Jel krajem divný kníže
a chrpy povadly,
když z prstů koval mříže
a z paží zábradlí.
On z vlasů pletl dráty,
měl kasematy z dlaní,
a hadry za brokáty,
zlá slova místo zbraní.
Kam šlápl vyrůstaly
jen ocúny a blín.
Když slzy nezůstaly,
tak pomohl jim plyn.
Hnal vítr plevy z polí
a Kristus křičel z kříže,
když rány léčil solí
ten prapodivný kníže.
On pánem byl i sluhou
a svazek ortelů
si svázal černou stuhou,
již smáčel v chanelu.
A hluchá píseň slábla,
když havran značil cestu,
již pro potěchu ďábla
vyhlásil v manifestu.
Měl místo básní spisy
a jako prózu mor,
a potkany a krysy
a difosgen a chlor.
Měl klobouk z peří rajky
a s důstojností snoba
on vymýšlel si bajky,
v nichž vítězila zloba.
Měl pendrek místo práva
a statky pro gardu,
v níž vrazi řvali sláva
pro rudou kokardu.
On lidem spílal zrádců,
psal hesla do podloubí,
v nichž podle vkusu vládců
lež s neřestí se snoubí.
Dál kníže nosí věnce
tou zemí zděšenou.
On strach má za spojence,
jde s hlavou svěšenou
a netuší že děti
z té země v které mrazí,
prostě a bez závěti
mu jednou hlavu srazí.
a chrpy povadly,
když z prstů koval mříže
a z paží zábradlí.
On z vlasů pletl dráty,
měl kasematy z dlaní,
a hadry za brokáty,
zlá slova místo zbraní.
Kam šlápl vyrůstaly
jen ocúny a blín.
Když slzy nezůstaly,
tak pomohl jim plyn.
Hnal vítr plevy z polí
a Kristus křičel z kříže,
když rány léčil solí
ten prapodivný kníže.
On pánem byl i sluhou
a svazek ortelů
si svázal černou stuhou,
již smáčel v chanelu.
A hluchá píseň slábla,
když havran značil cestu,
již pro potěchu ďábla
vyhlásil v manifestu.
Měl místo básní spisy
a jako prózu mor,
a potkany a krysy
a difosgen a chlor.
Měl klobouk z peří rajky
a s důstojností snoba
on vymýšlel si bajky,
v nichž vítězila zloba.
Měl pendrek místo práva
a statky pro gardu,
v níž vrazi řvali sláva
pro rudou kokardu.
On lidem spílal zrádců,
psal hesla do podloubí,
v nichž podle vkusu vládců
lež s neřestí se snoubí.
Dál kníže nosí věnce
tou zemí zděšenou.
On strach má za spojence,
jde s hlavou svěšenou
a netuší že děti
z té země v které mrazí,
prostě a bez závěti
mu jednou hlavu srazí.
Contributed by Stanislava - 2022/11/29 - 18:12
Language: Italian
Versione italiana di Stanislava
UNO STRANO SOVRANO [1]
Uno strano sovrano passava per la regione
e appassivano i fiordalisi
mentre egli trasformava le dita in grate di ferro
e le braccia in ringhiere.
Intrecciava fili di ferro dai capelli,
dai palmi delle mani faceva casematte,
aveva stracci a mo' di broccati
e parole del male al posto delle armi.
Ovunque metteva piede, crescevano
solo colchici e giusquiamo.
Quando non rimanevano lacrime
veniva in soccorso il gas.
Il vento portava le glumelle dai campi
e Cristo gridava dalla croce
quando quello stranissimo sovrano
curava le ferite con il sale.
Padrone e servo allo stesso tempo,
aveva rilegato un fascio di verdetti
con un nastro nero
che bagnava nel chanel.
E una canzone sorda si attenuava
mentre il corvo segnava la via
da lui proclamata nel manifesto
per il diletto del diavolo.
Al posto delle poesie aveva fascicoli giudiziari
e per prosa la peste,
e ratti e topi di fogna,
e il difosgene e il cloro.
Aveva un cappello fatto di piume di paradisea
e con la maestosità di uno snob
si inventava favole
in cui vinceva l'ira.
Aveva il manganello al posto del diritto
e i beni terrieri per le guardie –
una banda di assassini che gridava gloria
alla coccarda rossa.
Dava dei traditori alla gente
e sotto i portici scriveva slogan
di quelli che piacciono ai governanti:
un connubio di vizio e menzogna.
Quel sovrano continua a portare ghirlande
attraverso la terra spaventata.
Con la paura per alleata,
cammina a testa bassa
e non sospetta che i figli
di quel paese in cui regna il gelo,
senza tanti complimenti e senza testamento,
un giorno gli mozzeranno la testa.
Uno strano sovrano passava per la regione
e appassivano i fiordalisi
mentre egli trasformava le dita in grate di ferro
e le braccia in ringhiere.
Intrecciava fili di ferro dai capelli,
dai palmi delle mani faceva casematte,
aveva stracci a mo' di broccati
e parole del male al posto delle armi.
Ovunque metteva piede, crescevano
solo colchici e giusquiamo.
Quando non rimanevano lacrime
veniva in soccorso il gas.
Il vento portava le glumelle dai campi
e Cristo gridava dalla croce
quando quello stranissimo sovrano
curava le ferite con il sale.
Padrone e servo allo stesso tempo,
aveva rilegato un fascio di verdetti
con un nastro nero
che bagnava nel chanel.
E una canzone sorda si attenuava
mentre il corvo segnava la via
da lui proclamata nel manifesto
per il diletto del diavolo.
Al posto delle poesie aveva fascicoli giudiziari
e per prosa la peste,
e ratti e topi di fogna,
e il difosgene e il cloro.
Aveva un cappello fatto di piume di paradisea
e con la maestosità di uno snob
si inventava favole
in cui vinceva l'ira.
Aveva il manganello al posto del diritto
e i beni terrieri per le guardie –
una banda di assassini che gridava gloria
alla coccarda rossa.
Dava dei traditori alla gente
e sotto i portici scriveva slogan
di quelli che piacciono ai governanti:
un connubio di vizio e menzogna.
Quel sovrano continua a portare ghirlande
attraverso la terra spaventata.
Con la paura per alleata,
cammina a testa bassa
e non sospetta che i figli
di quel paese in cui regna il gelo,
senza tanti complimenti e senza testamento,
un giorno gli mozzeranno la testa.
[1] Kníže è un titolo nobiliare che corrisponde al tedesco Fürst, in genere si traduce come principe ma ho preferito tradurre in questo contesto con un più generico “sovrano”.
Contributed by Stanislava - 2022/11/29 - 18:13
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