זאָג מאַראַן דו ברודער מײַנער[1]
ווו איז גרייט דער סדר דײַנער?
- אין טיפֿער הייל, אין א חדר
דאָרט האָב איך געגרייט דעם סדר.
זאָג מאַראַן מיר, װוּ בײַ וועמען
וועסטו װײַסע מצה נעמען?
- אין דער הייל אויף גאָטס באַראָטן
האָט מײַן װײַב דעם טייג געקנאָטן.
זאָג מאַראַן וי וועסט זיך קליגן
אַ הגדה װוּ צו קריגן?
- אין דער הייל, אין טיפֿע שפּאַלטן
האָב איך זי שוין לאַנג באַהאַלטן.
זאָג מאַראַן וי וועסט זיך ווערן
ווען מען וועט דײַן קול דערהערן?
- ווען דער שׂונא וועט מיך פֿאַנגען
װעל איך שטאַרבן מיט געזאַנגען.
ווו איז גרייט דער סדר דײַנער?
- אין טיפֿער הייל, אין א חדר
דאָרט האָב איך געגרייט דעם סדר.
זאָג מאַראַן מיר, װוּ בײַ וועמען
וועסטו װײַסע מצה נעמען?
- אין דער הייל אויף גאָטס באַראָטן
האָט מײַן װײַב דעם טייג געקנאָטן.
זאָג מאַראַן וי וועסט זיך קליגן
אַ הגדה װוּ צו קריגן?
- אין דער הייל, אין טיפֿע שפּאַלטן
האָב איך זי שוין לאַנג באַהאַלטן.
זאָג מאַראַן וי וועסט זיך ווערן
ווען מען וועט דײַן קול דערהערן?
- ווען דער שׂונא וועט מיך פֿאַנגען
װעל איך שטאַרבן מיט געזאַנגען.
[1] Transcription /Trascrizione
Zog maran du bruder mayner
Vu iz greyt der seyder dayner?
-In tifer heyl, in a kheyder
Dort hob ikh gegreyt mayn seyder.
Zog maran mir, vu bay vemen
Vestu vayse matsos nemen?
-In der heyl af Got’s barotn
Hot mayn vayb dem teyg geknotn
Zog maran vi vest zikh klign
A Hagodeh vu tsu krign?
-In der heyl, in tife shpaltn
Hob ikh zi shoyn lang bahaltn
Zog maran vi vest zikh vern
Ven men vet dayn kol derhern?
-Ven der soyne vet mikh fangen
Vel ikh shtarbn mit gesangen.
Zog maran du bruder mayner
Vu iz greyt der seyder dayner?
-In tifer heyl, in a kheyder
Dort hob ikh gegreyt mayn seyder.
Zog maran mir, vu bay vemen
Vestu vayse matsos nemen?
-In der heyl af Got’s barotn
Hot mayn vayb dem teyg geknotn
Zog maran vi vest zikh klign
A Hagodeh vu tsu krign?
-In der heyl, in tife shpaltn
Hob ikh zi shoyn lang bahaltn
Zog maran vi vest zikh vern
Ven men vet dayn kol derhern?
-Ven der soyne vet mikh fangen
Vel ikh shtarbn mit gesangen.
Contributed by Riccardo Gullotta - 2020/8/26 - 18:22
Language: English
English translation / ענגליש איבערזעצונג / תרגום לאנגלית / Traduzione inglese / Traduction anglaise / الترجمة الانكليزية / Englanninkielinen käännös:
marcus
marcus
TELL ME MARRANO
Tell me Marrano, my brother,
Where have you prepared your seder?
-In a deep cave, in a chamber,
There I have prepared my seder
Tell me Marrano, where and from whom
will you get white matzos ?
-In the chamber ,in God’s care,
My wife the dough has kneaded
Tell me Marrano how will you manage.
To get your hands on a Haggadah?
- In the cave, in a deep fissure,
I hid it long ago
Tell me Marrano, how will become of you
If someone should ear your voice?
- When the enemy seizes me
I will die singing.
Tell me Marrano, my brother,
Where have you prepared your seder?
-In a deep cave, in a chamber,
There I have prepared my seder
Tell me Marrano, where and from whom
will you get white matzos ?
-In the chamber ,in God’s care,
My wife the dough has kneaded
Tell me Marrano how will you manage.
To get your hands on a Haggadah?
- In the cave, in a deep fissure,
I hid it long ago
Tell me Marrano, how will become of you
If someone should ear your voice?
- When the enemy seizes me
I will die singing.
Contributed by Riccardo Gullotta - 2020/8/26 - 18:29
Language: Italian
Traduzione italiana / איטאַליעניש איבערזעצונג / תרגום לאיטלקית / Italian translation / Traduction italienne / الترجمة الإيطالية / Italiankielinen käännös:
Riccardo Gullotta
Riccardo Gullotta
DIMMI MARRANO
Dimmi, fratello mio Marrano,
Dove hai preparato il tuo seder [1] ?
- In una grotta profonda, in una stanza
Lì ho preparato il mio seder.
Dimmi Marrano, dove e da chi
Ti procurerai dei matzot [2] bianchi?
- Nella stanza, nelle mani di Dio,
Mia moglie ha impastato la pasta
Dimmi Marrano, come farai a
Mettere le mani su una Haggadah [3]?
-Nella grotta, in una fessura profonda,
l'ho nascosto molto tempo fa
Dimmi Marrano , che ne sarà di te
Se qualcuno udisse la tua voce?
-Quando il nemico mi catturerà
Morirò cantando.
Dimmi, fratello mio Marrano,
Dove hai preparato il tuo seder [1] ?
- In una grotta profonda, in una stanza
Lì ho preparato il mio seder.
Dimmi Marrano, dove e da chi
Ti procurerai dei matzot [2] bianchi?
- Nella stanza, nelle mani di Dio,
Mia moglie ha impastato la pasta
Dimmi Marrano, come farai a
Mettere le mani su una Haggadah [3]?
-Nella grotta, in una fessura profonda,
l'ho nascosto molto tempo fa
Dimmi Marrano , che ne sarà di te
Se qualcuno udisse la tua voce?
-Quando il nemico mi catturerà
Morirò cantando.
