He stepped onto that aeroplane after spending six long months at war
He touched down and got put in chains, you’d think that they don’t want him here no more.
He was treated like a hero overseas
The one who answered to the call and joined the YPG
And they’re gonna throw him in a courtroom
And tell the world that he’s a bad, bad, man for
Saving thousands from certain doom
And chasing Isis out of Kurdistan
When the whole world chose to look the other way
When Raqqa was enslaved by the Islamic State
He fought against their fascist caliphate
And now his prison cell awaits
They left him with no bank account
No passport, no chance of finding work
They’re trying to send a message out
For two years they’ve dragged his name through the dirt
They did all they could to bring him to his knees
The one who answered to the call and joined the YPG
And they’re gonna throw him in a courtroom
And tell the world that he’s a bad, bad, man for
Saving thousands from certain doom
And chasing Isis out of Kurdistan
When the whole world chose to look the other way
When Raqqa was enslaved by the Islamic State
He fought against their fascist caliphate
And now his prison cell awaits
So now I must ask the government
Tell me which side are you on?
Are you trying to stop the terrorists
Or were you behind it all along?
He touched down and got put in chains, you’d think that they don’t want him here no more.
He was treated like a hero overseas
The one who answered to the call and joined the YPG
And they’re gonna throw him in a courtroom
And tell the world that he’s a bad, bad, man for
Saving thousands from certain doom
And chasing Isis out of Kurdistan
When the whole world chose to look the other way
When Raqqa was enslaved by the Islamic State
He fought against their fascist caliphate
And now his prison cell awaits
They left him with no bank account
No passport, no chance of finding work
They’re trying to send a message out
For two years they’ve dragged his name through the dirt
They did all they could to bring him to his knees
The one who answered to the call and joined the YPG
And they’re gonna throw him in a courtroom
And tell the world that he’s a bad, bad, man for
Saving thousands from certain doom
And chasing Isis out of Kurdistan
When the whole world chose to look the other way
When Raqqa was enslaved by the Islamic State
He fought against their fascist caliphate
And now his prison cell awaits
So now I must ask the government
Tell me which side are you on?
Are you trying to stop the terrorists
Or were you behind it all along?
inviata da Dq82 - 8/12/2020 - 11:05
L’evidente e sistematica violazione dei diritti dei popoli operata sia da Ankara che da Teheran solleva proteste anche in Europa.
SEGNALI DI SOLIDARIETA’ INTERNAZIONALE VERSO IL POPOLO CURDO DALLA FRANCIA E DAI PAESI BASCHI
Gianni Sartori
Il 2 dicembre, dalla sala municipale dedicata all’illustre concittadino Romain Rolland (scrittore premio Nobel 1915) il consiglio comunale di Clamecy (dipartimento della Nièvre, regione di Bourgogne-Franche-Comté) ha inviato un chiaro messaggio di solidarietà ad un popolo oppresso e perseguitato .
Conferendo la cittadinanza onoraria alla musicista curda Nudem Durak, in carcere ormai da otto anni (condannata a 19, dovrebbe rimanervi fino al 1934) per aver cantato e insegnato nella propria lingua materna.
Non potendo - ovviamente - l’interessata ritirare l’onoreficenza di persona, questa è stata simbolicamente consegnata a Sylvie Jan (presidente diFrance-Kurdistan) il 10 dicembre nel corso di una pubblica manifestazione.
Originaria di Cizre, nel 2015 Nûdem Durak veniva arrestata e condannata a dieci anni e sei mesi per “promozione di propaganda curda”. L’anno successivo, senza altre accuse supplementari, la pena veniva prolungata a 19 anni.
Per far scomparire un popolo dalla faccia della terra non sempre è necessario ricorrere al genocidio. A volte può bastare l’assimilazione forzata, la distruzione delle tradizioni, della cultura tradizionale…
E questo sembra essere il caso del popolo curdo, oppresso e calpestato, ma anche sottoposto appunto a questa forma subdola di etnocidio. In Turchia fino al 1990 anche soltanto le parole “curdo” e “Kurdistan” erano proibite. Si preferiva apostrofarli come “turchi di montagna”. Parlare in curdo era proibito etale interdizione colpiva anche la musica, le canzoni.
