They murdered her son
Enslaved both her daughters
Imprisoned her husband
Now he’s for the slaughter
They darkened their world
And left them with nothing
They cry for salvation
But no one is coming
This is not a war! This is just evil! Why does the world ignore those poor Yazidi people?
And where are they now?
There’s 3000 missing
Forced to submit or
Die with all their siblings
These men have no soul
This rape goes unnoticed
Their jihadi babies
Will grow up devoted
This is not a war! This is just evil! Why does the world ignore those poor Yazidi people?
I’m broken and scared
I’m battered and beaten
I plead with my captors
But they can’t see reason
They cover my face
My beauty is hidden
And I hope one day I’ll
Escape from this prison
This is not a war! This is just evil! Why does the world ignore those poor Yazidi people?
Enslaved both her daughters
Imprisoned her husband
Now he’s for the slaughter
They darkened their world
And left them with nothing
They cry for salvation
But no one is coming
This is not a war! This is just evil! Why does the world ignore those poor Yazidi people?
And where are they now?
There’s 3000 missing
Forced to submit or
Die with all their siblings
These men have no soul
This rape goes unnoticed
Their jihadi babies
Will grow up devoted
This is not a war! This is just evil! Why does the world ignore those poor Yazidi people?
I’m broken and scared
I’m battered and beaten
I plead with my captors
But they can’t see reason
They cover my face
My beauty is hidden
And I hope one day I’ll
Escape from this prison
This is not a war! This is just evil! Why does the world ignore those poor Yazidi people?
Contributed by Dq82 - 2020/12/8 - 10:53
CURDI YAZIDI ANCORA SOTTO TIRO
(GIANNI SARTORI)
La storia è nota, ma forse non abbastanza. Rinfreschiamo per gli smemorati.
Risale al 2014 uno dei momenti peggiori per la comunità dei curdi yazidi di Shengal (Iraq del Nord).
In agosto qui venivano massacrati dai tagliagole di Daesh oltre cinquemila uomini e rapiti almeno seimila e settecento tra donne e bambini. Le donne come sabaya, schiave sessuali – non si conta il numero di quelle che si sono suicidate – i bambini per essere addestrati a combattere (anche contro i loro stessi fratelli).
Crimini consentiti – in base ai demenziali parametri jihadisti – in quanto si trattava di “miscredenti”.
Senza dimenticare i circa tremila desaparecidos, le migliaia di sfollati e le innumerevoli fosse comuni ancora da riaprire (un’ottantina quelle già individuate).
Nella sovrana indifferenza dell’Occidente in generale e dell’Europa in particolare. Si contano infatti sulle dita di una mano le persone finora condannate – e comunque a pene di modesta entità – per aver preso parte a rapimenti, torture, stupri, uccisioni, riduzione in schiavitù. Un autentico genocidio come hanno riconosciuto e stabilito le Nazioni Unite le cui squadre investigative avrebbero individuato circa 470 nominativi di esponenti del Califfato che a Shengal si sono macchiati di crimini contro l’umanità (senza peraltro, almeno finora, averne processato e condannato la stragrande maggioranza).
L’ultima condanna è stata emessa in luglio, ad Amburgo, contro una donna qui rimpatriata e già condannata l’anno scorso insieme al marito, esponente di Daesh. Solo quattro anni per favoreggiamento nell’assassinio di due donne yazide (in precedenza acquistate al mercato degli schiavi).
Ma la “soluzione finale” che non era riuscita a Daesh potrebbe venir completata da Ankara.
Il 16 agosto altri due yazidi, membri delle YBS (Unità di resistenza di Shengal), hanno perso la vita per un bombardamento dell’aviazione turca con l’utilizzo anche di droni. Il giorno successivo, il 17 agosto, le bombe turche sono state sganciate perfino su un ospedale di Sikeniye (sempre nella regione di Shengal).
Otto finora i morti accertati (quattro esponenti delle YBS e altrettanti dell'Amministrazione autonoma), soprattutto con l’ultimo attacco all’ospedale (il quarto in successione) tra coloro che si erano precipitati per estrarre le vittime dalle macerie dei primi bombardamenti. I due yazidi uccisi nel giorno 16 agosto sono il comandante Sheid Hesen e il combattente Isa Xwededa. Quanto ai feriti (sempre del 16 agosto) alcuni sono stati identificati: Qasim Simo, Şamir Abbas Berces et Mirza Ali. Ai funerali dei due caduti – rispettivamente nei cimiteri Sheid Dilges e Sheid Berxwedan – hanno presenziato migliaia di persone che hanno così voluto esprimere la loro condanna per le continue aggressioni contro la regione autonoma curda di Shengal.
