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Freiheit in Ketten

Erich Mühsam
Langue: allemand


Erich Mühsam

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Gedicht / A Poem by / Poesia / Poème / Runo:
Erich Mühsam

Musik / Musica / Music / Musique / Sävel :
Christoph Holzhöfer [2011]

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Quando si ha a che fare, in “Rete”, con Enrico il Laborioso (questo sarebbe l’italiano per “Erich Mühsam”), è, appunto, sempre assai laborioso riuscire a determinare in quale anno una sua poesia è stata scritta. Così per questa poesia, poi musicata e cantata dal cantautore Christoph Holzhöfer nel 2011. Appare chiaro che Erich Mühsam debba averla scritta mentre si trovava in galera; solo che, a partire dal 1919, in galera c’era stato parecchie volte. Dopo la fine della Räterepublik bavarese, fu accusato di “alto tradimento” e condannato a 15 anni di reclusione; fu però liberato dopo cinque anni riprendendo la sua attività, finché, nel 1933, dopo l’ascesa alla cancelleria di Adolf Hitler e l’incendio del Reichstag, fu di nuovo arrestato e rinchiuso, in condizioni indicibili, in vari carceri e campi di concentramento, sottoposto a pestaggi e torture che non ne spezzarono però l’animo, fino all’ultimo. Fu, come si sa, assassinato nel campo di Oranienburg il 10 luglio 1934.

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Vi sono elementi, insomma, per situare questa poesia a dopo il 1919, ed altri a dopo il 1933. Non cambia però la sostanza, perché in questa poesia c’è tutto Erich Mühsam. Soprattutto l suo animo incrollabile nelle sue convinzioni di libertà assoluta, che non era individualista. Erich Mühsam aveva messo la sua libertà individuale al servizio della libertà di tutti, e in particolar modo degli schiavi atterriti e sfruttati. Desiderava che la sua libertà fosse uno stimolo affinché gli schiavi imparassero a liberarsi da soli, prendendo coscienza della loro condizione ed agendo in tale senso ("un animo libero fa nascere l'azione", la migliore definizione possibile dell'action directe). Però, ci dice amaramente Erich Mühsam, se gli schiavi non se ne rendono conto, sono destinati a restare schiavi. Cercano una “guida” che li conduca alla libertà, e che ci pensi lui o lei a liberarli dallo stato e dalla legge che sono invitati caldamente a infrangere (quella che, poi, sarebbe stata definita “legalità”, perché la “legalità” è sempre delle classi dominanti). Va invariabilmente a finire che lo Stato e la Legge colpiscono duro, mentre gli schiavi danno all’Erich Mühsam di turno di “chiacchierone” e di “imbroglione” perché non li ha guidati. Gli schiavi, eh sì, hanno bisogno sempre di una guida, che in tedesco, assai poco casualmente, si dice “Führer”. Dux, duce, conducător e quant’altro. Non per niente gli schiavi tedeschi si trovarono presto un bel Führer che, naturalmente, li sterminò.

E così, ecco il nostro Erich Mühsam in catene, pestato quotidianamente e destinato ad una rapida eliminazione. Faceva paura, Erich Mühsam, perché diceva la verità non soltanto sugli oppressori, ma anche sugli oppressi. Sugli oppressi schiavi e proletari (perlomeno quando ancora si poteva parlare di un proletariato) ed anche sugli oppressi di quella piccola e media borghesia che, periodicamente, si ergono a rivoluzionari (qui è d’obbligo andarsi a rileggere e riascoltare il famoso Revoluzzer). Gli oppressi, nonostante qualche sporadico conato “generazionale”, tendono eternamente a voler restare tranquillamente oppressi, a cercare di sbarcare il lunario senza che arrivi qualche esaltato a rompere i coglioni con la “libertà” e cose del genere (il famoso detto: “La libertà non è pane”). Esaltato che finisce regolarmente molto, ma molto male e a cui, una volta messo fuori combattimento e in attesa di una morte atroce, altro non resta che fare appello al proprio animo indistruttibile che lo fa restare libero anche nel pozzo più profondo di un inferno in terra. Esattamente ciò che toccò a Erich Mühsam e a tanti altri e che, va detto, nonostante tutto continua a toccare a molti mentre gli schiavi, gli oppressi, i derelitti, si gettano felici e contenti nelle grinfie delle “guide”, dei Führer.

