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Kadınlarımız

Şanar Yurdatapan
Language: Turkish


Şanar Yurdatapan

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Related Songs

Özgürlüğe manuş
(Bandista)
Dünyayı verelim çocuklara
(Nâzım Hikmet)
Yaşamaya dair
(Nâzım Hikmet)


Kadınlarımız
[ 2016 ]

Şiir / Poesia / A Poem by / Poème / Elokuva:
Nâzım Hikmet

Müzik / Musica / Music / Musique / Sävel :
Şanar Yurdatapan

Tarafından gerçekleştirilen / Interpreti / Performed by / Interprétée par / Laulavat:
Melike Demirağ

Album:
79 Yılında

Savaşa Giden Askerler / Soldati alla guerra  Nâzim Hikmet , nella Prigione di Bursa
Savaşa Giden Askerler / Soldati alla guerra Nâzim Hikmet , nella Prigione di Bursa


Politica e Intellettuali nella prima Repubblica turca

L’ avvento della repubblica in Turchia risale al 1923. La vita culturale e la letteratura non subirono condizionamenti sensibili sino alla Rivolta di Sheikh Said nel 1925. La rivolta fu un tentativo di tribù curde di ripristinare il califfato islamico ed il sultanato aboliti dalla Repubblica turca per procedere all’indipendenza. Incoraggiata dietro le quinte dalla Gran Bretagna, fu soffocata nel sangue.
La legge Takrir-i Sükûn / Garantire la pace del 1925 represse duramente le libertà civili. Furono chiusi numerosi giornali e vari giornalisti furono arrestati. La Matbuat Kanunu / Legge sulla stampa del 1931 diede il colpo di grazia alla libertà di stampa: furono tassativamente proibite le pubblicazioni che a giudizio delle autorità erano di stampo anarchico, comunista, monarchiche.

Il giornale Aydınlık / Luminoso fu la fucina più importante di scrittori ed intellettuali di idee socialiste. Fu attivo dal 1921 al 1925. Ne fecero parte Hikmet, Ketevket Süreyya Aydemir, Hasan Âli Yücel, Vedat Nedim Tör e molti altri intellettuali. Una minoranza di essi continuarono la loro militanza comunista, altri virarono verso esperienze politiche che, grosso modo, si potrebbero definire kemaliste progressiste. Nonostante i numerosi arresti e la forte censura sulla stampa, un filone della letteratura di ispirazione marxista sopravvisse. Evidentemente il kemalismo aveva ben compreso che i letterati in libera uscita erano “comunisti romantici” cioè senza un’adeguata base teorica e preparazione in grado di potere innescare e cementare un movimento di opposizione. Rivoluzionario romantico, comunista romantico furono le definizioni che diede di Hikmet la figlia di Stalin, Svetlana Allilujeva, che lo conobbe a Mosca.

Un altro filone di letteratura di ispirazione socialista e marxista emerse negli anni ’40. La figura principale fu la sociologa e politica, poi esiliata, Behice Boran . Il giornale da lei diretto, Yurt ve Dünya / Patria e Mondo, fu il riferimento per i circoli di intellettuali e scrittori antifascisti e comunisti. Nel ’43 Behice Boran lascia il giornale, condizionato via via da esponenti dalla linea moderata per fondare Adimlar / Passi . Altra figura di spicco fu Muzafer Sherif, fondatore della Psicologia sociale. Entrambi i giornali furono chiusi nel ’44.

Nel dopoguerra la politica turca si spostò nettamente a destra, anche sotto la spinta della situazione mondiale, il periodo della guerra fredda. Fu una situazione di progressivo declino per la società e gli intellettuali turchi che vide il culmine nei due colpi di stato del 1971 e 1980.
I saggi State and Intellectuals in Turkey e Norms, Groups, Conflict, and Social Change danno conto dei movimenti culturali del periodo che va dall’istituzione della Repubblica turca agli anni ’80.

L’epica di Hikmet

Hikmet è noto soprattutto per le sue poesie d’amore, ma ha scritto capolavori di epica tradotti tardivamente, originali per forma e contenuto. Non sono noti come meriterebbero e non soltanto per la loro mole: veicolano una visione del mondo che disturbava l’ideologia capitalista. Le sue poesie d’amore potevano passare ( anche se, ad una lettura attenta, non sono soltanto espressione di libertà civili e di afflati romantici), l’epica ritenuta sovversiva, propaganda marx-leninista, decisamente no. Nel 1951 gli fu tolta la nazionalità turca. Il provvedimento è stato annullato nel 2009, 46 anni dopo la sua morte.