Gianni Sartori
(GIANNI SARTORI)
La storia è nota, ma forse non abbastanza. Rinfreschiamo per gli smemorati.
Risale al 2014 uno dei momenti peggiori per la comunità dei curdi yazidi di Shengal (Iraq del Nord).
In agosto qui venivano massacrati dai tagliagole di Daesh oltre cinquemila uomini e rapiti almeno seimila e settecento tra donne e bambini. Le donne come sabaya, schiave sessuali – non si conta il numero di quelle che si sono suicidate – i bambini per essere addestrati a combattere (anche contro i loro stessi fratelli).
Crimini consentiti – in base ai demenziali parametri jihadisti – in quanto si trattava di “miscredenti”.
Senza dimenticare i circa tremila desaparecidos, le migliaia di sfollati e le innumerevoli fosse comuni ancora da riaprire (un’ottantina quelle già individuate).
Nella sovrana indifferenza dell’Occidente in generale e dell’Europa in particolare. Si contano infatti sulle dita di una mano le persone finora condannate – e comunque a pene di modesta entità – per aver preso parte a rapimenti, torture, stupri, uccisioni, riduzione in schiavitù. Un autentico genocidio come hanno riconosciuto e stabilito le Nazioni Unite le cui squadre investigative avrebbero individuato circa 470 nominativi di esponenti del Califfato che a Shengal si sono macchiati di crimini contro l’umanità (senza peraltro, almeno finora, averne processato e condannato la stragrande maggioranza).
L’ultima condanna è stata emessa in luglio, ad Amburgo, contro una donna qui rimpatriata e già condannata l’anno scorso insieme al marito, esponente di Daesh. Solo quattro anni per favoreggiamento nell’assassinio di due donne yazide (in precedenza acquistate al mercato degli schiavi).
Ma la “soluzione finale” che non era riuscita a Daesh potrebbe venir completata da Ankara.
Il 16 agosto altri due yazidi, membri delle YBS (Unità di resistenza di Shengal), hanno perso la vita per un bombardamento dell’aviazione turca con l’utilizzo anche di droni. Il giorno successivo, il 17 agosto, le bombe turche sono state sganciate perfino su un ospedale di Sikeniye (sempre nella regione di Shengal).
Otto finora i morti accertati (quattro esponenti delle YBS e altrettanti dell'Amministrazione autonoma), soprattutto con l’ultimo attacco all’ospedale (il quarto in successione) tra coloro che si erano precipitati per estrarre le vittime dalle macerie dei primi bombardamenti. I due yazidi uccisi nel giorno 16 agosto sono il comandante Sheid Hesen e il combattente Isa Xwededa. Quanto ai feriti (sempre del 16 agosto) alcuni sono stati identificati: Qasim Simo, Şamir Abbas Berces et Mirza Ali. Ai funerali dei due caduti – rispettivamente nei cimiteri Sheid Dilges e Sheid Berxwedan – hanno presenziato migliaia di persone che hanno così voluto esprimere la loro condanna per le continue aggressioni contro la regione autonoma curda di Shengal.
Gianni Sartori
Gianni Sartori - 2021/8/18 - 17:32
L’ESERCITO TURCO E QUELLO IRACHENO AGISCONO IN SINTONIA CONTRO LA POPOLAZIONE YAZIDA (E IL PDK DI BARZANI DA CHE PARTE STA?)
Gianni Sartori
Il giorno 21 gennaio, nel primo pomeriggio, un altro colpo è stato inferto da Ankara ai militanti yazidi di Shengal (Siniar). L’attacco contro un mezzo di trasporto è avvenuto nell’area della valle di Shilo ed è costato la vita a due membri delle YBŞ (Unità di Resistenza di Shengal). Le vittime sono il comandante delle YBŞ Azad Êzdîn e il combattente Enver Tolhildan. Almeno altri due yazidi, non ancora identificati, sono rimasti gravemente feriti.
