Language   

Come a Kobane

NoWhiteRag
Language: Italian


NoWhiteRag

List of versions


Related Songs

Capitalismo
(NoWhiteRag)
Xenophobia
(NoWhiteRag)


2018
Resilience
Ho gli occhi al cielo che piangono bombe
un cuore crollato tra martiri e tombe

Rojava insegna, Rojava insegna la dignità
Rojava insegna, come a Kobane No Pasaran!

Su terra antica che aiuta ad alzarmi
nascono fiori accanto alle armi

Rojava insegna, Rojava insegna la dignità
Rojava insegna, come a Kobane No Pasaran!

E quando intorno si alzano
muri d’odio, troverò
resistenza, solidarietà
e una scritta trionferà:
The only way to stop the hate
is with love and YPG
The only way to stop the hate
is with love and YPJ

Rojava insegna, Rojava insegna la libertà
Rojava insegna, come a Kobane No Pasaran!

Contributed by Dq82 - 2021/6/23 - 16:26



ANKARA E MOSCA SI ACCORDANO SULLA TESTA DEI CURDI?
(Gianni Sartori)

Talvolta parlando della difficile situazione dei Curdi in Rojava si evoca il classico “vaso di coccio” sbattuto tra quelli di ferro (tra Usa e Russia, tra Ankara e Damasco…) e destinato quindi a frantumarsi.

Dimenticando che se c’è qualche speranza per l’intera area di fuoriuscire (oltre che dai conflitti settari, dall’autoritarismo patriarcale, dagli integralismi etc…) dallo stretto controllo esercitato sia dalla potenze regionali che da quelle planetarie, è solo quella del progetto curdo di Confederalismo democratico.

Altro, almeno per ora, non si intravede sul fosco orizzonte.In compenso stiamo probabilmente per assistere all’ennesimo voltafaccia (parlare di “tradimento” sarebbe forse eccessivo; in fondo Putin non ha mai garantito nulla o quasi ai curdi…) da parte di Mosca.

Sarebbero già in corso le trattative, da tempo ventilate e temute, con Ankara per consentire all’esercito turco di attaccare Kobane. In cambio le truppe di Erdogan dovrebbero lasciare a quelle russe il controllo di Ariha (provincia di Idleb),località posta lungo l’autostrada strategica M4.

Controllare Kobane per la Turchia significa stabilire una vera continuità territoriale nel nord della Siria. Dal cantone di Afrin fino a Kobane passando per Jarablous e Tall Abyad.

Stando a quanto riporta Middle East, la Russia conserverebbe una sua presenza a Kobane mentre la Turchia potrebbe impadronirsi delle zone circostanti in direzione della M4. L’autostrada sarebbe quindi controllata congiuntamente da Mosca e Ankara (a cui verrebbe affidata anche la sicurezza della base di Sarrine) mentre spetterebbe ai russi garantire un ulteriore ritiro verso sud delle YPG (quelle YPG, non dimentichiamolo, che dal 2014 hanno svolto un ruolo determinante nella lotta contro lo stato islamico pagando un prezzo altissimo per numero di caduti).

Facile immaginare quanta inquietudine serpeggi ora nella popolazione che è a conoscenza di quello che avviene nei territori del nord-est della Siria già occupati dalla Turchia e dalle milizie sue alleate: saccheggi, decine rapimenti e uccisioni extragiudiziarie, sparizioni, torture, stupri…

E gli USA?
L’amministrazione statunitense (sempre più improbabile anche nel ruolo di “convitato di pietra”) avrebbe inviato dei convogli di vario genere per sostenere le FDS (Forze democratiche siriane, la coalizione arabo-curda). Contravvenendo quindi alle ripetute richieste di sospendere gli aiuti inoltrate da Erdogan. Meglio che niente.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 2021/11/2 - 19:17



