E alle quatro del mattino
Quattro colpi rimbombavano
Carabinieri! le lor gridavano
Ferma, ferma: l’era, l’era il Biondin
E alle quatro del mattino
Quattro colpi rimbombavano
Carabinieri! le lor gridavano
Ferma, ferma , l’era, l’era il Biondin
L’era il Biondino di Casalese
Di Casalese e Lomellino
L’era il brigante degli assassini
il caposquadra dei ma, dei malandrin
L’era il Biondino di Casalese
Di Casalese e Lomellino
L’era il brigante degli assassini
Il caposquadra dei ma, dei malandrin
L’era il figlio di un signore
Il caposquadra dei ma, dei malandrin
Quattro colpi rimbombavano
Carabinieri! le lor gridavano
Ferma, ferma: l’era, l’era il Biondin
E alle quatro del mattino
Quattro colpi rimbombavano
Carabinieri! le lor gridavano
Ferma, ferma , l’era, l’era il Biondin
L’era il Biondino di Casalese
Di Casalese e Lomellino
L’era il brigante degli assassini
il caposquadra dei ma, dei malandrin
L’era il Biondino di Casalese
Di Casalese e Lomellino
L’era il brigante degli assassini
Il caposquadra dei ma, dei malandrin
L’era il figlio di un signore
Il caposquadra dei ma, dei malandrin
envoyé par Riccardo Gullotta - 22/2/2023 - 14:02
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Testo e musica / Lyrics and music / Paroles et musique / Sanat ja sävel :
anonimo
Interpreti / Performed by / Interprétée par / Laulavat:
Il Canzoniere Monferrino
Storie di briganti e della società del Novecento
E’ una ballata dedicata al brigante Francesco De Michelis noto come Al Biundin, ucciso in un conflitto a fuoco dai carabinieri a Carisio il 7 Giugno 1905. Era l’idolo delle mondine che lo videro come il simbolo della lotta contro gli sfruttatori.
Un particolare curioso: Lombroso, quello della fisiognomica, del sostenitore della teoria del “delinquente nato”, scrisse che i dati autoptici del Biundin erano normali e che non indicavano” la propensione all'aggressività, alla violenza e alla vita banditesca". Almeno in tale circostanza non vennero fuori gli aberranti risvolti della fisiognomica e delle degenerazioni eugenetiche dei posteri. Lombroso scrisse tra l’altro un articolo titolato “Cenni per una carta igienica d’Italia”. Un vero esperto che ne aveva proprio bisogno, in quantità industriali. [Riccardo Gullotta]
Racconta la storia del brigante di risaia, al secolo Francesco De Michelis, nato a Villanova Monferrato e morto a 34 anni lungo un argine nella bassa vercellese, colpito al cuore da un carabiniere mentre tentava di fuggire alla cattura dopo un decennio di imprendibilità e di scorrerie nelle lande della Lomellina, del Monferrato e della zona intorno a Vercelli, con qualche puntata anche in Oltrepo.
Una figura molto popolare, una sorta di Robin Hood che piaceva ai poveri perché rubava ai ricchi: di lui e del suo compare il Murät, Luigi Fiandi originario di Melegnano, ha raccontato Giuseppe Zucca il preside delle scuole medie in un'affollata conferenza, a palazzo Cambieri. Il Biundin piaceva perché di lui si diceva fosse una sorta di 'ladro gentiluomo", ma anche per il suo indiscusso fascino che esercitava sulle donne: un personaggio che ha lasciato un segno profondo nella memoria popolare di questa zona, anche per i fatti di sangue di Ferrera Erbognone, del settembre 1902. Il Biundin e il suo compare uccisero in un conflitto a fuoco due rappresentanti delle forze dell'ordine, il carabiniere Andrea Capoani e la guardia campestre Teodoro Baldi, e riuscirono a fuggire. E poche settimane dopo nel vercellese, un altro scontro a fuoco, con altri morti, tra cui un compagno di banda e un altro carabinieri: ma il Biundin resta sempre imprendibile.
Quando fu ucciso, la sua fama era al culmine: al passaggio della salma centinaia le persone accorsero a vederlo, lui che per tentare di partecipare alla sua ultima curmaia, la festa da ballo sull'aia, si era tinto i capelli di nero, lasciando una pozza scura dentro l'acqua della risaia in cui era sprofondato dopo essere stato colpito a morte. Si controllò, dopo la sua morte, che sotto le sue scarpe non ci fossero le leggendarie molle, di cui si favoleggiava, per sfuggire ai carabinieri.
Il Biundin, il Murät e il Munfrin, soprannome di Luigi Baldi nato a Occimiano Monferrato, furono i volti più noti del fenomeno di brigantaggio che colpi la Lomellina e il basso Piemonte tra la fine dell '800 e l'inizio del ‘900. «Tra il 1895 ed il 1905 ci furono episodi continui di furti, violenze, incendi che si possono attribuire a questa banda - ha raccontato Zucca - tanto che ancora oggi, sul sito dell'arma dei carabinieri, l'episodio della sconfitta dei 'briganti subalpini" appare tra le tappe significative della sua storia ultracentenaria». Per mesi e mesi le cronache dei giornali locali riferirono di questi avvenimenti: la ribalta nazionale arrivò dopo i fatti di Ferrera, nel 1902, quando in Lomellina sbarcarono gli inviati delle principali testate nazionali per raccontare i fatti dei briganti di risaia.
La vicenda, dopo la morte di De Michelis, si conclude con due catture eccellenti che decapitano le bande: il Morät viene arrestato vicino a Bobbio, nel 1905, riconosciuto da un carabiniere in licenza, ma mori pochi anni dopo in carcere. Il Monfrin si fece tutti i suoi 36 anni di galera: catturato in quegli anni, fu scarcerato nel 1941, a guerra cominciata, e fu trovato morto in un capanno che si era costruito sull'argine di una risaia, dopo che era tornato al suo paese. Dopo anni di vita randagia e carcere, non ce l'aveva fatta a tornare a vivere come una persona normale. (s.m.)