Složena Josefem Zichou a Bedřichem Klapkou, pracovníky kárného pracovního tábora I v Letech, za jejich pobytu září–listopad 1940. Zpívá se jako Havířova růže
Dle diktátu autorů napsal Burget.
Dle diktátu autorů napsal Burget.
Do práce mladý dělník kráčí
v ruce má krumpáč s lopatou
četník ho s pendrekem doprovází
na tu jeho cestu trnitou.
Budeš se míti u nás dobře,
dostaneš boty pro sebe,
práce když budeš míti málo,
půjdeš dělat k sedlákům na pole.
Slibovali ti páni práci,
místo ní´s dostal robotu,
k rodičům smíš se podívati
za 3 měsíce jednou v sobotu.
V práci té ty až jednou padneš,
pak přijdeš rovnou do nebe,
kapitál, jenž jsi vydělával,
ten si nechají páni pro sebe.
Úspory též už skoro žádné,
i ty si páni nechají
a tvoji věrní kamarádi
píseň galejí ti zpívají.
Spi sladce, drahý kamaráde,
co osud vzal, to nevrací,
my vzpomínku ti zachováme,
že jsi v táboře padl za práci.
Contributed by Stanislava - 2021/10/26 - 18:12
Language: Italian
Traduzione italiana / Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös:
Stanislava, 26-10-2021
Stanislava, 26-10-2021
CANZONE
Un giovane operaio va a lavorare
con in mano un piccone e una pala,
lo accompagna un gendarme con il manganello
in quel suo cammino pieno di spine.
Là da noi starai bene,
riceverai le scarpe tutte per te
e se ti mancherà il lavoro
andrai a lavorare dai contadini nel campo.
I padroni ti promettevano lavoro,
invece hai ottenuto solo una fatica immane,
puoi andare a trovare i genitori
una volta in tre mesi di sabato.
Quando tu, lavorando, un giorno cadrai,
te ne andrai dritto nel paradiso,
il capitale che hai guadagnato
se lo terranno i padroni per sé.
Quasi nulla resta dei tuoi risparmi
e anche quelli se li terranno i padroni.
I tuoi compagni fedeli
cantano per te il canto dei lavori forzati.
Dormi dolcemente, compagno caro,
quel che il destino toglie non usa ridarlo indietro.
Noi di te conserveremo il ricordo
che nel campo sei caduto per il lavoro.
Composta da Josef Zicha e Bedřich Klapka, lavoratori del campo di lavoro punitivo I a Lety, durante il loro soggiorno tra settembre e novembre del 1940. Si canta sulle note di Havířova růže (“La rosa del minatore”, canzone popolare che parla di un minatore morto in miniera, ndt). Testo dettato dagli autori e trascritto da Burget.
Un giovane operaio va a lavorare
con in mano un piccone e una pala,
lo accompagna un gendarme con il manganello
in quel suo cammino pieno di spine.
Là da noi starai bene,
riceverai le scarpe tutte per te
e se ti mancherà il lavoro
andrai a lavorare dai contadini nel campo.
I padroni ti promettevano lavoro,
invece hai ottenuto solo una fatica immane,
puoi andare a trovare i genitori
una volta in tre mesi di sabato.
Quando tu, lavorando, un giorno cadrai,
te ne andrai dritto nel paradiso,
il capitale che hai guadagnato
se lo terranno i padroni per sé.
Quasi nulla resta dei tuoi risparmi
e anche quelli se li terranno i padroni.
I tuoi compagni fedeli
cantano per te il canto dei lavori forzati.
Dormi dolcemente, compagno caro,
quel che il destino toglie non usa ridarlo indietro.
Noi di te conserveremo il ricordo
che nel campo sei caduto per il lavoro.
Contributed by Stanislava - 2021/10/26 - 18:14
Tutto davvero molto interessante, Stanislava, grazie (per l'ennesima volta) per averci fatto conoscere queste vicende "edificanti". Forse non c'entrerà nulla (o forse sì, chissà), ma mi ha colpito anche quella cosa dell'ultranazionalista ceco che è...giapponese (ma proprio giapponese: è nato a Tokyo). Ultranazionalista d'icché...?!?