L’episodio si inserisce in un clima di crescenti minacce, provenienti sia dall’esercito iracheno (pochi giorni fa aveva richiesto alle Ezidxan Asayish, una milizia yazida di autodifesa, di abbandonare la zona di Sinune minacciando, in caso contrario, di costringerle con la forza), sia dal PDK di Barzani.
Obiettivo non dichiarato, ma evidente, esautorare l’autogoverno e l’autogestione qui instaurati (sul modello del Confederalismo democratico, come in Rojava) dai curdi yazidi. Una minoranza perennemente perseguitata (non solo durante l’occupazione dell’Isis) e che ha rischiato semplicemente di scomparire.
A questo clima intimidatorio, evidentemente, anche Ankara ha voluto portare il suo contributo. D’altra parte è noto che ancora nel 2020 è stato siglato un accordo tra PDK e governo centrale iracheno, sotto la supervisione turca, per annullare l’autogoverno di tale minoranza.
In questi ultimi giorni, mentre l’esercito iracheno andava rafforzando le sue posizioni e la popolazione organizzava manifestazioni di protesta, a Sinune tre giornalisti venivano arrestati (preventivamente?) dai militari iracheni.
Tali eventi costituiscono una sorta di “effetto collaterale” (ma forse a ben guardare, nemmeno tanto “collaterale”) dei ripetuti interventi dell’esercito e dell’aviazione turca nel Nord dell’Iraq. Iniziati il 23 aprile 202, ufficialmente contro il PKK, hanno coinvolto anche la regione yazida. Altri due combattenti delle YBŞ (Seîd Hesen e İsa Xwededa) erano stati uccisi con i droni il 16 agosto. Il giorno dopo la Turchia bombardava addirittura un ospedale uccidendo quattro operatori sanitari e quattro combattenti YBŞ.Inoltre ai primi di dicembre, nel quartiere diKhanesor, un altro drone aveva eliminato Merwan Bedel, copresidente del Consiglio esecutivo dell’amministrazione autonoma di Shengal. Nella stessa operazione venivano feriti i suoi due figli.
Quattro giorni dopo, l’11 dicembre, veniva pesantemente bombardato, sempre dall’aviazione turca e - ricordo - sempre in territorio iracheno, il palazzo dove si trova la sede del Consiglio popolare di Khanesor.
Va anche detto che tutti gli sforzi congiunti del governo iracheno, del PDK di Barzani e della stessa Turchia per eliminare l’autoamministrazione della comunità yazida, si sono dovuti arenare di fronte alla ferma resistenza della popolazione. Almeno finora.
Gianni Sartori
Gianni Sartori
Il giorno 21 gennaio, nel primo pomeriggio, un altro colpo è stato inferto da Ankara ai militanti yazidi di Shengal (Siniar). L’attacco contro un mezzo di trasporto è avvenuto nell’area della valle di Shilo ed è costato la vita a due membri delle YBŞ (Unità di Resistenza di Shengal). Le vittime sono il comandante delle YBŞ Azad Êzdîn e il combattente Enver Tolhildan. Almeno altri due yazidi, non ancora identificati, sono rimasti gravemente feriti.
L’episodio si inserisce in un clima di crescenti minacce, provenienti sia dall’esercito iracheno (pochi giorni fa aveva richiesto alle Ezidxan Asayish, una milizia yazida di autodifesa, di abbandonare la zona di Sinune minacciando, in caso contrario, di costringerle con la forza), sia dal PDK di Barzani.
Obiettivo non dichiarato, ma evidente, esautorare l’autogoverno e l’autogestione qui instaurati (sul modello del Confederalismo democratico, come in Rojava) dai curdi yazidi. Una minoranza perennemente perseguitata (non solo durante l’occupazione dell’Isis) e che ha rischiato semplicemente di scomparire.
A questo clima intimidatorio, evidentemente, anche Ankara ha voluto portare il suo contributo. D’altra parte è noto che ancora nel 2020 è stato siglato un accordo tra PDK e governo centrale iracheno, sotto la supervisione turca, per annullare l’autogoverno di tale minoranza.
In questi ultimi giorni, mentre l’esercito iracheno andava rafforzando le sue posizioni e la popolazione organizzava manifestazioni di protesta, a Sinune tre giornalisti venivano arrestati (preventivamente?) dai militari iracheni.
