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Muríu me frati pi nun fari nenti

Mauro Geraci
Lingua: Siciliano


Lista delle versioni e commenti


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[2021]
Parole e musica di Mauro Geraci
Mauro Geraci


Sull’assoluzione nella trattativa Stato-Mafia
La trattativa Stato-mafia nel 1992 ci fu effettivamente, ma “il fatto non costituisce reato”.
Assolti Mori, De Donno e Subranni. Non colpevole Dell'Utri. Condannato solo Bagarella.




Roma, 26 settembre 2021 ~
Così Salvatore Borsellino, fratello di Paolo il magistrato ucciso nella strage di Via D’Amelio proprio perché indagava sulla trattativa Stato-mafia, ha commentato le assoluzioni di Marcello Dell’Utri, gli alti ufficiali del Ros dei carabinieri Giuseppe De Donno, Mario Mori e Antonio Subranni:

“Paolo Borsellino non solo non è morto invano ma ha vissuto degnamente la sua vita, senza manie di protagonismo e perciò lasciando alle future generazioni l’esempio della onestà unita ad una irraggiungibile sapienza giuridica. Questo significa che mio fratello è morto per niente ”.


Io come cantastorie non posso che far mio e cantare questo stesso pensiero, come unico commento alla sentenza di assoluzione.
La liggi emanàu la so sintènza,
doppu vint'anni di prucessu amaru
Si mìsiru la manu nta cuscènza
li judici 'i Palermu câ sputaru.

È veru si ci fu la trattativa
tra Statu e mafia c'eranu li pisti,
ma pi la liggi in definitiva
non fu reatu e 'u fattu non sussísti.

Supra di l'arma calàru la cutri
tri pezzi grossi dî carrabbinèri
assolti fóru assemi cu Dell'Utri
e 'n paradisu puru lu stalleri.

Ssssh, chi fai parri?
Ssssh, chi fai ciati?
T'ha'’a stari mutu ca la lìiggi è liggi.
Sssh chi fai pensi?
Non ci fu reatu
dormi e riposa ogni magistratu,
je si va curca ogni magistratu.

'Mbeci Cinà (1) nni fu ricunnannàtu
ca di Riina ci purtàu 'u papellu
e Bagarella nni vinni arristàtu
vintisett'anni arrèri a lu cancellu.
Ora pi sempri 'u cori 'n santa paci
mittìtivi, ca lu Statu è pirfèttu!
Li stragi 'i via d'Ameliu e di Capaci?
ku sa ku fu ca fici lu prugettu..

Sulu 'u fratùzzu 'i Paulu Bursillínu
apri la vucca e dici impunementi:
«Kista sintènza è scritta di Cainu
muríu me frati pi nun fari nenti».
“Kista sintenza è scritta di Cainu..
Muríu me frati sanza fari nenti”.

Ssssh, chi faj penzi?
Ssssh, non t'azzardàri,
La virità la liggi fa triunfari.
Nenti ci ha statu,
nuđđu, nuđđu ha trattatu !
Cripàu la mafia je vincíu lu Stàatu,
Nenti ci ha statu,
nuđđu ha trattatu
cripau la mafia je vincíu lu Statu!
Ah! Ah! Ah! Ah! Aha !
(1) Antonino Cinà, famigerato medico curante di Totò Riina, Leoluca Bagarella e Bernardo Provenzano.

inviata da giorgio - 28/8/2022 - 09:01




«.. quello che è stato fatto è proprio cercare di fare passare l'assassinio di Paolo e di quei ragazzi che sono morti in via D'Amelio come una strage di mafia. [...] Hanno messo in galera un po' di persone - tra l'altro condannate per altri motivi e per altre stragi - e in questa maniera ritengono di avere messo una pietra tombale sull'argomento. Devo dire che purtroppo una buona parte dell'opinione pubblica, cioè quella parte che assume le proprie informazioni semplicemente dai canali di massa - televisione e giornali - è caduta in questa, chiamiamola, “trappola” [...] Quello che noi invece cerchiamo in tutti i modi di far capire alla gente [...] è che questa è una strage di Stato, nient'altro che una strage di Stato. E vogliamo far capire anche che esiste un disegno ben preciso che non fa andare avanti certe indagini, non fa andare avanti questi processi, che mira a coprire di oblio agli occhi dell'opinione pubblica questa verità, una verità tragica perché mina i fondamenti di questa nostra repubblica. Oggi questa nostra Seconda Repubblica è una diretta conseguenza delle stragi del '92»

