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سرزمین من

Dawood Sarkhosh / داوود سرخوش
Langue: persan (Dari)


Dawood Sarkhosh / داوود سرخوش

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Sarzamin-i man
[1998]

شعر و موسیقی / Testo e musica / Lyrics and music / Paroles et musique / Sanat ja sävel:
Dawood Sarkhosh [داوود سرخوش]

آواز خوانده شده توسط / Interpreti / Performed by / Interprétée par / Laulavat:
1. Sediq Shubab [صديق شباب]

2. Dawood Sarkhosh [داوود سرخوش]
Album: Sarzamine Man





La canzone

Gli Hazara sono una minoranza di musulmani sciiti in Afghanistan, pari al 10% circa della popolazione , invisi al gruppo etnico più consistente Pashtun di osservanza sunnita. Sono stati perseguitati nei secoli, ultimi persecutori i talebani e gli jihadisti.
Dawood Sarkhosh [داوود سرخوش] é un musicista e poeta afgano di etnia hazara. Fu spinto a prendere la via dell’esilio, come milioni di altri afghani dall’oscurantismo dei talebani che, com’è noto, osteggiano la musica nelle sue varie espressioni, e dalla ostilità dei talebani verso gli Hazara . Nelle sue canzoni l’esilio e la nostalgia sono temi ricorrenti.
La canzone proposta fa parte del primo CD pubblicato da Dawood Sarkhosh.


La Diaspora afghana

A seguito dell’invasione sovietica del 1979 un’ondata migratoria di più di 6 milioni di afghani si riversò in Pakistan e Iran. Parte di tali profughi si stanziarono in Europa, Stati Uniti e Oceania. Dopo il ritiro dei sovietici nel 1989 ebbe luogo un ritorno consistente di profughi. Dopo l’instaurazione del governo talebano nel 1992 si verificò un’altra ondata migratoria verso i paesi confinanti e da questi verso l'Europa e l'America del Nord. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha rimpatriato dal 2002 4,4 milioni di afghani. L’ultima ondata massiccia di migranti, iniziata con il ritorno dei Talebani al potere ad Agosto 2021, è in atto.



Al 20/10/2021 questa è la situazione della popolazione afghana:
Popolazione totale: oltre 39 milioni
Sfollati dentro l’Afghanistan: 3,5 milioni (fonti : UNHCR, OCHA agosto 2021)
Afghani in Iran: 3,4 milioni, di cui 0,8 registrati e 2,6 senza documenti (fonte : UNHCR maggio 2021)
Afghani in Pakistan: 2,9 milioni, di cui 1,43 registrati (fonte : UNHCR) e 1,5 senza documenti (fonte : Infomigrants settembre 2021)

Si faccia attenzione alle cifre. Nella quasi totalità dei resoconti consultabili in rete le cifre riportate sono parziali. Il disguido nasce dal fatto che i dati attingono alle statistiche pubblicate da UNHCR le quali sono basate esclusivamente sui migranti censibili, dotati di documento. In Pakistan il rapporto tra profughi identificati e non è circa 1:1, mentre per l’Iran è di 1: 3.

Sono riportati di seguito i link ad alcuni resoconti tra i più recenti:
Afghanistan: Refugees and displaced people in 2021 House of Commons Library, 21 Sept. 2021
Afghanistan situation UNHCR, 31 August 2021
Afghanistan Situation 1 October 2021


I percorsi dei disperati verso Nowhere Land

Le informazioni sui migranti afghani sono relativamente scarse, sono disponibili grazie alle organizzazioni umanitarie mentre gli organi mainstream sorvolano. Anche le immagini dei campi profughi sono rare, inesistenti gli spazi televisivi dedicati agli avvenimenti e alle evoluzioni.

Piani di reinsediamento dei profughi afghani in Occidente
Stati Uniti: 100mila
Canada: 40mila
UK: 20mila
UE: ha accolto 22mila afghani, evacuati ad agosto 2021. Non si è pronunciata su ulteriori sistemazioni. UNHCR ha chiesto di accogliere 42mila afghani nel prossimo quinquennio.

