Gastão era perfeito
Conduzido por seu dono
Em sonolências afeito
Às picadas dos mosquitos
Era Gastão milionário
Vivia em tapetes raros
Se lhe viravam as costas
Chamava logo o polícia
Em crises de malquerência
Vinha-lhe o gosto pela soda
Mas ninguém se abespinhava
Que enviuvasse às ocultas
Nem Gastão se apercebia
De quanto a vida o prendera [1]
Entre estiletes de prata
E colchas de seda fina
Gastão era deste jeito
Fazia provas reais
Gastão era um parapeito
De papas e cardeais
Vinha-lhe só por fastio
Nos tique-taques da vida
Um solene desfastio
Pela mãe que era entrevada
Mandava bombons recados
Por mensageiros aflitos
Não fora Gastão dos fracos
E já seria ministro
Conheci-o em Alverca
Num bidon de gasolina
Tinha um pneu às avessas
Mas de asma é que sofria
No solestício de junho
A quem o quisesse ouvir
Dizia que era sobrinho
Do Fernão Peres de Trava
Querem saber de Gastão?
Vão ao Palácio da Pena
Usa agora capachinho
E gosta de codornizes
Gastão era perfeito
Conduzido por seu dono
Em sonolências afeito
Às picadas dos mosquitos
Tem um sinal que o indica
Como o mais forte Doutor
Espeta o dedo no queixo
E diz que é nosso Senhor.
Conduzido por seu dono
Em sonolências afeito
Às picadas dos mosquitos
Era Gastão milionário
Vivia em tapetes raros
Se lhe viravam as costas
Chamava logo o polícia
Em crises de malquerência
Vinha-lhe o gosto pela soda
Mas ninguém se abespinhava
Que enviuvasse às ocultas
Nem Gastão se apercebia
De quanto a vida o prendera [1]
Entre estiletes de prata
E colchas de seda fina
Gastão era deste jeito
Fazia provas reais
Gastão era um parapeito
De papas e cardeais
Vinha-lhe só por fastio
Nos tique-taques da vida
Um solene desfastio
Pela mãe que era entrevada
Mandava bombons recados
Por mensageiros aflitos
Não fora Gastão dos fracos
E já seria ministro
Conheci-o em Alverca
Num bidon de gasolina
Tinha um pneu às avessas
Mas de asma é que sofria
No solestício de junho
A quem o quisesse ouvir
Dizia que era sobrinho
Do Fernão Peres de Trava
Querem saber de Gastão?
Vão ao Palácio da Pena
Usa agora capachinho
E gosta de codornizes
Gastão era perfeito
Conduzido por seu dono
Em sonolências afeito
Às picadas dos mosquitos
Tem um sinal que o indica
Como o mais forte Doutor
Espeta o dedo no queixo
E diz que é nosso Senhor.
Contributed by Riccardo Venturi - 2024/4/17 - 01:50
Language: Italian
Traduzione italiana / Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös:
Riccardo Venturi, 17-4-2024 01:56
Due parole del traduttore. Si tratta di una traduzione in alcuni punti decisamente “libera”. Si ha a che fare non soltanto con il particolare stile di José Afonso (come in tutte le sue canzoni, ovviamente) ma anche con il “genio”, con lo Sprachgeist della lingua portoghese lusitana (diverso da quello del portoghese brasiliano o africano). Cosicché, ad esempio, in questa traduzione Gastone ha crisi di gastrite e non di “disgusto” (malquerência, che significa anche “cattiva volontà”) e “piglia il bicarbonato” invece di “farsi prendere dal gusto della soda”. Il "parapetto" è diventato uno "scendiletto". E così via, senza stare tanto a specificare; del resto, trasferire José Afonso in una lingua diversa dal portoghese, facendolo almeno un po’ restare José Afonso, è un’impresa destinata al fallimento (non penso che esistano “cover” di José Afonso in un’altra lingua). Ciononostante, provammo.