[1] Seder vuol dire sequenza. Il seder di Pesah è la cena consumata la sera antecedente Pesah seguendo un rituale rigido. Durante tale rito viene letta la Haggadah di Pesah
[2] Plurale di matzah / Pane azzimo. È il pane rituale durante la Pesah / Pasqua in memoria dell’esodo. La notte di Pesah quando fuggirono dall’Egitto gli ebrei consumarono per la fretta pane non lievitato.
[3] la Haggadah è un corpo di testi che fanno parte della tradizione orale dell’Ebraismo. La sua funzione è di spiegare la Tanakh, i testi sacri. La Haggadah di Pesah è la narrazione della liberazione degli ebrei dalla schiavitù in Egitto. Ogni ebreo è tenuto a raccontare ai figli l’Esodo dall’Egitto come descritto nel libro omonimo della Torah.
[Riccardo Gullotta]
Contributed by Riccardo Gullotta - 2020/8/26 - 21:33
×
Note for non-Italian users: Sorry, though the interface of this website is translated into English, most commentaries and biographies are in Italian and/or in other languages like French, German, Spanish, Russian etc.
[ 1963 ]
פּאָעזיע / Poesia / A Poem by / Poésie/ شعر / Runo:
אברהם רייזן [Avrom Reyzen]
מוזיק/ Musica / Music / Musique / موسيقى / Sävel:
Samuel Bugatch
פּערפאָרמער/ Interpreti / Performed by / Interprétée par / مترجمين / Laulavat:
Vocolot
אלבאם / Album:
Heart Beat
יִרְמְיָהוּ
וַֽאֲנִ֕י כְּכֶ֥בֶשׂ אַלּ֖וּף יוּבַ֣ל לִטְבּ֑וֹחַ וְלֹֽא־יָדַ֜עְתִּי כִּֽי־עָלַ֣י |
חָֽשְׁב֣וּ מַֽחֲשָׁב֗וֹת נַשְׁחִ֨יתָה עֵ֚ץ בְּלַחְמוֹ֙ וְנִכְרְתֶ֙נּוּ֙ מֵאֶ֣רֶץ
חַיִּ֔ים וּשְׁמ֖וֹ לֹֽא־יִזָּכֵ֥ר עֽוֹד:
Geremia 11,19
Ero come un agnello mansueto che viene portato al macello,
non sapevo che essi tramavano contro di me dicendo:
"Abbattiamo l'albero nel suo rigoglio,
strappiamolo dalla terra dei viventi; che il suo nome non sia più ricordato”.
I Marrani
Marranos nella Spagna medievale furono chiamati in senso spregiativo gli ebrei convertiti al cristianesimo e la loro discendenza. Per designare i convertiti il nome ufficiale era conversos, cristianos nuevos. In spagnolo marrano è uno dei vocaboli per indicare il maiale. Rispetto agli altri sinonimi, cerdo, cochino, puerco, marrano è usato per indicare anche una persona sporca, abietta,trasandata, rozza. L’etimologia non è univoca. L’opinione più diffusa vuole che derivi dall’arabo مُحَرَّم [muḥarram] / proibito, radice ح ر م [ḥ-r-m] , omologa ebraica חֵרֶם [ḥērem], entrambe attinenti al significato di proibizione, tabù, separazione.
La questione dei marrani continua ad essere oggetto di valutazioni discordanti sia per quanto riguarda l’aspetto confessionale (secondo alcuni si configurò come un sincretismo religioso sfrangiato) sia sotto l’aspetto sociale in relazione alla composizione della popolazione della Spagna medievale e agli interessi economici (ma non su base classista). Infatti i conversos non costituirono una classe economica, soltanto una minoranza godette di condizioni agiate. Ebbero però molta influenza sulla società spagnola, più corretto sarebbe dire castigliana ed aragonese, mal coese negli ultimi secoli del medioevo. Per dare soltanto una impressione sulla complessità della questione diremo che tra le figure discendenti da marrani vi furono Torquemada e Teresa d’Avila, oltre che dignitari e funzionari di corte che ebbero grande rilievo nella politica estera e addirittura furono determinanti nell’ascesa al trono di quei re cattolici, Ferdinando e Isabella, che emanarono il decreto di espulsione degli ebrei dalla Spagna.
La situazione dei marrani è ben sintetizzata dalla valutazione seguente: “ Soffrirono per un triplo esilio: come ebrei erano esiliati da Sion; come conversos erano esclusi dalla vita ebraica; come giudaizzanti sopravvivevano in un ambiente sempre più ostile, circondati da spagnoli in cerca di “identità” autentica e purezza del sangue [Donatella Di Cesare in Marrani.L’altro dell’altro ].
Il fenomeno dei conversos fu tutt’altro che omogeneo. Tra di loro c’erano: una minoranza di convertiti divenuti credenti cristiani in toto, altri “giudaizzanti” cioè ebrei che dissimulavano esteriormente il loro credo, altri “giudeo-cristiani” che optarono per una commistione di elementi ebraici e cristiani, infine degli “scettici” di cultura ebraica critici verso entrambe le religioni, influenzati dall’averroismo. Per la seconda e terza tipologia si parla di cripto-giudaismo.
Una questione rilevante sta nei numeri. Furono essi tali da giustificare le misure di contenimento attraverso il terrore dell’inquisizione o fu l’inquisizione ad alimentare la leggenda di una eccessiva diffusione di cripto-giudei? Il punto centrale su cui tutti concordano è che l’espulsione degli ebrei fu decisa essenzialmente per eliminare il fenomeno del cripto-giudaismo, certamente a vantaggio della monarchia. Rimangono aperte le questioni se l’ostacolo costituito dai conversos fosse di natura economica o sociale o se fu una montatura mostruosa volta a creare un nemico per abbattere espressioni di pluralismo scomode e consolidare il potere della monarchia attraverso l’omogeneità culturale della nazione. Comunque sia, a farne le spese furono i soliti: i diversi, gli ebrei.
La canzone
Avrom Reyzen fu scrittore e poeta ebreo nato nel 1876 in Bielorussia. Partecipò alla vita letteraria e alla conferenza di Czernowitz [Tshernovits in yiddish] [ Černivci in ucraino] nel 1908 in cui lo yiddish venne proclamato lingua nazionale degli ebrei. Dal 1911 si trasferì a New York dove visse sino alla sua morte nel 1953.
