Ciao terroni, come va?
Mi ricordo di voi, eravate quelli che arrivavano con il treno e la valigia di cartone, scendevate a Torino o a Asti e vi piazzavate davanti al municipio: «Vogliamo una casa».
Eh, bravi. La fate facile. Altro che 35 euro al giorno.
Parlavate di «diritti», ma i doveri?
«Ma noi venivamo a lavorare».
Cazzate.
Non avevate voglia di far niente. Il terrone, piccolo, scuro e con i baffetti, non aveva voglia di fare un cazzo. Se proprio entrava in fabbrica, nel tempo libero andava al bar a giocare a carte. Il piemontese, nel tempo libero dalla fabbrica, andava nei campi, nelle vigne: il terrone niente.
D’altronde, si sa, ad Alba, negli anni in cui ero ragazzino, i primi ’80, si sapeva che Ferrero e Miroglio, le due aziende più grandi, erano state costrette ad assumere meridionali, controvoglia, perché i piemontesi erano finiti.
Stavate in via Maestra, a gruppetti, a fare non si sa cosa, noi dovevamo abbassare lo sguardo perché altrimenti arrivava il «Che cazzo hai da guardare?» ed erano botte. Vi chiamavate Di Gangi, Cotilli, Esposito, Caruso, Rizzo, Di Gianbartolomei, Romeo. Venivate dalle popolari, picchiavate, sia nei cessi delle medie che alle feste di paese.
Noi, se dovevamo insultare qualcuno, lo chiamavamo «tarrone». Nemmeno terrone, ma con la a, perché in piemontese si dice «tarùn». Gazzetta d’Alba nel 1963 titolava «Voteranno anche 200 meridionali», alle politiche imminenti, questi oggetti sconosciuti, questi esseri che chi lo sa cosa vogliono, e chissà che cosa votano.
In ogni compagnia c’era il terrone buono, ognuno di noi aveva uno zio acquisito (si specificava: «Acquisito, eh!»), venuto su perché militare, o una zia acquisita perché lo zio di sangue era avanti con gli anni e prendeva moglie giù, per non rimanere zitello. Quelle volte era un distastro.
«Ma chiel lì a l’è ‘n napuli», quello lì è meridionale, si specificava con stupore, quando si aveva notizia di qualcuno che s’era innamorato e sposava un terrone.
«Ma noi vogliamo bene a tutti», se proprio si voleva giustificare il nipote, o il figlio, se proprio si era di buon cuore, si diceva, senza rendersi conto di quanto in realtà vi disprezzavamo: perché, di grazia, si deve puntualizzare di «voler bene a tutti», che cos’hanno di male quelli nati a Trani o a Potenza, per il solo fatto di essere nati a Trani o a Potenza?
Spacciavate. Sì, terroni, spacciavate. Si leggeva la cronaca e se c’era un reato era sicuro che il colpevole si chiamava Di Gangi, Caruso, Rizzo, Di Gianbartolomei, Pasquale o Rocco o Salvatore di nome.
«Eh, son tutti di loro», commentavamo.
Perché quelli buoni, dicevamo, non venivano su. Su, al nord, veniva la feccia. Il palermitano gran nobile, o il napoletano gran giurista, quelli mica venivano, quelli rimanevano giù. Mica scemi. Qui venivano i delinquenti.
Qualcuno, timido, provava a dire: «Eh, ma laggiù c’è la mafia», e tutti gli altri ribattevano: «Appunto. Invece di stare laggiù a combattere la mafia, preferiscono venire qui a non fare un cazzo».
Oppure a fare quei lavori che noi schifavamo: i secondini, i carabinieri, l’impiegato pubblico, il bibliotecario, quelli non sono lavori, sono remunerazioni in cambio di qualche ora passata in qualche posto. Lavorare è un’altra cosa: è nel privato che si lavora, nel pubblico non si fa un cazzo, e noi del nord andavamo nel privato, mica nel pubblico.
«Non si affitta a meridionali» perché voi terroni dicevate di essere in due e poi eravate in sette, c’erano Ciro, Salvatore, Cosimo, Calogero, Mimì, Totò e insomma affittavi a uno e ne trovavi dieci.