Per concludere, questo è quel che ci disse Erich Mühsam dalla sua galera. Dalla sua eliminazione sono passati novant’anni. Era nato a Berlino il 6 aprile 1878; quando morì, aveva cinquantasei anni. E pensare che avrebbe potuto fare una vita piuttosto agiata, da figlio di farmacisti ebrei benestanti (per poi finire comunque gassato da qualche parte, ma questi sono gli imprevisti che si hanno quando le masse oppresse trovano la loro Guida). [RV]
Ich sah der Menschen Angstgehetz;
ich hört der Sklaven Frongekeuch.
Da rief ich laut: Brecht das Gesetz!
Zersprengt den Staat! Habt Mut zu euch!

Was gilt Gesetz?! Was gilt der Staat?!
Der Mensch sei frei! Frei sei das Recht!
Der freie Mensch folgt eignem Rat:
Sprengt das Gesetz! Den Staat zerbrecht!

Da blickten Augen kühn und klar,
und viel Bedrückte liefen zu:
Die Freiheit lebe! Du sprichst wahr!
Von Staat und Zwang befrei uns du!
Von Staat und Zwang befrei uns du!...

Nicht ich! Ihr müßt euch selbst befrein.
Zerreißt den Gurt, der euch beengt!
Kein andrer darf euch Führer sein.
Brecht das Gesetz! Den Staat zersprengt!

Nein, du bist klug, und wir sind dumm.
Führ uns zur Freiheit, die du schaust!
Schon zogen sie die Rücken krumm:
O sieh, schon ballt der Staat die Faust! ...

Roh griff die Faust mir ins Genick
des Staats: verletzt sei das Gesetz!
Man stieß mich fort. - Da fiel mein Blick
auf Frongekeuch und Angstgehetz.
auf Frongekeuch und Angstgehetz…

Im Sklaventrott zog meine Schar
und schrie mir nach: Mach dein Geschwätz,
du Schwindler, an dir selber wahr!
Jetzt lehrt der Staat dich das Gesetz!

Ihr Toren! Schlagt mir Arm und Bein
in Ketten, und im Grabverlies
bleibt doch die beste Freiheit mein:
die Freiheit, die ich euch verhieß.

Man schnürt den Leib; man quält das Blut.
Den Geist zwingt nicht Gesetz noch Staat.
Frei, sie zu brechen, bleibt mein Mut
und freier Mut gebiert die Tat!
freier Mut gebiert die Tat!...

Ich sah der Menschen Angstgehetz;
ich hört der Sklaven Frongekeuch.
Da rief ich laut: Brecht das Gesetz!
Zersprengt den Staat! Habt Mut zu euch!

Man schnürt den Leib; man quält das Blut.
Den Geist zwingt nicht Gesetz noch Staat.
Frei, sie zu brechen, bleibt mein Mut
und freier Mut gebiert die Tat!
freier Mut gebiert die Tat!...

Man schnürt den Leib; man quält das Blut.
Den Geist zwingt nicht Gesetz noch Staat.
Frei, sie zu brechen, bleibt mein Mut
und freier Mut gebiert die Tat!
freier Mut gebiert die Tat!...

envoyé par Riccardo Gullotta - 20/4/2024 - 22:43




Langue: italien

Versione italiana / Italian version / Version italienne / Italiankielinen versio:
Riccardo Venturi, 22-4-2024 08:22
La Libertà in catene

emuehHo visto angosciarsi la gente impaurita;
Ho udito ansimar di fatica gli schiavi.
E allora ho gridato: Violate la legge!
Abbattete lo stato! Su, forza, coraggio!

La legge, a che serve? A che serve lo stato?!
L’uomo sia libero! Sia libero il diritto!
Chi è libero dà retta a se stesso:
Infrangete la legge! Demolite lo stato!

Occhi mirarono chiari e audaci,
E accorsero allora tanti oppressi:
Tu dici il vero! Evviva la libertà!
Da stato e tirannia, liberaci tu!
Da stato e tirannia, liberaci tu!