CURDI SOTTO IL TALLONE DI FERRO DI ANKARA ANCHE NEL NORD DELLA SIRIA


Gianni Sartori


Dal Rojava, anche nel giorno di Natale, giungono altre brutte notizie. Se ormai è ordinaria amministrazione sentire degli attacchi ai civili con i droni (l’ultimo, quello del 25 dicembre, ha causato due morti e sette feriti, di cui un paio in gravi condizioni), suscita raccapriccio la notizia del ritrovamento del cadavere di una curda bruciata viva, Zeinab Abdo. Anche perché questa morte brutale è giunta dopo una serie infinita di tribolazioni subite dalla donna sessantenne.
Da mesi viveva in una casa diroccata nei pressi del villaggio di Rota (distretto di Mabata) dopo che le milizie filoturche avevano confiscato la sua casa arrestando praticamente tutti i membri della famiglia (il marito, i figli, le nuore…). Una delle due nuore - Zelikhe Walid Omar - era stata rimessa in libertà nell’agosto 2021 (dopo oltre un anno di detenzione) avendo perso la ragione a causa delle torture e degli stupri subiti.
Violenze subite anche da Zeinab Abdo durante il periodo in cui era nelle mani dei miliziani jihadisti che l’avevano liberata solo da qualche mese.
Per cui non si può escludere che si sia tolta volontariamente la vita per disperazione.
Zeinab era stata arrestata nel giugno 2020, così come gli altri componenti della famiglia di cui ancora non si conosce la sorte: il marito Osman Majid Naasan (65 anni), i suoi figli Jankin (32 anni), Sheyar (30 anni) e Mohammed (28 anni).
A finire nelle mani jihadiste anche le due nuore, Zelikhe Walid Omar (30 anni, l’unica, oltre a Zeinab, ad essere stata finora liberata, ma solo perché impazzita per le violenze subite) e Jaylan Hamalo. Nessuna notizia anche di due bambini, tra cui la figlia (di nemmeno 2 anni) di Jankin e Zelikhe.
In novembre era stato diffuso un video in cui si vedeva una senzatetto, Zelikhe Walid Omar, rovistare tra i rifiuti con lo sguardo perso nel vuoto. Da fonti locali si veniva a saper che la donna vagava da circa tre mesi per le strade di Afrin in cerca di cibo. Avviene anche questo nel Rojava invaso e occupato dalla Turchia e dalle sue bande di mercenari.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 2021/12/26 - 15:51



MENTRE PROCEDE L'ATTACCO TURCO SU LARGA SCALA, LA RESISTENZA CURDA SI ORGANIZZA CONTRO LA BARBARIE JIHADISTA
GIANNI SARTORI


Per ora l'ultima notizia (tarda serata del 2 dicembre) è quella di una famiglia curda in fuga da Afrin contro cui i mercenari filo-turco hanno aperto il fuoco. Uccidendo due membri (Jamal marsal e il figlio Hassan di 24 anni) e ferendone gravemente altri due (la madre e un'altra donna che viaggiava con loro). L'attacco è avvenuto presso il rondò di “Al-Shihan” di Aleppo.

A questo punto, possiamo dire “ordinaria amministrazione”.

Del resto i metodi utilizzati dall'alleanza jihadista denominata Esercito Nazionale Siriano (SNA) all'assalto della regione del nord-est della Siria sono stati quelli prevedibili.

Di fatto gli abitanti dei quartieri curdi di Aleppo (in particolare Sheikh Maksud e Ashrafia) sono diventati ostaggi da deportare in territorio turco. Anche se al momento non se ne conosce il numero, tra le persone sequestrate vi sono molte donne attiviste di Hêzên Parastina Civakî (HPC, un'organizzazione consiliare di base).

Forse le stesse che due giorni fa erano riuscite a impedire l'infiltrazione dei terroristi di Hayat Tahrir al-Sham (HTS) e a catturarne alcuni.

In una dichiarazione del Comando generale delle Unità di Protezione della Donna (YPJ - Yekîneyên Parastina Jin) si denunciava la brutalità dell'occupazione turca e le atrocità commesse sulle giovani militanti curde fatte prigioniere.

Chiamando le organizzazioni internazionali delle donne, quelle per i diritti umani, la società civile, tutti i democratici... a prendere le difese degli ostaggi nelle mani dei mercenari jihadisti.