Ognuno di noi aveva il terrone buono, dicevo, l’amico – proprio come il ne*ro eletto in Senato per la Lega, o l’altro buono che la comunità del mantovano ha deciso di adottare: quello è terrone ma è mio amico. Le nostre nonne dicevano: «È della Bassa, MA è una brava persona».
Insomma ci facevate schifo, come gruppo, di tanto in tanto qualcuno di voi, come quando addomestichi un animale, ci era magari simpatico.
Oh, mica è passato troppo tempo.
Vent’anni fa ci furono i gazebo per l’indipendenza della macro-regione del Nord, si dibatteva se un marchigiano era un terrone e andava fatto affondare nei debiti della sanità, o salvato nella gloriosa Padania. Un laziale, mi dispiace amici laziali che ce l’avete con i napoletani e li chiamate terroni, era un terrone.
Vi schifavamo.
Poi è cambiato qualcosa: sono arrivati i ne*ri, e allora abbiamo trovato qualcosa da schifare ancora di più.
Ci pensavo stasera, terroni: i ne*ri sono riusciti là dove non è riuscito Cavour: a fare gli italiani. Insomma, fatta l’Italia – diceva Massimo d’Azeglio – rimaneva da fare gli italiani. Eccoli, eccoci: ci siamo scoperti fratelli così, dandogli al ne*ro.
Però io sono del nord, e mi ricordo, terroni, che ci facevate proprio schifo. Forse non ve l’abbiamo detto abbastanza, non siamo stati efficaci, perché aveste saputo con quanto disprezzo siete stati nostro malgrado accolti, forse oggi non votereste Salvini, avreste timore soltanto a nominarlo, il ministro dell’Interno. Invece mi pare che lo votiate senza problemi.
Secondo me, terroni, dovreste vergognarvi a votare Salvini.
Almeno quanto noi del nord, certo, dovremmo vergognarci anche soltanto per averle pensate, certe cose. Quelli sono conti nostri che continuiamo a fare, o almeno: che qualcuno nel privato fa. Ma voi, terroni, Salvini proprio no.
Comunque, contenti voi.
È un pensiero così, ascoltando in metro un uomo dal forte accento del Sud dire che tutti i ne*ri spacciano, che dovrebbero essere ammazzati.
Buona serata, napuli.
Mi ricordo di voi, eravate quelli che arrivavano con il treno e la valigia di cartone, scendevate a Torino o a Asti e vi piazzavate davanti al municipio: «Vogliamo una casa».
Eh, bravi. La fate facile. Altro che 35 euro al giorno.
Parlavate di «diritti», ma i doveri?
«Ma noi venivamo a lavorare».
Cazzate.
Non avevate voglia di far niente. Il terrone, piccolo, scuro e con i baffetti, non aveva voglia di fare un cazzo. Se proprio entrava in fabbrica, nel tempo libero andava al bar a giocare a carte. Il piemontese, nel tempo libero dalla fabbrica, andava nei campi, nelle vigne: il terrone niente.
D’altronde, si sa, ad Alba, negli anni in cui ero ragazzino, i primi ’80, si sapeva che Ferrero e Miroglio, le due aziende più grandi, erano state costrette ad assumere meridionali, controvoglia, perché i piemontesi erano finiti.
Stavate in via Maestra, a gruppetti, a fare non si sa cosa, noi dovevamo abbassare lo sguardo perché altrimenti arrivava il «Che cazzo hai da guardare?» ed erano botte. Vi chiamavate Di Gangi, Cotilli, Esposito, Caruso, Rizzo, Di Gianbartolomei, Romeo. Venivate dalle popolari, picchiavate, sia nei cessi delle medie che alle feste di paese.
Noi, se dovevamo insultare qualcuno, lo chiamavamo «tarrone». Nemmeno terrone, ma con la a, perché in piemontese si dice «tarùn». Gazzetta d’Alba nel 1963 titolava «Voteranno anche 200 meridionali», alle politiche imminenti, questi oggetti sconosciuti, questi esseri che chi lo sa cosa vogliono, e chissà che cosa votano.
