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Decline and Fall of the Roman Empire

Franco Battiato
Language: Italian


Franco Battiato

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Strani giorni / Strange Days
(Franco Battiato)
Ethika fon ethica
(Franco Battiato)
John
(Juri Camisasca)


[1996]
Testo / Lyrics / Paroles / Sanat:
Manlio Sgalambro
(Dalla poesia / From the poem / Tirées du poème / Runosta:
Note di passaggio)
Musica / Music / Musique / Sävel: Franco Battiato
Singolo / Single: Mercury Records 1996, Strani giorni / Strange Days / Decline and Fall of the Roman Empire

declinefall


Canzone (del 1996) rimasta confinata come lato B, o demo, in un singolo Mercury Records contenente, sul lato A, Strani giorni / Strange Days. Ispirata al capolavoro dello storico settecentesco inglese Edward Gibbon, The History of the Decline and Fall of the Roman Empire (pubblicata in sei volumi tra il 1776 e il 1788; la pubblicazione ebbe fine l'anno precedente all'inizio della Rivoluzione Francese), l'opera si distingue per la qualità e l'ironia della prosa, e per le precise e velenose critiche nei confronti delle confessioni religiose. Con il testo (ovviamente) di Manlio Sgalambro, infarcito di dottissime citazioni, e come Strani giorni, anche questa canzone è una chiarissima allegoria: Sgalambro e Battiato ci trasportano in pieno V secolo, con tanto del generale Stilicone (patrizio romano, ma vandalo di nascita, ca. 359-408), poco prima della definitiva caduta dell'Impero Romano d'Occidente (476). Sono atmosfere che garbavano parecchio a Franco Battiato, atmosfere di declino imminente e di passaggio; e poiché la canzone precede di soli quattro anni il fatidico scollinamento del Millennio, c'è da scommettere che quel “V secolo” aveva parecchio del Ventesimo. Sarebbe questione di sapere, o intuire di sapere, quale e quanta coscienza gli uomini, in generale, abbiano di vivere cambiamenti epocali, anche quelli capaci di ragionamento e dotati di razionalità storica e scientifica; senza contare che, anche in mezzo ai cambiamenti e alle cadute e declini di imperi e di sistemi -con tutto il loro corollario di conservazioni e progressi, e di figure più o meno stupide e volgari)- esiste pur sempre una quotidianità fatta di procurarsi da mangiare, di bollette da pagare, di procreazione, di qualsiasi cosa che umanamente arrechi gioia e dolore; si tende a pensare, ad esempio, che gli uomini di remote antichità la avessero, in quanto abbiamo già storicizzato ogni cosa. Poi ci sono gli Imperi: ad esempio, noialtri, alla caduta di quale Impero stiamo vivendo? Chi è l'Imperatore? Dove si trova? Sotto quale martello, “religioso” o meno, l'Impero sta cadendo? Chi sono i Barbari che stiamo aspettando? Nel frattempo, ci stiamo imbarbarendo anche noi? E quei famosi barbari, che per Kavafis erano μία κάποια λύσις, non si staranno per caso civilizzando anche se codesta loro civiltà non ci piace per niente, non la capiamo, non la vogliamo capire nella nostra immortale boria? Il testo di Sgalambro è tratto da una sua poesia, intitolata Nota di passaggio; ma i passaggi non sono certo scanditi da date di comodo, come quel 476 che è stato inventato da storici molto posteriori. Prego non si pensi che un uomo del 476, la mattina del 1° gennaio 477 si sia svegliato esclamando: “Toh! Da oggi siamo nel Medioevo!”. Così, noialtri, ogni mattina ci svegliamo e non sappiamo certo se tra cinquecento o mille anni, a qualcuno salterà in mente di dire che la mattina del 14 ottobre 2021 l'Impero è caduto e che siamo ora in chissà quale nuova fase. Con tutte le Upaniśad del verso finale della canzone (“Dona, abbi pietà, abbi misura”), un nobile appello che sarebbe opportuno sottoscrivere individualmente e collettivamente, si sa purtroppo bene che tutti i passaggi, i declini e le cadute sono accompagnate dall'esatto contrario: ingordigia, spietatezza, esagerazione. Stupidità, volgarità, nuovi dèi, vecchi dèi riciclati. L'incrocio epocale e fatale tra le epoche, l'antichità che si ripete nella contemporaneità: ancora adesso si fanno ministri "mimi e ballerini", e anche di peggio. Con l'aggravante che nessun Antonin Artaud dedicherà un volume ai Berlusconi e ai loro simili. Sgalambro e Battiato, certo, fanno gli Sgalambro e i Battiato: come dei Boezii pop (uno che la caduta dell'Impero Romano la aveva sperimentata sul serio), suggeriscono una qualche forma di consolatio philosophiae, i saggi e le saggezze, il rifugio in antiche spiritualità e quant'altro; non senza rinunciare a una sottile forma di disprezzo nei confronti delle religioni "rivelate", che in fondo sono altri Imperi e nient'altro. Accostare il vangelo di San Matteo, nella lettura, ad un'opera che parla, sia pur scientificamente, di piscio, ne è la prova. [RV]
Vivo alla fine dell’Impero Romano
In un giardino di ciliegie
Che sprizzano il loro succo
Sulla mia faccia slavata
Perfido Stilicone, barbaro multiforme
I monaci cantano il Vespro nel tempio di Giove
Decline and Fall
Dolce sole di Emesa, Eliogabalo imperatore
Celebrava pietanze invece di battaglie
Confondeva l’ordine delle stagioni
Faceva ministri mimi e ballerini…
Bolide solare, vaga per i mari come putrida barca l’Impero
Havel, Havelin [1]...
Tutto è vanità
Come in un gioco di bambini
Svicolo per viuzze piene di profumi e unguenti
Mentre leggo l’Anatomia dell’Urina [2] di James Hart
Assieme al Vangelo secondo S. Matteo
Mi beo di sulfuree intese con pianeti
E in un istante attraverso l’orbita celeste
Odo un canto all’orizzonte, m’assottiglio
Sono spirito puro, sono fiore, tigre, mi risveglio
Muffe, odori eziologici per mondi alla fine
Purificati da lirici antropoidi:
Qui a tre passi la decadenza avanza
Chiunque tu sia, ti prego, rispondi:
Ci sono ancora altre aurore?
Dona, abbi pietà, abbi misura
[1] Citazione dal Qoèlet, o Ecclesiaste.

[2] Opera del 1625 (Anatomy of the Urine) scritta dall'anatomista e fisiologo inglese James Hart.

Contributed by Riccardo Venturi - 2021/10/14 - 09:16




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