Tali eventi costituiscono una sorta di “effetto collaterale” (ma forse a ben guardare, nemmeno tanto “collaterale”) dei ripetuti interventi dell’esercito e dell’aviazione turca nel Nord dell’Iraq. Iniziati il 23 aprile 202, ufficialmente contro il PKK, hanno coinvolto anche la regione yazida. Altri due combattenti delle YBŞ (Seîd Hesen e İsa Xwededa) erano stati uccisi con i droni il 16 agosto. Il giorno dopo la Turchia bombardava addirittura un ospedale uccidendo quattro operatori sanitari e quattro combattenti YBŞ.Inoltre ai primi di dicembre, nel quartiere diKhanesor, un altro drone aveva eliminato Merwan Bedel, copresidente del Consiglio esecutivo dell’amministrazione autonoma di Shengal. Nella stessa operazione venivano feriti i suoi due figli.
Quattro giorni dopo, l’11 dicembre, veniva pesantemente bombardato, sempre dall’aviazione turca e - ricordo - sempre in territorio iracheno, il palazzo dove si trova la sede del Consiglio popolare di Khanesor.
Va anche detto che tutti gli sforzi congiunti del governo iracheno, del PDK di Barzani e della stessa Turchia per eliminare l’autoamministrazione della comunità yazida, si sono dovuti arenare di fronte alla ferma resistenza della popolazione. Almeno finora.
Gianni Sartori
Gianni Sartori - 2022/1/21 - 21:36
Con un decreto la Repubblica di Armenia ha stabilito che il 3 agosto diverrà la giornata ufficiale di commemorazione del genocidio subito dagli ezidi. E chi altro se non gli Armeni poteva farlo per la prima volta nel mondo?
3 AGOSTO: COMMEMORAZIONE DEL GENOCIDIO SUBITO DAGLI EZIDI
Gianni Sartori
Risale al 3 agosto 2014 l’attacco dello Stato islamico contro la regione di Shengal in Bakur (Kurdistan del Sud, nel nord dell’Iraq). L’intenzione delle milizie jihadiste era semplicemente quella di annientare gli Ezidi, una delle più antiche comunità religiose della regione. Almeno diecimila persone vennero massacrate, oltre 400mila costrette alla fuga. Inoltre più di settemila donne e bambini furono sequestrati. Circa 2500 di questi risultano ancora dispersi.
In marzo, rinnovando la condanna per tale iniquo massacro, il Parlamento della Repubblica di Armenia ha dichiarato il 3 agosto giornata ufficiale per la commemorazione delle vittime del genocidio perpetrato contro la comunità ezida di Shengal.
Una presa di posizione senza precedenti (si parla di una “decisione storica”) avviata dalla proposta di legge del deputato Rustam Bakoyan (esponente della comunità ezida in Armenia).
Come aveva sottolineato al momento della presentazione del progetto di legge al Parlamento:
“il genocidio è un crimine contro l’umanità, il più grande dei crimini”.
In riferimento alle profonde analogie tra il genocidio degli Armeni del 1915 e quello subito dagli ezidi dieci anni fa, Rustam Bakoyan aveva poi aggiunto che “le vicende di Ezidi e Armeni sono molto simili. In diverse fasi della Storia, ci siamo spesso ritrovati nelle medesime situazioni”.
Il genocidio della comunità ezida di Shengal era già stato riconosciuto come tale e condannato dall’Assemblea nazionale armena nel 2018 in quanto “la prevenzione dei genocidi e dei crimini contro l’umanità è una delle priorità della politica estera dell’Armenia” (come ha dichiarato Paruyr Hovhannisyan, vice-ministro armeno degli Affari esteri.
Agli ezidi in questi giorni ha reso omaggio anche il KNK (Congresso nazionale del Kurdistan) in occasione della festa di Çarşema Sor (Mercoledì Rosso, creazione della Terra) con cui inizia il nuovo anno per la fede ezida.
In un comunicato il KNK ha esortato i popoli della regione a unirsi contro gli attacchi e l’occupazione militare di provenienza turca.
Ricordando in particolare “le minacce contro le persone di confessione ezida che proseguono sia a Shengal che Afrin e Serêkaniyê”.