Kurtuluş Savaşı Destanı / Epopea della guerra d’Indipendenza fu pubblicato nel 1965. Nella ristampa del 1968 prese il nome di Kuvâyi Milliye [*] / Forze Nazionali. Si compone di 9 capitoli. Nell’edizione del 2001 per i tipi della YKY [Yapı Kredi Publications] sono stati aggiunte le raccolte Piraye İçin Yazılmış Saat 21-22 Şiirleri / Poemi delle ore 21-22 scritti per Piraye [sua moglie], Dört Hapishaneden / Dalle quattro prigioni e Rubailer del 1965.

Dopo sarà la volta di Memleketimden İnsan Manzaraları / Paesaggi umani del mio paese natale. L’avantitolo dell’edizione del 1965 è Kurtuluş Savaşı Destanı / Epopea della guerra d’Indipendenza, lo stesso titolo dell’opera precedente che è stato incorporato in questa. Consiste di 17.000 righe di poesia, prosa, teatro suddivisi in 5 volumi, l’ultimo incompleto. È la storia in forma epica della società turca tra il 1920 e il 1940. A causa del divieto di pubblicare uscì postuma nel 1968. Fu iniziata nel 1941, comprendeva in origine 66.000 righe nel 1950. Hikmet la scrisse dal carcere, prima a İstanbul poi Ankara , Çankırı per finire a Bursa, doveva scontare una pena di 28 anni. Nel 1950, dietro le pressioni internazionali, fu scarcerato. Affidò alcune parti dell’opera in custodia ad amici che però se ne disfecero, oppure furono intercettate e distrutte dalla polizia. Chi veniva sorpreso a leggere o denunciato per possesso di scritti di Hikmet andava incontro alla carcerazione. Gran parte dell’opera è andata quindi irrimediabilmente perduta.
Il primo libro descrive le storie di vita di gente comune sul treno da Istanbul ad Ankara. Nel secondo descrive i passeggeri di un treno sulla stessa tratta: sono borghesi, commercianti, politici, funzionari. Nel terzo gli ambienti sono l’ospedale e il carcere. Nel quarto descrive i militanti che resistono al fascismo in Unione Sovietica e in Francia. Nel quinto sono descritte le considerazioni sulla guerra e il clima repressivo della società turca.

[*] Milizie irregolari. Furono determinanti nel contrastare gli Alleati, Greci a ovest, Armeni e Francesi a sud, Inglesi e Italiani a Istanbul, durante la guerra di Indipendenza dal 1919 al 1923. Il trattato di Sèvres fu sostituito dai nuovi trattati di Kars del 1921 e Losanna del 1923. Le Kuvâyi Milliye furono sciolte nel 1920 e assorbite nell’esercito regolare di Kemal Atatürk.

Il pittore Nâzim Hikmet

E’ un’informazione poco nota: Nâzim Hikmet ci ha lasciato anche dei dipinti e disegni, realizzati per lo più durante gli anni di prigione dal 1938 al 1950. I soggetti sono: autoritratti, ritratti della moglie Piraye, ritratti dei compagni di prigione, ambienti della prigione, due ritratti ambientati di cui uno rappresenta soldati che vanno in guerra (cfr. l’immagine in apertura), schizzi. Oltre all'interesse documentario rivelano una vena e sensibilità artistica che Hikmet aveva affinato grazie alla madre, pittrice di notevole talento.

La canzone Kadınlarımız / La storia delle nostre donne

È una perla, tratta dal sesto episodio dell’Epopea della guerra d’Indipendenza. È un inno alle donne passato sotto silenzio, a parte gli studiosi di letteratura turca del Novecento. Tale sarebbe rimasto se non fosse stato trasposto in musica da quella singolare figura di musicista, intellettuale ed attivista di Şanar Yurdatapan che ha continuato, nonostante l’età ed i trascorsi, a inquietare il regime autocratico turco. Anche Melike Demirağ, cantante e attrice, ex-moglie di Şanar Yurdatapan contribuisce a esprimere il messaggio di Hikmet con espressioni e modulazioni che dall’epos si trasfondono nel lirico. Era la figura più appropriata se si pensa che è stata interprete di due film indimenticabili di Yılmaz Güney, Sürü / Il gregge e Arkadaş / Amico.