giorgio - 28/8/2022 - 11:31


Appunti di un cuntastorie marginale munito di un annuario mutilo

*Art. 55 c.p.p.*

1. La polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale (326, 347 ss.).
2. Svolge ogni indagine e attività disposta o delegata dall’autorità giudiziaria (131, 348, 370; att. 77).
3. Le funzioni indicate nei commi 1 e 2 sono svolte dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria (57; att. 16–19).

Sicilia anni ‘50
Le funzioni e le attività degli organi di Sicurezza e in particolare nei settori dei servizi d’informazione e della lotta all’eversione e alla criminalità risentono ancora oggi del conflitto atavico con e fra le polizie e di schemi comportamentali introdotti durante il periodo fascista da ufficiali particolarmente dotati e spregiudicati come Roatta e i suoi discepoli Giuseppe Pièche e Ugo Luca. […]
Nel 1943, organizzò a Roma il servizio informazioni del fronte clandestino di resistenza carabinieri, e seguì poi il comando della 5a armata americana. Il comando [del Corpo forze repressione banditismo (CFRB)] fu dato a Luca. […] strinse Giuliano nel cerchio di una capillare rete informativa e di controllo del territorio. La notte del 5 luglio 1950 il bandito fu sorpreso a Castelvetrano. Luca scrisse nel rapporto di averlo personalmente ucciso in un conflitto a fuoco, ma la versione ufficiale fu demolita da un’inchiesta dell’Europeo e da varie testimonianze. L’ipotesi più verosimile, mai ufficialmente provata, è che a uccidere Giuliano sia stato invece il suo stesso luogotenente, Gaspare Pisciotta: «collaborante» ante litteram, avrebbe tradito il suo capo in cambio dell’impunità e della protezione offertagli dal capitano Perenze. Il questore Marzano, anch’egli proveniente dai carabinieri, dette un contributo fondamentale a demolire la versione di Luca dando la caccia a Pisciotta e arrestandolo il 5 dicembre 1950. Il 9 febbraio 1954 Pisciotta morì nel carcere giudiziario di Viterbo, dopo aver bevuto un caffè avvelenato con stricnina.
L’interpretazione prevalente della vicenda, non provata e nemmeno smentita, è che la localizzazione di Giuliano e l’omicidio di Pisciotta fossero opera della mafia, alla quale settori della sicurezza o lo stesso Scelba avrebbero garantito l’impunità. Si sarebbe trattato del primo «patto stato-mafia». [F. Mini I guardiani del potere- Il Mulino].

Sicilia anni duemila’20
Stralci dalle *Motivazioni della sentenza della Corte di Assise di Appello di Palermo Sez. II, 6 Agosto 2022* [di pagine 2972]

*7.2. Le nuove risultanze sul presunto favoreggiamento della latitanza di PROVENZANO Bernardo*. pag. 2269

