Non credo nei politici, non credo nella Chiesa
non credo negli amici che ti fottono la sposa
non credo sia possibile essere solo buoni
ma credo che si possa essere meno coglioni
Non credo a chi non condivide con me un po’ di vino
non credo nelle favole, non credo nel destino
non credo che l’amore si contagi coi bacilli
ma credo che nel mondo siano troppi gli imbecilli
Ohi ohi ohi, ohi ohi ohi
Dove finiremo, noi non siamo eroi
Ohi ohi ohi, ohi ohi ohi
Dove finiremo, noi non siamo eroi
Non credo a chi l’estetica la vive da ossessione
non credo che chi urla si butta dal balcone
non credo a quegli omuncoli che si son depilati
non credo negli eserciti e nei carri armati
Non credo che lo studio possa aprire la tua mente
Se non sei curioso di conoscere la gente
Non credo che i tuoi soldi siano motivo di vanto
E so che se mi ascolti non capisci questo canto
Ohi ohi ohi, ohi ohi ohi
Dove finiremo, noi non siamo eroi
Ohi ohi ohi, ohi ohi ohi
Dove finiremo, noi non siamo eroi
Non credo a chi non ha la passione per la lettura
e dedica il suo tempo ad ingerire spazzatura
non credo a quelli che alzano troppo la voce
ma credo che se segui il fiume poi arrivi alla foce
Non credo a chi vive solo per il suo lavoro
e a chi ripete spesso che ama il suo tesoro
non credo a chi rifiuta e allontana la tristezza
Ma credo che il silenzio sia musica e ricchezza
Ohi ohi ohi, ohi ohi ohi
Dove finiremo, noi non siamo eroi
Ohi ohi ohi, ohi ohi ohi
Dove finiremo, noi non siamo eroi
Non credo negli uomini che usano violenza
non credo nelle donne dedite all’astinenza
non credo nel percorso che riabilita i drogati
ma credo nella buonafede dei disperati
Non credo ai troppo buoni, a chi ostenta la sua bontà
Non credo nell’inferno e non credo all’aldilà
ma credo che la vita va vissuta in questo mondo
E credo che l’amore sia la soluzione in fondo
non credo negli amici che ti fottono la sposa
non credo sia possibile essere solo buoni
ma credo che si possa essere meno coglioni
Non credo a chi non condivide con me un po’ di vino
non credo nelle favole, non credo nel destino
non credo che l’amore si contagi coi bacilli
ma credo che nel mondo siano troppi gli imbecilli
Ohi ohi ohi, ohi ohi ohi
Dove finiremo, noi non siamo eroi
Ohi ohi ohi, ohi ohi ohi
Dove finiremo, noi non siamo eroi
Non credo a chi l’estetica la vive da ossessione
non credo che chi urla si butta dal balcone
non credo a quegli omuncoli che si son depilati
non credo negli eserciti e nei carri armati
Non credo che lo studio possa aprire la tua mente
Se non sei curioso di conoscere la gente
Non credo che i tuoi soldi siano motivo di vanto
E so che se mi ascolti non capisci questo canto
Ohi ohi ohi, ohi ohi ohi
Dove finiremo, noi non siamo eroi
Ohi ohi ohi, ohi ohi ohi
Dove finiremo, noi non siamo eroi
Non credo a chi non ha la passione per la lettura
e dedica il suo tempo ad ingerire spazzatura
non credo a quelli che alzano troppo la voce
ma credo che se segui il fiume poi arrivi alla foce
Non credo a chi vive solo per il suo lavoro
e a chi ripete spesso che ama il suo tesoro
non credo a chi rifiuta e allontana la tristezza
Ma credo che il silenzio sia musica e ricchezza
Ohi ohi ohi, ohi ohi ohi
Dove finiremo, noi non siamo eroi
Ohi ohi ohi, ohi ohi ohi
Dove finiremo, noi non siamo eroi
Non credo negli uomini che usano violenza
non credo nelle donne dedite all’astinenza
non credo nel percorso che riabilita i drogati
ma credo nella buonafede dei disperati
Non credo ai troppo buoni, a chi ostenta la sua bontà
Non credo nell’inferno e non credo all’aldilà
ma credo che la vita va vissuta in questo mondo
E credo che l’amore sia la soluzione in fondo
envoyé par Dq82 - 23/1/2021 - 10:41
×
Nuovo Cantacronache 4
L’urgenza di un Nuovo Cantacronache in questi tempi così svuotati di senso e bellezza è un fatto scontato.
Dal gruppo torinese che si proponeva di “evadere dall’evasione”, Igor Lampis raccoglie il testimone del rigore programmatico, del taglio narrativo, della versificazione incalzante in rima baciata, dell’osservazione acuta che si fa invettiva, tra sberleffo e dramma, declinando il tutto con un’attitudine punk che schiaffeggia in maniera provocatoria il belcanto, le buone maniere e qualsiasi deriva estetizzante per dire con schiettezza vino al vino e pane al pane.
Lampis narra con il piglio del cantastorie l’epopea sommersa della gente comune, quella che se la passa male, quella che si arrangia di lavoro in lavoro, vessata dall’opprimente assenza dello Stato. La sua è la voce del guastafeste che canta fuori dal coro: la voce di chi rifiuta l’omologazione, di chi sceglie traiettorie sghembe, di chi conosce la dolente bellezza dei margini, ben sapendo che “dai diamanti non nasce niente”.
Il cenacolo di Ares