Il piano della UE é riportato in questo documento: Draft Action Plan responding to the events in Afghanistan

Pakistan, Uzbekistan, Iran, Tagikistan e Turkmenistan hanno chiuso le frontiere per i profughi afghani privi di documenti. Nella prima metà di settembre 2021 l’Iran ha deportato 58mila afghani. Bulgaria, Croazia, Grecia e Polonia attuano respingimenti contravvenendo agli obblighi delle norme internazionali per i richiedenti asilo. Altri paesi, come l’Ungheria, da tempo non accettano i richiedenti asilo. La Turchia ha pronto un piano di prossima attuazione per deportare gli afghani senza documenti. Da fonti governative turche si apprende che gli afghani registrati in Turchia sono 182mila mentre la stima di quelli senza documenti sarebbe di 120mila.



Le peripezie dei migranti afghani verso l’Europa sono descritte di seguito. Il costo del trasferimento individuale dall’Afghanistan a Istanbul (dati di Agosto 2021) è di circa 2.200 US$ senza garanzie, per il trasferimento da Kabul a Istanbul con visto turco occorrono 5.500 US$ a persona (PIL pro capite afghano 560 US$). I costi sono in continuo aumento a causa della intensificazione della vigilanza della polizia turca. La rete di contrabbandieri turchi organizza il viaggio, a gruppi di 20-40 migranti con il concorso di contrabbandieri oltre i confini.

Questa la rotta tradizionale: da Kabul a Zaranj nella provincia meridionale del Nimruz, poi a Chahar Borjak per attraversare lo Helmand, in una regione abbandonata da Dio e dagli esseri umani, poi il confine pakistano nella regione del Belucistan. Attraverso i percorsi denominati Mashki e Raja (non visualizzabili su Google) vengono trasferiti al confine iraniano dove sono presi in carico da contrabbandieri iraniani, destinazione intermedia Saravan. Tale rotta è usata da tempo per il traffico di oppio ed eroina nella Mezzaluna d’oro (Golden Crescent). Segue lo spostamento di 1800 km verso Teheran transitando per Iranshahr, Kerman e Yazd.

La rotta descritta, anche se più lunga rispetto all’altra accennata avanti, ha il vantaggio di essere meno sorvegliata ma presenta il rischio serio della intercettazione dei gruppi di Jundullah, sunniti estremisti ex-talebani passati ai jihadisti, i quali mostrano una netta ostilità verso gli sciiti hazara. Perciò di recente i fuggiaschi si orientano verso una via più breve, ma con un territorio certamente più accidentato, più difficile perché occorre scalare muri eretti dall’Iran o scavare tunnel sotterranei, con l’ulteriore inconveniente di essere soggetto a più stretta sorveglianza della polizia iraniana. Tale percorso alternativo va da Zaranj a Zabul in Iran, poi a Kerman da dove i migranti proseguono nell’itinerario già descritto.
Un altro percorso alternativo, meno usato, va da Herat a Mashhad e da qui a Teheran.

Da Teheran in autobus verso le città iraniane di Maku o, più a sud, Khoy e Urmia e quindi oltre il confine turco grazie anche alla “distrazione” della polizia di frontiera iraniana. Questi spostamenti sono effettuati di notte. Le difficoltà sono in continua crescita per le fortificazioni turche in corso d’opera. E’ stata infatti già costruita una barriera in blocchi di cemento, alta 3 metri, larga 2 per qualche decina di km a ridosso di una trincea lunga 110 km, profonda 4 metri e larga 4 con relativo nastro spinato. La barriera sarà estesa per coprire 295 km di confine. Sono integrate nella barriera 76 torri di osservazione e 103 di telecomunicazioni dotate di tecnologie avanzate con termocamere, radar e sensori speciali. Le mete finali sono le città turche di Doğubayazıt e Çaldıran per quelli che provengono da Maku, Özalp e Van per chi proviene da Khoy e Urmia.
I migranti attendono giorni tra una località e l’altra in attesa di essere contattati dai trafficanti per iniziare le tappa successiva. I contrabbandieri forniscono ai migranti permessi falsi di richiedenti asilo. Destinazioni in autobus o minivan: Istanbul e Smirne, meno frequentemente Mersin, Muğla, Çanakkale.