In ogni compagnia c’era il terrone buono, ognuno di noi aveva uno zio acquisito (si specificava: «Acquisito, eh!»), venuto su perché militare, o una zia acquisita perché lo zio di sangue era avanti con gli anni e prendeva moglie giù, per non rimanere zitello. Quelle volte era un distastro.
«Ma chiel lì a l’è ‘n napuli», quello lì è meridionale, si specificava con stupore, quando si aveva notizia di qualcuno che s’era innamorato e sposava un terrone.
«Ma noi vogliamo bene a tutti», se proprio si voleva giustificare il nipote, o il figlio, se proprio si era di buon cuore, si diceva, senza rendersi conto di quanto in realtà vi disprezzavamo: perché, di grazia, si deve puntualizzare di «voler bene a tutti», che cos’hanno di male quelli nati a Trani o a Potenza, per il solo fatto di essere nati a Trani o a Potenza?
Spacciavate. Sì, terroni, spacciavate. Si leggeva la cronaca e se c’era un reato era sicuro che il colpevole si chiamava Di Gangi, Caruso, Rizzo, Di Gianbartolomei, Pasquale o Rocco o Salvatore di nome.
«Eh, son tutti di loro», commentavamo.
Perché quelli buoni, dicevamo, non venivano su. Su, al nord, veniva la feccia. Il palermitano gran nobile, o il napoletano gran giurista, quelli mica venivano, quelli rimanevano giù. Mica scemi. Qui venivano i delinquenti.
Qualcuno, timido, provava a dire: «Eh, ma laggiù c’è la mafia», e tutti gli altri ribattevano: «Appunto. Invece di stare laggiù a combattere la mafia, preferiscono venire qui a non fare un cazzo».
Oppure a fare quei lavori che noi schifavamo: i secondini, i carabinieri, l’impiegato pubblico, il bibliotecario, quelli non sono lavori, sono remunerazioni in cambio di qualche ora passata in qualche posto. Lavorare è un’altra cosa: è nel privato che si lavora, nel pubblico non si fa un cazzo, e noi del nord andavamo nel privato, mica nel pubblico.
«Non si affitta a meridionali» perché voi terroni dicevate di essere in due e poi eravate in sette, c’erano Ciro, Salvatore, Cosimo, Calogero, Mimì, Totò e insomma affittavi a uno e ne trovavi dieci.
Ognuno di noi aveva il terrone buono, dicevo, l’amico – proprio come il ne*ro eletto in Senato per la Lega, o l’altro buono che la comunità del mantovano ha deciso di adottare: quello è terrone ma è mio amico. Le nostre nonne dicevano: «È della Bassa, MA è una brava persona».
Insomma ci facevate schifo, come gruppo, di tanto in tanto qualcuno di voi, come quando addomestichi un animale, ci era magari simpatico.
Oh, mica è passato troppo tempo.
Vent’anni fa ci furono i gazebo per l’indipendenza della macro-regione del Nord, si dibatteva se un marchigiano era un terrone e andava fatto affondare nei debiti della sanità, o salvato nella gloriosa Padania. Un laziale, mi dispiace amici laziali che ce l’avete con i napoletani e li chiamate terroni, era un terrone.
Vi schifavamo.
Poi è cambiato qualcosa: sono arrivati i ne*ri, e allora abbiamo trovato qualcosa da schifare ancora di più.
Ci pensavo stasera, terroni: i ne*ri sono riusciti là dove non è riuscito Cavour: a fare gli italiani. Insomma, fatta l’Italia – diceva Massimo d’Azeglio – rimaneva da fare gli italiani. Eccoli, eccoci: ci siamo scoperti fratelli così, dandogli al ne*ro.
Però io sono del nord, e mi ricordo, terroni, che ci facevate proprio schifo. Forse non ve l’abbiamo detto abbastanza, non siamo stati efficaci, perché aveste saputo con quanto disprezzo siete stati nostro malgrado accolti, forse oggi non votereste Salvini, avreste timore soltanto a nominarlo, il ministro dell’Interno. Invece mi pare che lo votiate senza problemi.