Non io! Dovete liberarvi da soli.
Spezzate la cinghia che vi attanaglia!
Nessun altro può esser vostra guida.
Infrangete la legge! Demolite lo stato!

No! Tu sei capace, e noi degli incapaci.
Conducici alla liberta a cui scruti!
E già chinavano le loro schiene:
Guarda! Lo stato già serra il pugno!…

Brutale, il collo m’afferrò lo stato
Col pugno: La sua stessa legge ha violato! [1]
E mi colpì repente. Mi cadde lo sguardo
Sull’ansimare, l’angoscia, la paura,
Sull’ansimare, l’angoscia, la paura…

Affrettò il passo il mio branco di schiavi,
Urlandomi addosso: Bel chiacchierone,
Con le tue gran verità! Imbroglione!
Lo stato, ora, la legge t'insegnerà!

Pazzi! Prendetemi pure a calci e pugni,
Solo e in catene nella mia tomba!
Ma resta la mia la miglior libertà:
La libertà che vi avevo promesso.

Il corpo è legato, il sangue torturato,
Ma la mente non la schiaccia né legge e né stato.
Resta il mio animo libero d’abbatterli
E un animo libero fa nascer l’azione!
Un animo libero fa nascer l’azione!…

Ho visto angosciarsi la gente impaurita;
Ho udito ansimar di fatica gli schiavi.
E allora ho gridato: Violate la legge!
Abbattete lo stato! Su, forza, coraggio!

Il corpo è legato, a sangue torturato,
Ma la mente non la schiaccia né legge e né stato.
Resta il mio animo libero d’abbatterli
E un animo libero fa nascer l’azione!
Un animo libero fa nascer l’azione!…

Il corpo è legato, il sangue torturato,
Ma la mente non la schiaccia né legge e né stato.
Resta il mio animo libero d’abbatterli
E un animo libero fa nascer l’azione!
Un animo libero fa nascer l’azione!…
[1] Nell’originale tedesco c’è un congiuntivo: verletzt sei das Gesetz!. Questo implica un discorso indiretto implicito: “lo stato...m’afferrò col pugno [dicendo che] la legge era stata infranta”. Una sfumatura difficilmente esprimibile in una versione che, seppur minimamente, intenderebbe rispettare una metrica o un ritmo.

22/4/2024 - 08:23




Langue: français

Version française – LA LIBERTÉ ENCHAÎNÉE – Marco Valdo M.I. - 2024
Chanson allemande – Freiheit in ketten – Erich Mühsam – 1928 (Sammlung 1898-1928, Berlin (J. M. Späth-Verlag), 1928.
Texte : Erich Mühsam
Musique : Christoph Holzhöfer

L’histoire véridique d’Éric le Gênant

ERICH MÜHSAM     <br />
Hans Schmitz - 1920
ERICH MÜHSAM
Hans Schmitz - 1920


Lorsqu'il s'agit d'Éric le Gênant (Erich Mühsam en français) sur le "Net", il est en effet toujours très gênant de déterminer en quelle année un de ses poèmes a été écrit. C'est le cas pour ce poème, mis en musique et chanté par l'auteur-compositeur-interprète Christoph Holzhöfer en 2011. Il semble évident qu'Erich Mühsam a dû l'écrire pendant qu'il était en prison ; or, il avait été emprisonné à plusieurs reprises depuis 1919. Après la fin de la Räterepublik (République des Conseils) bavaroise, il a été accusé de "haute trahison" et condamné à 15 ans de prison, mais il a été libéré au bout de cinq ans et a repris ses activités, jusqu'à ce qu'en 1933, après l'accession d'Adolf Hitler à la chancellerie et l'incendie du Reichstag, il soit à nouveau arrêté et emprisonné dans des conditions innommables dans diverses prisons et camps de concentration, soumis à des passages à tabac et à des tortures qui n'ont cependant pas brisé son esprit jusqu'à la fin. Il fut, comme on le sait, assassiné au camp d'Oranienburg le 10 juillet 1934.