Riccardo Venturi - 2021/10/26 - 20:05
Giustissima osservazione la tua, Riccardo. Infatti, la cosa è tanto assurda quanto vera. Questo personaggio, figlio di madre ceca e padre giapponese-coreano, nato a Tokyo e vissuto lì qualche anno prima di “immigrare” nell'allora Cecoslovacchia, è oggi forse il più visibile promotore dei discorsi della serie “prima i cechi”. Il suo partito Libertà e democrazia diretta (“libertà” sarà tra le parole più maltrattate dalla politica...), secondo alcuni, è un mero progetto imprenditoriale: Okamura era già attivo come imprenditore nel turismo e nella ristorazione, per poi capire che i contributi statali ai partiti che entrano nel parlamento sono una fonte più redditizia e più comoda di guadagnarsi il pane (si fa per dire). E ha individuato l'ambito che gli avrebbe a lungo assicurato il sostegno per superare la soglia e starsene comodamente all'opposizione: il clima di paura dell'immigrazione. E così da anni riempie lo spazio pubblico con una retorica anti-immigrazione, inveisce contro i musulmani, spinge per l'uscita dall'Unione Europea con un progetto senza fondamento di una qualche autarchia ceca sul piano alimentare, e tanto per non farci mancare nulla, ce l'ha con qualsiasi regolamento ecologico, e anche (ovviamente) con la comunità LGBTQ+ (la difesa dei “valori tradizionali” non poteva mancare). Se poi è davvero solo un calcolo o se pensa veramente tutto quello che dice, in fin dei conti è secondario, il risultato è lo stesso. I discorsi fanno eco, tant'è che alle elezioni di due settimane fa il suo partito ha preso 9,5%, e per via dell'attuale panorama particolare, per un pelo non è andato a governare. E così ci si abitua via via a questo controsenso e il pensiero critico si addormenta sempre di più.
Stanislava - 2021/10/27 - 12:50
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Recentemente è stato reso disponibile in forma digitale l'enorme archivio del campo di concentramento di Lety u Písku, contenente migliaia di pagine che così aggiungono un'altra testimonianza agli eventi della seconda guerra mondiale. Dato che la storia di questo luogo non è molto conosciuta al di fuori dei confini cechi, provo a tracciarla almeno a grandi linee e fornire qualche fonte di informazione.
Situato nella Boemia meridionale, a una trentina di chilometri dalla città di Písek, il piccolo comune di Lety è stato scelto nel 1938 come luogo in cui costruire un campo di lavori forzati. Il progetto parte qualche mese prima dell'occupazione nazista della zona, quindi ancora durante la cosiddetta prima repubblica cecoslovacca (periodo tra le due guerre, ovvero dopo la conquista dell'indipendenza nel 1918 fino all'occupazione da parte della Germania nazista). E già questo successivamente costituirà una difficoltà nella considerazione di quel luogo: la “prima repubblica” rappresenta oggigiorno un mito per una parte della società ceca, un periodo storico idealizzato, e come è facile intuire, la presenza di un campo di concentramento costruito da quello stato per i propri cittadini ci riversa sopra una macchia scomoda.
I primi internati nel campo erano “coloro che ripugnavano il lavoro e dopo il compimento del 18esimo anno di vita non potevano dimostrare di avere una regolare fonte di sostentamento”, definizione in cui si ritrovavano un po' tutti coloro che per diverse ragioni non potevano o non volevano rientrare nei canoni accettati dalla società: mendicanti, persone che giravano in cerca di occupazioni saltuarie, individui coinvolti nella microcriminalità. Il loro internamento veniva deciso dai funzionari di stato, senza processo, per una durata minima di 3 mesi. Molti terminavano dentro per trasgressioni banali. Il piano consisteva quindi non in una semplice incarcerazione alle spese dello stato, bensì in uno sfruttamento sistematico dei malcapitati come forza lavoro, di cui traevano profitto fra altri alcune famiglie nobili della zona.
