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Den bakvända visan

Anonymous
Language: Swedish


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Interpretazione di / Performed by Sven-Bertil Taube
1962, Instrument Ensemble under direction of Ulf Björlin



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Origini / Origin: XIII secolo / 13th century (?)
Prime testimonianze / First witnessed in : XVI secolo / 16th century

mondoallarove


Alzi la mano chi non ha mai detto, una volta nella vita: “Ma questo è un mondo proprio alla rovescia!”, commentando qualche fatto, piccolo o grande, di questo pazzo, pazzo mondo. Il fatto è che il mondo alla rovescia è, sicuramente, uno dei τόποι più antichi che formano il patrimonio atavico dell’umanità intera. Ci sarebbe da spendere non la misera introduzione a una pur straordinaria canzoncina che ci viene dalla Svezia medievale, ma un libro intero (e, ne sono certo, qualcuno lo ha già abbondantemente fatto): il mondo alla rovescia, fisicamente (vale a dire con la gente che vive a testa all’ingiù in contrade inesplorate e sconosciute) oppure (cioè, un mondo dove tutto sembra contravvenire alle leggi della natura e del cosmo) ci accompagna fin dai nostri albori, come gli esseri umani abbiano sempre immaginato, percepito e, sovente, desiderato un’altra dimensione. Qualcosa, insomma, dove tutto venga autenticamente rovesciato: in latino, la revolutio.

Il Medioevo è proprio il periodo in cui codesta revolutio si affaccia con più frequenza; e si affaccia, si noti bene, proprio nelle tradizioni popolari, anonime (ovviamente non mancano gli esempi letterari, in latino o in quale linguaggio vernacolare). Non è certamente un caso: il mondo medievale è, in linea di massima e senza troppo generalizzare, un sistema chiuso, un mondo regolato, una costruzione perfetta dove tutto ha una risposta armonicamente ferrea e conseguente. Chi desidera non conformarsi a questo sistema, viene quindi semplicemente bollato come pazzo, come irregolare, come eretico, e viene messo ai margini della società (questa l’origine del termine “bandito”). Ma il desiderio di evasione è presente, e si manifesta anche nella coscienza collettiva: il “mondo alla rovescia”, dove si fantastica che accadano cose che sovvertono tutto l’ordine naturale e costituito, è una di queste manifestazioni. Fioccano ovunque i “mondi alla rovescia”, come quello evocato nel Nome della Rosa di Umberto Eco, proprio con una strofetta di questo tenore in alto tedesco medio (Aller wunder si geswigen...).

La “Canzone alla rovescia” svedese è di origine molto antica (forse addirittura del XIII secolo); in realtà, delle sue versioni sono diffuse in tutta la Scandinavia (e in questa pagina se ne presenta una, altrettanto antica, in norvegese). La versione svedese comune (SMB /Svenska Medeltida Ballader/ 263) risale però al XVI secolo, assieme ad una ballata consimilare danese. La si considera in genere una “canzone umoristica”, nonostante, per certi versi, abbia un tono abbastanza cupo che ne lascia intravedere le vere origini. Il sogno del mondo alla rovescia attira e spaventa al tempo stesso l’uomo medievale, e la revolutio viene presentata invariabilmente come una serie di assurdità che, creando l’effetto “umoristico”, nascondono desideri di mutamenti radicali della condizione umana. Desideri che sono, come tutte le manifestazioni dell’ignoto, anelate e temute: il “sogno” ne è l’espressione più tipica, per la quale si dovrebbe aprire a sua volta un capitolo vastissimo (il “Sogno nel medioevo”, si potrebbe intitolare).

Occorre naturalmente tenere presente che il “mondo alla rovescia” non rappresenta, nell’ottica medievale, soltanto il desiderio di un cambiamento ritenuto impossibile e, quindi, affidato al sogno. Rappresenta anche la follia dell’uomo, la follia di chi intende ribellarsi ad un sistema immutabile; resterebbe casomai da vedere e analizzare quale significato profondo dare a questa follia. In breve, la strada che mena a Erasmo da Rotterdam è tracciata. In tutta questa sconfinata vastezza, è come gettare un amo al presente andando alle radici del pensiero e della coscienza utopica (tutte le utopie classiche e moderne sono dei “mondi alla rovescia”.

