Al castello del Sir di Monforte
L’annottato romeo camminò:
Là fermossi, e battendo alle porte,
Un rifugio dal nembo implorò :
« Compatite, o tementi di Dio,
Al cristiano che tetto non ha!
Date asilo benigni all’uom pio,
Che in Giudea pellegrino sen va!
«Fin dall'ultime Spagne qui venni;
Lacerato hanno i sassi il mio piè,
'Rotto il fianco i digiun che sostenni^
Ho la notte e il mal tempo su me.
«Il meschin che v’implora alle soglie
Confortate del vostro favor;
E se un giorno l’angustia voi coglie,
Vi rimerti in quel giorno il Signor!
La preghiera dell’uomo che pena
Su nell’aula del Sire sali.
Tra i baroni, raccolti alla cena,
Tosto il gajo colloquio finì.
Inclementi col forte in battaglia
Eran miti dinanzi al dolor :
Perchè in tutti di sotto la maglia
Generoso ferveva l'amor.
L’annottato romeo camminò:
Là fermossi, e battendo alle porte,
Un rifugio dal nembo implorò :
« Compatite, o tementi di Dio,
Al cristiano che tetto non ha!
Date asilo benigni all’uom pio,
Che in Giudea pellegrino sen va!
«Fin dall'ultime Spagne qui venni;
Lacerato hanno i sassi il mio piè,
'Rotto il fianco i digiun che sostenni^
Ho la notte e il mal tempo su me.
«Il meschin che v’implora alle soglie
Confortate del vostro favor;
E se un giorno l’angustia voi coglie,
Vi rimerti in quel giorno il Signor!
La preghiera dell’uomo che pena
Su nell’aula del Sire sali.
Tra i baroni, raccolti alla cena,
Tosto il gajo colloquio finì.
Inclementi col forte in battaglia
Eran miti dinanzi al dolor :
Perchè in tutti di sotto la maglia
Generoso ferveva l'amor.
inviata da Dq82 - 5/2/2023 - 19:57
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I Catari di Monforte a Milano
testo di Giovanni Berchet
“Davvero non sappiamo cos’è” si adombra di oscurità sintetiche, con le trame riverberate della chitarra elettrica a disegnare nebbiose tensioni. “Un Romeo in lacrime” è uno degli episodi migliori dell’intero lavoro, scandito da una caleidoscopica tempesta di tastiere e i riff tesi della chitarra. A seguire troviamo l’atmosfera rarefatta di “Dio dov’è” con l’arpeggio della chitarra acustica che incontra i syth, il tutto sorretto da una architettura ritmica retta dai pattern elettronici e dal basso. La psichedelia urbana di “Milano la notte” è caratterizzata da un basso forsennato e dalle increspature dell’elettronica a disegnare paesaggi nevrotici ed irrefrenabili. Se la parentesi cantautorale del disco va rintracciata in “Una casa” con tastiere ad intersecare il delay delle chitarre, “Altrove” ci riporta verso territori electro-acustici tastiere e batteria elettronica a stravolgere la tessitura chitarristica. “Non capirai” si presenta, invece, come uno dei passaggi più enigmatici dell’intero lavoro, con un riff corrosivo sorretto da un basso camaleontico e da una chitarra acustica secca, ed i soliti squarci di tastiere a fare da apertura melodica. Verso il finale arriva “Da Monforte persona non viene, a Monforte persona non va”, ingoiata da un denso reticolato di sintetizzatori, appena scalfito da una chitarra elettricamente caliginosa. A chiudere il disco è “Un’eresia”, immersa anch’essa nei giochi di luci ed ombre che synth e drum-machine le cuciono addosso. “I Catari di Monforte a Milano” è, dunque, un album costruito su un equilibrata alchimia di eleganza, innovazione e tradizione, impreziosita dal caldo timbro vocale di Malfatti che ci consegna un racconto della Milano dell’anno Mille declinato tra vortici sintetici e spaccati di grande gusto e misura. L’ennesima prova di grande classe.
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