Per inquadrare meglio il brano si è ritenuto opportuno riportare anche l’introduzione che non fa parte della canzone. È un breve dialogo tra il cameriere Mustafa, il maître e lo chef della carrozza ristorante dell’Anatolia express. Mustafa ha l’incarico di leggere le gesta della guerra di Indipendenza turca. È lui che legge agli altri l’episodio trasposto nella canzone. L'incipit del testo, che non fa parte della canzone, sia nell’originale che nelle traduzioni è trascritto con il rientro.

Lo vediamo, lo accompagniamo, lo salutiamo con trepidazione questo corteo di povere contadine su carri trainati da buoi e bambini al seguito che dormono sotto il chiarore della luna. Percorrono una pista dell’altopiano anatolico in una calda notte d’agosto. Vanno a portare rifornimenti ai soldati turchi, stremati da anni di guerra, dalla 1^ guerra mondiale contro gli Inglesi e poi da quella contro Alleati famelici non paghi di essersi impossessati dei territori ottomani del Medio Oriente. Hikmet in poche righe indimenticabili traccia il volto e la vita di questo popolo di donne che ha rinunciato a tutto ma non alla dignità, anche a prezzo della vita.

Delle traduzioni dell’epica di Hikmet

Chi scrive aveva messo da parte questa, come altre canzoni, a sedimentare, non disponendo né di una traduzione tout court né di informazioni sufficienti a inquadrare il testo. Dopo approfondimenti di non breve durata il quadro si è fatto abbastanza chiaro: gli elementi essenziali sono stati menzionati.
È stato determinante potere disporre della traduzione in inglese di Memleketimden İnsan Manzaraları, il libro Human Landscapes from my Country- An Epic Novel in Verse tradotto da Randy Blasing e Mutlu Konuk, pubblicato da Persa Books @ New York nel 2002. Randy Blasing è poeta , marito di Mutlu Konuk, turca di Istanbul e docente di Inglese alla Brown University di Providence, U.S.A. Hanno impiegato anni, anzi lustri, per tradurre in modo da rendere accessibile alla cultura anglosassone il linguaggio e le sfumature di Hikmet. D’altronde l’opera originale è monumentale: giusto per avere un riferimento basta pensare che la Divina Commedia si compone di 14.000 versi. Randy Blasing ha riletto anche l’Ulisse di Joyce come aiuto alla trasposizione del linguaggio epico originale. L’ intervista è interessante per comprendere la genesi di quella che è un’opera in sé. Tra le tante informazioni la coppia ha reso noto che la traduzione di parti dell’opera di Hikmet, quelle direttamente legate alla sua esperienza moscovita, è stata possibile dopo la declassificazione dei files del KGB nel 1994.
A detta degli esperti è la migliore traduzione dell’opera di Hikmet.

In francese l’opera Paysages humains è stata tradotta dalla terza moglie di Hikmet, Münevver Andaç (Ne parla nel suo libro Amori comunisti Luciana Castellina).
Una traduzione parziale in italiano, del terzo dei cinque libri, è Paesaggi umani tradotto da Joyce Lussu nel 1965, che ebbe frequenti contatti ed una relazione epistolare con Hikmet.
Un particolare che riteniamo interessante segnalare riguarda il titolo secondario. Nell’edizione turca del 1965 l’avantitolo era: Epopea della guerra d’Indipendenza. Nell’edizione inglese del 1982 invece soltanto il sottotitolo A turkish epic poem , nell’edizione inglese del 2001 è, come si è visto, An Epic Novel in Verse. Invece nelle edizioni turche nulla di ciò, il sottotitolo è Şiirler 5 / Raccolta di poesie 5.

Considerazioni finali

Sull’opera di Hikmet hanno gravato pesantemente i pregiudizi ideologici del secolo scorso. Hikmet, scrittore e militante comunista, è stato accusato di essere un traditore, di essere stato veicolo della propaganda sovietica. Pochi osservano però che anche a Mosca si pronunciò contro il regime e fu isolato.
Soltanto dopo la dissoluzione del regime sovietico la sua figura e la sua opera sono state riconsiderate in Occidente e in Turchia. La cultura dominante ha cercato, con successo a quanto pare, di veicolare l’immagine del poeta romantico con tratti riconducibili al Vicino Oriente, una sorta di Prévert con una spolverata di Gibran et voilà.
Dopo il crollo del socialismo “reale” non è stato più necessario proseguire su tale strada, il pensiero unico ha metabolizzato il tutto senza essere più costretto a dare fiato alle trombe e ad ammiccare a critici ed editori: Nâzım Hikmet aveva cessato di dare fastidio al libero Occidente e alle terre delle mille e più notti.
[Riccardo Gullotta]