Riprendo testuale: “Negli ultimi giorni la nostra regione, come tutto il territorio siriano, è diventata l'obiettivo di un attacco su larga scala e su molteplici fronti. Cominciando da Aleppo dove la popolazione è posta di fronte al rischio di venir massacrata. Contemporaneamente gli attacchi si sono rivolti alle nostre zone nel nord e nell'est della Siria dove abbiamo dato prova di una grande capacità di resistenza, in particolare nelle regioni di Shehba e di Aleppo. E il nostro popolo, guidato dalle donne, ha mostrato una grande resilienza di fronte alle aggressioni.

A Sheikh Maqsoud e Ashrafia (i quartieri a prevalenza curda di Aleppo nda) la nostra gente – con l'esperienza acquisita nel corso di anni di guerra – ha reagito organizzandosi e operando come “Forze di protezione di Sheikh Maqsoud e Ashrafieh” , stroncando decine di attacchi dei mercenari dello Stato di occupazione turco.

Ma sfortunatemente – prosegue il comunicato delle YPG - molti giovani donne e uomini sono stati catturati da questi mercenari. Barbari che - non rispettando né l'etica, né le leggi di guerra - hanno violato atrocemente la dignità delle prigioniere, utilizzandole come strumento di propaganda sui loro mezzi di comunicazione”.

Anche dichiarando apertamente sui social che le avrebbero vendute al mercato degli schiavi. Un comportamanto brutale, disumano e intollerabile. Condannato energicamante dalle Unità di protezione della Donna (YPJ) che promettono di vendicare le donne catturate e sottoposte a tali umiliazioni.

Inoltre nel comunicato le YPJ rivolgono un'accorata richiesta alle organizzazione internazionali, in particolare “a Amnesty International e al Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR), così come a tuttte le organizzazioni delle donne e dei diritti umani affinché, compiendo il loro dovere, proteggano queste donne che hanno difeso i quartieri e le città. Insistiamo sulla necessità di garantire i loro diritti come prigioniere di guerra”.

Per le YPG le atrocità commesse dai mercenari sulle giovani curde catturate sono il riflesso di quelle commesse dall'Isis nel 2014 a Sinjar, Mosul e Raqqa quando migliaia di donne vennero vendute come schiave.

L'estrema manifestazione di una mentalità patriarcale che umiliando le donne curde vuole colpire la resistenza di tutto un popolo che non si vuole arrendere.

E infatti il comunicato si conclude con un appello a ”tutte le donne giovani affinché si uniscano alle YPG, a prendere il proprio posto in prima linea”. L'unico modo, per quanto duro, difficile, pericoloso per “proteggere la nostra terra e la nostra dignità”.

Intanto (come nel caso citato all'inizio) sono migliaia i curdi che – scacciati nel 2018 da Afrin e rifugiati a Tell Rifaat (Shahba) nella campagne di Aleppo – sono nuovamente costretti a fuggire, in pieno inverno, di fronte alle bande degli ascari di Erdogan.

Finora con scarsi risultati, gli esponenti curdi hanno esortato la comunità internazionale a istituire corridoi sicuri per la popolazione assediata a Tal Rifat (nonostante le ripetute segnalazioni di rastrellamenti operati dai mercenari filo-turchi sulle strade che escono dalla città).

Sarebbero almeno una quarantina le famiglie qui giunte da Afrin e al momento intrappolate a Tall Rifat in attesa di una via d'uscita. Dormendo all'addiaccio con temperature gelide.

Mentre le milizie dell'Esercito Nazionale Siriano (SNA) vanno compiendo decine di arresti tra questi sfollati. E già si parla di esecuzioni di civili in strada.

Da parte sua Mazloum Abdi, il comandante delle FDS (Forze Democratiche Siriane - Hêzên Sûriya Demokratîk‎) ha dichiarato di essere all'opera per “assicurare l'evacuazione in sicurezza degli sfollati interni di Afrin verso il nord-est” mentre “continua la resistenza nei quartieri curdi di Aleppo per proteggere il nostro popolo”.

Fermo restando, conclude Mazloum Abdi che “il sostegno internazionale è cruciale per garantire la sicurezza di queste popolazioni vulnerabili”.