Riccardo Venturi, 17-4-2024 01:56
Due parole del traduttore. Si tratta di una traduzione in alcuni punti decisamente “libera”. Si ha a che fare non soltanto con il particolare stile di José Afonso (come in tutte le sue canzoni, ovviamente) ma anche con il “genio”, con lo Sprachgeist della lingua portoghese lusitana (diverso da quello del portoghese brasiliano o africano). Cosicché, ad esempio, in questa traduzione Gastone ha crisi di gastrite e non di “disgusto” (malquerência, che significa anche “cattiva volontà”) e “piglia il bicarbonato” invece di “farsi prendere dal gusto della soda”. Il "parapetto" è diventato uno "scendiletto". E così via, senza stare tanto a specificare; del resto, trasferire José Afonso in una lingua diversa dal portoghese, facendolo almeno un po’ restare José Afonso, è un’impresa destinata al fallimento (non penso che esistano “cover” di José Afonso in un’altra lingua). Ciononostante, provammo.
Gastone era perfetto
Gastone era perfetto
Menato dal padrone
Affetto da sonnolenze
Se lo mordevan le zanzare
Gastone era milionario
Viveva su tappeti rari
Se gli voltavan le spalle
Chiamava subito la polizia
Se aveva crisi di gastrite
Pigliava il bicarbonato
Ma a nessuno dava noia
Che fabbricasse vedove di nascosto
Gastone manco si accorgeva
Di quanto la vita lo avesse catturato [1]
Tra coltelli d’argenteria
E trapunte di seta fina
Gastone era fatto così
Ci provava e ci provava,
Faceva da scendiletto
A papi e cardinali
Gli prendeva, solo per tedio,
Nei tic-tac della vita
Una solenne premura
Per la madre infermata
Le mandava bonbon per tramite
Di messaggeri tutti contriti,
Se non fosse stato un debole
Già sarebbe stato ministro
L’avevo conosciuto a Alverca
In un bidone di benzina,
Pareva una gomma sgonfia
Ma gli è che soffriva d’asma
Nel solstizio d’estate,
A chi lo volesse ascoltare
Diceva che era un nipote
Di Fernão Peres de Trava
Volete sapere di Gastone?
Andate al Palácio da Pena
Ora usa un parrucchino
E gli piacciono le quaglie
Gastone era perfetto
Menato dal padrone
Affetto da sonnolenze
Se lo mordevan le zanzare
C’è una placca che dice
Che è il Dottore più bravo
Si pianta un dito nel mento
E dice d’esser Nostro Signore.
Gastone era perfetto
Menato dal padrone
Affetto da sonnolenze
Se lo mordevan le zanzare
Gastone era milionario
Viveva su tappeti rari
Se gli voltavan le spalle
Chiamava subito la polizia
Se aveva crisi di gastrite
Pigliava il bicarbonato
Ma a nessuno dava noia
Che fabbricasse vedove di nascosto
Gastone manco si accorgeva
Di quanto la vita lo avesse catturato [1]
Tra coltelli d’argenteria
E trapunte di seta fina
Gastone era fatto così
Ci provava e ci provava,
Faceva da scendiletto
A papi e cardinali
Gli prendeva, solo per tedio,
Nei tic-tac della vita
Una solenne premura
Per la madre infermata
Le mandava bonbon per tramite
Di messaggeri tutti contriti,
Se non fosse stato un debole
Già sarebbe stato ministro
L’avevo conosciuto a Alverca
In un bidone di benzina,
Pareva una gomma sgonfia
Ma gli è che soffriva d’asma
Nel solstizio d’estate,
A chi lo volesse ascoltare
Diceva che era un nipote
Di Fernão Peres de Trava
Volete sapere di Gastone?