Il y a des éléments pour situer ce poème après 1919, et d'autres après 1933. Cependant, le fond ne change pas, car dans ce poème, il y a tout Erich Mühsam. Surtout son âme inébranlable dans ses convictions de liberté absolue, qui n'était pas individualiste. Erich Mühsam mettait sa liberté individuelle au service de la liberté de tous, et en particulier des esclaves terrifiés et exploités. Il voulait que sa liberté soit une incitation pour les esclaves à apprendre à se libérer en prenant conscience de leur condition et en agissant en conséquence ("une âme libre donne naissance à l'action", la meilleure définition possible de l'action directe). Or, nous dit amèrement Erich Mühsam, si les esclaves n'en prennent pas conscience, ils sont destinés à rester esclaves. Ils cherchent un "guide" qui les conduise à la liberté et qui les libère de l'État et de la loi qu'on les incite à enfreindre (ce qu'on appellera plus tard la "légalité", parce que la "légalité" appartient toujours aux classes dominantes). Il en résulte invariablement que l'État et la loi frappent fort, tandis que les esclaves traitent l’Erich Mühsam de service de "bavard" et de "tricheur" parce qu'il ne les a pas dirigés. Les esclaves, eh oui, ont toujours besoin d'un guide qui, en allemand, s'appelle nonchalamment "Führer". Dux, duce, conducător et j'en passe. Ce n'est pas pour rien que les esclaves allemands se sont rapidement trouvé un beau Führer qui, bien sûr, les extermina.

Voici donc notre Erich Mühsam enchaîné, battu quotidiennement et destiné à une élimination rapide. Il faisait peur, Erich Mühsam, parce qu'il disait la vérité non seulement sur les oppresseurs, mais aussi sur les opprimés. Sur les opprimés esclaves et prolétaires (du moins quand on pouvait encore parler de prolétariat) et aussi sur les opprimés de la petite et moyenne bourgeoisie qui s'érigeaient périodiquement en révolutionnaires (là, il faut aller relire et écouter le fameux Revoluzzer). Les opprimés, malgré quelques sursauts sporadiques "générationnels", ont éternellement tendance à vouloir rester tranquillement opprimés, à essayer de joindre les deux bouts sans qu'un exalté ne vienne leur casser les couilles avec la "liberté" et autres (le fameux dicton : "La liberté, ce n'est pas du pain"). Des exaltés qui finissent régulièrement très, très mal et à qui, une fois mis hors d'état de nuire et en attente d'une mort atroce, il ne reste plus qu'à faire appel à leur âme indestructible qui les maintient libres même au plus profond de l'enfer sur terre. Exactement ce qui est arrivé à Erich Mühsam et à tant d'autres et qui, il faut le dire, continue malgré tout d'arriver à beaucoup tandis que les esclaves, les opprimés, les laissés-pour-compte se jettent allègrement dans les griffes des "guides", les Führers.

En conclusion, voici ce qu'Erich Mühsam nous a dit depuis sa prison. Quatre-vingt-dix ans se sont écoulés depuis son élimination. Il est né à Berlin le 6 avril 1878 ; à sa mort, il avait cinquante-six ans. Et dire qu'il aurait pu mener une vie plutôt confortable, en tant que fils de riches pharmaciens juifs (pour finir quand même gazé quelque part, mais ce sont les choses inattendues que l'on obtient quand les masses opprimées trouvent leur orientation). [RV]

Petit Dialogue maïeutique.

Lucien l’âne mon ami, je finissais la version française de cette chanson allemande de Christophe Holzhöfer, chanson récente de 2011, mais texte poétique d’Erich Mühsam, texte édité dans ses Sammlung 1898-1928 à Berlin par J. M. Späth-Verlag en 1928. Voilà une date sûre et répond partiellement à la question de Ventu, à savoir quand a été écrit ce poème. Je pencherais volontiers pour la période qui a suivi la République des Conseils en Bavière, laquelle dura du 7 avril au trois mai 1919.

Arrête-toi là, Marco Valdo M.I. mon ami, on ne va pas refaire les Histoires d’Allemagne en cent épisodes.

Donc, reprenons, dit Marco Valdo M.I., je finissais cette version française quand notre ami Ventu a inséré sur l’écran blanc des Chansons contre la Guerre, sa « versione italiana ». Comme ma version en français était finie, je ne l’ai pas modifiée, même si j’eus préféré la travailler (car c’est un vrai travail) à partir du texte de Riccardo Venturi, comme j’ai pris l’habitude de le faire. Ce serait une contre-vérité d’affirmer ce mensonge.

