È partito il 18 Settembre
Ed a Huston c'è un sacco di gente
«Primo uomo che arriva su Giove»
Un boato di applausi: si muove.
C'è sua moglie in sala controllo
Tra due mesi avrà il primo figlio
Sono tutti sicuri ed allegri
Solo lei sembra proprio che preghi...
D'improvviso si vede una luce
Dallo spazio arriva una voce
Ma si sente lontana, lontana
Sembra proprio Mc Kenzie che chiama:
Hanno detto: «C'è un guasto banale
Ma Mc Kenzie può ancora arrivare»
Ed intanto si è perso il contatto
C'è chi dice: «C'è stato un impatto»
Son passati tre anni a settembre
Di Mc Kenzie non resta più niente
Solo un nastro che ha registrato
Una voce di uomo impaurito:
«Non hai mai conosciuto tuo padre
Era un uomo importante, tesoro
È quell'uomo vestito d'argento
È la voce che senti ogni tanto:
Ed a Huston c'è un sacco di gente
«Primo uomo che arriva su Giove»
Un boato di applausi: si muove.
C'è sua moglie in sala controllo
Tra due mesi avrà il primo figlio
Sono tutti sicuri ed allegri
Solo lei sembra proprio che preghi...
D'improvviso si vede una luce
Dallo spazio arriva una voce
Ma si sente lontana, lontana
Sembra proprio Mc Kenzie che chiama:
«Help me, help me, help me, yeah»
Poi silenzio, non si sente niente più
Solo «Help me, help me, help me, yeah»
Poi silenzio e niente più
Poi silenzio, non si sente niente più
Solo «Help me, help me, help me, yeah»
Poi silenzio e niente più
Hanno detto: «C'è un guasto banale
Ma Mc Kenzie può ancora arrivare»
Ed intanto si è perso il contatto
C'è chi dice: «C'è stato un impatto»
Son passati tre anni a settembre
Di Mc Kenzie non resta più niente
Solo un nastro che ha registrato
Una voce di uomo impaurito:
«Help me, help me, help me, yeah»
Poi silenzio, non si sente niente più
Solo «Help me, help me, help me, yeah»
Poi silenzio e niente più
Poi silenzio, non si sente niente più
Solo «Help me, help me, help me, yeah»
Poi silenzio e niente più
«Non hai mai conosciuto tuo padre
Era un uomo importante, tesoro
È quell'uomo vestito d'argento
È la voce che senti ogni tanto:
«Help me, help me, help me, yeah»
Poi silenzio, non si sente niente più
Solo «Help me, help me, help me, yeah»
Poi silenzio e niente più...
Poi silenzio, non si sente niente più
Solo «Help me, help me, help me, yeah»
Poi silenzio e niente più...
Contributed by Riccardo "Spaceman" Venturi - 2023/2/14 - 10:44
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Andrea Lo Vecchio - Shel Shapiro
E' partito il 18 settembre (non si sa, in questo caso, di quale anno): l'attacco della mitica Help Me dei Dik Dik, autentico capolavoro del kitsch spaziale italiano composto nel 1974 da Andrea Lo Vecchio e Shel Shapiro, presenta addirittura un giorno preciso per la missione che porterà lo sventurato astronauta McKenzie a fare comunque una bruttissima fine, dato che deve essere il primo uomo a arrivare su Giove lanciato da Huston (sic): vista la composizione dell'atmosfera e della superficie del Pianeta Rosso, è ipotizzabile che il disgraziato McKenzie si sarebbe comunque vaporizzato nello špàzzio assieme a tutta la sua navicella (cosa senz'altro colta da chi preparò le copertine dei 45 giri: in una si vede un astronauta che si sta mostruosamente disfacendo mentre urla “Help me”, in un'altra addirittura uno scheletro in tuta da astronauta). Help Me, inutile girarci attorno, ha dato un contributo decisivo all'abbandono dei programmi spaziali per molto tempo: prima di arrivare all' "Astrosamantha" Cristoforetti ne sarebbe passata di acqua sotto i ponti. Insomma, come dire: stiamo ben attenti a dar retta a quella fava di Elon Musk.
Come è noto, uno dei cardini della capostipite bowiana è l'estremo saluto alla moglie del Major Tom: Tell my wife I love her very much; e, in questa speisoddìtide italiana, gli autori hanno voluto strafare: la sig.ra McKenzie è addirittura presente in sala controllo nonostante sia incinta di sette mesi. All'improvviso il cupo dramma: McKenzie chiama implorando aiuto e poi cala il silenzio. Un banale guasto, un'avaria da niente (come, purtroppo, è successo spesso -e per davvero- su comuni aerei di linea), e addio Giove per lo sfortunato cosmonauta. Altro che guasto banale: c'è stato un forse un impatto (non si sa con che cosa: un asteroide, un'astronave gioviana, una stella cometa...?) Ma qualcosa di lui resta: il bambino che sua moglie ha dato alla luce, e al quale la madre, tre anni dopo, fa riascoltare le ultime parole del padre, quel disperato “Help me” proveniente dallo spazio interplanetario (al termine del quale il testo prevede anche un misterioso "yeah", che non si sa francamente che yeah ci stia a fare).
Intendiamoci: in questa mia estemporanea “trilogia spaziale” Help Me non poteva non esserci; è un brano storico (si dice che il progenitore, David Bowie, ascoltandola avesse deciso di fare sincero atto di contrizione e di dedicarsi, da allora in poi, ad esplorare il più remoto passato con canzoni sugli Ittiti, sui Sumeri e sulla caduta di Ninive) e non ho nessuna intenzione di calcare la mano, come fecero quei mattacchioni di Elio e le Storie Tese con un'altrettanto storica cover un po' politicamente scorretta (nell'album Peerla del 1998):
Qui sotto l'intepretazione (rigorosamente in playback) dei Dik Dik a Canzonissima '74/'75 (presentata da Raffaella Carrà e Cochi e Renato). Buon viaggio su Giove a tutti! [RV]