Un’ulteriore (e necessaria) considerazione deve essere fatta: la tradizione della festa di per sé dedicata alla follia, al semel in anno licet insanire; vale a dire, il Carnevale. Qui il campo, già di per sé vastissimo, si allarga ancora, e anche nel tempo: dai classici Bacchanalia ai canti carnascialeschi a noialtri vicini. Il Carnevale è la celebrazione ufficiale del Mondo alla Rovescia, che promana da riti la cui origine si perde veramente nella notte dei tempi e che, nei secoli, sono stati sempre più istradati verso la codificazione, verso la periodizzazione (“una volta all’anno”), verso la coreografia neutralizzante (le maschere, i cortei, i “personaggi” come i “Giganti del Nord”). Non di rado, e specie nei tempi più antichi, il Carnevale era un vero e proprio, sebbene temporaneo, sovvertimento autorizzato dell’ordine sociale: la moglie, per un giorno, comandava al marito, e il padrone al servitore (o allo schiavo). Una finzione dietro alla quale si avvertiva chiaramente che cosa davvero significasse tale ordine sociale che veniva rovesciato per un giorno o una settimana con il beneplacito di chi tale ordine lo deteneva. A tutto questo non poté sottrarsi neppure la Chiesa, che però, passata la folle festa, imponeva la più dura penitenza in attesa della Pasqua. Anche la “Canzone alla rovescia” scandinava, con tutto il suo humour patibolare, può avere avuto origine da questa tradizione. [RV]
I fjol vid jul då grisa min ko,
Då kalva min so, då drunkna min märr uti solsken.
Jag sadla min stövel, jag smorde min häst,
Och sporra band jag på öra.
Så red jag över solen, där skogen gick ner,
Där hänk två murknade brömsar,
Där hänk två präster, där sång två lik,
Där satt två brokota hästar.
Jag låg och jag satt,
Jag drömde den natt,
Jag drömde den visan var bakvänd satt.

Den döve han hörde, den dumbe han log,
den tumlöse spelte på lira.
Den blinde han skulle gå ut och bese
vad natten hon månde här lida.
Så fick han se en så'n underlig ting,
den handlöse lekte med flickan sin.
Jag låg och jag satt,
Jag drömde den natt,
Jag drömde den visan var bakvänd satt.

Det var två skator som bygga ett bo,
De bygga ett bo på vår loge.
Det var två hönor som spänna en hök,
De flögo med honom åt skogen.
Laxen han kliver i eketopp,
Och rister ner stora lövgrenar.
Och ekorren springer på havsens bott
Och välter upp stora grå stenar.
Jag låg och jag satt,
Jag drömde den natt,
Jag drömde den visan var bakvänd satt.

Contributed by Riccardo Venturi - 2023/5/4 - 11:20




Language: Italian

Traduzione italiana / Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös:
Riccardo Venturi, 4-5-2023 11:28


Interpretata da / Performed by: Ensemble Mare Balticum
La canzone alla rovescia

L’anno scorso a Natale la mia vacca ha figliato porcellini,
La mia scrofa ha figliato vitelli e la mia giumenta è affogata al sole.
Ho sellato il mio stivale, ho unto di grasso il mio cavallo
E mi son legato uno sperone all’orecchio.
E così ho cavalcato sul sole, là dove tramontava il bosco,
E pendevan due freni imputriditi,
C’eran due preti appesi, due cadaveri cantavano
E c’eran due cavalli fatti di broccato.
Là sedevo in piedi,
La notte sognavo,
Sognavo che questa canzone era alla rovescia.

Il sordo ci sentiva, il muto rideva
E uno senza pollici sonava la lira.
Il cieco doveva uscir fuori a vedere
Che nottataccia c’era da soffrire.
E così vide una cosa straordinaria:
Il monco smanettava la sua ragazza.
Là sedevo in piedi,
La notte sognavo,
Sognavo che questa canzone era alla rovescia.

C’eran due gazze che si facevano il nido,
Si facevano il nido nel nostro granaio.
C’eran due galline che infilzavano un falco,
E volavan con lui nella foresta.
Il salmone s’arrampica in cima alla quercia
E scuote giù i gran rami frondosi,
E lo scoiattolo salta giù in fondo al mare
E arrovescia gran pietre grigie.
Là sedevo in piedi,
La notte sognavo,
Sognavo che questa canzone era alla rovescia.

