Στον άγιο ήχο της φωνής: "Εδώ Πολυτεχνείο!..."
στο κάλεσμα της νιότης μας, που φέρνει προς το φως
άστραψε σ’ όλες τις ψυχές τ’ άφταστο μεγαλείο
της Λευτεριάς και ξέσπασε κάθε καημός κρυφός!
Τ’ ατράνταχτα τα στήθια σας, παιδιά, γινήκαν κάστρα,
και πάλεψαν σκληρά κι ορθά με τανκς και με πιστόλια
σαν η ψυχή σας έφερνε στον ουρανό και στ’ άστρα
το θρίαμβο της Λευτεριάς, μες σε βροχή από βόλια.
Στα παλληκάρια που’ πεσαν στην άνιση την πάλη
δόξα τούς πρέπει και τιμή μες σε χιλιάδες χρόνια!
Μα και σε σας που ζήσατε, για να χαρείτε πάλι
ολάκαιρη την Λευτεριά, την πάμφωτη κι αιώνια!...
στο κάλεσμα της νιότης μας, που φέρνει προς το φως
άστραψε σ’ όλες τις ψυχές τ’ άφταστο μεγαλείο
της Λευτεριάς και ξέσπασε κάθε καημός κρυφός!
Τ’ ατράνταχτα τα στήθια σας, παιδιά, γινήκαν κάστρα,
και πάλεψαν σκληρά κι ορθά με τανκς και με πιστόλια
σαν η ψυχή σας έφερνε στον ουρανό και στ’ άστρα
το θρίαμβο της Λευτεριάς, μες σε βροχή από βόλια.
Στα παλληκάρια που’ πεσαν στην άνιση την πάλη
δόξα τούς πρέπει και τιμή μες σε χιλιάδες χρόνια!
Μα και σε σας που ζήσατε, για να χαρείτε πάλι
ολάκαιρη την Λευτεριά, την πάμφωτη κι αιώνια!...
inviata da Riccardo Venturi - Sezione Ellenica delle CCG "Gian Piero Testa" - 14/11/2023 - 22:12
Lingua: Italiano
Μετέφρασε στα ιταλικά / Traduzione italiana / Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös:
Riccardo Venturi, 14-11-2023 22:16
Riccardo Venturi, 14-11-2023 22:16
”Qui Politecnico!...”
Nel sacro suono della voce: “Qui Politecnico!...”
Nella chiamata della nostra gioventù, che porta alla luce,
Splendeva in ogni anima la grandezza insondabile
Della Libertà; e esplose ogni miseria, ogni grettezza.
I vostri petti irremovibili, ragazzi, divennero fortezze
E combatteron duro, dritti in piedi, contro i carri e le pistole.
Come se la vostra anima vi portasse al cielo, alle stelle,
Trionfo della Libertà, in mezzo a una pioggia di raffiche.
Ai giovani eroi che caddero in quella battaglia diseguale
Spettano gloria e onore, per migliaia di anni!
Ma anche per voi, sopravvissuti per esser di nuovo felici,
Libertà sempre, eterna e risplendente!
Nel sacro suono della voce: “Qui Politecnico!...”
Nella chiamata della nostra gioventù, che porta alla luce,
Splendeva in ogni anima la grandezza insondabile
Della Libertà; e esplose ogni miseria, ogni grettezza.
I vostri petti irremovibili, ragazzi, divennero fortezze
E combatteron duro, dritti in piedi, contro i carri e le pistole.
Come se la vostra anima vi portasse al cielo, alle stelle,
Trionfo della Libertà, in mezzo a una pioggia di raffiche.
Ai giovani eroi che caddero in quella battaglia diseguale
Spettano gloria e onore, per migliaia di anni!
Ma anche per voi, sopravvissuti per esser di nuovo felici,
Libertà sempre, eterna e risplendente!
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[1974]
Στίχοι / Testo / Lyrics / Paroles / Sanat: Fotos Giofyllis
Αμελοποίητα / Non musicata / Unharmonized
La rivolta del Politecnico di Atene (14-17 novembre 1973), si dice, fu la pietra tombale della dittatura fascista greca che si era instaurata con il colpo di stato militare del 21 aprile 1967. Poco più di due mesi dopo il golpe cileno, in quell’anno 1973, sussistevano in Europa ancora tre dittature fasciste dichiarate: quella greca, quella portoghese e quella spagnola (lunghissime queste due: rispettivamente, dal 1926 e dal 1939). Nel corso del successivo 1974, caddero sia quella greca (con la disastrosa avventura di Cipro) che quella portoghese (con la Rivoluzione dei Garofani). Per la fine di quella spagnola, occorse attendere le ultime garrotte del 1975 e la morte di Francisco Franco; ma sempre in quel 1973, il 20 dicembre, suonò già la campana a morto anche per quest’ultima, con l’attentato a Carrero Blanco. Il fascismò sembrò, finalmente, eliminato per sempre dal continente europeo.
