Che quei fiori nascan bene,
fra le labbra del futuro
Che fioriscano al sicuro
dove scorrono le tue vene
Che tutte le voci si addormentino
un secondo prima
che scoppi buio
Parte l’ultimo vagone
pieno zeppo di soldati,
visi spenti, prosciugati
Parte l’ultima prigione
Io ti scrivo questa pagina
inchiodato al legno
del mio plotone
Abbiamo preso il mare, tu ed io,
navigandolo da soli
quando demoni indecenti
s’infuriavano sui moli,
con le vele arrotolate,
sotto cieli senza stelle
Le minestre guadagnate,
le distanze sulla pelle.
Tuoni e lampi a bruciapelo,
metri d’onde sui capelli
mentre schiere di beati
dietro nuvole ribelli
ingarbugliavano con un dito,
la via più breve
per l’infinito.
Passa il treno, va veloce
traballando sui binari
Là sui monti solo spari
e paure a bassa voce
L’artiglieria si sbriciola
sulle pietraie,
mille calvari.
L’alba scende a passi corti
come un vecchio accecato
M’han condotto allo steccato
da un sentiero in mezzo agli orti
Lassù il confine, oltre la trincea:
ancora lampi
e poi un boato.
Amore mio lo sai,
io non ho mai vinto niente
Ho vissuto del mio pane
e come uomo fra la gente
spalancando le tue mani
ho deposto quattro semi
senza chiedere al domani
buoi, denari, terre o premi.
Ma ricorda che ho nascosto
quattro perle di sudore
nella pelle più sottile
proprio ai piedi di un dolore.
Tu lavora, e non tradirti mai
Tu lavora,
e cura quel che hai.
C’è un proiettile d’argento
per chi sogna di sognare
Han chiamato “disertare”
la mia forza, il mio spavento
M’han visto ad Udine, dietro l’osteria,
che vendevo la pistola
per due lire e un po’ di vento
… e ricordati,
ricorda bene
di questo mare di sangue,
dei quattro fiori
sulle tue vene
fra le labbra del futuro
Che fioriscano al sicuro
dove scorrono le tue vene
Che tutte le voci si addormentino
un secondo prima
che scoppi buio
Parte l’ultimo vagone
pieno zeppo di soldati,
visi spenti, prosciugati
Parte l’ultima prigione
Io ti scrivo questa pagina
inchiodato al legno
del mio plotone
Abbiamo preso il mare, tu ed io,
navigandolo da soli
quando demoni indecenti
s’infuriavano sui moli,
con le vele arrotolate,
sotto cieli senza stelle
Le minestre guadagnate,
le distanze sulla pelle.
Tuoni e lampi a bruciapelo,
metri d’onde sui capelli
mentre schiere di beati
dietro nuvole ribelli
ingarbugliavano con un dito,
la via più breve
per l’infinito.
Passa il treno, va veloce
traballando sui binari
Là sui monti solo spari
e paure a bassa voce
L’artiglieria si sbriciola
sulle pietraie,
mille calvari.
L’alba scende a passi corti
come un vecchio accecato
M’han condotto allo steccato
da un sentiero in mezzo agli orti
Lassù il confine, oltre la trincea:
ancora lampi
e poi un boato.
Amore mio lo sai,
io non ho mai vinto niente
Ho vissuto del mio pane
e come uomo fra la gente
spalancando le tue mani
ho deposto quattro semi
senza chiedere al domani
buoi, denari, terre o premi.
Ma ricorda che ho nascosto
quattro perle di sudore
nella pelle più sottile
proprio ai piedi di un dolore.
Tu lavora, e non tradirti mai
Tu lavora,
e cura quel che hai.
C’è un proiettile d’argento
per chi sogna di sognare
Han chiamato “disertare”
la mia forza, il mio spavento
M’han visto ad Udine, dietro l’osteria,
che vendevo la pistola
per due lire e un po’ di vento
… e ricordati,
ricorda bene
di questo mare di sangue,
dei quattro fiori
sulle tue vene
inviata da Alessandro
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