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Αντίσταση

Nikos Kavvadias / Νίκος Καββαδίας
Language: Greek (Modern)


Nikos Kavvadias / Νίκος Καββαδίας

List of versions


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Kuro Siwo
(Nikos Kavvadias / Νίκος Καββαδίας)
Σταυρός του Νότου
(Nikos Kavvadias / Νίκος Καββαδίας)
Αθήνα 1943
(Nikos Kavvadias / Νίκος Καββαδίας)


Antístasi
[ 1945 ]

Ποίημα / Poesia / A Poem by / Poème / Runo :
Níkos Kavvadías

Μουσική / Musica / Music / Musique / Sävel:
Dionisis Tsaknis [Διονύσης Τσακνής]

'Αλμπουμ / Album:
Bandiera Rossa - Ψηλά Μέσα Στη Βροχή [ 2018 ]




Resistenti dell’ELAS, 1944  (foto:  Υπουργείο Εξωτερικών )
Resistenti dell’ELAS, 1944 (foto: Υπουργείο Εξωτερικών )





Anche questa composizione è poco nota , ancora meno della precedente Αθήνα 1943, centrate entrambe sullo stesso tema: la Resistenza. Kavvadias dedicò la composizione a Melpo Axiotis [Μέλπω Αξιώτη], scrittrice greca e militante dell’EAM, poi docente di letteratura greca alla Humboldt di Berlino, figura luminosa di intellettuale e militante nel panorama della Grecia del Novecento.
Antistasi fu pubblicata per la prima volta sulla rivista Ελευθερα Γράμματα [Elefthera Grammata] nell’ agosto 1945. Successivamente fu inclusa nell'antologia Τραγούδια της Αντίστασης / Canzoni della Resistenza, pubblicata nell'ottobre 1951.

Kavvadias avverte che la Resistenza non è un movimento locale o contingente. I suoi versi sono popolati di figure storiche non sublimate nel mito. Per quel poco che riusciamo a percepire da una lettura frammentaria e lacunosa, ci sembra che il poeta li veda come compagni di viaggio in carne e ossa. Accanto a loro anche Paesi vicini e lontani, tutti chiamati a condividere lo stesso messaggio. Così la Cina rossa , l’Italiarossa , l’Abissinia, Lorca ( si veda la canzone Federico Garcia Lorca con il commento di Gian Piero Testa ); la Pasionaria Dolores Ibárruri; Athanasios Diakos , patriota della Guerra d’ Indipendenza greca nel 1821 torturato e messo a morte per impalamento dai turchi; Theodoros Kolokotronis, patriota e comandante delle forze greche nel Peloponneso durante la Guerra d’ Indipendenza; Aris Velouchiotis , comandante in capo dell’ELAS durante la guerra civile del 1945. Nelle strofe finali si aprono degli squarci che sembrano pitture realiste in versi. Ecco quindi i tedeschi stesi in una Κύμα θανάτου / onda di morte, carri armati, baionette.
Anche la musica di Dionisis Tsaknis, artista schierato, già presidente dell’ente televisivo greco ERT, è ben espressiva e rende valido omaggio a Kavvadias. Ci è sembrata insomma una perla trascurata che proponiamo come un minuscolo lembo di vita nell’indifferenza del tempo.
Non ci sono traduzioni in rete.

[Riccardo Gullotta]

Dal filmato Οι Ήρωες Πολεμούν σαν Έλληνες / Gli eroi combattono come i Greci.Il titolo ricalca la frase, attribuita a Churchill, pronunciata da Philip Noel Baker, diplomatico e campione olimpionico inglese.


Οι Ήρωες Πολεμούν σαν Έλληνες


 Resistenti dell’ELAS- Guerra civile (foto:  Υπουργείο Εξωτερικών )
Resistenti dell’ELAS- Guerra civile (foto: Υπουργείο Εξωτερικών )
Στο παιδικό μας βλέμμα πνίγονται οι στεριές.
Πρώτη σου αγάπη τα λιμάνια σβυούν και εκείνα.
Θάλασσα τρώει το βράχο απ' όλες τις μεριές.
Μάτια λοξά και τ' αγαπάς : Κόκκινη Κίνα.

Γιομάτα παν τα ιταλικά στην Ερυθρά.
Πουλιά σε αντικατοπτρισμό -Μαύρη Μανία.
Δόρατα μέσα στη νυχτιά παίζουν νωθρά.
Λάμπει αρραβώνα στο δεξί σου : Αβησσυνία.