Ogni qualvolta si è scavato sul tema della presunta protezione della latitanza di PROVENZANO da parte dei Carabinieri del R.O.S. diretto da Mario MORI, e dagli ufficiali a lui direttamente sottoposti, gli aspetti di opacità evidenziati – e stigmatizzati – anche nella sentenza di primo grado del processo MORI/OBINU (che si richiama, sotto questo profilo, alle valutazioni critiche espresse dai giudici del processo definito a carico dello stesso MORI e di Sergio DE CAPRIO con sentenza di assoluzione per la condotta di favoreggiamento contestata in relazione alla mancata perquisizione del covo di RIINA), si sono ispessiti. Nuovi elementi fattuali e di valutazione si sono aggiunti, con il risultato che dubbi, perplessità sospetti sull’operato dei Carabinieri e sulle loro reali intenzioni, invece che dissolversi, ed essere definitivamente fugati o sopiti, ne sono usciti avvalorati e rilanciati. Senza mai raggiungere, va detto subito, la soglia minima necessaria di certezza probatoria, quanto alla sussistenza del dolo di favoreggiamento. […]
Ebbene, come già anticipato, anche la sentenza qui appellata è giunta alla conclusione che non siano emersi elementi sufficienti a sovvertire, in relazione al giudizio di responsabilità nei riguardi di MORI e degli altri ufficiali del R.O.S. suoi presunti correi per il diverso reato di cui all’art. 338, c.p., il giudicato assolutorio formatosi nel processo MORI/OBINU in ordine alle condotte ivi contestate per il biennio 1995/1996. Nel senso che non si è raggiunta la prova di un deliberato intento di MORI di proteggere la latitanza di PROVENZANO, pur uscendone corroborata la certezza già raggiunta in quel processo, ad onta dell’esito assolutorio, che l’insieme di ritardi, atteggiamenti o condotte dilatorie, omissione nell’approntamento di servizi o nell’attivazione di tecniche e strumenti di monitoraggio dei probabili favoreggiatori o negli accertamenti volti ad identificarli compiutamente e nel raccordarsi con l’autorità giudiziaria di riferimento (non già per renderla edotta dei contenuti delle rivelazioni che la fonte ORIENTE, alias Luigi ILARDO, andava facendo all’ufficiale, il Col. RICCIO, che la gestiva – anche se, per le eventuali notitiae criminis emerse non poteva scaricarsi l’obbligo di referto soltanto sull’ufficiale predetto – quanto per aggiornarla sugli sviluppi dell’indagine mirata alla cattura del latitante più ricercato all’epoca, almeno dal R.O.S.) si è tradotto in una condotta oggettivamente a compromettere il raggiungimento dell’obbiettivo di catturare Bernardo PROVENZANO, e dunque in una condotta di oggettivo favoreggiamento della sua latitanza. […]
Ed allora, una volta esclusa in radice qualsiasi ipotesi di collusione con i mafiosi, se MORI e SUBRANNI potevano avere interesse a preservare lo status libertatis di PROVENZANO, e dunque anche a voler dare credito al dubbio che in effetti continua ad allignare sulla correttezza dell’operato del R.O.S. per ciò che concerne le indagini mirate alla cattura del predetto boss corleonese, esso ben poteva essere motivato dal convincimento che la leadership di PROVENZANO, meglio e più efficacemente di qualsiasi ipotetico e improbabile patto, avrebbe di fatto garantito contro il rischio del prevalere di pulsioni stragiste (mai del tutto sopite, potendo Salvatore RIINA contare sempre su un vasto consenso e su non pochi sodali rimasti a lui devoti) o di un ritorno alla linea dura di contrapposizione violenta allo Stato. V’erano dunque indicibili ragioni di “interesse nazionale” a non sconvolgere gli equilibri di potere interni a Cosa Nostra che sancivano l’egemonia di PROVENZANO e della sua strategia dell’invisibilità o della “sommersione”, almeno fino a che fosse stata questa la linea imposta a tutta l’organizzazione. Un superiore interesse spingeva ad essere alleati del proprio nemico per contrastare un nemico ancora più pericoloso. Ma al contempo, per essere padroni e non pedine di un gioco così rischioso, bisognava che i Carabinieri fossero in grado di controllare i movimenti dell’avversario, divenuto suo e loro malgrado alleato nel disegno di mantenere un assetto di potere mafioso che sancisse l’egemonia della componente moderata.
Ecco perché, giusta l’ipotesi considerata, il R.O.S., lungi dal disinteressarsi delle indagini mirate alla cattura di PROVENZANO, ne avrebbe fatto, apparentemente, un obbiettivo prioritario del proprio impegno investigativo in Sicilia, finendo per acquisire, anche se solo di fatto e senza avere esercitato alcuna pressione (ed è lo stesso MORI ad ammetterlo nel replicare piccato alle dichiarazioni del dott. SABELLA) una sorta di monopolio di quelle indagini. Conoscere la rete di favoreggiatori era essenziale per potere esercitare comunque una pressione sul boss corleonese, e alimentare in lui la consapevolezza che i Carabinieri avessero la possibilità e la capacità di porre fine alla sua latitanza, e tuttavia non l’avrebbero fatto finché vi fosse stata una convenienza in tal senso: e l’unica 2276 convenienza a non andare a fondo delle attività investigative dirette alla cattura del boss corleonese si legava alla condizione che questi riuscisse a mantenere il controllo delle pulsioni stragiste e che sotto il suo comando tutta Cosa Nostra restasse fedele e ligia alla strategia della sommersione.

