scritta da Savvopoulos stesso (e di cui Savvopoulos scrisse anche una vera e propria versione in prosa a mo’ di favola di Esopo) che sembra rappresentare prima una sorta di vano orgoglio e presunzione derivati dalla coscienza di rappresentare una “novità” nel panorama musicale e cantautorale greco, seguìto dalla delusione e dal duro ritorno coi piedi per terra (il termine τσουτσουλομύτη è una creazione ad hoc di Savvopoulos: significa qualcosa come “becco superbo”, per il quale ho preso a prestito il “Fierobecco” di Harry Potter, che mi sembra starci a meraviglia. Τσούτσουλος è, peraltro, un termine cretese che significa “ragazzaccio, teppista”). Insomma, una sorta di “autocritica critica” in quella che sembra una vera e propria “avvelenata” savvopouliana: macché, tutto quel che ho fatto andrebbe buttato via, e sarebbe tutto ‘pan bacato’ se non avesse la ‘ragione ben precisa’ di ritornare alla musica tradizionale, simboleggiata dal kanun (che, infatti, nella canzone viene suonato). Insomma, l’ammissione di una sconfitta. La “favoletta” del merlo Stavros, che solitario se ne sta sul ramo a cantare uscendo dalla massa, va intesa in questo senso. Ora, d’accordo; tutto queste -nonostante almeno in parte condivise da qualche raro commentatore della canzone, perché anche in Grecia, generalmente, nei testi di Savvopoulos ci si capisce poco o punto, sono mie elucubrazioni e come tali vanno prese e intese. Quanto a ermeticità e cripticità di certi suoi testi, Dionysios Savvopoulos non è secondo a nessuno, a parte il Παυσίλυπον di Lavrendis Mahairitsas (l’unica traduzione che io abbia mai inviato prima a stixoi.info) e i testi del “Volume 8” di De André e De Gregori. Quindi, tutto quel che ho detto potrebbe essere tranquillamente una serie di stra-cata-megacazzate belle e buone. Ad ogni modo, davanti a un testo di Savvopoulos prende in ogni caso il dèmone della traduzione, ed è un dèmone al quale sono devoto fin da età piuttosto tenera. [RV]
Kanun

Questo brano, senza il kanun,
Questo brano, senza il kanun,
Se non avesse una ragione ben precisa
Sarebbe solo pan bacato.

Da dove arriva, da dove scaturisce,
Da dove arriva, da dove scaturisce,
Attraverso lo scorrere del tempo,
Attraverso la consuetudine e la legge?

Kanun, kanun, non esiste pietra miliare,
Mi si spezzan le ginocchia al pazzo dono
Della grazia che ci prende, irrompe e decolla,
Trova nuova violenza e si reincarna.

Ci ama da quando viene e si contorce,
Ci ama da quando s’apre il tetto
Nell’onda spumosa dell’inverno
E in agosto, l’impostore.

Piomba sui bivacchi con un’ambulanza,
Sradica un cavo che porta corrente,
Termina nel bel mezzo della musica
E poi ne butta via la chiave.

Kanun, kanun, non esiste pietra miliare,
Mi si spezzan le ginocchia al pazzo dono
Della grazia che ci prende, irrompe e decolla,
Trova nuova violenza e si reincarna.

So mantenere misure e tempi,
I miei piccoli codici li conosco quasi tutti;
Eppure non ci sarei riuscito
Senza la loro causa nascosta.

C’era una volta
Un merlo:
Si chiamava Stavros.

Aveva un nido e dei merlotti
E si sentiva talmente fiero
Che uscì, e si sedette sui rami,
Orgoglioso, orgoglioso.

Da lontano
Arrivan tutti gli uccelli dalla foresta,
Beccacce, tordi, colombi, usignoli,
Pivieri e pavoni,
Lo salutan da lontano
E gli dicon da vicino:

“Ehilà, ciao Stavros!”

“Non mi chiamo Stavros,
mi chiamo solo Stavros, il signor Stavros
e padron Fierobecco!”

Però cambia il tempo,
Pioggia, grandine, fulmini.
Il nido è andato, andati i merlotti, andato tutto:
Ma lui uscì, e si sedette da solo sul ramo.

Da lontano
Arrivan tutti gli uccelli dalla foresta,
Beccacce, tordi, colombi, usignoli,
Pivieri e pavoni,
Lo salutan da lontano
E gli dicon da vicino:

“Ehilà, ciao Stavros, signor Stavros
E padron Fierobecco!”

“Non mi chiamo Stavros né signor Stavros,
E né padron Fierobecco,
Mi chiamo solo Stavros, solo Stavros.”

2024/9/16 - 21:57


La canzone accenna alla cetra orientale, il Qanun? Il testo è incomprensibile per i comuni mortali, forse anche per quelli che hanno nozioni di greco moderno. Occorre quindi un filologo che veleggi tra le onde della sintassi greca e i flutti della storia greca contemporanea. È ben noto: Ο Πρώτος φιλόλογος Riccardo Venturi.

Riccardo Gullotta - 2024/9/16 - 10:03


Grato dalla traduzione, l’unica nel web comunemente accessibile, e dalle note introduttive. Viene fuori il quadro di una canzone cervellotica e per di più “autocelebrativa”. Rimane un margine di dubbio, se oltre a canzonare sarcasticamente sé stesso Savvopulos non stia anche facendosi beffe del pubblico. Comunque mi sembra di scorgere un motivo della rarefazione dell’interesse per l’autore da un certo momento in poi. Per completare il quadro sarebbe interessante avere qualche notizia di come è evoluto il percorso artistico di Savvopoulos negli anni successivi. Dopo quello della traduzione plauderemmo anche al daimon della storia della musica greca, se non è chiedere troppo.

Riccardo Gullotta - 2024/9/16 - 23:48


Eh, di fare una storia della musica e della canzone greca d’epoca moderna e contemporanea c’era preso, a suo tempo, a me e al Testa. Ma, probabilmente, non saremmo stati capaci di fare un’opera organica e strutturata, alla quale avremmo senz’altro dovuto dedicare tutto il nostro tempo. Inoltre, e qui parlo esclusivamente per me stesso, io sono un frammentario per definizione. Forse, anche proprio per questo, nella forma del database a singole pagine che è questo sito, mi sono trovato come un pesce nell’acqua. E’ sempre necessario riconoscere i propri limiti: sono capace di scrivere monografie più o meno brevi su una data canzone (d’autore e popolare), sono capace di ricollegarla ad un contesto più ampio, ma scrivere una storia intera della musica greca non è cosa per me. Quindi mi accontento di essere un “fornitore di materiale” per chi volesse, e lo spero, occuparsene un giorno...

Riccardo Venturi - 2024/9/17 - 00:37




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