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Demoghèla!

Anonymous
Language: Italian (Veneto Triestino)


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DIAMOCELA A GAMBE!
di El Sinter

Dal momento che l’Esercito costituiva una delle colonne su cui poggiavano le nazioni dell’800 e '900 molta canzone popolare del tempo deriva da musiche o temi tipicamente militari.

Cartolina del 97* I.R. Reggimento di Fanteria
Cartolina del 97* I.R. Reggimento di Fanteria
Un esempio è l’ Inno del K.u.k Infanterieregiment Nr.97 "Freiherr von Waldstätten" che raccoglieva le reclute di Trieste, dell’Istria, slovene e del Friuli: VIVA TRIESTE MARSCH di Josef Wodrazka e Franz Zitta (1911). Questa fu la marcia ufficiale che accompagnava le sfilate del Reggimento dal 1912 al 1918, anno del suo scioglimento.
Subito divenne una canzone molto popolare: la SI' SI' TRIESTE che si sente ancora ma sempre più raramente intonare anche in Istria.

Essendo formato da reclute anziane che in buona parte mal sopportavano la vita militare e spesso neppure l’Impero Austro Ungarico, nacque la leggenda che esso fosse totalmente composto da Irredentisti che avevano tra loro stabilito di disertare. Anzi, alla richiesta di un sottufficiale di inquadramento austriaco di imparare una parola italiana che potesse galvanizzare i soldati non troppo entusiasti, un sottufficiale triestino avrebbe suggerito “Demoghèla !”, cioè “diamocela a gambe”. Da qui la famosa canzone omonima.

LA VARIANTE FIUMANA
di Luigi

Una volta ad un raduno di fiumani mi hanno raccontato che durante l'occupazione tedesca della città verso la fine della seconda guerra mondiale era invalso l'uso di fischiettare per il Corso il "Demoghèla", di fronte ai tedeschi in uniforme.

Ma il senso che davano loro era diverso: "Demoghèla" nel senso di "Diamogliela", "Diamogliele", "Meniamoli".

Addirittura mi dicono che vennero creati dei nuovi versi per il ritornello, che qualche volta addirittura vennero cantati ad alta voce. Non me li sono ricopiati, ma mi pare facessero così:

"Zigaremo demoghèla come za trent'anni fa

Zigaremo demoghèla come za el me papà"


commenti tratti da un forum dedicato alla musica popolare di Istria e Dalmazia
Maledeta sia la svelia
sia la svelia del matino
se riposa un pochetino
per marciare un poco ben.

Se qualchidun no marciarìa,
o marciassi, o marciassi malamente,
ghe disemo al sior tenente,
che raporto el ghe farà.

Se no basta el sior tenente,
'nunziaremo el capitano...
poareto quel cristiano,
che a la forca l'andarà!

Qua se magna, qua se bevi,
qua se lava la gamela
zigaremo:"Demoghèla"!
fin che l'ultimo sarà!

Qua se magna, qua se bevi,
qua se lava la gamela
zigaremo:"Demoghèla"!
fin che l'ultimo sarà!

Contributed by Lorenzo Masetti - 2007/7/6 - 10:28



Language: Italian (Istriano)

Variante dalmata
QUA SE LAVA LA GAMELA

Qua se magna, qua se beve
qua se lava la gamela
zigaremo "demoghela"
fin che l'ultimo sarà. (bis)

Se qualcuno de noialtri
marciaria malamente
anunziaremo al sior tenente
che "raporto" el ghe farà. (bis)

Se no basta al sior tenente
anunzieremo al capitano
maledeto quel cristiano
che "abinde" el ciaparà. (bis)

E mandemo dirghe a Zara
che i ne manda un bel vapore
che sia belo come un fiore
che con lui vogliam tornar. (bis)

La risposta iera pronta
il vapore ancor più belo
e la "landwer" dal castelo
che zigava "libertà". (bis)

2007/7/6 - 10:33


Non è vero nulla, è uno dei tanti casi di propaganda irredentista, nazionalista e fascista, che è passata a sinistra armi e bagagli, senza alcuna revisione critica.

"Viva Trieste" non era la marcia ufficiale del Reggimento, ma questo ha poca importanza. Non è vero che fosse formato da reclute anziane, non esistevano distinzioni di anzianità. Non è nemmeno vero che spesso mal sopportavano l'Impero Asburgico, ebbero 11 medaglie d'oro e centinaia di altre decorazioni, oltre a diverse centinaia di morti. Non risultano processi per diserzione.

La prima registrazione della canzone fu fatta proprio dall'esercito austro-ungarico, che la diffuse. Demoghèla può significare "diamocela a gambe" ma anche "gliele suoniamo".