*I punti di contrasto con la versione di MORI* pag.1911

[...]VIOLANTE è certo, e lo ha ribadito anche in questa sede, come ha sempre dichiarato, che la richiesta iniziale fosse nel senso di potere avere un colloquio riservato (“Pochi giorni dopo l’istituzione della commissione antimafia, l’allora Colonnello Mori, che conoscevo come eccellente investigatore ai tempi della lotta contro il terrorismo, venne a trovarmi in ufficio e mi informò che Ciancimino intendeva incontrarmi riservatamente. Aggiunse che Ciancimino aveva da dire cose importanti e che naturalmente avrebbe chiesto qualcosa. Gli risposi cortesemente ma seccamente che non facevo incontri riservati e che Ciancimino, se avesse voluto, avrebbe potuto chiedere alla commissione in forma ufficiale di essere sentito”). E solo in un secondo momento, a seguito del suo netto e reiterato rifiuto e dell’invito ad avanzare, semmai, formale richiesta di audizione in Commissione, il Col. MORI gli aveva comunicato che CIANCIMINO avrebbe mandato una lettera con richiesta di audizione.
[Violante] peraltro fa giustamente notare che non avrebbe avuto alcun senso, da parte sua, chiedere a MORI un parere sull’opportunità di procedere all’audizione dei collaboratori di giustizia (come se, in effetti, MORI fosse un suo consulente privato: “Signor Presidente non avevo nessun motivo di chiedere un parere al Generale Mori, non era... non aveva... francamente era privo di senso chiedere al Colonnello Mori che cosa pensava dell’audizione dei pentiti”). E spiega che, se è vero che l’audizione dei pentiti era un problema per la Commissione, si trattava comunque di un problema politico e non tecnico, nel senso che “se era opportuno o meno che dei collaboratori di giustizia fossero ascoltati dalla commissione parlamentare. La mia replica che obiettava questo all’inizio in commissione, fu che i collaboratori dovevano essere sentiti anche dalla commissione sul terrorismo. Non capivo perché i cosiddetti pentiti per terrorismo devono entrare e quelli per mafia no”. […]
Ma c’è anche una ragione più sottile e profonda per la quale il Presidente VIOLANTE non avrebbe mai annunciato la disponibilità di CIANCIMINO ad essere sentito in Commissione solo sulla base di notizie trasmessegli informalmente e riservatamente dal Col. MORI: “se io dissi che Ciancimino era disponibile lo sapevo certamente e non attraverso la dichiarazione del Colonnello Mori. Per una ragione molto semplice, io non intendevo dare al Colonnello Mori un ruolo come dire di mediazione tra Ciancimino e la commissione, perché se avessi detto me l’ha detto il Colonnello Mori, questo significava che Mori si collocava, senza volerlo, come tramite tra Ciancimino e la commissione, cosa che io non ritenevo giusto, non ritenevo corretto “.

