La Bibbia, ch'è una spece d'un'istoria,
Dice che ttra la prima e ssiconn'arca [1]
Abbramo vorze fà da bon patriarca
N'ojocaustico a Dio sur Montemoria.[2]
Pijò dunque un zomaro de la Marca,[3]
Che ssenza comprimenti e ssenza boria,
Stava a pasce er trifojo e la cicoria
Davanti a casa sua come un monarca.
Poi chiamò Isacco e disse: "Prepara una fascina,
Pija er marraccio, carca er zomarello,
Chiama er garzone, infilete er corpetto,
Saluta mamma, cercheme er cappello;
E annamo via, perché Dio benedetto
Vò un zagrifizzio che nun pòi sapello".
II
Doppo fatta un boccon de colazzione
Partirno tutt'e quattro a giorno chiaro,
E camminorno sempre in orazzione
Pe quarche mijo ppiù der centinaro.
"Semo arrivati: alò", disse er vecchione,
"Incollete er fascetto, fijo caro":
Poi, vortannose in là, fece ar garzone:
"Aspettateme qui voi cor zomaro".
Saliva Isacco, e diceva: "Papà,
Ma diteme, la vittima indov'è ?"
E lui j'arisponneva: "Un po' ppiù in là".
Ma quanno finarmente furno sù,
Strillò Abbramo ar fijolo: "Isacco, a tte,
Faccia a tterra: la vittima sei tu".
III
"Pacenza", dice Isacco ar zu' padraccio,
Se butta s'una pietra inginocchione,
E quer boja de padre arza er marraccio [4]
Tra cap'e collo ar povero cojone.
"Fermete, Abbramo: nun calà quer braccio",
Strilla un Angiolo allora da un cantone:
"Dio te vorze provà co sto setaccio..."
Bee, bee... Chi è quest'antro! è un pecorone.
Inzomma, amici cari, io già sso' stracco
D'ariccontavve er fatto a la distesa.
La pecora morì: fu sarvo Isacco:
E quella pietra che m'avete intesa
Mentovà ssur più bello de l'acciacco,
Sta a Roma, in Borgo-novo, in d'una chiesa.[5]
Dice che ttra la prima e ssiconn'arca [1]
Abbramo vorze fà da bon patriarca
N'ojocaustico a Dio sur Montemoria.[2]
Pijò dunque un zomaro de la Marca,[3]
Che ssenza comprimenti e ssenza boria,
Stava a pasce er trifojo e la cicoria
Davanti a casa sua come un monarca.
Poi chiamò Isacco e disse: "Prepara una fascina,
Pija er marraccio, carca er zomarello,
Chiama er garzone, infilete er corpetto,
Saluta mamma, cercheme er cappello;
E annamo via, perché Dio benedetto
Vò un zagrifizzio che nun pòi sapello".
II
Doppo fatta un boccon de colazzione
Partirno tutt'e quattro a giorno chiaro,
E camminorno sempre in orazzione
Pe quarche mijo ppiù der centinaro.
"Semo arrivati: alò", disse er vecchione,
"Incollete er fascetto, fijo caro":
Poi, vortannose in là, fece ar garzone:
"Aspettateme qui voi cor zomaro".
Saliva Isacco, e diceva: "Papà,
Ma diteme, la vittima indov'è ?"
E lui j'arisponneva: "Un po' ppiù in là".
Ma quanno finarmente furno sù,
Strillò Abbramo ar fijolo: "Isacco, a tte,
Faccia a tterra: la vittima sei tu".
III
"Pacenza", dice Isacco ar zu' padraccio,
Se butta s'una pietra inginocchione,
E quer boja de padre arza er marraccio [4]
Tra cap'e collo ar povero cojone.
"Fermete, Abbramo: nun calà quer braccio",
Strilla un Angiolo allora da un cantone:
"Dio te vorze provà co sto setaccio..."
Bee, bee... Chi è quest'antro! è un pecorone.
Inzomma, amici cari, io già sso' stracco
D'ariccontavve er fatto a la distesa.