Sono passati cinquant’anni esatti. In Cile, nonostante il presidente ed il governo di “sinistra”, va per la maggiore il discendente diretto di un nazista che promette di salire al potere. In Grecia e in tutta Europa imperversano movimenti neofascisti che, in alcuni casi, come in Italia, sono giunti al potere. In Grecia, passata attraverso una crisi spaventosa, la destra è di nuovo al governo. In questo scenario desolante cadono tutti questi cinquantesimi anniversari di quel 1973 che chi scrive ha la fortuna o la sventura di ricordare personalmente. Come avevo scritto una volta altrove, di recente il governo di destra greco ha fatto sistemare all’interno un presidio di soldati e polizia, per motivi di “sicurezza”, ricevendo peraltro dagli stessi studenti poche proteste e pure una certa approvazione. Cinquant’anni, insomma, anche da quella rivolta schiacciata nel sangue.
Lo chiamiamo anche noi “Politecnico”, retaggio evidente dell’ “École Polytechnique” napoleonica, ma si tratta in pratica della Facoltà di Ingegneria. Era nata come una manifestazione studentesca, una delle tante che scuotevano tutta l’Europa, e buona parte del mondo, in quegli anni a partire dal 1968. Subito si trasformò in una rivolta aperta contro la dittatura, contro la Χούντα per la quale i suoi stessi membri, colonnelli o generali che fossero, tutti imbevuti di finta classicità ellenica e che si esprimevano praticamente in greco antico, non avevan trovato di meglio che riprodurre il consolidato termine spagnolo ripreso dalle juntas militares di feroce stampo sudamericano. Era il 14 novembre 1973 quando studenti e studentesse si asserragliarono dentro il grande edificio della Facoltà, nel viale Patissìon.
Già un movimento studentesco antidittatoriale agiva in Grecia; la rivolta non cadde certo dal nulla, e non si trattò di un avvenimento improvviso e improvvisato. Gli studenti greci avevano già subito la loro bella dose di repressione, incarcerazione e tortura. E di esilio, particolarmente in Italia. Il 14 novembre 1973 era stato indetto, in origine, uno sciopero; ma la protesta contro il regime militare fascista iniziò subito. E poiché i militari, come detto, amavano tanto la storia classica e moderna della Grecia, nell’impeto di “patriottismo” e nazionalismo che contraddistingue tutte le destre e tutti i fascismi, gli studenti vollero -beffardamente ma anche riprendendo la vera Storia- rifarsi proprio ad essa, autoproclamandosi “Liberi Assediati” (Ελευθέροι Πολιορκημένοι /Elefthéri Poliorkiméni/) proprio come i combattenti del 1821 a Missolungi, dove trovò la morte anche il poeta inglese, lord Byron, e che fu l’argomento di uno dei più celebri poemetti in lingua greca moderna, scritto da Dionysios Solomós. L’assemblea che decise di occupare il Politecnico trasformò in occupazione e rivolta ciò che era nato come una manifestazione per il “Pane, l’Istruzione e la Libertà”: così recitava lo slogan principale e fondante, Ψωμί, Παιδεία, Ελευθερία!
Peraltro, non si trattò affatto di una rivolta “comunista”, come subito fu bollata dai militari e dalle destre. La maggior parte degli studenti in rivolta desiderava un immediato ritorno alla Democrazia (parola che, in greco, si confonde con “Repubblica”). All’interno del movimento studentesco esistevano sì forti componenti comuniste e anarchiche, ma all’inizio esse non approvarono affatto la rivolta, sostenendo che la rivolta avrebbe dovuto richiedere l’abolizione del capitalismo. Fu comunque istituita una “Commissione di Coordinamento dell’Occupazione”, che perse quasi immediatamente il pieno controllo sulla rivolta. La componente spontaneista e massimalista ebbe comunque presto il sopravvento, con slogan particolarmente contro la NATO ed antiamericani. La giunta militare fu “tout court” paragonata alla Germania nazista; lo slogan fascista clericale, “Grecia dei Greci cristiani!” (Ελλάς Ελλήνων χριστιανών) fu modificato in: “Grecia dei Greci incarcerati!”.
