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Comunisti del terzo millennio

Davide Giromini
Language: Italian


Davide Giromini

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[2022]
Стихи и музика / Testo e musica / Lyrics and music / Paroles et musique / Sanat ja sävel:
Davide Giromini / Давиде Джиромини
Альбом / Album / Albumi: Manifesto Post-Pop

manipostpopdarm


“Manifesto Post-Pop” è il decimo concept album del musicista carrarese Davide Giromini. Riassume le tematiche di una vita dedicata alla canzone storica, politica e filosofica. Nel titolo la fine annunciata delle narrazioni pop del XX Secolo e l’inizio di una nuova epoca, sulla quale il passato si aggrappa pesantemente. Le tre forme descritte di fuga dalla realtà sono l’ideologia, le droghe e il visionarismo alieno. Tre narrazioni proposte da imponenti masse, ma tutti sconfitti da una realtà che li relega a danni collaterali dell’immaginazione umana. Il cuore dell’autore sta con tutti loro, ma si esprime letterariamente in una forma volutamente aderente alla narrazione della rete, lasciando trasparire l’abisso culturale che si dipana verso il futuro. - Materiali Sonori

Davide Giromini, cantautore fisarmonicista polistrumentista e insegnante di filosofia e storia nei licei, è attivo dal 1998 con 10 album, una trentina di colonne sonore dal vivo per spettacoli teatrali e altrettante collaborazioni musicali con cantautori, rock band come fisarmonicista e pianista. Vincitore dei premi Daffini, Fanigliulo, Mille tulipani di Seta Nera e finalista al premio Ciampi. Ha lavorato con Ivan della Mea ereditandone testi inediti, Carlo Monni, Alessio Lega, Rocco Marchi, Paolo Ciarchi, Teatro della Cooperativa di Renato Sarti, Marco Rovelli, Les Anarchistes, Michelangelo Ricci, Elisabetta Salvatori, Blancateatro e moltissimi altri. La sua canzone Sottosopra (inno darmico del cavatore) è entrata negli archivi più importanti della canzone popolare italiana e citata in tesi di laurea e libri di cronaca del lavoro e antropologia culturale.

Davide Giromini: voce, chitarre elettriche e acustiche, fisarmonica, diamonica , sinth, organi, pianoforte, piano elettrico, batterie elettroniche
Steve Lunardi: violini
Selenia Zabaroni: voce, cori
Giulia Giannetti: flauti traversi
Giovanni Biancalana: basso
Masterizzato nel SBM studio di Mirko Mangano
Il disco è dedicato a Elisa.


- Comunisti del terzo millennio
- La mia personale storia della canzone impegnata (o di lotta)
- Manifesto post-pop (politico esistenziale)




Una canzone-collage, formata da una prima parte inedita e, nella seconda parte, dalla riproposizione di Ostalghia. Oppure, forse, Ostalghia rappresentava come l'embrione di questa canzone più completa. Propendendo fortemente per quest'ultima ipotesi, il testo di questa canzone viene presentato come un tutt'uno.
Dedicata alla compagna Lucia Figaia

Tra spirito e capitalismo ci siamo noi
Fra il baratro del pessimismo e il sogno del Bolšoj [1]
Fra l’avvenire e il sol dell’avvenir
Paghiamo caro in società tutti i massacri di Stalin
Tra istituzioni e brigatismo siamo schiacciati
fra l’agonia dell’arrivismo e il canto dei pirati
fra Antonio Gramsci e i magli mistici di Yip Man
Paghiamo caro in società la Cina Cuba ed il Vietnam
Fra un altro sciopero e Stachanov
fra cento fiori nei cannoni e mille molotov
Noi non sappiamo neanche più chi siamo
Ma a cavallo di un husky siberiano ritorneremo su una canzone di Billy Bragg
Eravamo bambini adulti
la coscienza in qualche canzone,
un amaro elisir di scienza
confondeva fede e ragione.
Il rimorso la nostra Budapest,
Per Elisa la nostra piaga
partigiano passato stinto,
ostentata coscienza nuova
nel cielo di Praga.
Eravamo belli e dannati
dopo il sonno della Bohème,
dentro fabbriche onirico-alcoliche
di socialisti in fase rem.
Eravamo rosse bandiere
dimenticate in varechina,
vuoti simboli decolorati
cercavamo le Case del Popolo a Cortina.
Il sole dentro di noi
risorge senza essere nato,
filtrando recrudescenze
del nostro vento di trapassato.
Canto del cigno,
televisione,
american love,
lavando la voglia di Afghanistan
sopra la fronte di Gorbaciov,
la voglia di Afghanistan
sopra la fronte di Gorbaciov.
ompagni lasciamo stare
è un fatto di seduzione,
non di scelte alla Mara Cagol,
non di fabbriche e occupazione,
non di fasci e capitalismo,
non di falci e rivoluzione,
ma bolscevico futurismo,
è un fucile e un berretto che vola
in qualche canzone.
Animali con la coscienza,
d'evoluzione sbaglio di via,
che nella barba di Marx ci maschera
da padre morto di eutanasia.
E se la morte è consolazione
di vita, sua legittimità,
a cosa serve negare Dio?
A cosa serve pensare ancora
che chi ha compagni
non morirà?
Il sole dentro di noi
risorge senza essere nato,
filtrando recrudescenze
del nostro vento di trapassato.
Canto del cigno,
televisione,
american love,
lavando la voglia di Afghanistan
sopra la fronte di Gorbaciov,
la voglia di Afghanistan
sopra la fronte di Gorbaciov.
[1] Non v'è alcun dubbio che la lingua russa abbia un potere evocativo più che notevole. Così, una comunissima espressione come Большой Театр, che significa semplicemente “Teatro Grande” (o “Gran Teatro”), è diventata da noi il “Bolsciòi” (con tutte le varianti dialettali o giornalistichesi: Bolsòi, Bosciòi, ecc. Sicuramente fa un altro effetto dire “Le ballerine del Bolsciòi” piuttosto che “del Gran Teatro”. Però si pronuncia qualcosa come [balsciòi].

Contributed by CCG/AWS Staff - 2022/11/12 - 06:32




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