Andate al Palácio da Pena
Ora usa un parrucchino
E gli piacciono le quaglie
Gastone era perfetto
Menato dal padrone
Affetto da sonnolenze
Se lo mordevan le zanzare
C’è una placca che dice
Che è il Dottore più bravo
Si pianta un dito nel mento
E dice d’esser Nostro Signore.
Prendara o Prendera?
Di Gastão era perfeito è disponibile il manoscritto, o meglio il dattiloscritto originale: consiste in una “brutta copia” con correzioni e annotazioni di carattere musicale (probabilmente di José Mário Branco) e una “bella copia” che sembra essere la versione definitiva del testo:
Come si può vedere, nel 2° verso della IV strofa c'è una correzione: prendara è corretto a penna in prendera (congiuntivo imperfetto di 2a forma). Tale correzione scompare però dalla "bella copia", dove si ha solo prendera:
A parte il fatto che anche nella "bella copia" c'è un'ulteriore correzione (mandava-lhe viene sostituito da un semplice mandava), la versione definitiva sembra essere inequivocabile. Ora, però, José Afonso, nella versione incisa per l'album Venham mais cinco, canta chiaramente prendara:
Prendara: 00.40' nel video
Nonostante la somiglianza, si tratta di due verbi molto differenti: prender (lat. prehendere, come l'it. prendere) significa in portoghese "catturare, acchiappare", mentre prendar (lat. *praesentare) significa "regalare, fare un dono" oppure "dotare, fornire".
Nella traduzione mi sono attenuto a prendera: "di quanto la vita lo avesse catturato" ("preso"); ma secondo quanto cantato da José Afonso, il verso significherebbe: "di quanto la vita lo avesse dotato", "di quanto la vita lo avesse fornito", "quanto la vita gli avesse regalato".
Di Gastão era perfeito è disponibile il manoscritto, o meglio il dattiloscritto originale: consiste in una “brutta copia” con correzioni e annotazioni di carattere musicale (probabilmente di José Mário Branco) e una “bella copia” che sembra essere la versione definitiva del testo:
Come si può vedere, nel 2° verso della IV strofa c'è una correzione: prendara è corretto a penna in prendera (congiuntivo imperfetto di 2a forma). Tale correzione scompare però dalla "bella copia", dove si ha solo prendera:
A parte il fatto che anche nella "bella copia" c'è un'ulteriore correzione (mandava-lhe viene sostituito da un semplice mandava), la versione definitiva sembra essere inequivocabile. Ora, però, José Afonso, nella versione incisa per l'album Venham mais cinco, canta chiaramente prendara:
Prendara: 00.40' nel video
Nonostante la somiglianza, si tratta di due verbi molto differenti: prender (lat. prehendere, come l'it. prendere) significa in portoghese "catturare, acchiappare", mentre prendar (lat. *praesentare) significa "regalare, fare un dono" oppure "dotare, fornire".
Nella traduzione mi sono attenuto a prendera: "di quanto la vita lo avesse catturato" ("preso"); ma secondo quanto cantato da José Afonso, il verso significherebbe: "di quanto la vita lo avesse dotato", "di quanto la vita lo avesse fornito", "quanto la vita gli avesse regalato".
Riccardo Venturi - 2024/4/17 - 19:46
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Note for non-Italian users: Sorry, though the interface of this website is translated into English, most commentaries and biographies are in Italian and/or in other languages like French, German, Spanish, Russian etc.