Attualmente viene concesso di parlare curdo in ambito privato. A meno che non si affrontino argomenti delicati come la colonizzazione, l’assimilazione forzata, il saccheggio delle risorse naturali, la deportazione…
In alternativa si può sempre usare la lingua curda per approvare, elogiare l’opera di civilizzazione della Turchia nei confronti dei curdi.
Per analogia è inevitabile qui ricordare un’altra militante curda ugualmente incarcerata per aver difeso e divulgato la lingua materna. Mozhgan Kavosi si trova dal 30 ottobre nel carcere iraniano di Tonekabon dopo aver trascorso in isolamento 35 giorni in una cella dell’IRGC (i servizi segreti) presso il Centro di detenzione di Nowshahr. Era stata prelevata dall’IRGC nella sua abitazione seguito alle proteste del 22 settembre.
Stando a quanto diffuso da Hengaw (Organizzazione per i Diritti Umani), questa prigioniera politica sarebbe già da qualche giorno in sciopero della fame per protestare contro le indegne condizioni di detenzione. La cella, tra l’altro, sarebbe priva di riscaldamento.
EUSKAL HERRIA A FIANCO POPOLO CURDO
Nei giorni immediatamente successivi all’ennesima operazione militare di Ankara del 19 novembre,il movimento basco ASKAPENA, con un comunicato, esprimeva la sua vicinanza solidale ai curdi del Bashur (Kurdistan del Sud, posto entro i confini iracheni) e del Rojava. Popolazioni martoriate dai ripetuti attacchi dell’esercito e dell’aviazione turchi. Condannando sia le evidenti intenzioni di Ankara di prendere il controllo dell’intera regione, sia l’impiego di gas asfissianti.
Per Askapena, l’obiettivo della Turchia sarebbe quello di “prendere il controllo del Medio Oriente diventandone la maggiore potenza regionale”. Anche per mascherare la propria debolezza di fronte a una profonda crisi interna, sia economica che politica.
Inoltre Askapena denuncia una - perlomeno presunta - complicità europea in quanto “gran parte delle capitali europee utilizza la Turchia per mantenere i propri scambi commerciali con la Russia malgrado le sanzioni”.
Da segnalare le numerose manifestazioni organizzate in questi ultimi giorni dagli internazionalisti baschi (la vecchia “sinistra abertzale”) a sostegno del popolo curdo.
Gianni Sartori
SEGNALI DI SOLIDARIETA’ INTERNAZIONALE VERSO IL POPOLO CURDO DALLA FRANCIA E DAI PAESI BASCHI
Gianni Sartori
Il 2 dicembre, dalla sala municipale dedicata all’illustre concittadino Romain Rolland (scrittore premio Nobel 1915) il consiglio comunale di Clamecy (dipartimento della Nièvre, regione di Bourgogne-Franche-Comté) ha inviato un chiaro messaggio di solidarietà ad un popolo oppresso e perseguitato .
Conferendo la cittadinanza onoraria alla musicista curda Nudem Durak, in carcere ormai da otto anni (condannata a 19, dovrebbe rimanervi fino al 1934) per aver cantato e insegnato nella propria lingua materna.
Non potendo - ovviamente - l’interessata ritirare l’onoreficenza di persona, questa è stata simbolicamente consegnata a Sylvie Jan (presidente diFrance-Kurdistan) il 10 dicembre nel corso di una pubblica manifestazione.
Originaria di Cizre, nel 2015 Nûdem Durak veniva arrestata e condannata a dieci anni e sei mesi per “promozione di propaganda curda”. L’anno successivo, senza altre accuse supplementari, la pena veniva prolungata a 19 anni.
Per far scomparire un popolo dalla faccia della terra non sempre è necessario ricorrere al genocidio. A volte può bastare l’assimilazione forzata, la distruzione delle tradizioni, della cultura tradizionale…
E questo sembra essere il caso del popolo curdo, oppresso e calpestato, ma anche sottoposto appunto a questa forma subdola di etnocidio. In Turchia fino al 1990 anche soltanto le parole “curdo” e “Kurdistan” erano proibite. Si preferiva apostrofarli come “turchi di montagna”. Parlare in curdo era proibito etale interdizione colpiva anche la musica, le canzoni.
Attualmente viene concesso di parlare curdo in ambito privato. A meno che non si affrontino argomenti delicati come la colonizzazione, l’assimilazione forzata, il saccheggio delle risorse naturali, la deportazione…
In alternativa si può sempre usare la lingua curda per approvare, elogiare l’opera di civilizzazione della Turchia nei confronti dei curdi.