Nel 97° reggimento non c'erano fiumani e tantomeno dalmati; il reclutamento si fermava dalle parti di Rovigno e la canzone si diffuse negli ultimi due anni di guerra.

Quello che si cantava ai tedeschi nella 2° guerra era piuttosto "Cara Mamma", sulla musica di Engelandlied, canzone tedesca della prima guerra mondiale, diventata famosissima con il nazismo.

Sandi - 2011/2/4 - 19:16


Beh, può darsi che ci siano state delle forzature, comunque la canzone non mi sembra particolarmente patriottica, o pensi che la versione "ufficiale" fosse in qualche modo diversa? Per quanto riguarda "Cara mamma" in rete ho trovato informazioni solo a proposito di una canzone chiaramente fascista (repubblichina). Esisteva una parodia anche di questa?

Questo articolo da una parte conferma la forzatura della lettura "irredentista" della vicenda del "97mo reggimento".
D'altra parte credo che, da una parte come dall'altra del fronte - a parte pochi esaltati - l'idea del "darsela a gambe" fosse ben radicata!

Lorenzo - 2011/2/5 - 00:04


Credo che Sandi si riferisse a questa "Cara mamma", parodia dell'Engelandlied:

"La vigniva cantada dai triestini che lavorava per la Todt e anche da quei dela guardia civica, quando che i se trasferiva de un posto a un altro, perchè ai gnochi ghe piaseva che la gente catassi quando che i marciava. Solo che no i se acorzeva che i muli li ciolèva pel cùl."

Bartleby - 2011/2/5 - 00:27


Ah quella ce l'abbiamo da tempo e fa parte dei miei ricordi d'infanzia...

Lorenzo - 2011/2/5 - 00:39


Si, sembra che la canzone repubblichina che non conoscevo, cada perfettamente come metrica su Englandlied. Ma l'aderenza con quest'ultima è totale, l'inno falangista mi sembra del tutto estraneo. Tra l'altro, avevo anche saputo che esistevano versioni parodiate degli inni del nazismo, in tutta Europa ed in tutte le lingue.

Probabilmente anch'io me la sarei data a gambe piuttosto che lasciarci la pelle. Ma le cose vanno sempre chiarite... anche il motto triestino "soldà scampà xe bòn per un'altra volta" ha la doppia interpretazione. La seconda ricade sull'abitudine austro-ungarica di favorire le ritirate piuttosto che perdere inutilmente degli uomini. Non se lo potevano permettere, erano numericamente inferiori rispetto a tutti gli eserciti nemici e ci sono molte testimonianze storiche di clamorose assoluzioni, prima tra tutte quella del Capitano Nebesàr, assolto nonostante avesse alzato bandiera bianca sul forte Campo di Luserna.

Vi segnalo che a Trieste, il numero dei volontari per i due eserciti era circa paritario, e che la maggior parte dei triestini non voleva essere annessa all'Italia. Ci avrebbero rimesso da tutti i punti di vista, e questo era chiaro a tutti meno a quel 2% della popolazione che faceva parte dell'Irredentistmo.

Un tanto per chiarire, non per fare propaganda militarista, naturalmente. Solo nella remota ipotesi di dover scegliere, sono più benevolo verso il militarismo di chi si difendeva, piuttosto che quello di chi aggrediva.

Sandi - 2011/2/5 - 15:34


Braccia sottratte all'agricoltura

Quando non si conoscono i fatti o ci si documenta o si va a zappar la terra.

Ferdinando - 2013/8/8 - 09:45


Ne parla anche Paolo Rumiz proprio oggi.

[...]

Guerra. "Krieg" in tedesco, "Rat" in serbo. "War" in inglese. Monosillabi-fucilate di un conflitto di cui nessuno immagina la portata. Vienna ha spedito a Belgrado un ultimatum irricevibile ed è finita. Ora si muove la Russia, in aiuto ai fratelli slavi del sud. Poi tocca a Francia e Inghilterra. Che farà l'Italia, si chiedono in tanti. Ma Roma è ancora alleata, e sulla strada della stazione la banda si ferma davanti al consolato d'Italia a suonare la Marcia Reale per re Vittorio, che volterà gabbana. I soldati affluiscono da Trieste, Istria, Dalmazia e retroterra dell'Isonzo. Sloveni, croati e italiani con la stessa bandiera e lo stesso numero: novantasette.

Caro, vituperato novantasettesimo reggimento, ricettacolo di tutte le infamie. Quanto fu denigrato, mi disse mia nonna. Lei non accettava che il fascismo avesse tolto l'onore a quei ragazzi. Che si nascondesse il fatto che triestini, istriani e dalmati avevano combattuto da valorosi su un fronte avverso, e che si fosse inventata la leggenda dei lavativi, i "pomigadori", detti così dalla pietra pomice di chi lava i piatti in cucina invece di combattere. Il fantastico inno del reggimento diceva "Demoghèla", cioè "diamogliela", sottinteso "la fuga" ai nemici. Ma gli italianissimi tradussero in "Diamocela", sottinteso "a gambe". Il paradigma della vigliaccheria. Il reggimento poteva solo esser deriso, non compianto.