Il KNK poi rassicura di essere “a fianco delle popolazioni di Shengal e delle forze di Êzîdxan (terra ezida nda)” e di voler continuare a portare loro sostegno.
Se l'attuale aggressione di Ankara contro Shengal non costituisce altro che “la continuazione dell’attacco dello Stato islamico del 2014", i recenti accordi tra Hewlêr (Erbil nda) e Bagdad, posti sotto controllo turco “non tengono in alcun conto la volontà della popolazione di Shengal”.
Shengal (suo malgrado un obiettivo ormai da secoli proprio per la sua particolare identità) ha subito “profonde ferite per gli attacchi dello stato islamico” per cui “la situazione e i problemi di Shengal devono essere particolarmente valutati e risolti. In base alla volontà stessa della popolazione”.
A conclusione, nel comunicato del KNK si ribadisce che per “proteggere la comunità ezida, tutte le nostre forze e il nostro popolo devono esserne ben coscienti e abbracciare la popolazione ezida”.
Questo del resto è "il senso profondo della festa “Çarşema Serê Nîsanê“, sia per i curdi che per gli ezidi e per tutti i popoli della regione".
Gianni Sartori
3 AGOSTO: COMMEMORAZIONE DEL GENOCIDIO SUBITO DAGLI EZIDI
Gianni Sartori
Risale al 3 agosto 2014 l’attacco dello Stato islamico contro la regione di Shengal in Bakur (Kurdistan del Sud, nel nord dell’Iraq). L’intenzione delle milizie jihadiste era semplicemente quella di annientare gli Ezidi, una delle più antiche comunità religiose della regione. Almeno diecimila persone vennero massacrate, oltre 400mila costrette alla fuga. Inoltre più di settemila donne e bambini furono sequestrati. Circa 2500 di questi risultano ancora dispersi.
In marzo, rinnovando la condanna per tale iniquo massacro, il Parlamento della Repubblica di Armenia ha dichiarato il 3 agosto giornata ufficiale per la commemorazione delle vittime del genocidio perpetrato contro la comunità ezida di Shengal.
Una presa di posizione senza precedenti (si parla di una “decisione storica”) avviata dalla proposta di legge del deputato Rustam Bakoyan (esponente della comunità ezida in Armenia).
Come aveva sottolineato al momento della presentazione del progetto di legge al Parlamento:
“il genocidio è un crimine contro l’umanità, il più grande dei crimini”.
In riferimento alle profonde analogie tra il genocidio degli Armeni del 1915 e quello subito dagli ezidi dieci anni fa, Rustam Bakoyan aveva poi aggiunto che “le vicende di Ezidi e Armeni sono molto simili. In diverse fasi della Storia, ci siamo spesso ritrovati nelle medesime situazioni”.
Il genocidio della comunità ezida di Shengal era già stato riconosciuto come tale e condannato dall’Assemblea nazionale armena nel 2018 in quanto “la prevenzione dei genocidi e dei crimini contro l’umanità è una delle priorità della politica estera dell’Armenia” (come ha dichiarato Paruyr Hovhannisyan, vice-ministro armeno degli Affari esteri.
Agli ezidi in questi giorni ha reso omaggio anche il KNK (Congresso nazionale del Kurdistan) in occasione della festa di Çarşema Sor (Mercoledì Rosso, creazione della Terra) con cui inizia il nuovo anno per la fede ezida.
In un comunicato il KNK ha esortato i popoli della regione a unirsi contro gli attacchi e l’occupazione militare di provenienza turca.
Ricordando in particolare “le minacce contro le persone di confessione ezida che proseguono sia a Shengal che Afrin e Serêkaniyê”.
Il KNK poi rassicura di essere “a fianco delle popolazioni di Shengal e delle forze di Êzîdxan (terra ezida nda)” e di voler continuare a portare loro sostegno.
Se l'attuale aggressione di Ankara contro Shengal non costituisce altro che “la continuazione dell’attacco dello Stato islamico del 2014", i recenti accordi tra Hewlêr (Erbil nda) e Bagdad, posti sotto controllo turco “non tengono in alcun conto la volontà della popolazione di Shengal”.