Volendo tentare una BREVE sintesi (provvisoria dato che tutto è in movimento, non solo in Siria ma nell'intero Medio Oriente) possiamo individuare due blocchi fondamentali, entrambi islamisti se pur a diverso titolo, nelle truppe e milizie all'attacco nei territori del nord e dell'est della Siria.

Il primo è quello riunito intorno a Hayat Tahrir al-Sham (ex al-Nusra, ramo siriano di Al-Qaïda), l'altro quello delle truppe ausiliarie (“cammellate”) di Ankara denominato Esercito Nazionale Siriano.

Mentre il primo procede spedito verso sud (verso Damasco quindi) con lo scopo dichiarato di abbattere il regime siriano, l'Ens – una coalizione posta direttamente sotto il comando turco - sembra indirizzarsi principalmente contro i curdi. Le sue operazioni hanno interessato soprattutto la regione di Shebah/Tall Rifaat impadronendosi di vaste aree agricole, di alcuni villaggi e investendo i campi profughi che ospitano decine di migLiaia di curdi fuggiti da Afrin nel 2018. Inoltre avrebbero bloccato, reciso il corridoio umanitario aperto dai curdi.

Pur avendo perso terreno in quel di Sheba/Tall Rifaat, le Forze Democratiche Siriane avrebbero riconquistato una vasta area sulla riva ovest dell'Eufrate. Così come al momento conservano il controllo dei quartieri curdi e di una parte di quelli periferici nella parte nord-est di Aleppo. Ma per ora rimangono isolati rispetto al Rojava verso cui tentano di aprire un corridoio umanitario.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 2024/12/3 - 00:06



L'ONU DENUNCIA IL MASSACRO DELLA POPOLAZIONE ALAWITA
Gianni Sartori


Dato che evidentemente "grande è la confusione sotto il cielo", nei giorni immediatamente successivi al recente massacro di civili alawiti operato in Siria da bande jihadiste filogovernative, qualcuno (in polemica con le proteste anti-israeliane per le stragi genocide operate a Gaza da Tsvá haHaganá leYisraél ) aveva così commentato le immagini delle vittime alawite (civili, famiglie intere): “Il tutto senza reazioni furenti da parte dell’ONU o manifestazioni di protesta nelle nostre piazze contro il genocidio”.E invece l'ONU ora sappiamo che stava già raccogliendo prove e testimonianze. L'Alto Commissariato dell'ONU ai diritti umani (HCDH) ha infatti denunciato che “intere famiglie sono state assassinate nella zona costiera siriana nel corso di una operazione di pulizia etnica contro la popolazione alawita e le altre minoranze del paese”. La Commissione onusiana ha potuto documentare la morte di almeno 111 civili (90 uomini, 18 donne, tre bambini), ma le verifiche sono ancora in corso e sicuramente il conto finale sarà ben più alto (nell'ordine delle migliaia).

Tanto che l'Osservatorio siriano dei diritti dell'uomo (OSDH/SOHR) ha già documentato almeno 1093 casi di civili assassinati nel corso di una quarantina di attacchi.

Come ha sottolineato in conferenza stampa il porta-voce di HCDH a Ginevra Thameen Al-Khaita, in diverse occasioni sono state sterminate “intere famiglie, bambini e persone estranee ai combattimenti, colpendo soprattutto i villaggi a maggioranza alawita”.

E spesso si trattava di “esecuzioni sommarie perpetrate su base settaria”. Inoltre molte persone, stando alle testimonianze raccolte, sono state abbattute davanti ai familiari.

L'Alto Commissariato ha poi denunciato anche i saccheggi successivi alle stragi. Mettendo in guardia dai messaggi di odio diffusi in rete e dalla sistematica opera di disinformazione che – entrambi - contribuiscono ad alimentare le tensioni minando la coesione sociale siriana.

Intravedendo (forse troppo ottimisticamente) una soluzione, un superamento nella rapida integrazione delle milizie nell'esercito siriano.Ovviamente un richiamo severo andrebbe rivolto anche alla Turchia che continua a colpire indiscriminatamente la popolazione del Rojava. Nella notte tra il 16 e il 17 marzo un drone turco ha ucciso nove persone: padre, madre (Osman Barkal Abdo e Ghazala Osman Abdo) e sette dei loro figli (Ahin, Dijla, Delovan, Yasser, Aziza, Saleha e Avesta Osman Abdo).

