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Dal '68 al Blog

Giovanna Marini
Lingua: Italiano


Giovanna Marini

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Dal '68 al Blog


In “Dal ‘68 al blog” Giovanna Marini canta con trasparenza la sua nostalgia per un tempo diverso, fatto di rapporti schietti e diretti. E insieme esprime tutta la sua epidermica allergia per il computer e per la sua logica priva di anima. Il ‘68 di Giovanna Marini non è solo il tempo delle proteste e dei movimenti, ma è il momento delle relazioni umane, della solidarietà, del darsi da fare per un bene collettivo. E’ questo uno spirito che rimane e che cova sottopelle, contrapponendosi alla rigidità, all’individualismo, alla distrazione di massa dell’era del computer e del blog.
Ala Bianca Group

*

"Il mio sessantotto e il mio blog! Questo canto è trasparente, un canto nostalgico, e perché no?, legato a una epidermica allergia al computer, alla sua stolida logica priva d’anima che però noi che di anima ne abbiamo troppa, cogliamo come critica alla nostra pochezza nel maneggiarlo. Il computer! Il quotidiano nemico di cui non posso fare a meno e che mi ruba un tempo prezioso perché lui non capisce me e io non capisco lui. Mentre i cittadini al di sotto dei sessant’anni lo capiscono a meraviglia e con una destrezza e rapidità che lui, il computer, apprezza molto e ricambia il loro affetto con prestazioni magiche. Anche questo è motivo di una certa stizza nei suoi confronti che non mi passa. E però lo maledico e lo uso e lui lo capisce. E trionfa. Ma non volevo raccontarvi solo questo, vi racconto la vita di quando il computer non c’era e si perdeva il tempo a spostarci di qua e di là per incontrare la gente con cui vivere meglio e rendere realtà i nostri sogni, proprio perché lui non c’era. Di questo vi canto e racconto, e mi sfogo".
Giovanna Marini, 'Dal '68 al blog', l'inedito di 'È finito il Sessantotto?'
Mi trovavo all'Infernetto
proprio cinquant'anni fa,
eravamo lì a parlare
alla sezione del PCI,
quando arrivano affannati
dei compagni scalmanati.
“Su muovetevi, che fate?
mica siamo al centro anziani.
Qua succede il finimondo
alle case popolari.
Dove stanno i baraccati,
ora c'è la polizia.
Se li sta portando via,
proprio sotto ai nostri occhi,
vecchi, giovani, malati,
tutti via, famiglie intere.
Sembra di essere tornati
ai tempi delle squadre nere. "

Su muoviamoci, corriamo,
noi scattiamo tutti in piedi,
"Fermi tutti, dove andate?"
È una voce autoritaria,
ci fermiamo lì per aria,
ha parlato il segretario.
"Qua si deve ragionare,
quelli sono baraccati,
ma le case popolari
sono tutte già assegnate
nelle liste regolari.
Dominate il vostro istinto
e iscrivetevi a parlare
o tacete, per favore. "

Già mi immagino una notte
tutta sola, discussione,
ce ne andiamo quatti quatti,
un gruppetto già in azione.
Nella notte ora respiro
e mi guardo un poco in giro,
come funghi casermoni,
già mi sembrano ammuffiti.

Sono nati da due anni
e sono già vecchi da buttare,
ma era bella quella gola,
ci si andava per giocare,
con le pecore, i pastori
e mondezze ciminiere.
Per rispetto al padre eterno,
detta Valle dell'inferno,
proprio dietro al Vaticano,
dove stanno le fornaci
con le lunghe ciminiere
nelle fiamme, nella notte,
quasi a farci ricordare
gli anni dell'occupazione,
quando in fuga dai tedeschi
si mischiavano ai mattoni
i ricercati socialisti,
quelli sì che erano buoni.

Era bella qui la vista,
ora è persa e non c'è più,
solo case, bianco sporco,
intonacate di miseria.
Con i poveri occupanti
ce ne andiamo in Campidoglio,
per incanto nasce un fuoco,
ci accucciamo tutti quanti,
incominciano anche i canti,
è arrivato pure il vino,
quella che era una protesta
si trasforma in una festa,
ora c'è la polizia,
sembra farci compagnia.

Mentre vi racconto questo,
mi viene fatto di pensare
al 2017, proprio pochi mesi fa,
sono stati sgomberati
dei migranti baraccati
sono finiti tutti quanti
in Campidoglio a protestare,
i poveretti erano soli,
circondati e spintonati.
Polizia, jeep, volanti,
botte e calci trascinati,
inzuppati dagli idranti,
senza amici e senza campi.

Molta stampa e cineprese,
forse un po' di quei studenti
che al di fuori dei partiti
formano i centri sociali,
animati come sono
dagli altissimi ideali.

E noi dove eravamo?
E noi non c'eravamo, no.

Mi domando dove siamo,
nella testa c'ho la nebbia,
molto fitta, annaspo, annaspo,
sento questo e sento quello,
sento tutti e non capisco,
ma una cosa sola è chiara,
è finita la stagione
della mobilitazione,
quando eri parte integrante
di una società vivente
che decide ed interviene,
e ora immersi in questa nebbia
che viene chiamata smog
è affiorato quest'insieme,
giustamente detto blog.

Tu smarrito, ti ci tuffi
è un momento e sei placato
e proclami a tutto il mondo,
“questo sì che è geniale,
universale informazione,
importante diffusione,
questa è la rivoluzione,
questo sì va conclamato."

Ma che bello il blog,
ma che caro il blog,
che compagno questo blog,
non ho volto là,
io non conto là,
non ho responsabilità,
niente più schiavitù,
qui ci sto a tu per tu,
quanta pace che mi dà.
La fatica sì, non mi piace così,
resto a casa e lui sta sempre lì,
non mi strilla, no, mi consiglia sì,
ho trovato un buon papà.
Quanti amici che c'hai
e che non vedrai mai
mentre stai sulla virtualità.

A me basta il net,
non mi serve il contatto,
io mi scelgo chi mi va,
tutto il resto scompare,
la vita mi appare
una grande novità.

Se qualcosa non va
nella nuova realtà,
se qualcuno fastidio mi dà,
metto mano al mouse,
butto via tutto il caos,
ma che bella libertà.

Il sorriso mi torna sul viso, la la
tutto il mondo nel blog mi ci sta,
vedo tutto, so tutto,
è un bel gioco, mi butto
ho bisogno di sazietà.

Accettiamo supinamente
di non capirci niente,
sopportiamo serenamente
il mistero di questa gente.

Accettiamo coerentemente
di non obbiettare niente,
siamo tutti naviganti,
la realtà non ci è presente.

Fuori è nebbia, smog,
a noi basta il blog,
saturati e placati si sta.

Fuori è nebbia, smog,
a noi basta il blog,
saturati e placati si sta.

8/5/2024 - 22:55




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