Il poeta descrive la situazione dei marrani immaginando che un ebreo del XX secolo, segregato in un ghetto o in un lager, ponga delle domande ad un interlocutore marrano giudaizzante nella Spagna medievale. Gli chiede come osserva in segreto i riti ebraici, come osservare un seder, fare il pane azzimo, tenere un haggadah e, infine, che cosa accadrebbe al marrano se qualcuno esterno percepisse le voci durante il rito.
All' apparente semplicità delle domande e all' immediatezza delle risposte fa da contrappunto in filigrana il tema che ha attraversato la storia sino al XX secolo, quello dell’ebreo costretto alla solitudine ontologica, in perenne scommessa con la vita per fedeltà irriducibile al Patto.
Sefarad. Gli Ebrei e i Marrani in Spagna dalla diaspora all’ espulsione
Da alcuni ritrovamenti archeologici sappiamo che delle colonie ebraiche furono attive nel Nordafrica e Spagna meridionale al tempo della civiltà fenicia. È stata assodata anche la commistione tra la popolazione indigena berbera ed ebrei. Dopo la distruzione del secondo tempio nel I sec. d.c, la penisola iberica figurò tra le mete della diaspora.
Nei primi secoli dell’Impero Romano gli ebrei in Spagna parteciparono alla vita politica e godettero di diritti pari agli altri abitanti. Con l’editto di Caracalla del 212 d.C. ricevettero la cittadinanza romana, mantenendo alcuni privilegi ed esenzioni riguardo alla loro religione.
Costantino promulgò la libertà di culto nell’impero. Sanzionò le ritorsioni degli ebrei contro i correligionari convertiti al cristianesimo, specie le lapidazioni. Vietò agli ebrei di possedere schiavi di altra religione o etnia. Giunse a sanzionare con la pena di morte la circoncisione degli schiavi, praticata secondo le disposizioni rabbiniche, Alla proibizione del matrimonio tra uomini ebrei e donne cristiane, già in vigore, aggiunse la sanzione della pena di morte nel caso il matrimonio fosse contratto con donne che lavoravano nelle fabbriche.
Definì gli ebrei secta nefaria, feralis / setta empia, bestiale. Con Costantino la tolleranza religiosa lasciò il passo ad un incipiente antigiudaismo con il pretesto dell’accusa di parricidio e deicidio.
Nella Spagna visigota dalla prima metà del V secolo la popolazione delle comunità ebraiche era seconda soltanto a quella ispano-romana, quella gotica fu in minoranza. Da allora cominciò a maturare il senso di appartenenza ad una terra, in ebraico Sefarad [ספרד] per indicare la Spagna dal IX secolo d.C. Sefarditi / Sefardim [סְפָרַדִּים] furono gli ebrei di Spagna, Portogallo e, propriamente, anche quelli del Nordafrica e Medioriente, più comunemente chiamati dopo Mizrahim [מזרחים].
Gli insediamenti ebraici erano fiorenti a Toledo, Mérida, Siviglia, Tarragona e sulla costa mediterranea. Avevano una caratteristica comune, quella di trovarsi in prossimità di sbocchi marittimi e fluviali e non a caso: il commercio era una prerogativa della popolazione ebraica. Tale attività portò a consolidare la tendenza al matrimonio tra consanguinei,usanza volta a potenziare la rete commerciale con agenti di sicura fiducia.
Nella prima metà del periodo del regno visigoto gli ebrei non andarono incontro ad ulteriori problemi. È materia di dibattito se ciò sia da attribuire all’arianesimo dei visigoti. La conversione al “cattolicesimo” del re visigoto Recaredo nel 589 segnò un’inversione di tendenza, ma non si può trascurare che già il Breviario di Alarico [Lex Romana Visigothorum] del 506 aveva recepito le principali disposizioni del codice dell’imperatore romano Teodosio II del 436 riguardanti gli ebrei. Tra queste: la proibizione dei matrimoni misti tra ebrei e ispanici, la preclusione alle cariche pubbliche e militari, la sanzione della pena di morte per l’ebreo che convertiva un cristiano e la confisca delle proprietà per entrambi, la proibizione di possedere schiavi cristiani. Il Breviario di Alarico fu però disatteso per un secolo. In materia di fede e pratiche religiose il regno visigoto mantenne una sostanziale tolleranza sino all’inizio del VII secolo.
Durante il regno di Sisebuto , nel 616, la situazione subì una torsione. A tutti gli ebrei del regno fu imposto il battesimo, per i renitenti erano previste pene corporali e la confisca parziale dei beni. Le cause dell’irrigidimento visigoto sono da correlare alle spinte dell’Impero bizantino che nel 551 aveva occupato la Spagna meridionale, ma anche all’aiuto sostanziale che gli ebrei diedero ai persiani nella conquista di Gerusalemme del 615 contro l’impero bizantino.
Gli inasprimenti proseguirono sotto il regno di Reccesvindo nel 654 con il codice chiamato Liber iudiciorum, che avrebbe avuto notevole spazio nei secoli successivi anche nei regni castigliani come fonte di diritto. Il colpo finale lo diede il re Egica che emanò la disposizione di vendere tutti gli ebrei come schiavi e di cedere i bambini a famiglie cristiane per essere cresciuti nella fede cattolica. Egica ottenne l’avallo del XVII concilio di Toledo nel 695. Erano segni chiari che la dominazione visigota annaspava e stava per collassare. Seguirono conversioni forzate in massa e l’esodo di molti ebrei verso il Nordafrica, non soltanto per la vicinanza geografica ma per la prossimità di fede con alcune tribù berbere giudaiche.
I manuali di storia hanno descritto la transizione dalla dominazione visigota a quella araba come un’invasione improvvisa. In realtà fu un processo , durato qualche anno, reso possibile da tre fattori su cui in passato non si è attribuita la giusta importanza: lo stato di disgregazione sociale che colpiva quasi tutte le classi con la contrapposizione della minoranza visigota e del clero da una parte e la componente ispano-romana, la tendenza alla riduzione allo stato servile con l’inasprimento delle pene verso gli schiavi fuggiaschi, il degrado economico dovuto in gran parte alla crisi del commercio dopo la scelta forzosa dell’esilio degli ebrei. Non sorprende quindi che la popolazione ispano-romana, gli schiavi, i cripto-ebrei e gli ebrei in esilio si siano fatti promotori di un cambiamento radicale. Invece le strutture amministrative e i centri di potere furono mantenuti, a parte lo spostamento della capitale da Toledo a Siviglia. Ha inizio quel periodo felice di sviluppo di Al Andalus che si protrarrà per quattro secoli.