*11.3 - Rilievi conclusivi*. pag 2968

[...] la sentenza impugnata va parzialmente riformata, dovendosi assolvere: gli imputati MORI Mario, SUBRANNI Antonio e DE DONNO Giuseppe dalla residua imputazione loro ascritta (in relazione alle condotte poste in essere nel biennio ‘92/’93) per il reato di cui al capo A), perché il fatto non costituisce reato, con la conseguente revoca delle statuizioni civili nei loro confronti; e, previa derubricazione del fatto, limitatamente alle condotte commesse in pregiudizio del Governo presieduto da Silvio BERLUSCONI, ai sensi degli artt. 56 e 338, c.p., come tentata minaccia pluriaggravata a corpo politico dello Stato, va assolto l’imputato DELL’UTRI Marcello, dalla residua imputazione a lui ascritta (in relazione alla condotta posta in essere in pregiudizio del Governo insediatosi nel maggio ’94) per il reato di cui al capo A), per non avere commesso il fatto: con la conseguente revoca anche per il DELL’UTRI delle statuizioni civili accessorie alla condanna e con revoca altresì della misura cautelare ancora in atto nei suoi confronti; mentre deve dichiararsi non doversi procedere nei riguardi dell’imputato BAGARELLA Leoluca, sempre limitatamente al fatto così derubricato, essendo il reato estinto per intervenuta prescrizione, dal momento che la derubricazione a tentativo comporta ope iuris l’esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 339, c.p. e il conseguente abbattimento del termine di prescrizione.

Riccardo Gullotta - 29/8/2022 - 00:26


Caro Riccardo,
Francamente non so se Geraci abbia un annuario monco o mutilo, ma non credo.. Bisogna tener conto che la canzone è stata scritta a caldo dopo la sentenza del 23 settembre dell’anno scorso e le immediate dichiarazioni spontanee di Salvatore Borsellino sulla stessa, dopo 20 anni di tediosa attesa ovviamente da parte sua, ma anche di un’opinione pubblica che avrebbe tanto voluto che i propri “eroi” non siano morti invano..

Sentenza1

Sentenza2

Mia è la “colpa” di averla contribuita alle CCG quasi un anno dopo.

Io eviterei di mettere il passato e il presente, banditismo dell’immediato dopoguerra (Giuliano), le mafie, i mafiosi e Cosa Nostra tutto in un unico pentolone e dall’altra parte lo Stato, un blocco monolitico che si opporrebbe e combatterebbe queste organizzazioni criminali, rimanendo sempre “integro” e depositario dell’integrità etica.
Certo, un Luciano Violante, un irreprensibile paladino dello stato di diritto, di fronte a un vecchio e consunto esponente della vetero-mafia come Vito Ciancimino (con tutt’e due i piedi nella fossa, in tutti i sensi), è un bell’impatto e riscuoterebbe i nostri applausi, non c’è che dire.. ma non credo ci possiamo gratificare o confortare solo con questo ..
Credo che la risata ironica e amara con cui Mauro conclude la sua canzone descriva bene i sentimenti di più di una persona .. Siamo tutti stanchi e sfiduciati.:((( e tendenzialmente non crediamo che lo Stato possa processare se stesso nei propri funzionari senza delegittimarsi..

giorgio - 30/8/2022 - 09:39


Caro Giorgio,
il titolo è (auto)ironico . Il cuntastorie non è il cantastorie Geraci ma il sottoscritto, marginale é riferito al sottoscritto (non mi permetterei di attribuirlo ad altri, meno che mai ad un artista) e infine mutilo è il mio annuario. Tanto basterebbe, ma è opportuno chiarirmi ulteriormente.

Non solo condivido le tue considerazioni, ma aggiungo ciò che purtroppo non è emerso dal mio “cunto” (e me ne dispiaccio assai perché mi rendo conto che è possibile una lettura opposta alle mie intenzioni).
A prescindere dalle valutazioni che ciascuno può dare della sentenza, nessuno abbastanza informato e intellettualmente onesto può respingere il tuo finale (tacciandolo con il solito semplicistico e abusato cliché di complottismo): lo Stato sovrano non può processare se stesso (potrebbe, se avesse il coraggio e soprattutto la forza per farlo).