Anadolu Sürat Katarında yemekli vagonda 24'ü 10 geçiyordu saat.
Yemekli vagonda üç kişiydiler :
Garson Mustafa, Metrdotel ve Aşçıbaşı Mahmut Aşer.
Oturmuşlardı birinci masaya,
oraya büyüklerden insan oturmuştu bir saat önce.
Masaların beyaz örtüleri kaldırılmıştı.
Kırmızı abajurlar sönmüştü,
şimdi sadece eski kumaş parçalarıydılar.
Terkedilmiş bir meyhane kokuyordu.
Ve Garson Mustafa
destanı okuyordu:
922 SENESi AGUSTOS AYI
ve
HİKA YEİ KADlNLARlMIZ
ve
ALTI AGUSTOS EMRi
ve
HiKA YEi BİR ALETLE BİR İNSAN KADINLARIMIZ”

Sordu Aşçıbaşı Mahmut Aşer :
« Burda mı kaldıktı, yavrum?»
“- Evet.
Hikayei Mustafa Suphi ve Arkadaşları'nı okuduk en son,
sonra burası geliyor.»
“- Peki öyleysem, oku.”
“- Okuyorum:

Ayın altında kağnılar gidiyordu.
Kağnılar gidiyordu Akşehir üstünden Afyon'a doğru.
Toprak öyle bitip tükenmez.
dağlar öyle uzakta,
sanki gidenler hiçbir zaman
hiçbir menzile erişmeyecekti.
Kağnılar yürüyordu yekpare meşeden tekerlekleriyle.
ve onlar
ayın altında dönen ilk tekerlekti.
Ayın altında öküzler
başka ve çok küçük bir dünyadan gelmişler gibi
ufacık, kısacıktılar
ve pırıltılar vardı hasta, kırık boynuzlarında
ve ayakları altında akan
toprak
toprak
ve topraktı .
Gece aydınlık ve sıcak
ve kağnılarda tahta yataklarında
koyu mavi humbaralar çırılçıplaktı.
ve kadınlar
birbirlerinden gizleyerek
bakıyorlardı ayın altında
geçmiş kafilelerden kalan öküz ve tekerlek ölülerine.
Ve kadınlar bizim kadınlarımız:
korkunç ve mübarek elleri,
ince, küçük çeneleri, kocaman gözleriyle
anamız, avradımız, yarimiz
ve sanki hiç yaşamamış gibi ölen
ve soframızdaki yeri
öküzümüzden sonra gelen
ve dağlara kaçırıp uğrunda hapis yattığımız
ve ekinde, tütünde, odunda ve pazardaki
ve karasabana koşulan
ve ağıllarda
ışıltısında yere saplı bıçakların
oynak, ağır kalçaları ve zilleriyle bizim olan
kadınlar
bizim kadınlarımız
şimdi ayın altında
kağnıların ve hartuçların peşinde
harman yerine kehribar başaklı sap çeker gibi
aynı yürek ferahlığı,
aynı yorgun alışkanlık içindeydiler.
Ve on beşlik şarapnelin çeliğinde
ince boyunlu çocuklar oynuyordu.
Ve ayın altında kağnılar
yürüyordu Akşehir üstünden Afyon'a doğru.

Contributed by Riccardo Gullotta - 2020/6/23 - 18:11




Language: English

English translation / Ingilizce çeviri / Traduzione inglese / Traduction anglaise / Englanninkielinen käännös:
Randy Blasing & Mutlu Konuk

Compagni di carcere, 1940  Nâzim Hikmet  - nella Prigione di Çankırı,
Compagni di carcere, 1940 Nâzim Hikmet - nella Prigione di Çankırı,

It was 12:10 a.m. in the dining car of the Anatolia Express.
Three people were left in the car:
the waiter Mustafa, the maitre d’, and Chef Mahmut Asher.
They sat at the first table,
where the dignitary had sat an hour ago.
The white tablecloths were gone,
and the red lights had been turned off—
now they were just old lamp shades.
It smelled like a deserted bar.
And the waiter Mustafa
read his epic:

“ ‘AUGUST 1922’
and
‘THE STORY OF OUR WOMEN’
and
THE ORDERS OF AUGUST 6...’”
Chef Mahmut Asher asked:
“Is that where we quit?”
“Yes.
We read the story of Mustafa Suphi and his comrades last,
and this section is next.”
“Okay, then, read.”
“I'm reading:

[ THE STORY OF OUR WOMEN ]