La Grecia ha da poco ultimato lungo il confine con la Turchia una recinzione di 40 km, alta 5 metri, con 8 torri di osservazione.
I respingimenti nel mare Egeo sono effettuati da individui mascherati che, è stato assodato, fanno parte delle unità scelte della Guardia Costiera [Λιμενικό Σώμα] : le MYA [Μονάδας Υποβρύχιων Αποστολών] unità subacquee, KEA [Κλιμάκια Ειδικών Αποστολών] Operazioni Speciali, e OEA [ Ομάδας Ειδικών Επιχειρήσεων] Operazioni Speciali.

Dalla Eastern Mediterranean route, appena descritta, alla Balkan route.

La Balkan route si é modificata nel corso degli anni in relazione alle politiche adottate dai paesi di transito. Prima del 2012 il flusso migratorio dalla Grecia attraversava la Bulgaria dirigendosi in Romania, Ungheria, Austria Germania attraverso la Serbia. La costruzione di una barriera di nastro spinato in Bulgaria al confine con la Turchia e successivamente la costruzione di barriere antimigranti in Ungheria portarono ad uno spostamento verso ovest del percorso attraverso Macedonia, Serbia , Croazia,Slovenia,Austria. Una variante, ancora più spostata a occidente, si snoda attraverso l’Albania e il Montenegro per giungere in Bosnia.

I profughi afghani che intraprendono la Balkan route, in prevalenza di etnia hazara, sono sistematicamente respinti dalla Croazia. Le violenze e gli abusi compiuti da elementi con il volto coperto, dotati di dispositivi in uso a reparti della polizia di pronto intervento, sono stati ampiamente documentati in un’inchiesta congiunta da Lighthouse Reports, Der Spiegel, SRF, Rundschau, ARD Monitor, ARD Studio Wien, Libération, RTL Croatia, Novosti and Pointer.
Le operazioni di respingimento fanno parte del piano “Koridor”, in parte finanziate con fondi della CE.
I fatti sono ben documentati in questo documento, impressionante: Der Spiegel.

A seguito dell’inchiesta, Andrea Bekić, ambasciatrice croata in Svizzera, ha attaccato la rete televisiva svizzera SRF negando che si tratta di respingimenti e dichiarando che la polizia croata fa il suo dovere proteggendo le frontiere della UE. Contestualmente però il capo della polizia di Zagabria, Nikola Milina, ha dovuto sospendere tre membri delle squadre speciali.
I migranti respinti con la violenza dalla Croazia, quelli che hanno tentato “the Game”, tornano indietro in Bosnia Erzegovina nel campo di Velika Kladuša, coordinate 45°11'17"N 15°49'7"E, l’anticamera dell’inferno. Il campo è stato già sgombrato a fine Ottobre2021 e pochi giorni dopo di nuovo occupato. In sostanza i profughi non ricevono assistenza dal governo bosniaco, sono in balia di sé stessi e dei pochi aiuti delle sole organizzazioni umanitarie.



Velika Kladuša (Bosnia) Refugee camp, October 13, 2021 credit: Dado Ruvic
Velika Kladuša (Bosnia) Refugee camp, October 13, 2021 credit: Dado Ruvic


La Baltic route che dalla Bielorussia va in Polonia e in Lituania è ancora più problematica. I migranti respinti dalla Polonia verso la Bielorussia sono abbandonati a sé stessi da quelle stesse autorità che li avevano incoraggiati a raggiungere Minsk in aereo con pacchetti turistici dalll’Iraq, Siria e Turchia. 4mila migranti, molti dei quali afghani , sono intrappolati in tende improvvisate a Kuźnica , cibo scarso, nessuna assistenza, temperatura notturna di 3°C . Polonia e Bielorussia si scambiano accuse mentre si registrano morti tra i migranti sia sul suolo polacco che in Bielorussia.