Proprio in questa ottica ho accostato due episodi dell’”annuario” lontani nel tempo ma che hanno molto in comune, salvo il salto di qualità degli apparati quarant’anni dopo. Prego rileggere le conclusioni del generale Mini, non documentate, è vero, ma non sta parlando l’ultima ruota del carro. Lo stralcio che riguarda Violante non è stato inserito per significare che lo Stato è integro e che la favola è a lieto fine, tutt’altro. È stato citato invece per riflettere a fondo su alcuni passaggi citati a monte. Non ho né la preparazione né la veste per dibattere delle fattispecie in termini giuridici, ma mi piace pensare che ai giudici non possono essere sfuggite le tante contraddizioni. Soltanto che i processi seguono delle regole e la discrezionalità dei giudici è limitata dal diritto positivo e non dal diritto naturale, dall’idemsentire, com’è giusto che sia in uno stato di diritto. Dalla verità giudiziaria non sempre scaturisce la verità storica. Le responsabilità penali sono individuali, non dimentichiamolo.

Che cosa leggo nella motivazione della sentenza tra le tante cose? Leggo che una commistione tra stato, istituzioni, apparati, servizi e organizzazioni criminali varie (nello specifico Cosa Nostra) c’è stata. La sentenza non dice il contrario, anzi. Dice che la commistione alias il patteggiamento (a proposito, chi ne ha dato l’incarico?) ha evitato mali peggiori. Già, ma chi può farsi lettore del futuro e sostenere con certezza quanti e quali sarebbero stati i mali peggiori? Da parte di chi? Di un criminale con la quinta elementare? Qualcuno potrebbe dire che l’ultima sentenza ha abbassato l’asticella; l’evento, per chi vuole leggerlo, c’è stato, anche se la responsabilità penale non è stato possibile accertarla, codice alla mano.

Confesso che alla nausea iniziale è subentrato lo sgomento di chi teme che la parte sommersa dell’iceberg la possiamo intuire ma non la sapremo forse mai. Quali forze reali nel Paese e fuori hanno mosso i fili di cui il generale e i servizi si sono fatti interpreti e braccio? Quali organi direttivi hanno potuto consentire che si sovrapponessero a scatola chiusa le funzioni di polizia giudiziaria con quelle di intelligence, a sua volta sovrapposte e in competizione tra loro (per non far nomi, Aisi, Digos, Scico, Nic, Aise etc.etc). Ce n’è d’avanzo per constatare che lo stato di diritto è stato come sospeso senza passaggi parlamentari, uno stato d’eccezione in cui gli jongleurs hanno potuto muovere i fili sagomando l’eccezione a proprio uso e consumo.
E, attenzione, la sovrapposizione tra le due funzioni, materia sensibile, non solo non è stata non dico eliminata, ma neppure chiarita e circoscritta. A mio avviso la confusione, e quindi gli abusi, sono destinati ad allargarsi sotto la pressione dei grandi mutamenti globali in corso, in cui tutto si va sempre più militarizzando in un’ottica conflittuale che non tollera più la competizione. È il diritto la materia destinata a soffrire sempre di più.

Una quindicina d’anni fa ebbi l’opportunità di leggere il saggio di Saverio Lodato e Roberto Scarpinato: "Il ritorno del principe". L’analisi è sempre attuale, specie oggi quando la questione mafiosa è stata accantonata da almeno un anno.Sembra un tabù, non fa audience, anzi sottrae voti. In un periodo di crisi epocale non conviene andare per il sottile quando si tratta di accertare la provenienza e la circolazione di certi capitali ingenti. Pecunia non olet.
Ad peiora.