Quasi in contemporanea con la fondazione del campo si ha una precipitazione di avvenimenti a livello europeo. La Cecoslovacchia viene sacrificata a Hitler e si crea il Protektorat Böhmen und Mähren. Il campo di Lety rientra perfettamente nei progetti dei nazisti: viene aggiunta una componente razziale e il campo si trasforma in un luogo di internamento delle etnie Rom e Sinti presenti nel territorio ceco. Il destino che i nazisti riservavano a tali etnie è ben noto. Affermare che le condizioni nel campo erano disastrose è praticamente superfluo, nulla manca di ciò che abitualmente si legge nei resoconti di posti simili: cibo, igiene e spazi insufficienti, inverni freddi, fatica eccessiva che molti pagheranno con la vita, epidemia di tifo tra il '42 e il '43, notizie emergenti su violenze fisiche e torture... Fonti ufficiali parlano di 1309 internati in totale, di cui 327 morti nel campo e 420 deportati ad Auschwitz dove quasi tutti morirono nelle camere a gas. Uno sguardo veloce ad alcune schede fa sorgere dei dubbi anche riguardo i pochi sopravvissuti del primo periodo: in più di una scheda si trova la data di congedo dal campo, insieme a una nota successiva della morte dell'internato a causa di salute compromessa, pochi giorni dopo l'uscita dal campo. I casi come questi venivano considerati tra i morti, oppure tra i sopravvissuti? Sarebbe auspicabile che con i materiali a disposizione venissero fatte delle ricerche per darci una risposta e rivedere anche i numeri complessivi che molto probabilmente saranno sottostimati.
Dopo la guerra la vicenda del campo di Lety è caduta sostanzialmente nell'oblio, anche perché i sopravvissuti erano davvero pochi, e i Rom arrivati in quegli anni dalla Slovacchia non ne erano a conoscenza. Il regime comunista non era interessato a conservare la memoria di quel luogo, anche per via di un suo rapporto problematico con la comunità Rom (solo adesso, ad esempio, stanno uscendo alla luce alcune testimonianze sulle sterilizzazioni forzate delle donne Rom), e con il suo tipico pragmatismo ha costruito sul luogo delle terribili vicende – niente meno che un allevamento di maiali. Dopo la caduta del regime siamo stati testimoni di molti discorsi e pochi fatti. L'interesse mediatico non è sicuramente mancato, come anche alcuni tentativi sinceri di costruire un luogo di memoria degno per ricordare le vittime, ma nemmeno siamo stati risparmiati da tante relativizzazioni e persino dal negazionismo delle sofferenze dei Rom durante il nazismo. Non sorprende purtroppo Tomio Okamura, il leader del partito ultranazionalista, che ha definito Lety un “pseudocampo di concentramento da cui si poteva uscire a piacimento”. Il terreno è stato comprato nel 2017 dal governo ceco per poter riqualificare il luogo. Tra un discorso e l'altro però l'allevamento dei maiali è ancora lì, e nel 2021 stiamo ancora aspettando che questo pezzo di storia venga pienamente riconosciuto.
Altre informazioni in inglese si trovano su Wikipedia.
Fonti ceche:
- Archivio dei materiali relativi al campo di Lety u Písku
- Lety u Písku. Neznámý příběh dozorců (Lety u Písku. La storia sconosciuta dei sorveglianti) – disponibile sul sito dell'Istituto ceco per lo studio dei regimi totalitari.
Nell'archivio è presente anche una canzone composta dagli internati del campo, probabilmente risalente al primo periodo in cui la struttura fungeva da campo di lavori forzati. È intitolata semplicemente Canzone. Trascrivo qui il testo come si trova su questa pagina, comprese le frasi introduttive in cui vengono menzionati i nomi degli autori. [Stanislava]