Σε κρεμεζί , Νύφη λεβέντρα Ιβηρική.
Ανάβουνε του Barriochino τα φανάρια.
Σπανιόλοι μου θαλασσοβάτες και Γραικοί.
Γκρέκο και Λόρκα –Ισπανία και Πασιονάρια.

Κύμα θανάτου ξαπολιούνται οι Γερμανοί.
Τ' άρματα ζώνεσαι μ' αρχαία κραυγή πολέμου.
Κυνήγι παίζουνε μαχαίρι και σκοινί,
Οι κρεμασμένοι στα δέντρά , μπαίγνιο του ανέμου.

Κι απέ Δεκέμβρη , στην Αθήνα και Φωτιά.
Τούτο της Γης το θαλασσόδαρτο αγκωνάρι,
Λικνίζει κάτου από το Δρυ και την Ιτιά
το Διάκο, τον Κολοκοτρώνη και τον Άρη.

Contributed by Riccardo Gullotta - 2020/11/1 - 09:56




Language: Italian

Versione italiana / Italian version / Version italienne / Italiankielinen versio:
Riccardo Venturi, 3-12-2020 21:45

Nota del traduttore. Scrisse Peter Mackridge, che i poeti greci hanno spesso considerato le loro opere come un magazzino, un deposito lessicale di termini rari, arcaici, gergali, dialettali, non comuni, idiolettici e quant'altro; questa poesia di Kavvadias ne potrebbe essere un esempio perfetto (e, da qui, la sua estrema difficoltà). Qualche nota esplicativa si è resa necessaria per penetrare meglio nel particolare spirito della poesia.
Resistenza

Nei nostri occhi infantili annegan terreferme.
I porti, tuo primo amore, si spegneranno anch'essi.
Si mangia il mare, da ogni parte, la roccia.
Occhi storti, eppur li ami: Cina Rossa.

Bardate van le truppe italiane in terra Rossa, [1]
Uccelli come in un miraggio: Follia Nera.
Nella nottata giocano indolenti lance.
Ti brilla al dito la fede nuziale: Abissinia. [2]

Di rosso vivo veste l'ardita Sposa Iberica.
Si accendono i fanali del Barrio Chino. [3]
Van per il mare i miei spagnoli, e i Greci. [4]
El Greco e Lorca – Spagna e Pasionaria.

Onda di morte, si scatenano i Tedeschi.
Le armi cingi con antico grido di guerra.
Coltello e fune, giocano alla caccia,
Gli appesi agli alberi son zimbelli del vento.

E poi Dicembre, il Fuoco anche ad Atene. [5]
Pietra angolare della Terra, dal mare erosa,
Culla sotto la Quercia, sotto il Salice
Aris, Diakos e Kolokotronis.
[1] In linea di massima, penso che Kavvadias si riferisca qui all'Eritrea (“terra rossa”, o meglio, “Paese degli uomini rossi, dalla faccia arrossata dal sole”, denominazione tradizionale che si contrappone alla “Terra degli uomini neri, dalla faccia bruciata da sole”, vale a dire l'Etiopia). Un riferimento, quindi, alla guerra coloniale italiana del '35-'36 (ipotesi corroborata anche dal riferimento all'Abissinia). Ma Ερυθρά significa semplicemente, in greco elevato: “la Rossa”: si potrebbe quindi trattare dell'Unione Sovietica e della (disgraziata) spedizione italiana. Stante il dubbio, ho tradotto con “terra Rossa”. Γιομάτα (forma collaterale e popolare di γεμάτα), alla lettera, significa “piene”, ma anche “armate, bardate”; senza contare che altre accezioni del termine sono: “grasse” e “tronfie, piene di sé”. Nella traduzione ho scelto “bardate” perché, a mio parere, tale termine è seppur leggermente spregiativo, insistendo più sull'esteriorità che sulla consistenza.

[2] Avverto per correttezza che αρραβώνα significa propriamente “anello di fidanzamento” (l' arra bona del latino medievale, che è il dono impegnativo fatto al momento della promessa di matrimonio); da qui il termine tradizionale per “fidanzata, promessa sposa”: αρραβωνιαστικιά. Ho tradotto qui arbitrariamente con “fede nuziale”, perché “anello di fidanzamento” avrebbe del tutto sballato quel pur minimo di metrica che ho cercato di tenere, e che un semplice “anello” è troppo generico.

[3] E' il nome tradizionale (sp. Barrio Chino; catalano Barri Xinès) del quartiere del centro storico di Barcellona vicino al vecchio porto, che ora si chiama Raval.

