Language   

Il fannullone

Fabrizio De André
Language: Italian


Fabrizio De André

List of versions



fabfuma
[1963]
Scritta da Fabrizio De André e Paolo Villaggio
Written by Fabrizio De André and Paolo Villaggio
Singolo Karim KN177
First single issue: Karim KN177

Sia detto da un insonne
di Riccardo Venturi

Il rag. Fantozzi crocifisso in sala mensa.
Il rag. Fantozzi crocifisso in sala mensa.
Questa è una vecchia, finanche vecchissima canzone di De André. Una delle due (assieme a Carlo Martello torna [o: ritorna] dalla battaglia di Poitiers; o Carlo Martello) scritta, nel 1963, assieme al suo amico Paolo Villaggio, presentate assieme sull'unico, storico single Karim KN177. E Paolo Villaggio lo si osserva perfettamente nel testo, ad esempio con l'uso del caratteristico aggettivo tragico, che sarà in seguito talmente popolarizzato con la saga di Fantozzi da fargli assumere una nuova accezione nel vocabolario della lingua italiana. Fantozzi, ovvero –grattate le divertenti (e in certi casi celeberrime) gag- una delle più grandi requisitorie contro il lavoro e contro il padronato che siano mai state scritte in questo paese. Il mondo della grande azienda disumanizzante, il padrone santificato con le poltrone in pelle umana, il povero impiegatuccio coi suoi pregi e i suoi difetti, le sue umanità e le sue carognerie, che cerca in qualche modo di sopravvivere. Fantozzi, anch'esso oramai entrato nell'uso come sostantivo comune: un fantozzi, si dice da anni. E del rag. Fantozzi il "fannullone" di questa canzone è forse il necessario fratello, quello che non si è piegato. La provenienza è la stessa.

fannucarloSia detto da un insonne: questa è una canzone deliziosamente rivoluzionaria, addirittura sovversiva. Allora come oggi. La storia di un uomo che sceglie di vivere il lato giocoso della vita, dormendo di giorno le sue famose "quattordici ore" e vagando di notte a raccontare storie, rendendosi così inviso alla "gente perbene". Gli diedero lavoro nel grande ristorante, ma il lavoro lo mandò presto a farsi fottere, la schiavitù di consegnare il proprio tempo a un padrone per due soldi che gli avrebbero comunque fatto fare la stessa fame. A nulla si adatta, questo irriducibile, questo non suscettibile di ravvedimento; ama, ma la convenzione del matrimonio gli sta stretta. E la sua dolce sposa, dopo essere scappata, per fortuna se ne accorge e preferisce tornare a vivere accanto a lui la sua vita raminga. Scelte terribilmente radicali, se viste in una data ottica. Un'ottica che proprio ora potrebbe addirittura portarti in galera, il posto dove di solito va a finire chi si oppone in blocco alla società che ha nel lavoro uno dei suoi intoccabili capisaldi. Lavoro, famiglia, chiesa e sbirri. "Dio, patria e famiglia riducono l'uomo in poltiglia", come diceva nel suo delirio finale un altro indimenticabile fannullone, il Balordo di Piero Chiara (cui ci piace ripensare con la faccia di Tino Buazzelli, che per inciso, oltre ad essere stato interprete del detective più fannullone della storia, Nero Wolfe, fu anche uno dei massimi interpreti brechtiani di questo paese).

Tino Buazzelli.
Tino Buazzelli.
E allora, ecco il perché di questa canzone, di questo inno al non fare niente, perché non fare niente è vivere la vita, è non permettere che te la prendano, che se ne impadroniscano, che te la stritolino. E non è certo semplice. Dormire quando va, svegliarsi quando va, fare quello che si vuole in culo al "lavoro che nobilita" (se per "nobilitare" si intende quel che veramente significa, ovvero arricchire il signor padrone), al lavoro che è l'unica cosa che è riuscita a mettere d'accordo tutte le componenti del potere in quanto creatrice principale di oppressione. E da questo punto di vista, può essere senz'altro anche una canzone "contro la guerra"; ma è ben altro. Questa canzoncina, questa apparente storiellina spesso relegata tra le canzoni "minori" di De André. Sia detto da un insonne cronico. [RV]
Senza pretesa di volere strafare
io dormo al giorno quattordici ore
anche per questo nel mio rione
godo la fama di fannullone

ma non si sdegni la brava gente
se nella vita non riesco a far niente.