Riccardo Gullotta - 30/8/2022 - 16:03


Tutto chiarito, caro Riccardo!
Effettivamente avevo interpretato il cuntastorie del tuo titolo – l’accezione ha in siciliano (di cui vedo sei profondo conoscitore (forse sei siciliano anche tu) spesso e volentieri un significato negativo come racconta-frottole, conta-balle  – come una frecciatina polemica contro il Geraci che, discepolo dell’ “Ultimo cantastorie” Trincale, sarebbe l’Ultimissimo cantastorie. Augurandomi che questa nostra antichissima tradizione invece prosegua e si rinnovi in lui come in altri, e considerando anche che Mauro è mio concittadino, ne risultavo un po’ risentito. Purtroppo non sono ancora al 100%, lo so, e per un argomento delicato come stragi Falcone-Borsellino e loro seguito, divento addirittura suscettibile. Chiedo venia.

Per il resto sono grosso modo d’accordo con te nelle considerazioni, intuizioni, sospetti, preoccupazioni e relativi sentimenti. Complottista? Touché! Ebbene sì, dico subito a chi si affretta a lanciarmi questa accusa. Del resto anche il mio caro Geraci si rivela tale a proposito della attuale sciaguratissima guerra in Ucraina ..

I due libri citati li conosco. Ma anch’io li ho letti un bel po’ di tempo fa.. Molto prima del mio esilio..

Grazie molte per il chiarimento, nonché per la quanto mai opportuna consulenza e disponibilità.

Buona domenica!

giorgio - 4/9/2022 - 09:20


PS: Sì, la sentenza ammette l’avvenuta commistione .. lo scrivevo anche nel mio titolo nel riquadro.

giorgio - 4/9/2022 - 09:21


Caro Giorgio,
mi fa piacere sentire che l’equivoco è stato chiarito. Apprezzo Geraci, sono rimasto sorpreso della sua attività di docente di antropologia culturale all’università di Messina
Sarebbe opportuno riflettere anche su ciò che diceva il principe di Salina a Chevalley nel 1861, ancora in gran parte attuale:
“Noi Siciliani siamo stati avvezzi da una lunghissima egemonia di governanti che non erano della nostra religione, che non parlavano la nostra lingua, a spaccare i capelli in quattro. Se non si faceva così non si sfuggiva agli esattori bizantini, agli emiri berberi, al viceré spagnoli. Adesso la piega è presa, siamo fatti così […]
In Sicilia non importa far male o far bene; il peccato che noi Siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di ‘fare’. Siamo vecchi, Chevalley, vecchissimi. Sono venticinque secoli almeno che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori già complete e perfezionate, nessuna germogliata da noi stessi, nessuna a cui abbiamo dato il ‘la’; noi siamo dei bianchi quanto lo è lei, Chevalley, e quanto la regina d’Inghilterra; eppure da duemila cinquecento anni siamo colonia. Non lo dico per lagnarmi: è in gran parte colpa nostra; ma siamo stanchi e svuotati lo stesso.”

C’è una nota assai disarmonica nel tuo scritto: “forse sei siciliano anche tu”. Minchia! Sono siciliano docg7, ove g7 non si riferisce ai 7 padroni mondiali ma a g ripetuta 7 volte (una g =un decennio secondo il disciplinare). Arricoiditillu !

A proposito di narratori siciliani ti invio il link all’opera teatrale di Riccardo Trovato, Cuntastorie . Troverai a 13 ‘ dall’inizio un cenno alle origini.
Ad un palermitano in esilio non posso non passare due indicazioni indispensabili, anzi vitali, quando sarà giunto tempo di “vicenna”: due posti non per assaporare, ma per dissolversi nto cannolu: Da José a via Messina Marine e Cappello a via Colonna Rotta.
Sono i terminali devoti della mia via Francigena quando riesco a rimpatriare.
Alla prossima

Riccardo sicilianu docg - 4/9/2022 - 18:07


@ Riccardu sicilianu docg7
Wow!! Ma si ssì paisànu, puru cu 7 g, pirchì ‘un mi l’abbanniàvi sùbbetu? Come un fremitu, un moto spontaneo del tuo sangue?? :))) Certo, non poteva essere diversamente: troppa precisione nei particolari, perfino nelle piccole sfumature, come la pronuncia nel palermitano delle vocali gravi è e ò come dei dittonghi, etc, etc …non potevano o dovevano lasciare adito a dubbi!