È venuta a salutarmi l'amica Marina Rossi, studiosa di storia militare, con un mazzolino di fiori da appuntarmi sul cappello, come ai soldati in partenza. Mi dice che poche ore prima qualcuno ha distrutto il monumento a memoria del "97" nella zona del Monte San Michele, sul Carso. Anche la croce è stata fatta a pezzi. È incredibile che quei ragazzi diano ancora fastidio. "Quei poveri fioi iera sempre in prima linea", brontolava mia nonna. E io, pensando a lei, ho cercato nelle vecchie carte per sapere chi fossero davvero, scoprendo che ebbero vita grama e terribile in un posto chiamato Galizia, tra Ucraina e Polonia, il "cimitero dei popoli e delle nazioni".

La loro fu un'ecatombe, già nel '14, su un fronte scorticato dal vento e dalla neve. Alcuni ebbero medaglie d'oro: ne scrissero con rispetto italianissimi come Scipio Slataper e Silvio Benco, ma nel dopoguerra la loro memoria fu rimossa. Marina ne conosce ogni segreto, è l'unica ad aver frugato negli archivi russi. Sa che persino alle famiglie triestine che cercavano le tombe dei loro cari - racconta - fu negata ogni notizia, e migliaia di morti scomparvero nel nulla. Anche gli elenchi furono occultati. Non un monumento, non un fiore. E ai reduci, di ritorno da interminabili prigionie in Russia, fu imposto di tacere per conservare il posto di lavoro. La "redenzione" di Trieste iniziò con una bugia.

Ma oggi l'armata-ombra ritorna, il centenario del Grande Macello rompe il tabù sulla storia dei vinti. Trieste e Gorizia tirano fuori documenti inediti dalle cassapanche di famiglia. Montagne di documenti. Ho sentito la voce stridula dell'istriano Silvio Ruzzier uscire da un registratore come dal tavolo di una seduta spiritica; ho ascoltato dai figli l'avventurosa prigionia in Uzbekistan di Viktor Sosic e di Josip Skerk; nella casa piena di libri, divani e matrioske di Marina Rossi ho appreso della guerra tremenda di Domenico Rizzatti da Fiumicello. Inediti favolosi. Per questo c'è nervosismo fra i nazionalisti. Qualcuno non vuole che si restituisca l'onore a quei ragazzi. Ma io lo farò, così come lo restituirò agli italiani di Caporetto, accusati di disfattismo dagli stessi generali che li abbandonarono al loro destino.

2013/8/8 - 10:01


Sandi & C. Sarebbe opportuno leggere il lemma "demoghela"nel Vocabolario del Dialetto Triestino dell'autorevole (ma forse un po' fascista) Mario Doria, anche lui evidentemente vittima di un pervicace nazionalismo. Certo che per arrampicarvi sugli specchi ogni occasione è buona, come la storia del 97° reggimento - che merita il massimo rispetto - spedito sul fronte russo nella Ia guerra mondiale.

Fritz 28 - 2013/8/16 - 09:54


Doria non è un cognome triestino, o suo padre arrivò dall'Italia dopo il 1918, nuovo o regnicolo che fosse, oppure il suo è un cognome sloveno mal tradotto come capitò a centomila triestini negli anni '30. Costoro spesso ripudiarono le loro origini e solo in questi anni si sta assistendo ad un diffuso interesse per la memoria concellata.

Che fosse un po' di destra è indubbio, come si legge a questo link dal quale traspare la passione di "latinizzare" tutto ciò che gli capitava tra le mani, tradizione dei glottologi italiani dai tempi di Isaia Ascoli, inventore dell'acronimo "Venezia Giulia", "Venezia Tridentina" e di altri notevoli episodi di etnocidio culturale che si tramandano tutt'ora ma che ometto per brevità.

http://www.istitutoveneto.it/flex/Fixe...

Altro campione del neo irredentismo (quello dopo la seconda guerra mondiale per intenderci) è l'autore di un'altro celebre Vocabolario del Dialetto Triestino, un certo Pinguentini che nella prefazione del suo Dizionario dichiara esplicitamente che il suo scopo era di:

- a questo piacere s'aggiungeva (....) quello non meno sottile e confortevole –dato il triste tempo nel quale le ricerche si svolgevano- di verificare la latinità profonda di molto del nostro parlare popolare. In quei tempi, dai nostri nemici, si sventagliavano in ridda pazza, menzogne d'ogni calibro e stupidità madornali per contestare l'italianità della Venezia Giulia". -

"O dolci e rudi parlate della nostra Istria (segue elenco delle città istriane), sarà possibile che la violenza barbarica vi abbia sradicate, stroncate?"