Shengal (suo malgrado un obiettivo ormai da secoli proprio per la sua particolare identità) ha subito “profonde ferite per gli attacchi dello stato islamico” per cui “la situazione e i problemi di Shengal devono essere particolarmente valutati e risolti. In base alla volontà stessa della popolazione”.
A conclusione, nel comunicato del KNK si ribadisce che per “proteggere la comunità ezida, tutte le nostre forze e il nostro popolo devono esserne ben coscienti e abbracciare la popolazione ezida”.
Questo del resto è "il senso profondo della festa “Çarşema Serê Nîsanê“, sia per i curdi che per gli ezidi e per tutti i popoli della regione".
Gianni Sartori
Gianni Sartori - 2024/4/21 - 08:37
A BATMAN I CITTADINI RIPRISTINANO LA SEGNALETICA IN LINGUA CURDA
Gianni Sartori
Mentre cade il decimo anniversario del massacro di Shengal, a Batman si registra un piccolo gesto di resistenza civile contro l'ennesimo attacco all'identità curda
Non lo si consideri irrilevante. Certo, paragonato a quanto avviene in Rojava e in Bashur (Kurdistan del Sud, in territorio iracheno) con le operazioni militari di Ankara (coadiuvata dagli ascari jihadisti) e a dieci anni dalle stragi di Shengal contro i curdi ezidi potrebbe sembrare una piccola cosa. Riguardo a tale anniversario, è di questi giorni una dichiarazione del Fronte delle Donne del Kurdistan del Sud sull'aggressione, correttamente definita “genocida”, operata dall'Isis a Shengal (Sinjar) il 3 agosto 2014. Un massacro che – sottolinea il comunicato – costituiva il 74° sofferto dalla comunità ezida nella sua storia.
Nel denunciare che migliaia di donne siano state assassinate o catturate (e non sempre è stato poi possibile trovare una soluzione per riportarle a casa), il Fronte delle donne ricorda tuttavia come le YPG (Yekîneyên Parastina Gel – Unità di Protezione popolare) e le YPJ (Yekîneyên Parastina Jin – Unità di Difesa delle Donne) siano riuscite a liberarne o riscattarne centinaia. Così come è avvenuto per tanti minori rapiti dalle milizie jihadiste (anche se di circa 1300 si son perse le tracce; molti di loro – secondo l'intelligence curda - attualmente si troverebbero in Turchia).
Inoltre l'Isis (in sintonia con lo Stato turco) aveva cercato di cancellare, fare tabula rasa, della lingua, della cultura, dell'autogoverno e della stessa vita degli ezidi. Senza però riuscirci.
Con la stessa logica di attacco alla cultura curda le autorità turche (con precise direttive del Ministero dell'Interno ai prefetti delle province curde) avevano provveduto a far cancellare manu militari la segnaletica in lingua curda posta a tutela dei pedoni nella città di Batman. Con particolare accanimento erano state eliminate le scritte “Pêşî Peya” (Precedenza ai pedoni) e “Hêdî” (Rallentate).
Espressione, a mio avviso, di un atteggiamento comunque prevaricatore, intollerante nei confronti dei soggetti più deboli (almeno sulle strade).
Successivamente, il 31 luglio, la municipalità ( il co-sindaco Gülistan Sönük con numerosi esponenti del consiglio comunale) e la cittadinanza avevano provveduto a ripristinarle. All'iniziativa prendeva parte anche il deputato del Partito della Democrazia e dell'Uguaglianza dei Popoli Zeynep Oduncu.
I partecipanti avevano cantato una canzone curda (“Zimanê Kurdî”) e scandito slogan in curdo (“Zimanê me rûmeta me ye” ossia: la nostra lingua è il nostro orgoglio”).
Negli ultimi tempi gli attacchi alla cultura e all'identità del popolo curdo si sono andati intensificando, sia con gli arresti di persone che eseguivano danze e canzoni tradizionali, sia appunto cancellando le scritte in lingua curda. Non solo la segnaletica stradale ovviamente. Ma questa aveva assunto un significato particolare in quanto – come ha ricordato Gülistan Sönük “la perdita di vite umane lungo le strade dovute all'assenza di prevenzione sembra non aver turbato il sonno delle autorità turche, ma le scritte in curdo sì”.