[4] Qui Kavvadias non usa certo a caso il termine tradizionale (e storicamente reale) per “greci”, vale a dire Γραικοί (il termine classico 'Ελληνες è, in origine, un clamoroso falso storico reintrodotto dopo l'indipendenza greca, quando per tutto il medioevo greco si era mantenuto popolarmente solo nel significato di “giganti, esseri mostruosi, orchi”, e trasmigrato nel comune nome proprio bulgaro Елин “Elleno; Gigante"). In questa poesia resistenziale, come ogni buon poeta greco, Kavvadias torna all'atmosfera della guerra del 1821, mettendo Kolokotronis e Diakos accanto a Aris Velouchiotis (Athanasios Diakos, è bene ricordarlo, fu colui che disse a Vryonis Εγώ Γραικός γεννήθηκα, Γραικός θε να πεθάνω, “io sono nato Greco e Greco morirò”; poi parafrasato da Melina Mercouri in riferimento a Stylianos Pattakos, quando era stata privata della cittadinanza greca: Εγώ Γραική γεννήθηκα, Γραική θε να πεθάνω; αυτός φασίστας γεννήθηκε, φασίστας θε να πεθάνει “Io sono nata Greca, e Greca morirò; lui è nato fascista, e fascista morirà”). Nel verso dopo della poesia c'è El Greco, che in greco si chiama Ελ Γκρέκο. Poi c'è pure il termine-chiave dell'indipendenza greca del '21, άρματα, le armi, che trasporta automaticamente nell'identificazione tra la guerra d'Indipendenza e quella di Resistenza, un cardine degli avvenimenti greci tra il 1940 e il 1949; e un po' tutto il lessico di questa poesia lo sottolinea. Bisognerebbe a questo punto accennare a tutta la questione della diglossia greca tra “lingua pura” e lingua popolare, e del risultato che ha dato. Ad esempio, al fatto che “armi” in greco si dice classicamente όπλα se si vuole parlare in senso neutro, tecnico, poliziesco, militare, oppure delle armi degli antichi guerrieri delle Termopili e di Maratona; ma quando sono in ballo indipendenza, resistenza, partigiani, guerriglia e quant'altro, sono soltanto άρματα (derivato dal latino arma, ovviamente). Il grido “alle armi!”, “all'armi!” risuonerà quindi “Στα όπλα!” se chi parla o scrive è un colonnello o un ispettore che ordina una carica di polizia, ma “στ' άρματα!” se chi parla o scrive è un guerrigliero o un capo ultras di una squadra di calcio. Il contrasto tra il greco classicheggiante e quello popolare che forma l'impasto veramente unico del greco attuale. Ecco, solo per dire che questa poesia di Kavvadias è interamente permeata da questo spirito che affonda le sue radici nella storia della Grecia e della sua lingua (la quale, fino a tempi recenti, si è chiamata, nella sua forma parlata e popolare, lingua romeica, ρωμαϊκή γλώσσα, mentre la ελληνική γλώσσα era il greco classico; in casa ho un grosso dizionario francese-greco popolare del 1952 che si chiama ancora Dictionnaire Français-Roméïque, comprato per cinquemila lire su una bancarella a Pisa).

[5] Il riferimento è ai Δεκεμβριανά, i “fatti di dicembre” che in pratica segnarono il passaggio tra la guerra di Resistenza al nazifascismo alla guerra civile greca; sono stati definiti, e a ragione, il primo atto concreto della Guerra Fredda. Per una coincidenza fortuita traduco la poesia di Kavvadias e redigo queste note proprio nell'anniversario dei Dekemvrianà, scoppiati a Atene il 3 dicembre 1944 e durati fino all'11 gennaio 1945.

2020/12/3 - 21:48




Language: Sicilian

Traduzzioni siciliana / Σικελική μετάφραση / Traduzione siciliana / Sicilian translation / Traduction sicilienne / Sisiliankielinen käännös:
Riccardo Gullotta


RESISTENZA

Nê nostri occhi di picciliḍḍi nnjianu i terrifermi
I porti, u to primu amuri, si stutanu macari iḍḍi.
U mari si manciaria a rocca i tutt’i banni
Occhi sguerci, entantu ci voi beni: a Cina russa.

I surdati taliani vanu fissiannusi abber’a na terra tinciuta russa
Aceḍḍi comu nta fatamurgana : pazzia nigura
Nta nuttata jocanu i lanzi muḍḍacchi
Ti luci nô jditu â’neḍḍu dâ zita: Bissinia.

Si vesti di russu sbampanti a mugghieri spagnola tutta mpirranti
S’aḍḍumanu i fanala dû Barrio Chino
Sunu marinara i me spagnoli e i grichi
El Greco je Lorca - Spagna je Pasionaria.