Per l’Occidente profughi e sfollati afghani sono “collateral damages” della guerra intrapresa contro le forze del Male, per i regimi e potentati dell’Est sono un’arma biopolitica da usare contro l’Ovest, per i cartelli del “Migrant smuggling” un business, спра́ва per la mafia bielorussa e ucraina, ticaret per quella turca.
“Restiamo umani”
[Riccardo Gullotta]
بی آشیانه گشته ام[1]
خانه به خانه گشته ام
بی تو همیشه با غم
شانه به شانه گشته ام


عشق یگانه من
از تو نشانه من
بی تو نمک ندارد
شعر و ترانه من

سرزمین من
خسته خسته از جفایی
سرزمین من
بی سرود و بی صدایی
سرزمین من
دردمند بی دوایی
سرزمین من

سرزمین من
کی غم تو را سروده؟
سرزمین من
کی ره تو را گشوده؟
سرزمین من
کی به تو وفا نموده؟
سرزمین من

ماه و ستاره من
راه دوباره من
در همه جا نمیشه
بی تو گزاره من

گنج تو را ربودند
از بر اشرف خود
قلب تو را شکسته
هر که به نوبت خود

سرزمین من
خسته خسته از جفایی
سرزمین من
بی سرود و بی صدایی
سرزمین من
دردمند بی دوایی
سرزمین من

سرزمین من
مثل چشم این ستاره
سرزمین من
مثل دشت پر غباره
سرزمین من
مثل قلب داغداره
سرزمین من
[1] رونویسی / Transcription / Trascrizione

Be aashiyaana gashtam
Khaana ba khaana gashtam
Be too hamisha baa gham
Shaana ba shaana gashtam

Eshgh-e yagaana-ye man, az too neshaana-ye man
Be too namak nadaarad sher-o taraana-ye man

Sarzamin-e man
Khasta khasta az jafaayi
Sarzamin-e man
Be sorood-o be sadaayi
Sarzamin-e man
Dardmand-e be dawaayi
Sarzamin-e man

Sarzamin-e man
Ki gham-e too raa sorooda?
Sarzamin-e man
Ki rahi too raa goshooda?
Sarzamin-e man
Ki ba too vafaa namooda
Sarzamin-e man

Maah-o setaara-ye man
Raah-e doobaara-ye man
Dar hama jaa namisha be too gozaara-ye man
Ganj-e too raa raboadan
Azbar-e ashrat-e khod
Ghalb-e too raa shikasta har ki ba nobat-e khod

Sarzamin-e man
Khasta khasta az jafaayi
Sarzamin-e man
Be sorood-o be sadaayi
Sarzamin-e man
Dardmand-e be dawaayi
Sarzamin-e man

Sarzamin-e man
Mesl-e chashm-e entezaari
Sarzamin-e man
Mesl-e dasht-e por ghobaari
Sarzamin-e man
Mesl-e ghalb-e daaghdaari
Sarzamin-e man

Be aashiyaana gashtam
Khaana ba khaana gashtam
Be too hamisha baa gham
Shaana ba shaana gashtam

Eshgh-e yagaana-e man, az too neshaana-ye man
Be too namak nadaarad sher-o taraana-ye man

Sarzamin-e man
Khasta khasta az jafaayi
Sarzamin-e man
Be sorood-o be sadaayi
Sarzamin-e man
Dardmand-e be dawaayi
Sarzamin-e man

Sarzamin-e man
Mesl-e chashm-e entezaari
Sarzamin-e man
Mesl-e dasht-e por ghobaari
Sarzamin-e man
Mesl-e ghalb-e daaghdaari
Sarzamin-e man

envoyé par Riccardo Gullotta - 11/11/2021 - 20:09




Langue: anglais

English translation / ترجمه انگلیسی / Traduzione inglese / Traduction anglaise /
Englanninkielinen käännös :
ahmad aziz
MY LAND

I have become homeless
I have moved from one home to another
Without you, I have always been with sorrow shoulder to shoulder

My only love, my existence
My poems and songs have no meaning without you

My land
So exhausted of persecutes
My land
Without any hymn and song
My land
Impatient without medicine (hope)
My land

My land
Who has sung your sorrow? (No one has sung)
My land
Who have opened your way? (No one has solved)
My land
Who has been loyal to you? (No one has been)
My land

My moon and my star, my new way
I can't live anywhere but in you
They stole your treasures to enrich themselves
Everyone in turn, broke your heart

My land
So exhausted of persecutes
My land
Without any hymn and song1
My land
Impatient without medicine (hope)
My land