2023/5/4 - 11:29





Den bakvendte visa: La versione in neonorvegese (Nynorsk)
Den bakvendte visa: Norwegian Nynorsk version


Interpretata da / performed by Lillebjørn Nilsen


La versione norvegese è pure antica: tutte le versioni scandinave sembrano affiorare alle testimonianze scritte durante il XVI secolo e trovano posto nel monumentale TSB-katalogen redatto da Bengt R. Jonsson, Svale Solheim, Eva Danielson, Mortan Nolsøe e W. Edson Richmond (Universitetsforlaget, 1978). La versione danese si trova stampata per la prima volta in Danske skæmteviser di H. Grüner Nielsen (København 1927-1928, p. 262); questa versione in neonorvegese (probabilmente la più completa) proviene invece dal volume Gode gamle viser frem fra glemselen (“Buone vecchie canzoni tirate fuori dal dimenticatoio”) di Per Johan Skjærstad (Gyldendal, 1982). Ma la prima stampa di una versione norvegese (tutte le versioni sono perlopiù nei dialetti rurali occidentali, la base del Nynorsk) risale al 1853, da Norske folkeviser di Magnus Brostrup Landstad (p. 833, nella sezione intitolata Røglur og heimløysur. Secondo gli storici folkloristi Moltke Moe e Knut Liestøl, la più antica versione norvegese mai stampata dovrebbe provenire da un foglio volante, andato perduto, stampato nell’Hallingdal nel 1645. In tempi moderni, la canzone è stata (ed è tuttora) un cavallo di battaglia di Lillebjørn Nilsen, ed è bene spenderci qualche parola: Lillebjørn Nilsen (nato il 21 dicembre 1950 a Oslo ed il cui nome di battesimo significa, ebbene sì, “Orsacchiotto”) è l’autore, tra le altre cose, di Barn av regnbuen, la famosa versione norvegese di My Rainbow Race di Pete Seeger che fu cantata in piazza dall’autore dopo la strage di Oslo e di Utøya del 22 luglio 2011, compiuta dal nazista Anders Behring Breivik (il quale aveva esplicitamente dichiarato di “odiare questa canzone”). Sicuramente, il Breivik è uno che desidera un mondo assai alla diritta. [RV]
Eg beisla min støvel, eg sala mitt sverd
so batt eg merra med sia,
så reiste eg meg til kattemords-ferd
skulle stanse den fårlege strida.
Eg låg og eg datt, eg drøymde i natt
eg tykte den visa var bakvend radt.

Og reven var raud, og ikorn var snaud
det var tvo dyr uti skogen.
Der sto tvo ikorn og tamde ein bjønn
dei ville vel hava'n for plogen.
Eg låg og eg datt, eg drøymde i natt
eg tykte den visa var bakvend radt.

Og laksen uppi furutopp
han braut smålauvet av greinar
og ikorn nedpå havsens bott
skulle bryte upp store småsteinar.
Eg låg og eg datt, eg drøymde i natt
eg tykte den visa var bakvend radt.

Snigelen låg uppå høge hei
og stanga ned skyi med honni.
Og reven hadd fenge fotverk
no kom han kje heimat til bonni.
Eg låg og eg datt, eg drøymde i natt
eg tykte den visa var bakvend radt.

Kobben han var gjetarsvein
han skulle gå etter sauom.
Der sto ein stein på fire bein
han sat og tvo seg i auom.
Eg låg og eg datt, eg drøymde i natt
eg tykte den visa var bakvend radt.

So kom der fram ei gråsala geit
var avhogne alle tri beini
so sende dei henne til Dovrefjell
å verje mot alle gråbeinar.
Eg låg og eg datt, eg drøymde i natt
eg tykte den visa var bakvend radt.

So kom der fram ein gamal blind mann
skulle sjå kor det lei no med tii.
Og månen han gol og stjernone song
og gauken han skein borti lii.
Eg låg og eg datt, eg drøymde i natt
eg tykte den visa var bakvend radt.

Så gjekk eg meg til kyrkjehus
der sto tvo messar og presta
det brann ein klokkar og sang tvo ljos
der ringde tvo raudmåla hestar.
Eg låg og eg datt, eg drøymde i natt
eg tykte den visa var bakvend radt.

Contributed by Riccardo Venturi - 2023/5/4 - 11:56




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