Secondo me, terroni, dovreste vergognarvi a votare Salvini.
Almeno quanto noi del nord, certo, dovremmo vergognarci anche soltanto per averle pensate, certe cose. Quelli sono conti nostri che continuiamo a fare, o almeno: che qualcuno nel privato fa. Ma voi, terroni, Salvini proprio no.
Comunque, contenti voi.
È un pensiero così, ascoltando in metro un uomo dal forte accento del Sud dire che tutti i ne*ri spacciano, che dovrebbero essere ammazzati.
Buona serata, napuli.
Contributed by Dq82 - 2021/2/6 - 20:51
Language: Italian
La versione interpretata da Andrea Pennacchi
Ciao Teroni, come va?
mi ricordo di voi arrivavate col treno, con la macchina piena di valigie di carton, scendevate a Padova ma dopo vi disperdevate qua nei paesini, vi piazzavate qua davanti al municipio a urlare "vogliamo la casa" altro che 35 euro del caso, a casa
parlavate sempre dei diritti ma dei doveri... mai
"ma noi veniamo a lavorare" e invece non era vero venivate a non fare un casso perché il Teron, piccolo, nero peloso non vuole fare niente. Le rare volte che finivate in fabbrica avevate il tempo libero, finito il lavoro andavate a giocare a carte. Il veneto quando finiva la fabbrica andava ad arare i campi
Di Giangi, Rizzo, Russo Esposito esi erano i nomi: arrivate a vivere case popolari rompevate tanto i cojoni ci menavate nei bagni delle scuole o anche in sagra eravate la minoranza ma facevate alleanza coi singari che uno non poteva neanche a girare per la sagra nianca farsi un giro di giostra
Ma eravamo a casa nostra e vi chiamavamo teroni pregavamo che il Vesuvio scioppasse
Il professore a scuola ci insegnava il leon che magna il teron o e tutti che rideva
Anche al primo convegno della lega l'han detto nel 1979 viva il leon che magna il teron
Ci facevate proprio schifo
anche voi vi facevate schifo perché sennò non si
spiega perché provavate a parlare in dialetto e lo storpiavate "a dio beo, sono ventiscingue anni che abbito qua, sono più veneto di te
Quanto schifo vi facevate?
Quando c'era un reato guardavi sul giornale era sempre stato un Di Giangi, un Russo, un Esposito. Mia nonna che leggeva il giornale: "visto s'è gente della Bassa"
che quassù veniva solo i delinquenti, solo i criminali venivano qua, la gente da bene non veniva su: il nobile palermitano, il giurista di Napoli stavano a casa sua
Qua arrivvaa solo la feccia e quando qualcuno provava a dire
"eh ma giù c'è la mafia"
"appunto delinquente e codardo che neanche stai a casa tua combattere la mafia vieni qua non fare un casso"
Certo si sa ogni tanto ce n'era uno buono di voi.
mia nonna diceva sempre: Quello là se de Napoli, ma se una brava persona"
Ci facevate schifo,
ma 1 o 2 di voi potevano andare bene come coso là el negro che è stato eletto in Senato con la Lega
però ci facevate tanto schifo
Finche non è successo il miracolo neanche tanto tempo fa quando abbiamo fatto il referendum sull'indipendenza della Padania ancora si discuteva chi era teron e chi
no chi, stava dentro e chi stava fuori
e invece se arrivà i negri: i negri sono riusciti a fare quello che il cavour non è riuscito a fare, han fatto gli italiani
dopo 300 anni ci siamo scoperti tutti fratelli e darghe addosso al negro
ma io mi ricordo, io mi ricordo quanto schifo ci faceva te
e si vede che non ve l'abbiamo detto bene, che non si è stati capaci di comunicarvelo, non siamo stati efficaci; sì perché se l'aveste capito quanto vi disprezzavano adesso non avreste votato Salvini
non avreste neanche coraggio de nominarlo il ministro dell'interno e invece...