The ox carts rolled under the moon.
The ox carts rolled beyond Akshehir toward Afyon.
The land was so vast
and the mountains so far in the distance,
it seemed they'd never reach
their destination.
The ox carts advanced on solid oak wheels,
the first wheels that ever turned
under the moon.
The oxen belonged to a world
in miniature,
tiny and dwarfed
under the moon,
and the light played on their sickly broken horns
and the earth flowed
under their feet,
earth
and more earth.
The night was bright and warm,
and in their wooden beds on the ox carts
the dark-blue bombshells lay stark-naked.
And the women
hid their glances from one another
as they eyed the dead oxen
and wheels from past convoys .. .
And the women,
our women
with their awesome, sacred hands,
pointed little chins, and big eyes,
our mothers, lovers, wives,
who die without ever having lived,
who get fed at our tables
after the oxen,
who we abduct and carry off to the hills
and go to prison for,
who harvest grain, cut tobacco, chop wood, and barter in the markets,
who we harness to our plows,
who with their bells and undulant heavy hips
surrender to us in sheepfolds
in the gleam of knives stuck in the ground-
the women,
our women,
walked under the moon now
behind the ox carts and shells
with the same ease
and accustomed weariness of women
hauling amber-eared sheaves to the threshing floor.
And their scrawny-necked children
slept on the steel of 15-cm. shrapnel shells.
And the ox carts advanced under the moon
beyond Akshehir toward Afyon.

Contributed by Riccardo Gullotta - 2020/6/23 - 18:23




Language: Italian

Traduzione italiana / İtalyanca çeviri / Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös:
Riccardo Gullotta

1941,  Nâzim Hikmet , nella Prigione di Bursa
1941, Nâzim Hikmet , nella Prigione di Bursa

Erano le 12:10 nella carrozza ristorante dell'Anatolia Express.[1]
Erano rimaste tre persone nella carrozza:
il cameriere Mustafa, il maitre e lo chef Mahmut Asher.
Si sedettero al primo tavolo,
dove il dignitario si era seduto un'ora prima.
Le tovaglie bianche erano sparite,
e le luci rosse erano state spente --
adesso c’erano solo vecchi paralumi.
Puzzava di bar abbandonato.
E il cameriere Mustafa
lesse la sua epopea:
" AGOSTO 1922 "
e
"LA STORIA DELLE NOSTRE DONNE"
e
GLI ORDINI DEL 6 AGOSTO ... "
Lo chef Mahmut Asher chiese:
"È qui che abbiamo interrotto?"
"Sì.
Abbiamo letto la storia di Mustafa Suphi e dei suoi compagni per ultima,
e questa sezione è la prossima ".
"Va bene, allora, leggi."
"Sto leggendo:


[ LA STORIA DELLE NOSTRE DONNE ]

I carri trainati da buoi rotolavano sotto la luna.
I carri trainati da buoi rotolavano oltre Akşehir verso Afyon.[2]
La terra era così vasta
e le montagne così lontane nello spazio,
sembrava che non avrebbero mai raggiunto
la loro meta.
I carri trainati da buoi avanzavano su solide ruote di quercia,
le prime ruote che abbiano mai girato
sotto la luna.
I buoi appartenevano a un mondo
in miniatura,
piccino e nano
sotto la luna,
e la luce giocava sulle loro corna rovinate e malaticce
e la terra scorreva
sotto i loro piedi,
terra
e ancora terra.
La notte era luminosa e calda,
e nei loro letti di legno sui carri trainati da buoi
le bombe blu scuro giacevano nudi.
E le donne
nascondevano gli sguardi l’un l’altra
mentre guardavano i buoi morti
e ruote di convogli passati ...
E le donne,
le nostre donne
con le loro meravigliose mani benedette, [3]
piccoli menti appuntiti e grandi occhi,
le nostre madri, amanti, mogli,
che muoiono senza aver mai vissuto,
che mangiano ai nostri tavoli
dopo i buoi, [4]
che rapiamo e portiamo sulle colline
e andiamo in prigione per ciò, [5]
che raccolgono grano, tagliano tabacco, tagliano legna e barattano nei mercati,
che sfruttiamo per i nostri aratri,
che con le loro campane e i fianchi ondulati pesanti
si assoggettano a noi in ovili
nel luccichio dei coltelli infissi nel terreno-
le donne,
le nostre donne,
camminavano sotto la luna ora
dietro i carri trainati da buoi e le munizioni
con la stessa facilità
e stanchezza abituale delle donne
trascinando covoni dalle orecchie ambrate fino all'aia.
E i loro bambini dal collo macilento
dormivano sull'acciaio di proietti da 15 cm [6]
E i carri trainati da buoi avanzavano sotto la luna
oltre Akşehir verso Afyon.
[1] È un treno per gran signori. Rammentiamo che sono loro l’oggetto della narrazione del secondo libro in cui è inserito l’episodio. Ben diversi dalla gente narrata nel primo libro, così come diverso è il treno.