Per analogia è inevitabile qui ricordare un’altra militante curda ugualmente incarcerata per aver difeso e divulgato la lingua materna. Mozhgan Kavosi si trova dal 30 ottobre nel carcere iraniano di Tonekabon dopo aver trascorso in isolamento 35 giorni in una cella dell’IRGC (i servizi segreti) presso il Centro di detenzione di Nowshahr. Era stata prelevata dall’IRGC nella sua abitazione seguito alle proteste del 22 settembre.
Stando a quanto diffuso da Hengaw (Organizzazione per i Diritti Umani), questa prigioniera politica sarebbe già da qualche giorno in sciopero della fame per protestare contro le indegne condizioni di detenzione. La cella, tra l’altro, sarebbe priva di riscaldamento.
EUSKAL HERRIA A FIANCO POPOLO CURDO
Nei giorni immediatamente successivi all’ennesima operazione militare di Ankara del 19 novembre,il movimento basco ASKAPENA, con un comunicato, esprimeva la sua vicinanza solidale ai curdi del Bashur (Kurdistan del Sud, posto entro i confini iracheni) e del Rojava. Popolazioni martoriate dai ripetuti attacchi dell’esercito e dell’aviazione turchi. Condannando sia le evidenti intenzioni di Ankara di prendere il controllo dell’intera regione, sia l’impiego di gas asfissianti.
Per Askapena, l’obiettivo della Turchia sarebbe quello di “prendere il controllo del Medio Oriente diventandone la maggiore potenza regionale”. Anche per mascherare la propria debolezza di fronte a una profonda crisi interna, sia economica che politica.
Inoltre Askapena denuncia una - perlomeno presunta - complicità europea in quanto “gran parte delle capitali europee utilizza la Turchia per mantenere i propri scambi commerciali con la Russia malgrado le sanzioni”.
Da segnalare le numerose manifestazioni organizzate in questi ultimi giorni dagli internazionalisti baschi (la vecchia “sinistra abertzale”) a sostegno del popolo curdo.
Gianni Sartori
Gianni Sartori - 12/12/2022 - 10:29
NONOSTANTE IL TERREMOTO LA TURCHIA CONTINUA AD ATTACCARE I CURDI
Gianni Sartori
Di fronte all’apocalisse umanitaria innescata dal terremoto del 6 febbraio e aggravata dalle condizioni atmosferiche (oltre che da incapacità: ancora a cinque giorni di distanza dal sisma in molte zone del Bakur non c’era traccia dei soccorsi), il primo istinto sarebbe quello di starsene rispettosamente zitti.
Ma poi riandando col pensiero a quanto accadeva in passato (prendiamo un anno a caso, il 2016, tanto uno vale l’altro)*** sorge il dubbio che in fondo questa sia ordinaria amministrazione, o quasi. Almeno per i Curdi. Il cui nemico principale rimane il colonialismo (rinviando a tempi migliori il dibattito se sia “colonialismo interno” o colonialismo tout court). Anche in tempi di terremoti e catastrofici cosiddette “naturali”.
LA TURCHIA? SCARSA IN PROTEZIONE CIVILE, MA EFFICACE NEI BOMBARDAMENTI
A ulteriore conferma la notizia che (mentre il PKK annunciava la temporanea sospensione delle attività in questi tragici frangenti) da parte sua Ankara proseguiva imperterrita con le operazioni militari oltre frontiera contro le posizioni delle Forze di Difesa del popolo (HPG, il braccio armato del PKK) nel Sud-Kurdistan (Basur, entro i confini dello Stato iracheno). Indifferente alla lista inesauribile delle vittime (al momento oltre 22mila, in gran parte curdi, ma a migliaia rimangono ancora sotto le macerie). Quasi che le lampanti carenze nel soccorrere le popolazioni disastrate (per non parlare della mancanza di misure di prevenzione o della serie infinita di condoni edilizi per costruzioni non a norma) andassero di pari passo con brillanti prestazioni belliche.
Il 9 febbraio - stando a quanto denunciavano le HPG - la Turchia avrebbe utilizzato almeno “due bombe non convenzionali (proibite dalla Convenzione di Ginevra nda) contro le posizioni della guerriglia a Çemço e nei pressi del villaggio di Sîda”.