Gli ebrei furono parte attiva, anche se non determinante, nella conquista araba della penisola iberica. È intuibile che la condizione di cripto-giudaismo in cui erano costretti a vivere nell’ultimo periodo della dominazione visigota fu una spinta potente. Un ruolo lo giocò anche l’acculturazione tra i sefarditi locali e parte dei berberi di fede ebraica inquadrati nell’esercito di invasione forte di 25.000 soldati capitanato da Ṭāriq ibn Ziyād. Tra le truppe al seguito figurò un numero consistente di ebrei oltre che di ispano-romani.
Sotto il profilo giuridico gli ebrei godettero dello status di ahl al-dhimma [ أهل الذمة ] che gli arabi accordavano ai sudditi non musulmani garantendo una certa autonomia in cambio di un tributo. I cripto-giudei poterono riabbracciare pubblicamente la loro fede e tornare ai commerci.
Dopo la caduta della dinastia omayyade a Damasco, Abd al-Raḥmān proclamò nel 756 l’emirato a Cordova, cioè l’indipendenza di Al Andalus dal potere civile della dinastia abbaside di Bagdad. Nel 929 Abd al-Raḥmān III si proclamò califfo a fianco e in competizione con il califfato di Bagdad e quello del Cairo. Il califfato di Cordova terminò nel 1051 a causa di lotte intestine che portarono alla sua frammentazione nei Regni di Taifas. Questi a loro volta, scoraggiati dall’espansionismo dei regni cristiani della Spagna settentrionale, culminato nella caduta di Toledo, chiamarono in soccorso gli Almoravidi, una dinastia berbera islamica del Marocco, che finirono per soppiantare i fragili regni di Taifa. La dominazione almoravide si protrasse dal 1056 al 1147.
Nel periodo che va dall’VIII al XII secolo gli ebrei sefarditi vissero una stagione di prosperità e sviluppo culturale senza precedenti e senza repliche. Grazie all' estensione dei territori sotto l’islam, poterono estendere agevolmente la rete commerciale dotandosi di una flotta mercantile. Intrapresero anche il commercio degli schiavi. Vale la pena riportare in merito un estratto dal libro di una fonte storica dell'epoca, ben informata:
Questi mercanti parlano arabo, persiano, greco medievale, greco bizantino, antico francese, volgare castigliano e lingue slave. Viaggiando da ovest verso est e da est a ovest, in parte per via di terra, in parte sul mare, essi trasportavano da occidente gli eunuchi, donne e giovani ridotti in stato di schiavitù, articoli di seta, pellicce di castoro, di martora e di altri animali, e di spade. Prendono il mare in Firanja sul mare Occidentale, e si spingono fino a Faramā . Lì essi caricano le loro mercanzie a dorso di dromedario e si muovono con carovane per via di terra, fino ad al-Qulzum, coprendo una distanza di venticinque farsakh. S'imbarcano sul mar Rosso e navigano da al-Qulzum fino ad al-Jār o Jedda, quindi vanno nel Sind, in India e in Cina. Sulla via del ritorno dalla Cina, prendono con sé il Muschio, aloe, canfora, cannella e altri prodotti orientali verso al-Qulzum e li riportano a Faramā, da dove s'imbarcano nel mare Occidentale. Alcuni veleggiano verso Costantinopoli per vendere le loro mercanzie ai Bizantini; altri si recano nel palazzo dei re di Francia per vendere i loro beni.
Qualche volta questi mercanti ebrei, quando imbarcano Franchi nel loro Paese, sul mar Occidentale, si dirigono alla volta di Antiochia; da lì, per via di terra, fino ad al-Jābiya. Là s'imbarcano sul fiume Eufrate e raggiungono Baghdad, da dove discendono il fiume Tigri verso al-Ubulla. A partire da tale città irachena, costoro navigano verso l'Oman, Sind, Hind e Cina. Seguendo un itinerario terrestre, i mercanti che partivano da al-Andalus, dalla Spagna cristiana o dalla Francia si recavano di norma a Sūs al-Aqṣā e quindi a Tangeri, da dove proseguivano alla volta di Qayrawān e della capitale dell'Egitto, Fusṭāṭ. Da lì essi andavano ad al-Ramla, visitavano Damasco, al-Kūfa, Baghdad e al-Baṣra, attraversando Ahvaz, il Fārs, Kirmān, Sind, Hind, e infine arrivando in Cina. Talvolta essi prendevano invece la via verso Roma e, traversando il Paese degli Slavi, arrivavano a Khamlīj, la capitale dei Khazari. S'imbarcavano sul mar Caspio, arrivavano a Balkh, traversavano l'Oxus e continuavano il loro viaggio verso Yurt, Toghuzghuz, il Paese degli Uiguri e di là verso la Cina.
Le ricadute non furono soltanto economiche. Ai rapporti commerciali con spostamento di merci e persone nei porti lontani fecero seguito intensi scambi culturali e la diffusione di idee. Non è esagerato affermare che l’ebraismo fu il centro propulsore dello sviluppo culturale nel Mediterraneo come ponte tra culture diverse. Lo stesso ebraismo poté sviluppare discussioni e prospettive grazie ai contatti con le accademie talmudiche babilonesi presiedute da Geonim [ גאונים ], eminenti rabbini cui riferirsi per l’interpretazione della Halakha [הלכה], il corpo delle leggi ebraiche e delle grandi questioni dottrinali.
Per dare un’idea della profondità e della fecondità del sincretismo culturale di quell’epoca basti pensare che l’arabo, scritto con i caratteri ebraici, divenne per gli ebrei la lingua principale negli studi filosofico-letterari e scientifici. Molti ebrei ricoprirono cariche di prim’ordine. Tra tutti valga l'esempio di Samuel HaNagid, vizir, cioè primo ministro, del sultano Habbus e contemporaneamente nagid, cioè principe comandante generale dell’esercito, e leader della comunità ebraica.
Alcuni storici prendono le distanze da tale valutazione. Si ha l’impressione che su certe ricerche gravino non poco i condizionamenti ideologici della storia recente.