En effet, dit Lucien l’âne en riant de toutes ses dents, affirmer une contre-vérité est toujours un mensonge.

Même si j’ai pris la liberté de traduire le long commentaire de Riccardo Venturi, reprend Marco Valdo M.I., j’avais la nécessité de cette petite conversation avec toi pour dire deux pou trois choses utiles. La première est de conseiller au lecteur d’aller lire également la chanson que j’ai consacrée à Mühsam : Erich Mühsam, poète, anarchiste et assassiné en 1934 . C’était en 2011, mais elle reste d’utilité publique. Un deuxième chose est que je voulais qu’on se souvienne qu’Erich Mühsam et Ernst Toller , tous deux écrivains, mêlés aux événements de Bavière avaient un immense goût pour la vie. Toller est connu aussi pour sa pièce « Hoppla, wir leben ! » (Hoplà, nous vivons !) - voir la chanson Hoppla ! Wir leben ! de Walter Mehring – 1927). Et la troisième et dernière considération est que nous avons maintenant deux versions (italienne et française) qui sont différentes, très proches comme peuvent l’être des enfants d’un même lit ( les CCG) et je dis tant mieux.

Et moi, dit Lucien l’âne, je complète ta pensée en disant que c’est là un des charmes des Chansons contre la Guerre que de permettre et de promouvoir la diversité de la pensée transmise en chanson : multiplier les chansons, multiplier les langues, multiplier les versions, il fallait être anarchistes pour imaginer et mettre en œuvre un pareil opéra et le tenir au jour le jour. Chapeau bas !

Juste un dernier petit mot, Lucien l’âne mon ami, pour attirer ton attention sur le fait que les Chansons contre la Guerre sont aussi quand on les regarde bine une formidable iconothèque et à bien des égards, une hétéroclite pinacothèque. J’arrête là.

Eh bien, dit Lucien l’âne, ce n’est pas trop tôt. Je te voyais commencer à parler de la peinture et des peintres… Tout un univers.

Je voudrais quand même dire que le portrait que je propose ici de Mühsam est un portrait pris sur le vif en 1920 par un de ses amis peintres…

Alors, c’est parfait, dit Lucien l’âne. Maintenant, tissons le linceul de ce vieux monde triste, malade, infecté par la guerre, infesté de noires et stupides pensées et cacochyme.

Heureusement !

Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I. et Lucien l’âne
LA LIBERTÉ ENCHAÎNÉE

Je vois les hommes traqués par la peur;
J’entends les esclaves forcés au labeur.
Alors je crie à pleine voix : Cassez la Loi !
Brisez l'État ! Courage ! Ne reculez pas !

Que vaut La loi ? Que vaut l'État ?
Que l'homme soit libre ! Que soit libre le droit !
L'homme libre suit sa propre voie :
Faites sauter la Loi ! Détruisez l'État !

Déterminés et clairs, les yeux regardaient
Et beaucoup d'opprimés accouraient :
Vive la liberté ! Tu dis vrai !
Libère-nous de l'État et de la contrainte !
Libère-nous de l'État et de la contrainte !

Vous devez vous libérer vous-mêmes. Pas moi !
Déchirez la ceinture qui vous entrave !
Personne d'autre ne doit vous servir de guide.
Brisez la Loi ! Brisez l'État !

Non, tu es intelligent et nous sommes idiots,
Conduis-nous vers la liberté que tu dépeins !
Déjà ils courbent le dos :
Oh, regarde, l'État serre le poing ! ...

Brutal, la main par le cou m’attrapa,
L’État violait sa Loi !
On m'a chassé. Alors mon regard décela
L’angoisse et l’anxiété,
L’angoisse et l'anxiété...

La troupe d’esclaves arrivait du petit pas
Et me criait : Applique ton blabla,
Tu es un menteur, fais-le toi !
Maintenant, l'État t'apprends sa loi !

Idiots ! Frappez mes bras et mes jambes
Enchaînés, et moi, dans ma tombe,
La meilleure des libertés m'appartiendra
La liberté promise sera pour moi.