My land
You're like someone who is awaiting
My land
You're like a desert full of dust
My land
You're like a grieved heart
My land

Became homeless
I moved from a home to another
Without you, I have always been with sorrow

My only love, my existence
My poems and songs have no meaning without you

My land
So exhausted of persecutes
My land
Without any hymn and song1
My land
Impatient without medicine (hope)
My land

My land
Like someone who is awaiting
My land
Like a desert full of dust
My land
Like a grieved heart
My land

envoyé par Riccardo Gullotta - 11/11/2021 - 22:14




Langue: italien

Traduzione italiana / ترجمه ایتالیایی / Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös :
Riccardo Gullotta
TERRA MIA

Sono diventato un senzatetto
Mi sono trasferito da una dimora all'altra
Senza di te, sempre con il dolore spalla a spalla

Il mio unico amore, la mia esistenza
Le mie poesie e le canzoni non significano nulla senza di te

Terra mia
Tanto logora di perseguitati
Terra mia
Senza inni e canzoni
Terra mia
Impaziente senza speranza
Terra mia

Terra mia
Chi ha cantato il tuo dolore?
Terra mia
Chi ti ha spianato la strada?
Terra mia
Chi ti è stato fedele?
Terra mia

La mia luna e la mia stella, il mio nuovo cammino
Non posso vivere da nessuna parte se non in te
Hanno rubato i tuoi tesori per arricchirsi
Ciascuno, a turno, ti ha spezzato il cuore

Terra mia
Tanto logora di perseguitati
Terra mia
Senza inni e canzoni
Terra mia
Impaziente senza speranza
Terra mia

Terra mia
Che stai in attesa
Terra mia
deserto pieno di polvere
Terra mia
cuore addolorato
Terra mia

Sono diventato un senzatetto
Mi sono trasferito da una dimora all'altra
Senza di te sempre con il dolore spalla a spalla

Il mio unico amore, la mia esistenza
Le mie poesie, le mie canzoni non significano nulla senza di te

Terra mia
Tanto logora di perseguitati
Terra mia
Senza inni e canzoni
Terra mia
Impaziente senza speranza
Terra mia

Terra mia
Che stai in attesa
Terra mia
deserto pieno di polvere
Terra mia
cuore addolorato
Terra mia

envoyé par Riccardo Gullotta - 12/11/2021 - 10:12


MENTRE LE POPOLAZIONI E I TERRITORI PAKISTANI SE LA PASSANO SEMPRE PEGGIO, GLI SCANZONATI TURISTI D’ALTA QUOTA INSISTONO NELLA “CONQUISTA” DELLE VETTE
Gianni Sartori

Ogni tanto, nello stillicidio quotidiano di donne curde ammazzate (non solo in Iran; anche in Turchia e nelle operazioni da guerra sporca extrafrontaliere in Rojava e Bashur), di adolescenti palestinesi fucilati sul posto e di Mapuche brutalizzati e incarcerati etc etc. …si infila timidamente qualche sporadica notizia di repressioni in Pakistan. Ai danni soprattutto delle popolazioni minorizzate (azara, beluci…) e delle classi subalterne.

E’ di questi giorni la notizia che le manifestazioni dei lavoratori delle scuole (non solo insegnanti) sono state represse duramente. Eventi che riportano alla mente quanto accadeva due-tre anni fa con le manifestazioni di medici, operatori sanitari, parenti di malati…che protestavano per la grave situazione sanitaria in cui versava - e versa tuttora, con le alluvioni poteva solo peggiorare - il Pakistan.

Scrivevo all’epoca:
“Situazione sanitaria che non si risolve certo con qualche donazione da parte di operatori turistici e organizzatori di spedizioni in alta quota creando ulteriore dipendenza e subalternità. Per dirne una, quest’anno una epidemia di Hiv ha colpito centinaia di bambini (di famiglie povere, particolare non secondario) a Ratodero. Le accuse nei confronti di un pediatra che avrebbe riutilizzato le stesse siringhe (evento probabile) avevano in realtà lo scopo di trovare un capro espiatorio, minimizzare la gravità della situazione (con centinaia di dentisti, barbieri e paramedici che operano direttamente in strada, senza rispettare, anche volendo, procedure e protocolli e utilizzando strumenti non sterilizzati) e mascherare così le responsabilità dello Stato.