Alla diffidenza iniziale degli Almoravidi nei confronti degli ebrei seguì un periodo propizio ma breve in continuità con il califfato precedente, ma era il canto del cigno. La dinastia Almohade subentrata nel 1148 fu portatrice di un islam intransigente che sconfinò presto nel fanatismo violento. Non soltanto i centri ebraici e le sinagoghe furono bruciate, ma intere comunità ebraiche furono sterminate. Agli ebrei scampati fu dato l’aut aut, la conversione all’islam o l’esilio. In parecchi, come Maimonide, scelsero il Marocco, altri optarono per la Castiglia i cui regnanti promossero un’accorta politica di accoglienza per bilanciare la componente islamica nei territori di frontiera man mano che estendevano il loro controllo verso sud. Altri scelsero di nuovo il cripto-giudaismo. Occorre precisare che, diversamente da ciò che si sarebbe verificato nei secoli successivi, il cripto-giudaismo era tollerato in privato, al potere almohade interessava soltanto l’immagine pubblica.
Nell’ultimo regno islamico, il sultanato di Granada, retto dalla dinastia dei Nasridi sino al passaggio del regno alla monarchia spagnola, i musulmani furono tolleranti con gli ebrei, non soltanto con i residenti da generazioni ma anche verso i tanti ebrei che ripararono tra i musulmani a Granada a causa delle massicce persecuzioni antigiudaiche dei regni della Spagna cattolica (cfr. avanti).
In Castiglia e Aragona per circa due secoli gli ebrei godettero di un clima di tolleranza. Le loro condizioni, se confrontate con quelle dei correligionari nel resto d’Europa, erano certamente meno precarie. La popolazione ebraica costituiva circa il 5% del totale, 300.000 ebrei su una popolazione stimata di 7 milioni. Per la monarchia erano una fonte di reddito basato sulle tasse provenienti essenzialmente dal commercio e dalle attività finanziarie, dato che era loro vietato possedere terre. Ecco perché le comunità ebraiche erano concentrate nei centri urbani. In tale periodo furono numerose le presenze di ebrei a corte in qualità di medici, consiglieri, esattori, diplomatici, letterati.
Le restrizioni e le persecuzioni antigiudaiche che si manifestarono in Europa a partire dal XII secolo non tardarono ad arrivare in Spagna. Alle insofferenze e alle ondate di violenza contribuirono il divieto di convivere per cristiani ed ebrei, stabilito dal III Concilio Lateranense del 1179 e, ancora di più, la segregazione degli ebrei in quartieri separati e l’uso di segni di riconoscimento ben visibili per uomini e donne secondo le disposizioni del IV Concilio Lateranense del 1215. Nel secolo successivo la crisi economica, le carestie e la peste nera del 1348 furono il retroterra dell’odio e della violenza scatenati contro gli ebrei scelti come capro espiatorio. In Spagna nel XIV secolo muta l’equilibrio tra le componenti cristiana, islamica ed ebrea a favore della prima che guadagna terreno man mano che procede la Reconquista. A ciò si aggiunga la politica attiva di intolleranza della Chiesa cattolica.
Nel 1391 l’arcidiacono Ferrán Martínez , in un periodo di crisi economica e sociale, scatenò il massacro contro gli ebrei della Juderia di Siviglia, malvisti anche in quanto esattori. Seguirono i massacri di Valencia, Barcellona, Burgos, Toledo. Le cronache parlano di 10.000 ebrei uccisi o venduti come schiavi ai musulmani e di 25.000 conversioni forzate. Fu da questo punto che il ricorso alle conversioni forzate nella Spagna cattolica fece un salto. A differenza del fenomeno analogo sotto i Visigoti e gli Almohadi, abbastanza circoscritto, questo non subirà battute di arresto né regressioni sino all’espulsione del 1492. Si stima che le conversioni nei regni d'Aragona e di Castiglia furono circa 230.000, una cifra impressionante che non poteva non portare conseguenze sul piano sociale, politico ed economico.
Nel 1412 ci fu un ulteriore giro di vite nei confronti delle comunità ebraiche. Il domenicano Vicente Ferrer [Vincenzo Ferreri], accompagnato da flagellanti, intraprese nelle sue predicazioni itineranti una campagna di conversione “volontaria” degli ebrei e di allontanamento dei conversos, dei cristianos nuevos dalla comunità ebraica con cui la maggior parte dei convertiti era in continuità di rapporti. Lo stesso Ferrer si proclamava El ángel del apocalipsis / angelo dell’apocalisse, e tale fu definito anche da Callisto III che lo canonizzò nel 1455. Nonostante il predicatore apocalittico e seminazizzania fosse dotato di singolari capacità di comunicazione, le fiamme terrestri delle sue visioni infuocate infernali sarebbero forse rimaste circoscritte se non fosse sopraggiunta una crisi di natura ideologica, la disputa di Tortosa tra il papato e il rabbinato aragonese. Si svolse nel corso di 69 sessioni, a partire dalla quindicesima i rabbini, scelsero, non sapremmo perché, il silenzio. Il risultato, anche se non cruento, fu disastroso per gli ebrei: il Talmud venne censurato. Le tesi dell’ebreo convertito Jerónimo de Santa Fe, vero animatore della disputa da parte cattolica, furono accolte in pieno. Una moltitudine di ebrei, specie nei ranghi sociali elevati, ne uscirono sconfortati e si convertirono tra una sessione e l’altra, pare che si raggiunsesse il numero di 50.000. Con lo statuto di Valladolid le restrizioni verso gli ebrei furono spietate: quartieri separati, identificazione a vista e proibizioni varie nell’esercizio delle professioni.
Sembrava che nella società spagnola fosse subentrata una relativa calma mentre il numero dei conversos, che riuscivano ad inserirsi ancora nei posti chiave, era in costante aumento. Fernando del Pulgar, autore della Crónica de los Reyes Católicos, ci dà un quadro della situazione:
Nel 1449 si verificò un episodio che avrebbe avuto gravi ripercussioni. Una sommossa antiebraica a Toledo, originata dal solito malcontento per l’esazione delle tasse, provoca un morto tra i cristiani e per ritorsione l’uccisione di 22 conversos e l’incendio delle case del quartiere ebraico. Viene promulgato un editto, la Sentencia-Estatuto che così recitava:
È il primo manifesto razzista con cui viene varata in modo ufficiale la teoria criminale della limpieza de sangre / purezza di sangue, la discriminazione su base etnica che andava ben oltre l’ambito, già violento e persecutorio, della limpieza de fé / purezza di fede.Nonostante i tentativi di obiezione del papato anche la Chiesa deve allinearsi. Nel volgere di un quarantennio ai conversos / cristianos nuevos / marranos andrà sempre peggio.