Tu vaghi per le strade quasi tutta la notte
sognando mille favole di gloria e di vendette
racconti le tue storie a pochi uomini ormai stanchi
che ridono fissandoti con vuoti sguardi bianchi

tu reciti una parte fastidiosa alla gente
facendo della vita una commedia divertente.

-Ho anche provato a lavorare
senza risparmio mi diedi da fare
ma il sol risultato dell'esperimento
fu della fame un tragico aumento

non si risenta la gente per bene
se non mi adatto a portar le catene.

Ti diedero lavoro in un grande ristorante
a lavare gli avanzi della gente elegante
ma tu dicevi -il cielo è la mia unica fortuna
e l'acqua dei piatti non rispecchia la luna

tornasti a cantar storie lungo strade di notte
sfidando il buon umore delle tue scarpe rotte.

-Non sono poi quel cagnaccio malvagio
senza morale straccione e randagio
che si accontenta di un osso bucato
con affettuoso disprezzo gettato

al fannullone sa battere il cuore
il cane randagio ha trovato il suo amore.

Pensasti al matrimonio come al giro di una danza
amasti la tua donna come un giorno di vacanza
hai preso la tua casa per rifugio alla tua fiacca
per un attaccapanni a cui appendere la giacca

e la tua dolce sposa consolò la sua tristezza
cercando tra la gente chi le offrisse tenerezza.

È andata via senza fare rumore
forse cantando una storia d'amore
la raccontava ad un mondo ormai stanco
che camminava distratto al suo fianco

lei tornerà in una notte d'estate
l'applaudiranno le stelle incantate

rischiareranno dall'alto i lampioni
la strana danza di due fannulloni
la luna avrà dell'argento il colore
sopra la schiena dei gatti in amore.

Contributed by Riccardo Venturi - 2007/12/8 - 17:51




Language: French

Version française – Le Fainéant – Marco Valdo M.I. – 2008
Chanson italienne – Il Fannullone – Fabrizio De André et Paolo Villaggio – 1963

C'est une ancienne, même très ancienne chanson de De Andrè écrite, en 1963, avec son ami Paolo Villaggio, auteur de Fantozzi, personnage comique, qui est un des plus grands réquisitoires contre le travail et contre le patronat qui ait jamais été écrit dans ce pays (L'Italie). Le monde de la grande entreprise déshumanisante, le patron sanctifié avec ses fauteuils en peau humaine, le pauvre employé avec ses qualités et ses défauts, son humanité et ses saloperies, qui d'une certaine manière cherche à survivre. Fantozzi, lui aussi, est désormais entré dans l'usage comme nom commun : un fantozzi, dit-on depuis des années.

(À cet égard, note Marco Valdo M.I., le Zingarelli 2000 propose également l'adjectif fantozziano [ dal n. del ragioniere Ugo Fantozzi, personagggio creato del comico P. Villaggio – 1977], agg . - che ricorda i modi goffi e impacciati di U. Fantozzi : tragicomico, grottesco. / [ du nom du comptable Ugo Fantozzi, personnage créé par le comique P. Villaggio – 1977, adjectif : : qui rappelle les manières bouffonnes et empruntées de Fantozzi : tragicomique, grotesque)

Et du comptable (ragioniere) Fantozzi, le « fainéant » de cette chanson est peut-être le frère nécessaire, celui qui ne s'est pas incliné. La provenance est la même.
...