[2] I resistenti si muovono da est, attraversano Akşehir, sede del quartier generale dell’esercito turco, e vanno verso i campi di papaveri di Afyon (significa oppio, dal 2004 si chiama Afyonkarahisar ) per rifornire le truppe prima della battaglia di Dumlupınar del 29 agosto 1922. La strategia attendista e partitiva di Atatürk fu decisiva per l’esito del conflitto greco-turco. L’esercito greco subì una pesante sconfitta, costretto ad una rovinosa ritirata verso Smirne.

[3] Obiezione al traduttore: è vero che mübarek potrebbe essere tradotto anche con sacre, ma è più appropriato il termine sante e, ancora meglio, benedette. Mübarek viene dalla radice semitica ب ر ك [b-r-k] / benedire - benedetto. È una processione laica di un popolo laico: il sacro è fuori posto, il santo si potrebbe accogliere ma con notevoli riserve. La sovrapposizione dei due significati sacro e santo attraversa la storia da quando le religioni si sono costituite come strutture di potere escludenti. In origine ιερός [ieros] e αγιος [agios] erano distanti, analogamente in ebraico כהן [cohen] e קדש [qaddesh]. Nell’ islam sarebbero الحرم [ḥaram] e قدس [qades].

[4] Non è un’affermazione di biasimo verso i mariti. Il bue era l’unico mezzo di sostentamento per l’intera famiglia, la sua vita aveva la precedenza su tutti gli altri membri della famiglia

[5] Hikmet parla di un’usanza patriarcale dell’Anatolia. Gli sposi che non hanno il permesso dalla famiglia della sposa ricorrono alla fuga in montagna. Seguiva il matrimonio riparatore. Succedeva però che o per l’impossibilità di pagare il başlık / prezzo della sposa al padre di lei o per l'età inferiore ai 18 anni della sposa, lo sposo veniva portato in prigione.
Le usanze diffuse in Anatolia sono descritte nel saggio Il maschio camaleonte: strutture patriarcali nell’Impero ottomano e nella Turchia moderna

[6] Desta qualche curiosità la specificazione dei 15 cm. Convinti che Hikmet non l’abbia citato a caso, come un riempitivo, abbiamo spulciato alcune pubblicazioni sull’artiglieria da campagna impiegata dall’esercito ottomano sul fronte balcanico e anatolico nel primo Novecento, arrivando alle seguenti conclusioni.
Si tratta di proietti per obici 15cm sFH [ schwere Feldhaubitze], prodotti dalla Krupp, peso 42 kg. Molto probabilmente il modello é sFH93, il più impiegato dall’artiglieria ottomana durante la 1^ guerra mondiale.
Adesso abbiamo un’idea più nitida di ciò che Hikmet ha voluto offrirci: bambini inermi accanto a materiali voluminosi di morte che a loro volta, in casi come questo, si rendono purtroppo necessari alla sopravvivenza di un popolo.
Delle armi discorriamo con comprensibile riluttanza; a chi fosse interessato ai dettagli sugli strumenti di morte segnaliamo il sito sull’ artiglieria turca WW1 e obici tedeschi.
La foto seguente mostra un tipico 15cm sFH sul fronte turco. Da notare la grafia in caratteri arabi che era quella ufficiale dell’Impero Ottomano sino alla riforma di Atatürk.



[Riccardo Gullotta]

Contributed by Riccardo Gullotta - 2020/6/23 - 18:53




Language: French

Version française – NOS FEMMES – Marco Valdo M.I. – 2020
d’après la traduction italienne de Riccardo Gullotta
d’une chanson turque – Kadınlarımız – Şanar Yurdatapan – 2016
Poème : Nâzım Hikmet
Musique : Şanar Yurdatapan
Interprétée par : Melike Demirağ
Album : 79 Yılında

FEMME D'ANATOLIE<br />
Ali Demir 1974
FEMME D'ANATOLIE
Ali Demir 1974


ŞANAR YURDATAPAN

Şanar Yurdatapan est un auteur compositeur et porte-parole de l’Initiative pour la Liberté d’Expression en Turquie – un organisme sans but lucratif, sans comité exécutif et sans aucune structure juridique qui se définit lui-même comme étant un « un mouvement de désobéissance civile qui enfreint les règles anti-démocratiques ».