Nel 1461 il vescovo francescano Alfonso de Spina nel suo Fortalitium Fidei, fa proprie le accuse e le dicerie contro gli ebrei, prefigurando l’istituzione dell’Inquisizione.
Nel 1473 a Cordova e nel 1474 a Segovia ebbero luogo altri massacri di marrani. Nel 1474 ascesero al trono Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona. La loro politica di unificare il paese contenendo le spinte di settori dell’aristocrazia e il malcontento popolare fu realizzata in un primo momento attraverso l’eliminazione delle differenze religiose e poi su base razziale con l’obiettivo di distribuire i patrimoni confiscati e di rendere disponibili una vasta quantità di risorse degli espulsi a prezzi irrisori.
L’Inquisizione, istituita da Sisto IV nel 1478, su richiesta dei suddetti re, venne affidata in Spagna al domenicano Tomás de Torquemada di cui sono note le infamie. La macchina del terrore si mise subito in moto. Nel primo autodafé del 1481 a Siviglia furono arsi 6 uomini e 6 donne conversi, accusati di praticare l’ebraismo. Il papa cercò di ridimensionare i poteri concessi ai re spagnoli in materia di inquisizione, ma la monarchia spagnola prevalse facilmente, anzi riuscì ad estendere l’inquisizione al regno d’Aragona e Catalogna. Aveva escogitato la copertura di uno strumento secolare con un apparato religioso succube e complice, a basso costo e di sicuro effetto ,che rimase attivo nei tre secoli successivi.
Negli anni seguenti si registrarono accanimenti e umiliazioni verso gli ebrei, costretti a sfilare per le vie di Toledo.
Nel 1491 ebbe luogo la sentenza del processo del Santo Niño de La Guardia. 4 conversi e 6 ebrei furono accusati dell’omicidio di un bambino a scopo rituale. Mancò qualsiasi prova, il processo fu istruito e celebrato tra molte irregolarità. Dal riscontro iniziale, pare fosse un’ostia consacrata nella bisaccia di un imputato, il processo approdò dopo un anno di torture alle confessioni “volontarie” della crocifissione di un bambino cui sarebbe stato asportato il cuore. I fatti dicono che nessun bambino risultò scomparso né furono trovati dei resti nei luoghi, tutti diversi, indicati dagli imputati.
Chi aveva voluto creare il caso per farne uno strumento politico raggiunse pienamente lo scopo prefisso, di preparare il terreno per l’editto di espulsione degli ebrei dalla Spagna l’anno successivo. Le accuse in quell’epoca apparivano verosimili dato che erano molti gli episodi analoghi in Europa e le dicerie che attribuivano agli ebrei l’uso del sangue dei cristiani in un contesto di esoterismo. Tale credenza è rimasta a lungo nell’immaginario popolare. Fu quindi un argomento di facile presa capace di sollevare da solo ondate di indignazione fuori da ogni controllo razionale. Gli imputati, fatti passare per colpevoli, furono arsi o strangolati.
Dopo la capitolazione di Granada, ultimo atto della Reconquista, due mesi prima della partenza di Colombo, los Reyes Católicos emanarono nel 1492 l’editto di Granada. Imponeva l’espulsione a tutti gli ebrei del regno entro 4 mesi, pena la morte per gli ebrei che non avessero ottemperato.
In realtà i documenti furono tre. Il primo fu il preliminare scritto da Torquemada, il secondo fu la versione per il regno di Aragona, il terzo , quello più noto, fu firmato dal re e dalla regina, a questo si fa generalmente riferimento.
Quella che segue è la traduzione , per iniziativa dello scrivente, del testo originale del Decreto di Granada, reperibile in Documentos acerca de la expulsión de los Judíos a cura di Luis Suárez Fernández, Valladolid 1964.
Don Fernando e donna Isabella, per grazia di Dio Re e Regina di Castiglia, di Leone, di Aragona, di Sicilia, di Granada, di Toledo, di Valencia, di Galizia, di Maiorca, di Siviglia, di Sardegna, di Cordova, di Corsica, di Murgia, di Jaén, dell’Algarve, di Algeria, di Gibilterra, e delle isole di Canaria, conte e contessa di Barcellona e signori di Biscaglia e Molina, duchi di Atene e di Neopatria, conti di Rossiglione e di Cerdagna, marchesi di Oristano e di Goceano. Al principe don Juan, mio molto caro e amatissimo figlio, e agli infanti, ai prelati, ai duchi, marchesi, conti, maestri degli ordini, priori, uomini ricchi, commendatori, governatori dei castelli e delle roccaforti dei nostri regni e signorie, e ai consigli, rappresentanti della Corona, governatori, ufficiali giudiziari, amministratori , cavalieri, scudieri, ufficiali e ai buonuomini della nobilissima e fedelissima città di Burgos e alle altre città, villaggi e luoghi del suo vescovato e degli altri arcivescovati e vescovati e diocesi dei nostri regni e signorie, e alle comunità autonome ebraiche della suddetta città di Burgos e di tutte le suddette città, villaggi e luoghi del suo vescovato e di tutte le altre città, villaggi e luoghi dei suddetti nostri regni e signorie e a tutti i ebrei e alle singole persone degli stessi, sia baroni donne di qualunque età, e a tutte le altre persone di qualsiasi legge, stato, dignità, preminenza e condizioni essi siano, a quelli che il seguente contenuto di questa nostra carta riguarda o può riguardare. Saluti e grazia.