Il 16 novembre, la Commissione di Coordinamento dell’Occupazione, all’unanimità, emise un proclama nel quale si affermava che scopo degli studenti era la caduta della Giunta militare. Il proclama fu letto alla radio da Maria Damanaki:
Nel pomeriggio del 16 novembre, all’esterno del Politecnico, la folla dei manifestanti cominciò ad attaccare alcuni ministeri (si ricorda che il Politecnico si trova nella zona più centrale di Atene, sul “Viale 28 Ottobre” o Patissìon). L’intero centro di Atene fu bloccato, scoppiarono alcuni incendi e per la prima volta ad Atene furono lanciate bottiglie molotov. La Giunta decise per la “fermezza” e per la repressione; in particolare furono piazzati dei tiratori scelti, altresì detti cecchini, sugli edifici circostanti al Politecnico. Fu infatti tra la folla all’esterno, e non all’interno del Politecnico, che si ebbero certamente le ventiquattro vittime “ufficiali”, colpite dall’alto dei tetti o direttamente per le strade. Tra di esse, lo studente diciannovenne Michail Mirogiannis, colpito a morte dall’ufficiale Nikolaos Dertilis, e gli studenti medi Diomidis Komnenos (16 anni) e Alexandros Spartidis (18 anni), del “Lycée Léonin”, una scuola privata che aveva il francese come lingua d’insegnamento. Nel vicino quartiere di Zografos fu colpito a morte un bambino di cinque anni, vittima del fuoco incrociato. Nei processi che seguirono la caduta della Giunta, fu sottolineato che il suo stesso comandante in capo, il famigerato generale Dimitrios Ioannidis, incitò e ordinò ai suoi sottoposti di sparare sui manifestanti.
Prima dell’alba del 17 novembre 1973, con le strade di Atene già bagnate del sangue del popolo, il “governo di transizione” in mano a Ioannidis inviò un carro armato a sfondare il cancello principale del Politecnico. Poco dopo, fu ordinato all'oramai pressoché esautorato primo ministro, Spyros Markezinis, di ripristinare la legge marziale. Atene era stata completamente oscurata quando un carro armato AMX 30 (di fabbricazione francese) abbatté il cancello, intorno alle 3 di notte. Un filmato girato clandestinamente da un reporter olandese mostra quel momento, col carro che abbatte l’intero ingresso sormontato dalla bandiera ellenica; al cancello erano aggrappate delle persone:
Il carro armato (che è ancora conservato in un piccolo museo di unità corazzate “storiche”, in un campo militare a Avlona, non aperto al pubblico), irruppe nel campus. Sono sopravvissute anche alcune prove documentali nella registrazioni delle trasmissioni radiofoniche di “Radio Politecnico”, nelle quali si sente la voce di un giovane che chiede disperatamente ai soldati (che chiama “fratelli d’armi”) di disobbedire agli ordini e di non combattere contro i “fratelli che protestano”. La voce continua con un crescendo emotivo, recitando il testo dell’inno nazionale greco, l’ “Inno alla Libertà” di Solomòs proprio nel momento in cui si sente il carro armato sfondare il cancello dell’edificio. In quel momento cessa la trasmissione.
La rivolta di Atene ebbe un’eco vastissima in tutta Europa, e in tutto il mondo. Particolarmente in Italia, nell’Italia del 1973, tra strategia della tensione, rivolta generalizzata e presenza massiccia di studenti greci antifascisti nelle università italiane. Occorre ricordare anche che diversi gruppi neofascisti italiani avevano stretti legami con la Grecia dei colonnelli, e che in Italia erano presenti anche studenti greci di estrema destra (come Mikis Mantakas). La situazione greca veniva vista come molto simile a quella italiana, con i tentativi di golpe fascista e con le stragi percepite come foraggiate dagli USA con la complicità di servizi segreti più o meno “deviati”, di alti esponenti militari e di manovalanza neofascista. Da qui l’estrema attenzione rivolta allora alla Grecia, ai suoi avvenimenti e alle sue lotte.
Per concludere, due parole sul componimento scelto per questo cinquantesimo anniversario della Rivolta del Politecnico. Non si tratta di una canzone, ma di una poesia. Scritta nel 1974, vale a dire l'anno dopo la Rivolta, da Fotos Giofyllis, pseudonimo di Spyridon, o Spyros, Mousouris, insegnante, poeta, giornalista e pittore della corrente “populista”. Corcirese, cioè nativo dell’isola di Corfù, dove era venuto al mondo nel lontano 1887. Figlio a sua volta di un insegnante, aveva studiato proprio al Politecnico di Atene, completando poi gli studi in Italia (di indirizzo artistico: occorre ricordare che, in greco, τέχνη significa generalmente "arte", e che il Politecnico ateniese ha anche una componente artistica e non soltanto tecnica). Fotos Giofyllis scrisse questa poesia in onore delle vittime del “suo” Politecnico quando aveva già ottantasette anni. Morì nel 1981, all'età di novantaquattro anni. Il nome che si era scelto significa qualcosa come: "Luce Petalo di Violetta". [RV]