Inoltre “le posizioni della resistenza situate a Sheladizê (regione di Zap) così come la zona di Girê” sarebbero state bombardate decine di volte con obici, armi pedanti e carri armati. Ossia con armi convenzionali.
Al contrario, consapevole della estrema gravità della situazione, il movimento curdo - tramite il copresidente del consiglio esecutivo del KCK (Unione delle Comunità del Kurdistan) Cemil Bayik - aveva prontamente comunicato la sospensione delle azioni militari in tutta la Turchia. Salvo, ovviamente, difendersi da eventuali attacchi da parte dello Stato turco.
Del resto cosa ci si poteva aspettare da Erdogan?
Già il 6 febbraio, a poche ore dal sisma, la regione di Tall Rifaat (Rojava, nord della Siria) veniva bombardata dai turchi.
Da parte loro, le Hêzên Rizgariya Afrinê (HRE, Forze di Liberazione di Afrin) smentivano ufficialmente quanto dichiarato dal ministero turco della Difesa. Ossia che “le YPG stanziate a Tall Rifaat avevano attaccato la base militare di Öncüpinar”. Per il semplice e incontestabile motivo che “le IPG non hanno unità a Tel Rifat”. Così come le HRE “non hanno attaccato le basi nemiche in questo momento in cui il nostro popolo è stato pesantemente colpito da violento terremoto”.
Va ricordato che l'AKP (il partito di Erdogan, attualmente al governo con MHP) è al potere ormai da 20 anni e - pur sapendo che il nord del Kurdistan e la Turchia, situate su linee di faglia, sono esposte ai terremoti- non aveva preso misure adeguate. Anche per questo si è assistito al crollo repentino di migliaia di abitazioni, alla distruzione di intere città, alla perdita di migliaia di vite umane.
Ad aggravare la situazione, la notizia che nel distretto di Jindires (cantone di Afrin, nord della Siria) attualmente sotto l’occupazione dell’esercito turco e delle bande jihadiste sue alleate, le popolazioni curde sopravvissute al sisma verrebbero ulteriormente penalizzate. Alcuni convogli umanitari (oltre 30 camion) inviati dall’amministrazione autonoma del Nord e dell’Est della Siria sono bloccati ormai da una settimana al posto di frontiera di Umm al-Julud (tra Manbij e Jarablus). Per mano appunto delle bande jihadiste che in compenso dirottano gli aiuti esclusivamente ai coloni arabi installati nel cantone di Afrin in un’operazione di vera e propria sostituzione etnica.
In un comunicato le FDS (Forze democratiche siriane) hanno denunciato il fatto dichiarando che “il rifiuto di accesso agli aiuti da parte delle persone bisognose è considerato un crimine contro l’umanità dal diritto internazionale”.
Del resto non mancano i precedenti se - come ricordano sempre le FDS “la Turchia e le sue gang armate impediscono da oltre un anno il rifornimento di acqua potabile a circa un milione e mezzo di persone che vivono ad al-Hasakah”.
Gianni Sartori
Note (anno 2016, uno a caso)***
https://www.rivistaetnie.com/fischi-al...
https://www.rivistaetnie.com/inviare-o...
https://www.rivistaetnie.com/cizre-ass...
Gianni Sartori
Di fronte all’apocalisse umanitaria innescata dal terremoto del 6 febbraio e aggravata dalle condizioni atmosferiche (oltre che da incapacità: ancora a cinque giorni di distanza dal sisma in molte zone del Bakur non c’era traccia dei soccorsi), il primo istinto sarebbe quello di starsene rispettosamente zitti.
Ma poi riandando col pensiero a quanto accadeva in passato (prendiamo un anno a caso, il 2016, tanto uno vale l’altro)*** sorge il dubbio che in fondo questa sia ordinaria amministrazione, o quasi. Almeno per i Curdi. Il cui nemico principale rimane il colonialismo (rinviando a tempi migliori il dibattito se sia “colonialismo interno” o colonialismo tout court). Anche in tempi di terremoti e catastrofici cosiddette “naturali”.