C'est une chanson délicieusement révolutionnaire, éminemment subversive. Alors comme aujourd'hui. L'histoire d'un homme qui choisit de vivre le côté joyeux de la vie, dormant le jour ses fameuses quatorze heures et vaguant la nuit à raconter des histoires en se rendant ainsi invisible aux « bonnes gens ». On lui donne du travail dans un grand restaurant, mais il envoie vite se faire foutre ce travail – l'esclavage de concéder son temps à un patron pour deux sous qui lui assure de toute façon la même faim. Il ne s'adapte à rien, cet irréductible, ce peu susceptible de repentance : il aime, mais la convention du mariage l'étouffe. Et sa douce épouse, après avoir fui, par chance s'en aperçoit et préfère revenir vivre auprès de lui sa vie errante. Choix terriblement radicaux, si on les voit dans une certaine optique? Une optique qui justement maintenant pourrait certainement conduire en prison, la place où habituellement va finir celui qui s'oppose en bloc à la société qui a le travail comme un de ses intouchables fondements. Travail, famille, église et flics. « Dieu et famille réduisent l'homme en bouillie », comme disait dans son délire final un autre fannullone inoubliable, le Balordo de Piero Chiara, auquel il nous plaît de penser sous le visage de Tino Buazelli, qui par parenthèse, en plus d'avoir été l'interprète du détective le plus fainéant de l'histoire, Nero Wolfe, fut aussi un des grands interprètes brechtiens de ce pays).
Et alors, voici le pourquoi de cette chanson, de cet hymne au farniente, parce que ne rien faire, c'est vivre, c'est ne pas permettre qu'ils te la prennent, qu'ils en emparent, qu'ils te la brisent – ta vie. Et ce n'est pas simple. Dormir quand ça vient, s'éveiller quand ça vient, faire ce que tu veux au mépris du « travail qui ennoblit » (si par ennoblir, on entend ce que vraiment cela signifie, c'est-à-dire enrichir un patron), du travail qui est l'unique chose qui a réussi à mettre d'accord toutes les composantes du pouvoir en tant que source principale de l'oppression. Et de ce fait, elle peut-être absolument une « chanson contre la guerre »; mais elle est aussi bien autre chose. Cette chansonnette, cette historiette toujours reléguée dans les chansons « mineures » de De Andrè... Ainsi parlait Riccardo Venturi.
Marco Valdo M.I. ajoute un petit appendice à ces réflexions des plus judicieuses, à savoir qu'à traduire cette chanson, il lui venait en tête « La Mauvaise Réputation » et « La Mauvaise Herbe » de Georges Brassens et pour le versant italien, « Il raccoglitore di olive » d'Ugo Dessy, que précisément Fabrizio De Andrè considérait comme son père spirituel, ainsi qu'il le déclara lors de son dernier concert à Cagliari en 1998.
LE FAINÉANT

Sans prétendre vouloir faire du zèle
je dors quatorze heures, le jour
Aussi, pour ça, dans mes alentours
Je jouis de la réputation de fainéant.

Mais que les bonnes gens ne s'indignent pas
si dans la vie, je n'arrive pas à faire quoi que ce soit.

Tu vagues par les rues presque toute la nuit
En rêvant de mille fables de gloire et de vengeances
Tu racontes tes histoires à de rares hommes fatigués
qui rient en te fixant de leurs blancs regards vides.

Tu récites un rôle fastidieux aux gens
en faisant de la vie une comédie divertissante.

J'ai aussi essayé de travailler
je me suis donné, sans m'épargner
mais le seul résultat de l'expérience
fut de ma faim, une tragique croissance.

Que les bonnes gens ne s'indignent pas
si je ne me fais pas à porter leurs chaînes.

Ils te donnèrent du travail dans un grand restaurant
à laver les restes des gens élégants
Mais tu dis : le ciel est mon unique fortune
et l'eau des plats ne reflète pas la lune.

Tu retournas chanter des histoires le long des rues, de nuit
provoquant la bonne humeur de tes chaussures cassées.

Je ne suis pas ce chien méchant
sans morale, déguenillé, errant
qui se contente d'un os creux
Jeté avec un mépris affectueux.

Le cœur du fainéant sait battre,
Le chien errant a trouvé son amour.

Tu pensas au mariage comme à un tour de danse.
Tu aimas ta femme comme un jour de vacances.
Tu as pris ta maison comme refuge à ta fatigue,
pour une patère où pendre ta veste.