On peut torturer au sang, on peut lier le corps ;
Face à la Loi et l'État, l'esprit est fort.
Libre est mon courage, encore
Et le courage libre engendre l'action !
Le courage libre engendre l'action...

Je vois les hommes traqués par la peur;
J’entends les esclaves forcés au labeur.
Alors je crie à pleine voix : Cassez la Loi !
Brisez l'État ! Courage ! Ne reculez pas !

On peut torturer au sang, on peut lier le corps ;
Face à la Loi et l'État, l'esprit est fort.
Libre est mon courage, encore
Et le courage libre engendre l'action !
Le courage libre engendre l'action...

On peut torturer au sang, on peut lier le corps ;
Face à la Loi et l'État, l'esprit est fort.
Libre est mon courage, encore
Et le courage libre engendre l'action !
Le courage libre engendre l'action...
Le courage libre engendre l'action...

envoyé par Marco Valdo M.I. - 22/4/2024 - 21:28


Post Scriptum. Chiedo scusa a Riccardo Gullotta per essermi un po’…appropriato di questa sua pagina; del resto la mia carriera di ladro di pagine altrui è oramai consolidata, mi si potrebbe (quasi) definire un Arsenio Lupin di poesie e canzoni. Magari Riccardo aveva già preparato tutta la sua consueta ed estesa documentazione, che è una sua caratteristica che ammiro parecchio; ovviamente, se così fosse, lo invito comunque a metterla sulla pagina. E’ che, quando vedo Erich Mühsam, non resisto. Lascio ogni altra cosa e parto in quarta...

Riccardo Venturi - 22/4/2024 - 10:40


@Riccardo Venturi

La pagina non è mia, ogni mia proposta è qualcosa che considero un prestito ricevuto da altri da mettere a disposizione. Magari ci fossero appropriazioni come le tue! Uno, cento, mille Arsenio con altrettanti ricircoli. La cultura che rimane accucciata è sterile, non crea. Inoltre non può che fare grande piacere a me e ad un mucchio di altri frequentatori del sito che un filologo del tuo calibro metta a disposizione le sue capacità di “traduttore” creativo per rendere fruibile la proposta ai più che, come me, non conoscono la lingua . Last but not least , confidavo nel tuo intervento , sentivo che il pezzo ti avrebbe sollecitato. Come sempre i tuoi commenti non sono soltanto condivisibili, fanno testo. Insomma, per farla breve, ti ringrazio.

Non aggiungo altro su quanto stride il tutto con i tempi e con l’ambiente, e non solo nell’italietta di post, ex, a- e di tutti i prefissi possibili e immaginabili: non voglio cacciarmi nella depressione all’ultimo miglio del sunset boulevard. Voglio continuare a sognare ancora un po’ che un giorno gli schiavi rinunceranno al bisogno di sicurezza e accarezzeranno l’Eden, l’Immaginazione “con le pezze al culo” o, per chi si dice credente, a squarciare il velo del tempio, con una dignità cosmica non negoziabile. Non ci saremo più, ma un tarlo nell’encefalo mi dice che succederà, più poi che prima, ma succederà….

Riccardo Gullotta - 22/4/2024 - 18:24


@ Marco Valdo M.I.

Cher ami, la différence (ou plutôt, les différences, car une différence n’est jamais égale à l’autre si ce n’est mieux) est toujours une richesse. En plus, je veux te révéler un secret: mes traductions et “versions” ne sont jamais définitives. Très, très souvent, je les corrige, les fais et les refais, un mot, une tournure, une virgule, une phrase, la traduction entière...et presque toujours sans rien dire. Et il m’arrive, naturellement, de comparer ce que j’ai fait avec ce qu’a fait un autre. Cela m’est arrivé des milliers de fois -surtout quand je me suis aperçu que je m’étais trompé complètement. J’ai publié ma version de Freiheit in Ketten hier matin à 8h 23, et je l’ai déjà modifiée une bonne douzaine de fois. Cela m’est arrivé même des années plus tard. Donc, il faut faire gaffe à mes traductions et versions, car elles sont toujours “in fieri”; et c’est pour ça que je dis que la différence est toujours une richesse, p’têt’ ma seule richesse. Avec amitié et je vais nourrir le chat.

Riccardo Venturi - 23/4/2024 - 23:22




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