Teroni? ma che casso de problemi avio, dovreste vergognarve anche noi ma che noi dovremmo vergognarci aver pensato delle robe così chi sporche
Vabè
contenti voi,
era solo un pensiero
che ho sentito due vecchi con l'accento di giù, che dicevano che i negri sono tutti spacciatori, che bisogna ammazzarli tutti
che delusione
buona sera, Napoli statteme buono
mi ricordo di voi arrivavate col treno, con la macchina piena di valigie di carton, scendevate a Padova ma dopo vi disperdevate qua nei paesini, vi piazzavate qua davanti al municipio a urlare "vogliamo la casa" altro che 35 euro del caso, a casa
parlavate sempre dei diritti ma dei doveri... mai
"ma noi veniamo a lavorare" e invece non era vero venivate a non fare un casso perché il Teron, piccolo, nero peloso non vuole fare niente. Le rare volte che finivate in fabbrica avevate il tempo libero, finito il lavoro andavate a giocare a carte. Il veneto quando finiva la fabbrica andava ad arare i campi
Di Giangi, Rizzo, Russo Esposito esi erano i nomi: arrivate a vivere case popolari rompevate tanto i cojoni ci menavate nei bagni delle scuole o anche in sagra eravate la minoranza ma facevate alleanza coi singari che uno non poteva neanche a girare per la sagra nianca farsi un giro di giostra
Ma eravamo a casa nostra e vi chiamavamo teroni pregavamo che il Vesuvio scioppasse
Il professore a scuola ci insegnava il leon che magna il teron o e tutti che rideva
Anche al primo convegno della lega l'han detto nel 1979 viva il leon che magna il teron
Ci facevate proprio schifo
anche voi vi facevate schifo perché sennò non si
spiega perché provavate a parlare in dialetto e lo storpiavate "a dio beo, sono ventiscingue anni che abbito qua, sono più veneto di te
Quanto schifo vi facevate?
Quando c'era un reato guardavi sul giornale era sempre stato un Di Giangi, un Russo, un Esposito. Mia nonna che leggeva il giornale: "visto s'è gente della Bassa"
che quassù veniva solo i delinquenti, solo i criminali venivano qua, la gente da bene non veniva su: il nobile palermitano, il giurista di Napoli stavano a casa sua
Qua arrivvaa solo la feccia e quando qualcuno provava a dire
"eh ma giù c'è la mafia"
"appunto delinquente e codardo che neanche stai a casa tua combattere la mafia vieni qua non fare un casso"
Certo si sa ogni tanto ce n'era uno buono di voi.
mia nonna diceva sempre: Quello là se de Napoli, ma se una brava persona"
Ci facevate schifo,
ma 1 o 2 di voi potevano andare bene come coso là el negro che è stato eletto in Senato con la Lega
però ci facevate tanto schifo
Finche non è successo il miracolo neanche tanto tempo fa quando abbiamo fatto il referendum sull'indipendenza della Padania ancora si discuteva chi era teron e chi
no chi, stava dentro e chi stava fuori
e invece se arrivà i negri: i negri sono riusciti a fare quello che il cavour non è riuscito a fare, han fatto gli italiani
dopo 300 anni ci siamo scoperti tutti fratelli e darghe addosso al negro
ma io mi ricordo, io mi ricordo quanto schifo ci faceva te
e si vede che non ve l'abbiamo detto bene, che non si è stati capaci di comunicarvelo, non siamo stati efficaci; sì perché se l'aveste capito quanto vi disprezzavano adesso non avreste votato Salvini
non avreste neanche coraggio de nominarlo il ministro dell'interno e invece...
Teroni? ma che casso de problemi avio, dovreste vergognarve anche noi ma che noi dovremmo vergognarci aver pensato delle robe così chi sporche
Vabè
contenti voi,
era solo un pensiero
che ho sentito due vecchi con l'accento di giù, che dicevano che i negri sono tutti spacciatori, che bisogna ammazzarli tutti
che delusione
buona sera, Napoli statteme buono
Contributed by Dq82 - 2021/2/6 - 21:07
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Interpretato da Andrea Pennacchi "il Poiana"