Io ero già felice, credimi, che le Ccg avessero acquisito, in mia assenza, un contributore grandioso. Ora lo sono il doppio!!:)) perché il collaboratore eccezionale è rû me stissu sangu! Figurati che dapprima credevo fossi uno dei tanti alter ego di RiccardoPrimo (il Venturi, del quale possiedi la cura, precisione, puntualità, preparazione..), ma .. i conti non mi tornavano!

Ora mi sento meno solo in questo sito di polentoni, bello, bellissimo, ma che non contemplava nemmeno un mezzo collaboratore più a sud di Firenze!
Dài, dài, non trinceriamoci ancora dietro il vecchio, frusto, stantìo fatalismo nostrano, per cortesia. Non autocastriamoci! Non ci precludiamo in partenza qualsiasi scalata (anche minima) al cielo se vogliamo spezzare le catene del nostro atavico immobilismo. Io stesso, proprio in queste pagine, citavo il Lampedusa, anni fa, a GianPiero Testa, riportando quasi per intero il dialogo di Salina e Chevalley per provare a descrivergli le differenze (talvolta anche incolmabilmente abissali) e l’antica incomprensione che regna fra Nord e Sud, ma fra noi è e dev’essere diverso. Più che un dialogo quello era un monologo perché il povero Chevalley, venuto solo per proporre al principe l’alta carica di senatore del nuovo “fausto” regno (sic!), raccoglieva poco o nulla, se non grosso modo e per sommi capi l’irrisolto millenario dramma della Sicilia.

So della grande attività che Mauro sta svolgendo a Messina. Avrei preferito aver lui come docente, eventualità impossibile per ovvie ragioni anagrafiche. A me invece a Palermo è toccato Nino Buttitta (il figlio del grande Ignazio), che poi subentrò a Giusto Monaco come preside della facoltà..

In effetti cuntastorie (nel senso buono), cantastorie, opera rî pupi s’intrecciano in quella che è la parte più popolare nella storia del teatro e dello spettacolo qui in Sicilia.
Conoscevo R. Trovato e sapevo del Cantastorie Orbo e della parte che vi ebbero i Gesuiti: non è un caso che oltre alle historie sacre e ai misteri, i soggetti fossero sempre gli eroi della Chanson de Geste, Orlando (Roland), Rinaldo, i Pari di Francia, e Carlomagno etc. tutti grandi defensores fidei .. Ma in seguito non si fece attendere la laicizzazione (sebbene i Paladini rimangano nella tradizione dell’opera dei pupi rappresentata tutt’oggi da Mimmo Cuticchio) da parte dei cunta- & canta-storie nell'occuparsi di eventi di pubblico interesse o capitati al popolino (dalla cronaca rosa a quella nera e giudiziaria) e sempre più a misura dello stesso. I cunta- e i canta-storie, nell'ambito dell'informazione, precedettero i banditori e l’invenzione e il pieno utilizzo della stampa, allora poco significativa per delle grandi masse ancora analfabete.

Alle prossime, RiccardoSecondo 7g, un tardivo ma cordialissimo benvenuto nelle Cgc da parte mia e .. mi sia concesso anche un fraterno abbraccio!

giorgio

giorgio - 11/9/2022 - 09:46


PS: Conosco entrambi i posti di leccornie nostrane che mi hai indicato (in particolare kiđđu râ Culònna Rutta: iu nascìvi â Zisa e criscìvi â Nuci), che a mio parere non hanno veramente niente da invidiare al celeberrimo e riveritissimo cannòlu râ Chiana!

giorgio - 11/9/2022 - 09:51


PS 2: Ti invito a beđđucòri all'ascolto di (C)etta Scođđu nostra a 320 Kbps, soprattutto se anche tu sei dotato di padiglioni auricolari sensibili ed esigenti!

giorgio - 11/9/2022 - 09:57




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