Altri due bambini (Ronaida e Narin Osman Abdo) sono rimasti gravemente feriti.

Gli attacchi erano rivolti contro i villaggi curdi di Qomji e di Barkh Butan a sud di Kobane.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 2025/3/17 - 10:38


SIRIA DEL NORD-EST: PARE PROPRIO CHE LA TURCHIA INTENDA RESTARCI A LUNGO

Gianni Sartori

Stando a quanto si sa, finora le forze turche acquartierate nel nord-est della Siria per lo più eviterebbero di ostentare bandiere, insegne o altri simboli turchi. Mantenendo per così dire un “profilo basso”.

Tuttavia, non sembranoinvece voler rinunciare a bombardare obiettivi d’ogni genere, spesso civili. Nonostante da più parti si stia operando per un “cessate-il-fuoco” stabile.

Ma soprattutto - denunciano le FDS - starebbero lavorando alacremente per rafforzare l’occupazione, espandendo le basi militari già presenti e costruendone di nuove.

Approfittando della debolezza (o della complicità ?) del nuovo regime insediatosi a Damasco. Lavorando di nascosto soprattutto nelle ore notturne (così come per i trasferimenti di truppe) e puntando in particolare sulle zone a sud e a est di Manbij e sui dintorni di Kobane. L’esercito turco di occupazione starebbe costruendo nuove basi siasulla collina diQereqozaqê che sulla sponda occidentale dell’Eufrate (a sud-est di Manbij).



Stando alle cifre fornite dalle FDS sarebbero circa duecento le basi e i presidi militari qui insediati. Con una presenza stabile di decine di migliaia di soldati. Oltre a servizi di intelligence, radar, blindati e dispositivi militari di ogni ordine e grado.

Ma, appunto, senza troppa ostentazione; evitando in genere di innalzare i vessilli rossi con stella e mezzaluna.

A tradirne l’opera di ulteriore insediamento militare, le immagini catturate dai droni che mostrano l’ampliamento dei lavori. Con sempre nuove torri di osservazione, fortificazioni, caserme, blindati, artiglieria…

Ora come ora l’ulteriore penetrazione turca nel territorio siriano non sembra impensierire più di tanto l’opinione pubblica internazionale.

Eppure si tratta di una vera e propria invasione-occupazione presumibilmente destinata a durare nel tempo.

Già nel 2018, con l’occupazione di Afrin, la Turchia stabiliva una testa di ponte da cui successivamente si sarebbe scagliata su Serekaniye, Al Bab e Gire Spi.

Finché l’anno scorso delegava al soidisant Esercito Nazionale Siriano (sul libro paga di Ankara e supportato dall’aviazione turca) l’attacco a Manbij da cui partire per conquistare Kobane.



Colpendo indiscriminatamente obiettivi civili e la popolazione inerme. A Erdogan & C. andrebbe forse ricordato che la costruzione di infrastrutture militari in territori occupati illegalmente è vietata dalla legislazione internazionale e dallo statuto delle Nazioni Unite.

Tra gli ultimi attacchi turchi contro obiettivi civili in territorio siriano, va registrato l’ennesimo intenso bombardamento del 24 marzo intorno alla diga di Tishreen (anche se in questo caso, fortunatamente, avrebbe causato solo danni materiali). Ricordando che da questa diga (ancora sotto il controllo dell’Amministrazione autonoma) dipende il rifornimento idrico per milioni di persone.

Contemporaneamente i mercenari filo-turchi attaccavano con droni le posizioni delle FDSa nord della diga, ma venivano intercettati dalle Unità Haroun (organiche alle FDS). Intensae quasi quotidiana anche l’attività di sorvolo degli UCAV TB3 (prodotti da Baykar Technologies) su Deir Hafer.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 2025/3/27 - 19:46




Main Page

Please report any error in lyrics or commentaries to antiwarsongs@gmail.com

Note for non-Italian users: Sorry, though the interface of this website is translated into English, most commentaries and biographies are in Italian and/or in other languages like French, German, Spanish, Russian etc.




hosted by inventati.org