Né à Susurluk en 1941, Yurdatapan est devenu actif en politique dans les années 1960, quand il rejoint le Parti travailliste turc. Dans les années 1970, il est devenu célèbre pour ses compositions de musique pop. En 1980, Yurdatapan et son (ex)-femme Melike Demirağ étaient contraints à l’exil pour plus de 11 ans. En 1982, il enregistre « Songs of Freedom from Turkey : Behind Prison Bars » (New York : Folkways Records, [1982] ℗1982) – Chansons de la Turquie pour la liberté : derrière les barreaux de la prison » contenant les chansons : Elleriniz = Your hands – Tes Mains ; Kadinlarimiz = Our women – Nos Femmes ; Bu memleket bizim = This land is ours – Ce pays est à nous ; Pervane ile isik = The moth and the light – La mouche et la lampe -- Saz -- Hasret = Longing – Désir ; Kurban = Beloved – Aimé ; Ninni = Lullaby – Berceuse ;-- Savas türküsü = War song – Chanson de guerre ; Elele = Hand in hand – Main dans la main.

En 1995, le célèbre romancier Yaşar Kemal fut inculpé pour un article paru dans le journal Der Spiegel sur l’oppression de la population kurde en Turquie. Cette situation poussa Yurdatapan et d’autres militants à monter une forme unique de désobéissance civile. Plus de 1000 intellectuels, dont Kemal, ont apposé leurs noms en tant qu’éditeurs d’un livre contenant des textes interdits. Ils ont informé de leur « crime » le procureur général de l’État. Un dossier collectif a été ouvert contre 185 d’entre eux.

En 2003, Yurdatapan, qui s’identifie comme athée, et Abdurrahman Dilipak, un théologien de l’Islam, ont publié ensemble « Opposites: Side by Side » (Des opposés : côte à côte). Divisé en deux parties, ce livre donne aux deux auteurs l’opportunité de discuter de sujets controversés comme le genre, la foi, les droits humains et le fondamentalisme.

L’approche novatrice de Yurdatapan pour la défense de la liberté d’expression ne s’arrête pas là. En 2014, lui et ses collègues ont fondé le Musée des crimes de la pensée, un projet de campagne numérique qui documente les violations de la libre expression en Turquie. L’espace numérique permet aux visiteurs de naviguer dans les couloirs comme un touriste dans un musée réel. Ils peuvent voir le bureau du Procureur général de l’État, marcher à l’intérieur d’une représentation réaliste d’une salle d’audience de la Turquie et en apprendre davantage sur la façon dont la loi turque a été conçue en vue d’étouffer la liberté de la presse.

En 2017, Yurdatapan a été condamné avec sursis à 15 mois pour avoir été « éditeur d’un jour » du quotidien kurde Özgür Gündem. En avril 2018, les accusations de « propagande terroriste » portées contre lui ont été abandonnées.

Depuis fin de 2019, Yurdatapan présente “What’s Goin’ On?”, une émission vidéo mensuelle pour le compte d’Initiative for Freedom of Expression – Turquie, dans laquelle des journalistes et des militants discutent de l’évolution récente de la situation des droits humains en Turquie.

NAZIM HIKMET

Nazim Hikmet est connu pour ses poèmes d’amour, mais il a écrit des chefs-d’œuvre épiques traduits tardivement, originaux dans leur forme et leur contenu. Son Épopée de la Guerre d’Indépendance (Kurtuluş Savaşı Destanı) a été publiée en 1965. Suivie de Paysages humains de mon pays natal (Memleketimden İnsan Manzaraları), l’histoire de la société turque entre 1920-1940. À cause de l’interdiction qui frappait l’auteur, elle fut publiée après sa mort en 1968. L’ouvrage se développe en 5 livres. Le premier livre décrit les histoires de vie de gens ordinaires dans le train d’Istanbul à Ankara. Le second décrit les passagers d’un train de luxe sur le même trajet : ce sont des bourgeois, des commerçants, des politiciens, des fonctionnaires. Dans le troisième, les gens sont dans des chambres à l’hôpital et à la prison. Dans le quatrième, il décrit les militants en exil en Union soviétique et en France. Dans le cinquième, il décrit la guerre et le climat répressif de la société turque.