[1973]
Letra e música / Testo e musica / Lyrics and music / Paroles et musique / Sanat ja sävel: José Afonso
Album / Albumi: Venham mais cinco
Si avvicina a gran passi il 50° anniversario della Rivoluzione dei Garofani, e noialtri a chi torniamo? Ma a José Afonso, perdiana. Allo Zeca, perché lo Zeca non ha mai cessato di dire la sua, e nel suo modo devastante. Così ecco, dal suo album Venham mais cinco del 1973, questo suo ritratto di “Gastão”, Gastone, il perfetto Homunculus fascistensis. Non si tratta di una persona realmente esistente: Gastão è un tipo, creato per ritrarre il “buon cittadino” in tempo di fascismo. In sé riunisce tutte le caratteristiche di chi si adatta al sistema vigente per ottenere benefici individuali, senza preoccuparsi minimamente delle sofferenze degli altri (“ma a nessuno dava noia che fabbricasse vedove di nascosto”). Gastone non sostiene la Chiesa perché sia un credente devoto, ma perché gli fa comodo e lui fa comodo alla Chiesa (“parapetto a papi e cardinali”). Sopporta gli abusi del suo padrone, da cui è “menato (al guinzaglio)”, solo per un suo tornaconto personale. Tutti i suoi atti sono frutto di calcoli molto precisi oppure, come nel caso della “madre infermata”, la sua premura è solo un modo per uscire dalla noia della vita quotidiana; ma la sua "solenne premura" si riduce, in fondo, a farle mandare dei cioccolatini, senza andare da lei di persona. Gastone è totalmente privo di qualità umane, come la solidarietà e la generosità; il tutto è sottolineato dalla sua costituzione malaticcia che lo rende estremamente diffidente verso tutto e tutti (“se gli voltavan le spalle, chiamava subito la polizia”). Gastone è senz’altro una caricatura, ma una caricatura assai reale: così facendo, ha fatto carriera e è diventato ricco. E’ diventato milionario, vive “su tappeti rari”, si serve di “coltelli d’argenteria” e dorme sotto “trapunte di seta fina”; però si viene a sapere che è delle famose “umili origini”, cioè era nato povero in canna, in una baraccopoli (“in un bidone di benzina”) di un quartiere periferico di Lisbona (Alverca do Ribatejo), già male in arnese (“ci aveva una gomma sgonfia”) e sofferente d’asma. Come dice un vecchio detto sardo: Deus sindi scampidi de su poburu arricchiu, Dio ci scampi dal povero arricchito. Al quale risponde un detto toscano, per il quale “Gli è meglio puzzà’ di merda che di povero”: a forza di sgomitate e leccate di culo, il sottoproletario Gastone è arrivato al suo “solstizio d’estate” e la fortuna è girata. Gastone passa quindi a identificarsi, finalmente, con la classe dominante al potere. Si dà arie di nobiltà, facendosi addirittura passare per un “nipote” di Fernão Peres de Trava (un nobìllimo conte medievale (1090-1155) che divenne, in pratica, il primo Re del Portogallo) e fissa la sua residenza al Palácio da Pena, a Sintra, la città dove l’aristocrazia portoghese passava tradizionalmente la villeggiatura. Per nascondere la calvizie si è messo il parrucchino, e mangia cosine buone e costose (le “quaglie”). Peccato che sia un debole, sennò sarebbe già stato ministro! Però una placca segnala che è il “dottore più bravo”, ha gesti pensosi e meditati e dice di essere, addirittura, nostro Signore (“un dio in Terra”, come si suole dire).
E’ assolutamente chiaro che lo Zeca, in questa canzone “umoristica” (umorismo sottolineato anche dal particolare arrangiamento che le fu dato da José Mário Branco, collaboratore del resto in tutto l’album), intendeva dipingere in modo assai vivido le figure autoritarie, opportuniste e squallide che popolavano la società portoghese dell’epoca. Ciononostante, mi viene da dire -seppure tali figure abbiano sempre prosperato durante i fascismi e i regimi oppressivi in genere- che non c’è assolutamente bisogno che si viva sotto il fascismo affinché proliferino. Basta che esiste un potere, uno qualsiasi, anche “democratico”. Gli ingredienti sono sempre quelli, e i Gastoni pure. In qualsiasi paese, in qualsiasi epoca. Si tratta perciò di una canzone senza tempo e senza luogo; una canzone universale, in breve. Viviamo tuttora in mezzo ai Gastoni, e il fascismo -quello profondo- non se n'è mai andato. [RV]