Langue   

We Want Peace

Emmanuel Jal
Langue: anglais


Emmanuel Jal

Liste des versions


Peut vous intéresser aussi...

Warchild
(Emmanuel Jal)


(2010)

Emmanuel Jal


In the war-torn region of Southern Sudan, Emmanuel Jal was born into the life of a child solider on an unknown date in the early 1980s. Through unbelievable struggles, Emmanuel managed to survive and emerge as a recording artist, achieving worldwide acclaim for his unique style of hip hop with its message of peace and reconciliation born out of his personal experiences.

Emmanuel is currently touring around the world; performing and sharing his experiences and personal message for peace in a quest to boost social and emotional learning amongst young people as they become active global citizens.
Oh yeah, oh yeah, I'm looking for some people who's looking for peace
Maybe together we could make the war cease
Now we can send mankind to the moon
And we can reach to the bottom of the sea
That's why it's really kind of baffles me
That we can not end wars and bring peace
And we can not change the way people act
And we can not change the way people think
So if we sit back chill out and relax
Civilization will soon be extinct
That's why I am

I'm calling on, I'm calling on the whole wide world
On the whole wide world
Come on people, would you help me?
Let's scream and shout, let's scream and shout cause we want peace
And we want peace, to say the least

I dedicate this song to the common people
Caught in the middle of this common evil
I wish the world was a little bit fairer
Time we start looking at the man in the mirror
Fear is the devil's policeman
Fear made good Germans side with Hitler so we can build the war of genocide and havoc was wreaking
Silence of the lambs cause nobody was speaking, that's why I am
[Hook]
I'm calling on, I'm calling on the whole wide world
On the whole wide world
Come on people, would you help me?
Let's scream and shout, let's scream and shout cause we want peace, cause we want peace

Somebody said: After Rwanda Rwanda, never again, and after Rwanda, It's happening
Not far from Rwanda, just next door
Who's gonna shout for the people living in Darfur?

The world's going deaf, the world's going blind
The world's busy sitting down on their behind
Nobody care about the poor and the needy
Too busy sucking up to to the rich and the greedy
For every hero there's a villain
I ain't kidding
We gonna shout out standing up or sitting, one more time?, we got no more time
We gotta figure out a way to make it all combine
Like Jericho the work …
...Voices out of city surround
You know what is wrong I'mma put our voices to work
We gonna shut down heaven and earth
That's why I am

I'm calling on, I'm calling on the whole wide world
On the whole wide world
Come on people, would you help me?
Let's scream and shout, let's scream and shout cause we want peace, and we want piece
And we won't be, who said at least
Come on, everybody come on, stand up, stand up, stand up
You want peace and I want peace, stand up
You want peace and I want peace, stand up
Come on, everybody come on, stand up, stand up, stand up

I'm calling on, I'm calling on the whole wide world
On the whole wide world
Come on people, would you help me?
Let's scream and shout, let's scream and shout cause we want peace, and we want piece
And we won't be, who said at least

I want peace and you want peace, stand up
You want peace and I want peace, stand up
Come on, stand up, stand up, stand up
We want peace, we want peace, we want peace, we want peace

29/11/2020 - 13:18


IL SUD SUDAN MARTORIATO CONFIDA NELL’INTERVENTO DELLE CHIESE MENTRE IL SUDAN AFFRONTA FATICOSAMENTE UNA SOLUZIONE POLITICA
Gianni Sartori

Per capirci qualcosa di quel che sta accadendo in Sud Sudan (“a volte l’indipendenza non basta”…ricordate?) bisogna proprio chiedere a quelle organizzazioni a vocazione umanitaria, religiose come i Comboniani (quelli di “Nigrizia”  a Verona) o laiche come Medici con l’Africa (a Padova). O magari ai valdesi della Val Pellice.

Restando sempre in ambito cristiano, ricordo che a breve (dal 3 al 5 febbraio) sono attesi nella capitale, Juba, sia l'arcivescovo anglicano di Canterbury Justin Welby (maggior esponente della Comunione anglicana mondiale) cheil pastore Iain Greenshields (moderatore dell'Assemblea generale della Chiesa di Scozia). Oltre naturalmente, ma questo già si sapeva, a Papa Francesco.

Un’iniziativa comunitaria, ecumenica per “la Pace nel Sud Sudan”. Che, ci si augura, potrebbe in parte portare sotto gli occhi della comunità internazionale, quantomeno distratta, le tragiche vicende di questa terra martoriata, periodicamente in stato di guerra, con un evidente aggravamento negli ultimi mesi. Già da agosto con la ripresa dei combattimenti tra opposte fazioni e poi da novembre con la sospensione della partecipazione del governo sud-sudanese ai colloqui di pace di Roma. Una autentica “doccia fredda” per chi vi aveva investito energie e speranze. Anche se “questo non significa che la porta per la pace sia definitivamente chiusa”.

Resta il fatto - grave - che comunque i governativi hanno confermato tale decisione unilaterale, accusando i gruppi di opposizione sud sudanesi non firmatari (NSSSOG) di "mancanza di impegno”.

Intanto bisogna registrare un’altra tragedia, l’ennesima, ai danni dei profughi interni (sfollati) del campo diAburoch (Alto Nilo). Il campo è stato attaccato in questi giorni (come poco prima era accaduto ad un altro campo) da un non meglio precisato “gruppo armato ribelle”. Ad Aburoch i profughi si contavano a migliaia (oltre seimila, pare), originari da altre zone e risalenti al periodo di conflitto 2013-2018. Stando a quanto raccontano alcuni religiosi presenti nell’area, la maggior parte dei profughi ora è in fuga attraverso le paludi. Le vittime sarebbero numerose anche se al momento risulta difficile quantificarle. In ogni caso le loro già fragili sicurezze quotidiane, le nuove esistenze faticosamente ricostruite, sono state spazzate via in pochi attimi.

E IL SUDAN, CHE FA?

Qualche segnale, almeno apparentemente, di segno opposto sembra arrivare dal Sudan. In novembre era stato firmato un accordo (elogiato dall’Unione Africana e anche da Antonio Guterres) tra i militari al potere (dal golpe del 25 ottobre 2021 che aveva abolito la precaria condivisione tra esercito e società civile) e il blocco delle Forze per la libertà e il cambiamento. Un accordo stilato nella prospettiva di una transizione politica in senso democratico e per l’elaborazione di una nuova Costituzione. Va anche precisato che l’entusiasmo per tali accordi non è universalmente condiviso nel Paese africano. Ne diffidano sia quelle organizzazioni che erano contrari al dialogo con i militari (e alla clausola per cui sarebbero comunque rappresentati in un governo civile, all’interno di un Consiglio per la sicurezza e la difesa), sia qualche gruppo islamista come quello legato al deposto Omar El-Bashir.
A riprova di tale dissenso, le recenti proteste del 17 novembre duramente contenute dalla polizia (però stavolta senza che si registrassero vittime).

Le migliaia di sudanesi scesi in strada protestavano per ricordare l’anniversario della sanguinosa repressione subita da chi si opponeva al regime (i morti sono ben oltre il centinaio ormai) del golpista Abdel Fattah al-Burhane.

Al grido “I militari in caserma” e di “Né compromessi, né negoziazione”, i dissidenti muovevano critiche anche alla coalizione delle Forze per la libertà e il cambiamento accusandola di aver “svenduto il nostro sangue” accettando compromessi con i militari.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 6/12/2022 - 15:27




Page principale CCG

indiquer les éventuelles erreurs dans les textes ou dans les commentaires antiwarsongs@gmail.com




hosted by inventati.org