LA CHANSON : KADINLARIMIZ

« Kadınlarımız / L’Histoire de nos femmes » est un hymne aux femmes passé sous silence, à l’exception des érudits de la littérature turque du XXe siècle. Il le serait resté s’il n’avait pas été transposé en musique par cette figure singulière de musicien, intellectuel et activiste de Şanar Yurdatapan qui, malgré son âge et son passé, a continué à perturber le régime autocratique turc.

L’introduction qui ne fait pas partie de la chanson permet de mieux situer la chanson. Il s’agit d’un bref dialogue entre le serveur Mustafa, le maître et le chef de la voiture-restaurant de l’Anatolia Express. Mustafa est chargé de lire les exploits de la guerre d’indépendance turque.

On voit, on accompagne, on salue avec inquiétude ce cortège de pauvres paysannes sur des chars à bœufs avec des enfants qui dorment au clair de lune. Elles marchent par une chaude nuit d’août. Elles portent des vivres et des munitions aux soldats turcs, épuisés par des années de guerre, de la 1ère guerre mondiale contre les Anglais et à la suite, contre les Alliés, pas rassasiés d’avoir pris possession des territoires ottomans du Moyen-Orient. Hikmet en quelques lignes inoubliables retrace le visage et la vie de ce peuple de femmes qui ont renoncé à tout sauf à leur dignité, même au prix de leur vie.
NOS FEMMES

Il était 12h10 dans le wagon-restaurant de l’Anatolia Express.
Trois personnes étaient restées dans la voiture :
Le serveur Mustafa, le maître d’hôtel et le chef Mahmut Asher.
Ils s’assirent à la première table,
Où le dignitaire s’était assis une heure avant.
Les nappes blanches avaient disparu
Et les lampes rouges avaient été éteintes ;
Maintenant, seuls restaient de vieux abat-jour.
Ça sentait le bar abandonné.
Et le serveur Mustafa
Lut son épopée :
« AOÛT 1922 »
Et
« L’HISTOIRE DE NOS FEMMES »
Et
« LES ORDRES DU 6 AOÛT … »
A demandé le chef Mahmut Asher :
« Est-ce là que nous avons arrêté ? »
« Oui.
Nous avons lu en dernier l’histoire de Mustafa Suphi et de ses compagnons,
Et cette section est la suivante ».
« Très bien, alors, lis. »
« Je suis en train de lire :

L’HISTOIRE DE NOS FEMMES

Les chars à bœufs roulaient sous la lune.
Les chars à bœufs roulaient d’Akşehir à Afyon.
La plaine était si vaste
Et les montagnes si loin dans l’espace,
Qu’il semblait qu’ils n’atteindraient jamais
Leur destination.
Les chars à bœufs avançaient sur des roues en chêne massif,
Les premières roues qui ont jamais tourné
Sous la lune.
Les bœufs appartenaient à un monde
En miniature,
Enfantin et nain
Sous la lune,
Et la lumière jouait sur leurs cornes abîmées et maladives
Et la terre coulait
Sous leurs pieds,
Terre
Et encore terre.
La nuit était lumineuse et chaude,
Et dans leurs lits de bois sur des chars à bœufs
Les obus bleu foncé gisent nus.
Et les femmes
Cachaient leurs regards l’une à l’autre
Tandis qu’elles regardaient les bœufs morts
Et les ornières des convois passés…
Et les femmes,
Nos femmes
Avec leurs merveilleuses mains bénies,
Leurs petits esprits pointus et leurs grands yeux,
Nos mères, nos amoureuses, nos épouses,
Qui meurent sans avoir jamais vécu,
Qui mangent à nos tables
Après les bœufs,
Que nous raptons et emmenons dans les collines
Et nous allons en prison pour cela,
Qui récoltent des céréales, coupent le tabac, coupent le bois et troquent sur les marchés,
Que nous exploitons pour nos charrues,
Qui, avec leurs cloches et leurs pesants flancs ondulés
Se soumettent à nous dans les bergeries
Au scintillement des couteaux plantés dans le sol.
Les femmes,
Nos femmes,
Cheminaient à présent sous la lune
derrière les chars à bœufs et les munitions
Avec la même facilité
Et l’habituelle fatigue des femmes
Traînant des gerbes aux oreilles ambrées jusqu’à l’aire.
Et leurs enfants au cou émacié
Dormaient sur l’acier des obus de 155
Et les chars à bœufs avançaient sous la lune…
D’Akşehir vers Afyon.

Contributed by Marco Valdo M.I. - 2020/6/25 - 18:43




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