Et ta douce épouse consola sa tristesse
cherchant parmi les gens celui qui lui offrît la tendresse

Elle s'en est allée sans faire de bruit
Peut-être en chantant une histoire d'amour
Elle la racontait à un monde déjà lassé
qui cheminait distrait à son côté.

Elle reviendra une nuit d'été
les étoiles l'applaudiront enchantées.

Du haut, les lampions éclaireront
l'étrange danse de deux fainéants
La lune aura la couleur de l'argent
au-dessus de l'échine des chats en amour.

Contributed by Marco valdo M.I. - 2008/7/23 - 21:58




Language: English

La versione inglese di Dennis Criteser [2014]
Dal blog Fabrizio De André in English

fannucarl

"Il fannul[l]one" was the A-side of De Andrè's third single on Karim, released in 1963. It was co-written with Paolo Villaggio, a childhood friend. There are several strains in this early song that will surface regularly in later songs: going against the grain of mainstream society, a sense of irony towards so-called respectable folk ("la gente per bene"), and an irreverent and playful attitude. The song no doubt sprang from the anti-conformist lifestyles of the two young authors. Riccardo Venturi called this song "deliciously revolutionary and subversive" and described it as a "hymn to doing nothing," where to do nothing is to live life truly, not allowing a dehumanized corporate complex to take it away from you." - Dennis Criteser
THE SLOUCH

With no pretense of wanting to overdo it,
I sleep fourteen hours a day.
Also for this reason, in my district
I enjoy the reputation of a slouch.
But don't scorn the good people
if I don’t manage to do anything in life.

You roam the streets almost all night long,
dreaming a thousand tales of glory and revenge.
You recount your stories to a few men now tired,
who laugh, fixing you with blank, empty stares.
You play an annoying role for people,
making of life an amusing comedy.

I even tried to work,
with all my might I tried hard,
but the only result of the experiment
was a tragic increase in hunger.
Respectable people aren’t offended
if I’m not well-suited for carrying the chains.

They gave you work in a big restaurant
washing the scraps of the elegant people.
But you said, "The sky is my only good fortune
and dishwater doesn't reflect the moon."
You returned to sing stories along nighttime streets,
defying the good humor of your worn-out shoes.

I'm not, then, that malicious cur
without morals, tramp and vagabond
who contents himself with a pierced bone
discarded with affectionate scorn.
For the slouch, the heart knows how to beat,
the stray dog has found its love.

You thought of marriage as a turn at a dance,
you loved your woman like a day on vacation.
You took your house as a refuge for your sluggishness,
as a rack on which to hang your jacket,
and your sweet spouse consoled her sadness
searching among people for anyone
that might offer her tenderness.

She went away without making a sound,
perhaps singing a story of love.
She recounted it for a world tired by then,
one that walked inattentive at her side.
She'll return on a summer night,
they will applaud her, the enchanted stars.

From up high the streetlamps will illuminate
the strange dance of two slouches.
The moon will be silver in color
over the backs of the cats in love.

Contributed by Riccardo Venturi - 2016/2/9 - 06:20




Language: Italian (Pugliese altamurano)

Versione di CARL nel dialetto pugliese di Altamura (BA)
'U SKUALZACHEJNE

Senze ca wogghie stè a fè ù de chiù
jìje dorme quattordece jòure a la die
pure pe cusse tutte i crestiejne
m'awonne pegghiejte pe nu skualzachejne

nan'ze facessere na malatije
ce jìje inde a la vite nan'zecce la fatije.

Tu vè facenne l'arte de nu crijalasse
derme a capetejle vasce mange e bbive e vè à la spasse
'nge cunde li patùte a chidde e quatte amere vicchie
ca rìt'ne e se stonne a tremènde come e mammalucche

te jàcchie à fè na parte de nu zembre 'mmenze à 'ggende
a ce'rcheje la lemòsene à fè la vite du p'zzende.

Sò pure pruwejte à fatijeje
come a nu ciucce m'ammenebbe a spezzeje
ma la fatìche se chiejme checozze
e chiù la penze e chiù nan'me'ngozze

nan'l'inderesse ce stoke all'abbinde
ce passe ù timbe a menè i pèrd're ò winde.

