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Cotechino il capostazione [da I clowns] [Ordine, disciplina e gerarchia]

Federico Fellini
Lingua: Italiano


Federico Fellini

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[1970]
Film / Movie / Elokuva:
I clowns / The Clowns / Les Clowns
Federico Fellini

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Da “I clowns” e l’euforia felliniana

Fellini documentario. È a partire da questo accostamento ossimorico che vorremmo addentrarci in un breve approfondimento del suo bellissimo film I clowns, appena restaurato dalla Cineteca di Bologna in collaborazione con Compagnia Leone Cinematografica e presentato in sala alla presenza di Alvaro Vitali e del direttore della fotografia Blasco Giurato.
[…] Abbiamo una certezza: Fellini non sapeva essere obiettivo, perché la soggettività era la sua cifra stilistica, esasperata fino all’onirismo. Come aveva ammesso lui stesso nelle confessioni autobiografiche del libro Fare un film (Einaudi 1974), “il lavoro è, per me, un fatto di vita completo. Non riesco a compierlo in maniera distaccata, professionale. […] Il mio schema selettivo mi porta ad essere, […] l’anti-giornalista, l’anti-testimone”. Eppure Federico decide di dedicare una “finta” inchiesta proprio ai clown, quelli che lui definiva gli “ambasciatori” della sua vocazione.

[…] I clowns diventano la parodia di una inchiesta, proprio a causa di questo rapporto squilibrato di Fellini rispetto al fare domande: “[…] io sono partito bene intenzionato a fare un’inchiesta seria […] Però mi sentivo assai goffo. In verità io non so fare domande. E, se azzecco una domanda, non mi interessa la risposta. Allora, strada facendo, ho raccontato questo disagio […] Tra l’altro nel fare l’inchiesta, c’è anche quel tanto di invasione poliziesca dell’intimità altrui, che mi ha sempre dato fastidio. […] Perciò nella mia inchiesta c’è un chiaro risvolto satirico […] Lo ripeto, l’unica documentazione che una possa dare è sempre soltanto la documentazione di sé stesso. L’unico vero realista è il visionario, chi l’ha detto? Il visionario, infatti, dà testimonianza di avvenimenti che sono la sua realtà, cioè la cosa più reale che esista”.

[…] E per Fellini la crisi del mondo circense era reale. Il suo attaccamento ancestrale a questo mondo era più che reale, viscerale. Nel momento stesso in cui Fellini ci racconta del cinema, ammette di non sapere niente dell’argomento a lui più caro, se non di poter descrivere, per immagini, nell’unico modo a lui congeniale, il mondo di emozioni che il circo aveva suscitato in lui sin da bambino. La paura, lo stupore, il silenzio incantato, poi “il clangore delle trombe”, la folgorazione dello spettacolo grottesco, confusionario, visionario, appunto, dei pagliacci. Il circo e il cinema, ma anche, il circo è il cinema, in una osmosi continua tra le due forme di fantasia parossistica che possedevano il regista. E infatti “il cinema, voglio dire fare del cinema, vivere con una troupe che sta realizzando un film, non è come la vita del circo”?
[Francesca Divella]
Quando c’era Lui, i treni arrivavano in orario

I vetturini della stazione litigavano sempre. Insulti, bestemmie da far sprofondare la città, scazzottate, frustate sinché arrivava Cotechino il capostazione: “Bestia, vagabondi, ma dove credete di essere, in piazza?”

[Arriva un treno,alla partenza i ragazzi a bordo prorompono in un coro di pernacchie rivolte a Cotechino]
Cotechino:” Maleducato, scrianzato, dimmi come ti chiami, ti denuncio alle competenti autorità, mascalzone,[…] ti mando in galera… vi mando in galera a tutti… vi mando in galera… vi rovino per tutta la vita… vi denuncio alle competenti autorità…”

[Arriva un gerarca fascista a bordo del sidecar di una moto rombante, arriva il treno. Il gerarca dal volto glaciale vigila minaccioso. Dà l’ordine a Cotechino di segnalare la partenza. Stavolta i ragazzi a bordo fanno in coro il saluto fascista. Cotechino saluta con deferenza il gerarca, entrambi soddisfatti di avere fatto rispettare l’ordine, la disciplina e la gerarchia]

inviata da Riccardo Gullotta - 28/9/2022 - 16:07




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