La pecora morì: fu sarvo Isacco:
E quella pietra che m'avete intesa
Mentovà ssur più bello de l'acciacco,
Sta a Roma, in Borgo-novo, in d'una chiesa.[5]
[1] La prima arca è quella di Noé, la seconda è quella dell’Alleanza
[2] in ebraico Mōriyyā [מֹרִיָּה] vuol dire “scelto da Dio”. La parola è composta dalle radici da rāʾā [רָאָה] / scegliere e da yāh [יָהּ], forma contratta di Jeovah, Dio. Secondo la tradizione il monte Moriah sarebbe il Monte del Tempio, oggetto di contese tra ebrei e musulmani. Il luogo del sacrificio di Isacco sarebbe la Cupola della Roccia
[3] Ai tempi del Belli esisteva ancora una razza asinina marchigiana che sembra derivasse, come le altre, da quella pugliese
[4] Roncola
[5] Si riferisce alla chiesa di S. Giacomo a Scossacavalli a Roma, demolita nel 1937 per la sistemazione di via della Conciliazione. La “reliquia” si trova oggi nel presbiterio della chiesa dei santi Michele e Magno a Roma. Il particolare è mantenuto sotto uno stretto riserbo, a giudicare dalle scarsissime note in circolazione. Probabilmente il basso profilo è intenzionale (è un’ ipotesi ci chi scrive) , volto ad evitare polemiche con le altre religioni monoteiste. La “Pietra di Fondazione” della Cupola della Roccia / قبة الصخرة [Qubbat al-Ṣakhrā'] è integralmente custodita e occupa l’intera base della moschea, sita nella nota Spianata. Per i musulmani da lì Maometto sarebbe asceso al cielo e lì sarebbe avvenuto il sacrificio di Isacco ( o di Ismaele). Anche per molti ebrei è opinione che la “Pietra di Fondazione” sia la sommità del monte Moriah e quindi il luogo del leggendario sacrificio di Isacco.
[2] in ebraico Mōriyyā [מֹרִיָּה] vuol dire “scelto da Dio”. La parola è composta dalle radici da rāʾā [רָאָה] / scegliere e da yāh [יָהּ], forma contratta di Jeovah, Dio. Secondo la tradizione il monte Moriah sarebbe il Monte del Tempio, oggetto di contese tra ebrei e musulmani. Il luogo del sacrificio di Isacco sarebbe la Cupola della Roccia
[3] Ai tempi del Belli esisteva ancora una razza asinina marchigiana che sembra derivasse, come le altre, da quella pugliese
[4] Roncola
[5] Si riferisce alla chiesa di S. Giacomo a Scossacavalli a Roma, demolita nel 1937 per la sistemazione di via della Conciliazione. La “reliquia” si trova oggi nel presbiterio della chiesa dei santi Michele e Magno a Roma. Il particolare è mantenuto sotto uno stretto riserbo, a giudicare dalle scarsissime note in circolazione. Probabilmente il basso profilo è intenzionale (è un’ ipotesi ci chi scrive) , volto ad evitare polemiche con le altre religioni monoteiste. La “Pietra di Fondazione” della Cupola della Roccia / قبة الصخرة [Qubbat al-Ṣakhrā'] è integralmente custodita e occupa l’intera base della moschea, sita nella nota Spianata. Per i musulmani da lì Maometto sarebbe asceso al cielo e lì sarebbe avvenuto il sacrificio di Isacco ( o di Ismaele). Anche per molti ebrei è opinione che la “Pietra di Fondazione” sia la sommità del monte Moriah e quindi il luogo del leggendario sacrificio di Isacco.
envoyé par Riccardo Gullotta - 11/1/2023 - 23:54
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Testo / Lyrics / Paroles / Sanat:
Giuseppe Gioacchino Belli
Musica / Music / Musique / Sävel:
Ardecore
Album: 996 – Le canzoni di G.G. Belli vol. 1
Diceva Orazio Ridentem dicere verum: quid vetat? / Dire la verità scherzando: che cosa lo proibisce? Già, ma quando si mettono in discussione o si fa ironia sui cardini del potere costituito la reazione da secoli non lascia scampo. Nella fattispecie il cardine è costituito dal “sacro”. Decostruire il sacro significa mettere in crisi le ideologie basate sulla separatezza, sulla distanza tra cielo e terra. L’ebraismo, il cristianesimo e l’islam con posture e misure diverse non lo consentono.
Siamo all’intreccio tra miti ed amministrazione del sacro. Roba per un serial di dimensioni appunto bibliche, coraniche e talmudiche, che potrebbe titolarsi “Archeologia per un massacro”: botteghino garantito.
[Riccardo Gullotta]