T'acchiòr'ne nu fuatije jinde a n'osterande
a lavèje li piatt're di signùre chiù 'mbortande
ma tu decivve 'ngille...jè chedde l'utema furtune
e jinde all'acque de i piatt're nan'ge lustre la lune

sciste a fernesce arrète a sunè 'mmenze a la strejte
a rìte sobbe e desgràzzie de chidde scarpe sfunnejte.

Nan'zonde nemmanghe cuddu cuejne r'gnuse
chjìne de zecche bastarde e lagnùse
ca s'accundende de n'esse avvanzejte
ca pe cumbuassiaune m'awonne scettejte

ò skualzachejne u core jè 'mbazzìte
'u cuejne r'gnuse s'è'chiejte la zìte.

Penzeste ò matremonie come a nu gire de tarànde
wuliste bene a chedda fèmene sckìtte pe d'vertemende
sì p'gghiejte chedda chejse pe n'ostelle o pe n'alberghe
o pe n'appennacappotte pe 'ggì a mette la sciammèrghe

e chedda fem'na sande se scì a chieje n'alta rette
ca june allasse e cinde ne jacchie sobbe a la vellètte.

Se n'è 'ggiute citte senz'assì nu fiejte
forse candanne de dò 'namurejte
candaje la storie a nu mùnne ca tenàje
la chejpa scundrariete de weje

s'à và d'trèje la notta chiù belle
'nge awonne à batte li mejne pure li stelle

awonne a fè lusce da sobbe e lambùne
u 'bbualle stràuse d'i dò skalzachejne
la lune à jesse d'arginde la tinde
sobbe a li spadde d'i jatt're cundende.

Contributed by CARL - 2012/5/19 - 11:09


Mi permetto di aggiungere che il testo della canzone secondo me ha anche qualcos'altro di autobiografico in entrambe le vite dei due autori all'epoca: da giovani, infatti, De André e Villaggio tiravano spesso tardi fino all'alba girovagando per strade e case di amici, per poi dormire tutto il giorno seguente.
Credo che anche questo aspetto sia stato decisivo per la stesura del testo che, essendo molto vecchio, è stato probabilmente scritto proprio nel periodo succitato.
Ottimo articolo, comunque: condivido ogni singola parola.

Luca 'The River' - 2015/2/27 - 11:18


CIAO FANNULLONE


villadeand


E così alla fine se n'è andato anche Paolo Villaggio. Villaggio Paolo, non "Fantozzi". A leggere in giro sembra che sia morto prima il rag. Fantozzi Ugo, e poi, in sottordine, tale Paolo Villaggio, che tra l'altro è coautore di questa e di un'altra canzone del suo amico Fabrizio De André. Evaporati ora tutti e due in una nuvola rossa, in una delle molte feritoie della notte assieme a gatti, chitarre, genove, professor krantz e chissà quante altre cose. Ed è così che preferiamo ricordarlo, Paolo Villaggio: come un immenso, meraviglioso e lunare fannullone. Almeno nel momento estremo, Fantozzi se ne stia buono in sala mensa. Ma sia comunque ben chiaro che la Corazzata Kotionkin resterà per sempre una cagata pazzesca!

A Paolo Villaggio alziamo alla sua salute una bottiglia di Peroni ghiacciata, con tanto di frittatona di cipolle e rutto libero. Proprio oggi che se n'è andata anche Solvi Stubing, la bionda della birra Peroni. Che te la porti lei la birra: Gott ist ein lautes Nichts, ihn rührt kein Nun noch Hier.

CCG/AWS Staff - 2017/7/3 - 17:29


semplicemente GRAZIE!

pippo montedoro - 2023/12/15 - 16:01




Main Page

Please report any error in lyrics or commentaries to antiwarsongs@gmail.com

Note for non-Italian users: Sorry, though the interface of this website is translated into English, most commentaries and biographies are in Italian and/or in other languages like French, German, Spanish, Russian etc.




hosted by inventati.org