Come dicevo non sembri una piccola cosa. Ricordo solo che il Black Panther Party for Self-Defence di Huey Newton e Bobby Seale nacque da una iniziativa similare (come si può apprendere dal film “Panther” di Van Peebles). Quando nel 1966 i cittadini afro-americani di un quartiere di Oakland si organizzarono per regolare il traffico su una strada pericolosa e priva di semafori dove molti bambini avevano perso la vita.
Gianni Sartori
Gianni Sartori
Mentre cade il decimo anniversario del massacro di Shengal, a Batman si registra un piccolo gesto di resistenza civile contro l'ennesimo attacco all'identità curda
Non lo si consideri irrilevante. Certo, paragonato a quanto avviene in Rojava e in Bashur (Kurdistan del Sud, in territorio iracheno) con le operazioni militari di Ankara (coadiuvata dagli ascari jihadisti) e a dieci anni dalle stragi di Shengal contro i curdi ezidi potrebbe sembrare una piccola cosa. Riguardo a tale anniversario, è di questi giorni una dichiarazione del Fronte delle Donne del Kurdistan del Sud sull'aggressione, correttamente definita “genocida”, operata dall'Isis a Shengal (Sinjar) il 3 agosto 2014. Un massacro che – sottolinea il comunicato – costituiva il 74° sofferto dalla comunità ezida nella sua storia.
Nel denunciare che migliaia di donne siano state assassinate o catturate (e non sempre è stato poi possibile trovare una soluzione per riportarle a casa), il Fronte delle donne ricorda tuttavia come le YPG (Yekîneyên Parastina Gel – Unità di Protezione popolare) e le YPJ (Yekîneyên Parastina Jin – Unità di Difesa delle Donne) siano riuscite a liberarne o riscattarne centinaia. Così come è avvenuto per tanti minori rapiti dalle milizie jihadiste (anche se di circa 1300 si son perse le tracce; molti di loro – secondo l'intelligence curda - attualmente si troverebbero in Turchia).
Inoltre l'Isis (in sintonia con lo Stato turco) aveva cercato di cancellare, fare tabula rasa, della lingua, della cultura, dell'autogoverno e della stessa vita degli ezidi. Senza però riuscirci.
Con la stessa logica di attacco alla cultura curda le autorità turche (con precise direttive del Ministero dell'Interno ai prefetti delle province curde) avevano provveduto a far cancellare manu militari la segnaletica in lingua curda posta a tutela dei pedoni nella città di Batman. Con particolare accanimento erano state eliminate le scritte “Pêşî Peya” (Precedenza ai pedoni) e “Hêdî” (Rallentate).
Espressione, a mio avviso, di un atteggiamento comunque prevaricatore, intollerante nei confronti dei soggetti più deboli (almeno sulle strade).
Successivamente, il 31 luglio, la municipalità ( il co-sindaco Gülistan Sönük con numerosi esponenti del consiglio comunale) e la cittadinanza avevano provveduto a ripristinarle. All'iniziativa prendeva parte anche il deputato del Partito della Democrazia e dell'Uguaglianza dei Popoli Zeynep Oduncu.
I partecipanti avevano cantato una canzone curda (“Zimanê Kurdî”) e scandito slogan in curdo (“Zimanê me rûmeta me ye” ossia: la nostra lingua è il nostro orgoglio”).
Negli ultimi tempi gli attacchi alla cultura e all'identità del popolo curdo si sono andati intensificando, sia con gli arresti di persone che eseguivano danze e canzoni tradizionali, sia appunto cancellando le scritte in lingua curda. Non solo la segnaletica stradale ovviamente. Ma questa aveva assunto un significato particolare in quanto – come ha ricordato Gülistan Sönük “la perdita di vite umane lungo le strade dovute all'assenza di prevenzione sembra non aver turbato il sonno delle autorità turche, ma le scritte in curdo sì”.
Come dicevo non sembri una piccola cosa. Ricordo solo che il Black Panther Party for Self-Defence di Huey Newton e Bobby Seale nacque da una iniziativa similare (come si può apprendere dal film “Panther” di Van Peebles). Quando nel 1966 i cittadini afro-americani di un quartiere di Oakland si organizzarono per regolare il traffico su una strada pericolosa e priva di semafori dove molti bambini avevano perso la vita.
Gianni Sartori
Gianni Sartori - 2024/8/4 - 10:11
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