Del resto la possibilità di cure adeguate per gran parte della popolazione, soprattutto la più diseredata, sta diventando un lusso inaccessibile e ci si arrangia come si può. Ma su questo la popolazione, i sindacati, le associazioni si stanno già, per quanto faticosamente, riorganizzando. Anche recentemente si sono avuti scontri con la polizia, con numerosi feriti e arresti, davanti a cliniche e ospedali per protestare contro la nuova legge RDHA che promuove la privatizzazione della sanità pachistana”.

E concludevo invocando l’adozione di forme di boicottaggio come avveniva nel secolo scorso nei confronti dell’apartheid di Pretoria (qualcuno rammenta la spinosa faccenda della Turban?) e, ancora oggi, della pulizia etnica di Ankara contro i curdi e di Israele contro i palestinesi.

Così, ripeto, si dovrebbe agire nei confronti di Islamabad che tra le altre cose perseguita e opprime con particolare brutalità i beluci (con migliaia di persone torturate, numerosi desaparecidos, oltre alle misure di sostituzione etnica).

Stavolta (ottobre 2022) è toccato agli insegnanti e ai lavoratori della scuola.

In particolare l’associazione degli insegnanti della scuola primaria aveva organizzato per il giorno 6 ottobre una manifestazione a Peshawar (bloccando qualche strada) per protestare contro l’abbassamento delle pensioni e chiedendo modifiche strutturali a livello scolastico.

Ma il governo ha fatto orecchie da mercante alle pur legittime richieste e ha scelto la via repressiva. Nel corso delle numerose, ripetute cariche della polizia decine di persone rimanevano ferite. Tuttavia, nonostante il massiccio impiego di gas lacrimogeni e le manganellate, non riusciva a disperdere i manifestanti che, in qualche modo, fronteggiavano le forze dell’ordine e reggevano l’urto.

Parecchi  che avevano scelto (forse ingenuamente) di farsi curare in ospedale (o vi erano stati trasportati d’urgenza per la gravità delle ferite), venivano poi arrestati direttamente al pronto soccorso e negli ambulatori.

A giorni, indetto da vari sindacati e associazioni, è previsto uno sciopero generale per denunciare tali violenze applicate dal governo contro chi rivendicava diritti sacrosanti.

Tutto questo, dicevo, mentre le avanguardie turistiche neocoloniali (mascherate da “alpinisti” e talvolta sotto copertura umanitaria…due-tre scatole di medicinali non si negano a nessuno e magari facilitano la concessione di permessi) si affannavano su qualche ottomila (salvo venirne talvolta ignominiosamente rigettate).

Intanto, alle falde di montagne e ghiacciai, la crisi morde, strazia e non fugge. Rimane a dilaniare la carne delle popolazioni. E quest’anno, proprio dai ghiacciai sotto pressione per i cambiamanti climatici, è venuto un ulteriore colpa di grazia. Forse non proprio definitivo, ma sicuramente difficile da incassare.

Gli esperti prevedono(e in parte si è già potuto constatarlo) che in quello che con i suoi oltre settemila viene chiamato “Terzo Polo”, le conseguenze dei cambiamenti climatici saranno sempre più devastanti (vedi Global Climate Index 2020).

Il caldo estremo dell’ultima estate è sicuramente all’origine delle inondazioni (dovute, oltre cha allo scioglimento accelerato dei ghiacciai alle piogge monsoniche particolarmente torrenziali) del 2022. Risultate ben quattro volte superiori per intensità e per danni provocati a quelle del 2010 (già bruttine per conto loro).

Con circa 50 milioni di persone colpite, oltre un migliaio di vittime accertate (senza contare i dispersi) e con il 90% dei terreni agricoli devastati (quando non letteralmente scomparsi). Per il Pakistan, tra i maggiori produttori mondiali di cotone e riso, un danno incalcolabile.

Come esportatore, fino all’anno scorso aveva garantito le forniture di cotone per vari marchi internazionali.