Sapete bene, o dovreste saperlo, che, poiché fummo informati che in questi nostri domini c’erano alcuni cattivi cristiani che si dedicavano all’ebraismo e si allontanavano dalla nostra Santa Fede Cattolica, a causa soprattutto dei rapporti fra ebrei e cristiani, nelle cortes riunitesi a Toledo nell’anno millequattrocento ottanta ordinammo di segregare i suddetti ebrei in tutte le città , villaggi e luoghi dei nostri regni e signorie, nella speranza che la loro segregazione avrebbe risolto il problema. Avevamo anche provveduto e ordinato che nei nostri suddetti regni e signorie fosse istituita un’inquisizione che, come sapete, è da più di dodici anni che ha operato e opera, grazie ad essa sono stati scoperti molti colpevoli, come è noto, e secondo le informazioni degli inquisitori e molti altri fedeli, religiosi e laici, risulta evidente che sussiste un grave pericolo per i cristiani a causa della frequentazione, dell’interazione e della comunicazione che [i convertiti] mantengono con gli ebrei, i quali danno dimostrazione di essere sempre all’opera, con tutti i pregiudizi e modi possibili, per sovvertire e sottrarre i fedeli cristiani alla nostra Santa Fede Cattolica, e distoglierli da essa, attirarli e pervertirli e alla loro guasta credenza e opinione, istruendoli nei rituali e osservanze della loro legge, facendoli partecipare ad assemblee in cui leggono e insegnano loro ciò in cui debbono credere e salvaguardare secondo la loro legge, inducendoli a circoncidersi con i loro figli, dando ad essi libri per recitare le loro preghiere, istruendoli sui digiuni da osservare e riunendosi con loro per leggere e apprendere le storie della loro legge, segnando le ricorrenze pasquali in anticipo sull’evento, avvertendoli di ciò che in tale periodo debbono osservare e fare , fornendo loro, portandoli dalle loro case, il pane azzimo e carni macellate secondo il rito, istruendoli nelle cose dalle quali astenersi, sia riguardo all’alimentazione che al resto, in ossequio alla loro legge, e persuadendoli il più possibile ad abbracciare e osservare la legge di Mosè, facendo loro intendere che al di fuori di questa non c’è altra legge né verità . Tutto ciò è attestato dalle molte dichiarazioni e confessioni sia degli stessi ebrei sia di quelli che furono pervertiti e ingannati da loro, il che ha arrecato un gran danno, pregiudizio e obbrobrio per la nostra Santa Fede Cattolica.
E nonostante siamo stati già da tempo informati di gran parte di questi fatti e pur sapendo che il vero rimedio di tutti questi mali e inconvenienti fosse quello di impedire del tutto la convivenza dei suddetti ebrei con i cristiani e di espellerli da tutti i nostri regni, ci siamo limitati a ordinar loro di abbandonare tutte le città, i villaggi e i luoghi dell’Andalusia, dove era manifesto che avevano arrecato il danno maggiore , confidando che ciò sarebbe bastato a quelli [ebrei] delle altre città, villaggi e luoghi dei nostri regni e signorie per cessare di agire e di perseverare su quanto anzi detto. Ma, poiché siamo informati che né ciò né le sentenze a carico di alcuni dei suddetti ebrei, riconosciuti gravemente colpevoli dei suddetti crimini e delitti contro la Santa Fede Cattolica, sono stati rimedio sufficiente per ovviare e far cessare un così grave obbrobrio e offesa alla fede e religione cristiana, e poiché ogni giorno si riscontra e appare manifesto che i suddetti ebrei continuano sempre più nel loro spregevole e perverso proposito nei luoghi dove vivono e hanno relazioni con i cristiani, al fine di impedire che si offenda oltre la nostra Santa Fede, e che siano corrotti sia quelli che Iddio ha voluto finora salvaguardare sia quelli che son caduti, si sono ravveduti e sono tornati alla Santa Madre Chiesa, tutto ciò per la debolezza della nostra natura umana come pure per l’astuzia e la suggestione diabolica che di continuo ci assale facilmente potrebbe accadere, non vi è altro modo se non si elimina la causa principale, ossia se non si cacciano i suddetti ebrei dai nostri regni. Poiché quando un crimine grave e detestabile è commesso da membri di qualsiasi organizzazione e comunità, è ragionevole che tale organizzazione e comunità siano disciolte e annientati, e siano puniti i meno per i più coinvolti , gli uni per gli altri, e quelli che perturbano il quieto e onesto vivere della città e dei villaggi e che a causa di contagio possono nuocere agli altri, siano espulsi dalle comunità di appartenenza , anche per ragioni meno gravi che nuocciono al consorzio civile, tanto più per i più grandi, più pericolosi e contagiosi crimini, come questo.
Di conseguenza con il consiglio e parere di alcuni prelati, Grandi del reame e cavalieri dei nostri regni, e di altre persone di scienza e coscienza del nostro Consiglio, dopo aver molto vagliato prima di deliberare su ciò, abbiamo deciso che i suddetti ebrei ed ebree siano espulsi via dai nostri regni, e che nessuno di loro si ristabilisca o faccia più ritorno in alcuno di essi. Quindi ordiniamo di promulgare questa carta, con la quale comandiamo a tutti gli ebrei e ebree di qualunque età, che vivano e dimorino e nei suddetti nostri regni e signorie, tanto quelli che vi sono nati quanto quelli che non vi sono nati, e che in qualunque modo e per qualsivoglia causa vi siano venuti e stiano in essi, che entro la fine del mese di luglio prossimo del presente anno vadano via da tutti i nostri regni e signorie con i loro figli e figlie , domestici e domestiche e i parenti ebrei, grandi e piccoli, qualunque ne sia l’età, e che non osino tornare in essi né di recarsi in alcuna parte di essi né per abitarvi, né per transitarvi, né per alcuna altra ragione sotto pena che, se non si comportassero e adempissero in tal modo e fossero trovati residenti nei suddetti nostri regni e signorie o pervenuti in essi in qualunque modo, incorrano nella pena di morte con confisca di tutti i loro beni in favore della nostra Camera e Fisco, nella quale pena incorreranno per questo stesso fatto e in forza della presente legge senza altro processo, sentenza o dichiarazione. E ordiniamo e proibiamo a qualunque persona dei suddetti nostri regni di qualsivoglia stato, condizione e dignità di ricevere o accogliere o proteggere o ospitare pubblicamente un ebreo o ebrea, trascorso il detto termine di fine luglio, d’allora in poi e per sempre, nella sua terra né in casa sua né in alcuna altra parte dei suddetti nostri regni e signorie, sotto pena di perdere tutti i suoi beni, vassalli e fortezze e altri beni ereditari, come pure perdere qualunque beneficio ricevuto dalla nostra Camera e Fisco.