Unna di morti, i Tedesca scattanu
Aggrampa l’armi je jett’abbram’antich’i uerra
Cuteḍḍu je corda jocanu â’ssicutari
I mpisi a l’arbuli su ballarini ô ventu.

Je doppu Dicembri, u Luci macari nt’Atini.
Petra cantunera dô Munnu, manciata dô mari,
Annaca ‘nsutt’â Cersa je ‘nsutt’ô Salaguni
Marti, Diakos je Kolokotronis.

Contributed by Riccardo Gullotta - 2020/12/6 - 17:37


@Riccardo Venturi

Non ho parole per l’icasticità della traduzione e la finezza delle glosse.
Approssimando direi gorgeous , superbe, υπέροχος, πολύ γαμάτο, che nella semantica mediterranea sono riassunti in " spacchiusu !".

Riccardo Gullotta - 2020/12/3 - 22:49


@ Riccardo Gullotta

"Spacchiusu" mi piace immensamente di più! E a questo punto mi aspetto i primi Kavvadias in siciliano, te lo dico papale papale. Anche immaginando come sarebbe piaciuto al gran Testa (di cui il 14 novembre scorso è stato il 6° anniversario della scomparsa). Poi....siciliano e greco...è la stessa cosa...

Riccardo Venturi - 2020/12/4 - 00:38


@ Riccardo Gullotta

Ti posso fare una domanda per semplicissima curiosità? Di quale variante del siciliano si tratta esattamente?

Grazie!

Riccardo Venturi - 2020/12/6 - 18:48


@ Riccardo Venturi

La risposta è articolata. Diciamo in primis che la variante è la quella parlata al centro che si distingue dalla variante orientale, jonica, per l’uso della metafonesi e da quella occidentale per l’uso moderato/nullo della dittongazione della tonica. In realtà la variante da me usata fa un uso di solito moderato della metafonesi per i seguenti motivi.
Per esigenze, per così dire, foniche in quanto simulo sempre la lettura di ciò che scrivo. L’uso incondizionato della metafonesi dà indubbiamente un risultato di maggiore durezza, un prevalere del “dorico” sullo jonico. Altro motivo è che mi sembra equo che anche un siciliano che parla la variante orientale, non metafonetica, si possa in qualche modo riconoscere nella mia versione. In altri termini si tratta di operare una mediazione ragionata, accettabile e gradevole al condotto auditivo, senza però sconfinare nel potpourri, meno che mai negli stereotipi o nei meme.

Inoltre la variante da me adottata non si mantiene uguale a sé stessa, ma subisce variazioni in funzione del testo. Ad esempio, nella traduzione di Ritsos ( o meglio di Ritsos feat Nicola Crocetti ) erano parecchie le concessioni alla variante occidentale, per un motivo semplice: conferire una sonorità più “epica”, un’aura di fissità al discorso. Nulla di più indicato in questo caso della variante palermitano-trapanese. Mentre per discorsi meno impegnativi (ma non per questo meno seri), per marcare un tono di ironia, di distacco, di allegria beffarda non c’è dubbio: la variante catanese è imbattibile.

Poi c’è la questione delle trascrizioni fonetiche. Cerco di non dimenticare mai i suoni ormai scomparsi come ҫ in ҫiuri, un suono presente in pochissime lingue (lingua retratta sul palato per pronunciare sc), così come faccio uso intenso di apostrofi, apocopi e segni diacritici dove è necessario per trascrivere con migliore approssimazione il parlato e per accogliere le raccomandazioni di qualche linguista che, purtroppo invano, si cimenta con una parziale standardizzazione della trascrizione.

Altra caratteristica è che cerco di evitare i neologismi e comunque i termini italianizzati che hanno fagocitato quelli di una volta, di poche decine d’anni fa. Camilleri ha scelto di intrigare con i neologismi e con termini in parte inventati, scelta azzeccata dati gli esiti. Io nel mio microcosmo mi ostino a guardare indietro. È un albero, lo stesso organismo vivo: Camilleri ha preferito sviluppare i rami ed il fogliame, io, a distanza siderale e in un angolino di periferia, cerco come posso di rivolgermi alle radici.

Per finire, date le tue competenze linguistiche, ti segnalo le seguenti due monografie, se mai ti interessassero, per saperne di più sul siciliano in modo scientifico:

Cruschina
Lupini

Tanto ti dovevo, sperando di avere soddisfatto la tua curiosità

Riccardo Gullotta - 2020/12/7 - 05:58




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