Cotone forse impropriamente spacciato per “sostenibile” mentre in realtà qui si assiste alla brutale esternalizzazione delle emissioni dell’Occidente. Oltre all’ipocrita ambientalismo di facciata da parte delle aziende, i cui profitti derivano dallo sfruttamento brutale della manodopera indigena.

Da segnalare che in genere le aziende (il “capitale fisso”, costruite in cemento) sono rimaste pressoché intatte mentre a subire il disastro ambientale sono ancora una volta le classi subalterne le cui abitazioni (“fuori norma”, estremamente fragili) venivano travolte dalla piena.

Va ricordato che il Pakistan contribuisce in minima parte alle emissioni di carbonio. Tuttavia, come è apparso evidente, subisce in maniera massiccia le conseguenze dell’inquinamento atmosferico prodotto dalle nazioni benestanti.

Un inciso: sarebbe questo il Paese sulle cui cime qualche operatore turistico di montagna, o i suoi ascari arruolati per la circostanza, intende esporre striscioni contro l’inquinamento in Veneto?

Torniamo in Pakistan, anzi nella provincia periferica del Belucistan dove risultano crollate almeno una dozzina di dighe (ma la situazione risulta grave anche in Sindh e Punjab). Si presume che nelle loro realizzazione si sia risparmiato alla grande sui materiali e lucrato (anche con bustarelle) da parte di funzionari corrotti.

Senza entrare nel merito dell’eredità avvelenata dell’imperialismo britannico, fondata sull’estrema disparità socio-economica tra ceti dominanti (proprietari terrieri, militari, burocrati…) e il resto della popolazione, ricordo che dagli anni cinquanta del secolo scorso le classi al potere fornicarono assai con varie imprese internazionali (anche italiane) nella realizzazione di infrastrutture idroelettriche e per l’irrigazione (infatti oltre alle dighe anche molti canali si sono rivelati inadeguati e sono collassati con le alluvioni). Arrivando a imporre la deportazione di intere popolazioni (come alla diga di Taunsa, risultata poi del tutto nadeguata nel 2010).

E qui non posso non ritornare sul libro-intervista con Lacedelli di Giovanni Cenacchi in merito alla celebrata conquista del K2 nel 1954. Andando anche al di là delle intenzioni degli autori, leggendolo si può intuire quale fosse la reale posta in gioco.

Nonostante scelga di non approfondire più di tanto (pag. 115: “è questo un argomento su cui non è possibile trarre conclusioni certe”, sic!) sui rapporti tra il governo italiano e quello pachistano dell’epoca, l’autore non può evitare di accennare al fatto che le imprese italiane (tra cui spiccava la nota Impregilo), utilizzando sia finanziamenti governativi sia quelli della Banca mondiale, ebbero in appalto le “grandi opere”. In particolare quelle da realizzare nel bacino dell’Indo (dighe, canali, infrastrutture) come la monumentale diga di Tarbela. Senza escludere altri benefit politici, economici, commerciali, forse anche militari (vendita di armamenti?), in cambio del permesso per la spedizione. Altro che "patrimonio dell'Umanità". Già allora l'alpinismo (coerentemente con le sue origini del resto) si coniugava con il colonialismo.

Ad aggravare il bilancio delle inondazioni del 2022 si aggiunge il fatto che tra gli oltre otto milioni di donne colpite, almeno 650mila risultavano incinte e circa 100mila dovrebbero partorire a breve scadenza. Anche a causa dei pregiudizi e tabù tradizionali che gravano sulla sessualità femminile, si assiste ora sia ad una inadeguata fornitura di materiale ginecologico, sia a una scarsa somministrazione di assistenzaper le donne. Con il rischio di un incremento della mortalità (per le donne come  per i feti) e sicuramente delle infezioni genitali.

Inoltre almeno un migliaio di strutture sanitarie risultano danneggiate (e ricordo, vedi sopra, la gravità preesistente della situazione sanitaria pakistana), di cui circa 200 completamente distrutte solo in Balucistan (per non parlare di tutte quelle diventate inaccessibili per il crollo di ponti e strade).

E in questo scenario desolante, in questa terra devastata,c’è chi arriva tutto pimpante per sciare o arrampicare…?!?

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 10/10/2022 - 19:47




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