LA TURCHIA? SCARSA IN PROTEZIONE CIVILE, MA EFFICACE NEI BOMBARDAMENTI
A ulteriore conferma la notizia che (mentre il PKK annunciava la temporanea sospensione delle attività in questi tragici frangenti) da parte sua Ankara proseguiva imperterrita con le operazioni militari oltre frontiera contro le posizioni delle Forze di Difesa del popolo (HPG, il braccio armato del PKK) nel Sud-Kurdistan (Basur, entro i confini dello Stato iracheno). Indifferente alla lista inesauribile delle vittime (al momento oltre 22mila, in gran parte curdi, ma a migliaia rimangono ancora sotto le macerie). Quasi che le lampanti carenze nel soccorrere le popolazioni disastrate (per non parlare della mancanza di misure di prevenzione o della serie infinita di condoni edilizi per costruzioni non a norma) andassero di pari passo con brillanti prestazioni belliche.
Il 9 febbraio - stando a quanto denunciavano le HPG - la Turchia avrebbe utilizzato almeno “due bombe non convenzionali (proibite dalla Convenzione di Ginevra nda) contro le posizioni della guerriglia a Çemço e nei pressi del villaggio di Sîda”.
Inoltre “le posizioni della resistenza situate a Sheladizê (regione di Zap) così come la zona di Girê” sarebbero state bombardate decine di volte con obici, armi pedanti e carri armati. Ossia con armi convenzionali.
Al contrario, consapevole della estrema gravità della situazione, il movimento curdo - tramite il copresidente del consiglio esecutivo del KCK (Unione delle Comunità del Kurdistan) Cemil Bayik - aveva prontamente comunicato la sospensione delle azioni militari in tutta la Turchia. Salvo, ovviamente, difendersi da eventuali attacchi da parte dello Stato turco.
Del resto cosa ci si poteva aspettare da Erdogan?
Già il 6 febbraio, a poche ore dal sisma, la regione di Tall Rifaat (Rojava, nord della Siria) veniva bombardata dai turchi.
Da parte loro, le Hêzên Rizgariya Afrinê (HRE, Forze di Liberazione di Afrin) smentivano ufficialmente quanto dichiarato dal ministero turco della Difesa. Ossia che “le YPG stanziate a Tall Rifaat avevano attaccato la base militare di Öncüpinar”. Per il semplice e incontestabile motivo che “le IPG non hanno unità a Tel Rifat”. Così come le HRE “non hanno attaccato le basi nemiche in questo momento in cui il nostro popolo è stato pesantemente colpito da violento terremoto”.
Va ricordato che l'AKP (il partito di Erdogan, attualmente al governo con MHP) è al potere ormai da 20 anni e - pur sapendo che il nord del Kurdistan e la Turchia, situate su linee di faglia, sono esposte ai terremoti- non aveva preso misure adeguate. Anche per questo si è assistito al crollo repentino di migliaia di abitazioni, alla distruzione di intere città, alla perdita di migliaia di vite umane.
Ad aggravare la situazione, la notizia che nel distretto di Jindires (cantone di Afrin, nord della Siria) attualmente sotto l’occupazione dell’esercito turco e delle bande jihadiste sue alleate, le popolazioni curde sopravvissute al sisma verrebbero ulteriormente penalizzate. Alcuni convogli umanitari (oltre 30 camion) inviati dall’amministrazione autonoma del Nord e dell’Est della Siria sono bloccati ormai da una settimana al posto di frontiera di Umm al-Julud (tra Manbij e Jarablus). Per mano appunto delle bande jihadiste che in compenso dirottano gli aiuti esclusivamente ai coloni arabi installati nel cantone di Afrin in un’operazione di vera e propria sostituzione etnica.
In un comunicato le FDS (Forze democratiche siriane) hanno denunciato il fatto dichiarando che “il rifiuto di accesso agli aiuti da parte delle persone bisognose è considerato un crimine contro l’umanità dal diritto internazionale”.
Del resto non mancano i precedenti se - come ricordano sempre le FDS “la Turchia e le sue gang armate impediscono da oltre un anno il rifornimento di acqua potabile a circa un milione e mezzo di persone che vivono ad al-Hasakah”.
Gianni Sartori
Note (anno 2016, uno a caso)***
https://www.rivistaetnie.com/fischi-al...
https://www.rivistaetnie.com/inviare-o...
https://www.rivistaetnie.com/cizre-ass...
Gianni Sartori - 11/2/2023 - 11:16
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