E affinché i suddetti ebrei e ebree, durante il suddetto tempo fino alla fine del suddetto mese di luglio, possano meglio disporre di se stessi e dei loro beni e proprietà, con la presente carta li prendiamo e li accogliamo sotto la nostra sicurezza, protezione, e real difesa, e garantiamo a loro e ai loro beni che, durante il suddetto tempo fino all’ultimo giorno del suddetto mese di luglio, possono circolare e stare sicuri, e possono introdurre , vendere, commerciare e alienare tutti i loro beni mobili e immobili disponendone liberamente e a loro volontà, e durante il detto tempo non sarà loro fatto male, né danno, né torto né alle loro persone né ai loro beni contro legge , sotto la pena in cui cadono e incorrono coloro i quali violano la nostra real protezione. E allo stesso tempo diamo licenza e facoltà ai suddetti ebrei e ebree che possano portare fuori dai suddetti nostri regni e signorie i loro beni e proprietà per mare o per terra, purché non si tratti né di oro né di argento, né moneta coniata, né altre cose vietate dalle leggi dei nostri regni, eccetto le mercanzie non vietate o lettere di cambio.
E altresì ordiniamo a tutti i consigli, giudici, governanti, cavalieri, scudieri, ufficiali e buonuomini della suddetta città di Burgos e delle altre città, villaggi e luoghi dei nostri regni e signorie e a tutti i nostri vassalli, sudditi e nativi di osservare di adempiere e fare adempiere questa nostra carta e tutto quanto in essa è prescritto, e di dare e fare dare tutta l’agevolazione e il sostegno che da parte loro si rendessero necessari sotto pena stabilita a nostra discrezione e la confisca di tutti i loro beni e attività in favore della nostra Camera e Fisco. E affinché ciò possa essere noto a tutti, e nessuno possa accampare l’ignoranza, ordiniamo che questa nostra carta sia annunciata per le piazze e i luoghi soliti di codesta città e delle principali città e villaggi e luoghi del suo episcopato a mezzo di banditore e in presenza di un notaio. E né gli uni né gli altri arrechino danno in alcun modo, sotto pena a nostra discrezione e la confisca dei beni a ciascuno che agisca in senso contrario. E in più all’uomo che mostrerà loro questa carta ordiniamo che ingiunga loro di presentarsi davanti a noi, presso la nostra Corte ovunque noi siamo, nel giorno che fisserà a loro entro quindici giorni dalla ingiunzione; per cui, a qualunque notaio, che sarà stato chiamato per tale scopo, comandiamo che dia all’uomo un’attestazione sigillata con il suo sigillo, in modo che noi possiamo sapere che il nostro ordine è stato eseguito.
Dato nella nostra città di Granada, il XXXI giorno del mese di Marzo, l’anno di nascita di nostro Signore Gesù Cristo mille quattrocento novantadue.
Io, il Re, Io ,la Regina,
Io Juan de Coloma, segretario del Re e della Regina nostri signori, l’ho scritto per ordine delle loro Maestà.
Registrato da Cabrera, Almacan cancelliere.
Il numero di ebrei espulsi dalla Spagna a seguito dell'editto del 1492 è controverso. Secondo le ricerche più recenti furono circa 100.000. Altri 50.000 circa optarono per la conversione e rimasero in Spagna. Parecchi di questi conversos tornarono alle pratiche giudaiche e furono duramente perseguitati dall'Inquisizione spagnola.
Le destinazioni della diaspora sefardita furono il Portogallo, dove risiedevano circa 75.000 ebrei, l'impero ottomano (Istanbul, Salonicco), i Paesi Bassi, l'Italia centrosettentrionale e il Nordafrica. Pochi anni dopo anche il Portogallo decretò l’espulsione degli ebrei tra pogrom e istituzione dell’inquisizione.
Riportiamo due brani tratti dalle cronache dell’epoca:
Salieron de las tierras de sus nacimientos chicos y grandes, viejos y niños, a pie y caballeros en asnos y otras bestias, y en carretas, y continuaron sus viajes cada uno a los puertos que habían de ir; e iban por los caminos y campos por donde iban con muchos trabajos y fortunas; unos cayendo, otros levantando, otros muriendo, otros naciendo, otros enfermando, que no había cristiano que no hubiese dolor de ellos y siempre por do iban los convidaban al bautismo y algunos, con la cuita, se convertían y quedaban, pero muy pocos, y los rabíes los iban esforzando y hacían cantar a las mujeres y mancebos y tañer panderos y adufos para alegrar la gente, y así salieron fuera de Castilla y llegaron a los puertos, donde embarcaron los unos, y los otros a Portugal.
Lasciarono le terre natie, adulti, vecchi e bambini, a piedi, in sella ad asini e altre bestie o sui carri, e proseguirono il viaggio, ciascuno verso il porto dove era diretto; e percorrevano strade e campi trasportando con fatica le proprie fortune: chi cadeva, chi si rialzava, chi moriva, chi nasceva, chi si ammalava. Non c’era cristiano che non provasse pena per loro, e ovunque li invitavano a battezzarsi, e alcuni con dolore si convertivano e restavano, ma molto pochi, e i rabbini li incoraggiavano, facevano cantare donne e giovani, e suonare i tamburelli per rallegrare la gente, e così lasciarono la Castiglia e raggiunsero i porti in cui si imbarcarono per il Portogallo.
Uscirono tutti gli eserciti del Signore, gli esiliati di Gerusalemme che erano in Spagna, da quella terra maledetta, nel mese quinto dell'anno 5252, che è il 1492. Da lì si dispersero per i quattro estremi della terra. Uscirono dal porto di Cartagine sedici grandi navi piene di una mandria di uomini, nel venerdì 16 del mese di Av. Essi dovettero subire molte angosce, mali e pene e li maltrattarono molto i marinai di Genova. Venne meno il loro spirito durante il cammino, perché alcuni li ammazzarono per prendergli l’oro; altri li affogarono nel mare; altri morirono di peste e fame; altri furono scaraventati nudi in un'isola dal capitano; altri venduti come schiavi e come servi in Genova, la superba, e nei villaggi vicini, in quell'epoca funesta. E nel reame di Portogallo i figli e le figlie nostri sono stati trattati da schiavi."
[Riccardo Gullotta]