"veniamo all'apporto slavo che è limitatissimo –al massimo una quindicina di parole in tutto- e trascurabile, riducendosi a povere voci rustiche, storpiate dai triestini che ne ignorano il senso originale e in gran parte usate soltanto burlescamente. Sono voci morte o moriture per il naturale sempre maggiore divario dal rapporto d'importanza fra la città e la campagna slava."

Chiarito che costui era qundi dichiaratamente un neo irredentista se non fascista per i metodi, raccontava un mucchio di balle, perchè ancora oggi nel dialetto triestino si usano centinaia di parole di etimo sloveno e tedesco, di quelle veramente caratteristiche cioè pressochè sconosciute agli altri dialetti, personamente ne ho censite oltre 500 ed il lavoro è iniziato da poco.

Anche il precedente dizionario triestino del Kosovitz, risalente alla fine del 1800 punta tutto sulla latinità.

Il discorso sarebbe lungo, ma per sommi capi si tratta di episodi del processo di etnocidio perpetrato dall'elite borghese italiana a Trieste già ai tempi dell'Austria, in funzione dichiaratamente anti slava. Anche qui il discorso sarebbe lungo.

Pertanto, la credibilità del Doria che persegue gli stessi obbiettivi in maniera più cauta e non dichiarata, è per me pari a zero.

Se voleste degli esempi concreti potrei farne tanti ma andremmo fuori tema.

A proposito del 97° reggimento, un suo battaglione combattè le prime due battaglie dell'Isonzo sul Monte San Michele, poi se ne persero le tracce. C'è ancora un cippo sul Monte San Michele amorevolmente curato dai nipoti e periodicamente danneggiato dai nazionalisti itlaiani.

Molti altri triestini combatterono contro gli italiani sull'Isonzo, ce n'erano parecchi nel 87° Reggimento, nel 47°, nel 22° Feldjäger, nel 7°, nel 66° ed in molti altri per non parlare della Marina e del Battaglione di Volontari "Seebattalion Triest". Se ci allarghiamo di un po' troviamo gli stessi fenomeni nel Friuli austriaco ed in Istria che fornirono rispettivamente due battaglioni di volontari.

Voi vi chiederete forse: "Perchè andarono volontari in quella guerra capitalista?"

Le risposte sono molteplici, la principale è che in quella guerra realmente (secondo me) capitalista, succedeva che un esercito invasore ed aggressore voleva conquistare le loro case e che tra il capitalismo che conoscevano ed il nuovo, preferivano il vecchio. Tra l'altro, sembra che molti di essi fossero socialisti, se devo considerare la mia famiglia come campione, che fornì 16 prozii all'Austria, due dei quali morti proprio sul fronte italiano.

Il primo storico che ammise la verità fu Paolo Sema nel 1995 in un suo noto libro sulla guerra dell'Isonzo che egli chiamava "guerra etnica" ma il lavoro di ricerca di noi, che udimmo un'altra storia narrata dai nostri nonni che ci tenevano sulle ginocchia, prosegue. Alla faccia dei nazionalisti di tutti i tipi e di quelli italiani in particolare, siano essi di destra o di sinistra.

Sandi - 2014/1/7 - 06:55


mamma mi raccontava che nel '14 a Trieste cantavano questa canzone:
Co le teste dei taliani
giogaremo alle barele
e Vittorio Emanuele
metaremo per balin

Anna Luisa Balducci - 2015/11/4 - 12:05


mio nonno, Capodistria 1888, ha combattuto in Galizia ed è stato fatto prigioniero dai russi - di cui ha sempre parlato bene in riferimento alla prigionia - e la sua esperienza è stata così forte da ammutolirlo di fronte a noi ragazzi perchè evidentemente nel cercare una risposta alle nostre domande gli tornava in mente l'orrore provato.
come se non bastasse, il susseguente regime fascista gli ha mandato in guerra gli unici due figli maschi ed è stato un caso se uno è tornato a casa dopo l'8 settembre ed è sopravvissuto alle vicende seguenti e l'altro è uscito vivo dal campo di concentramento in germania.
Mi sembra anche troppo per un uomo solo, anche se oggi (2016!!) assistiamo a cose ben più orrende.

Adriano Milocchi (prima eravamo Milloch) - 2016/3/4 - 10:26


Secondo me bisogna soffermarsi soprattutto sul finissimo umorismo di "Demoghela" Tra l'altro "nunzieremo al capitano" è la perfetta, in questo caso scherzosa traduzione di "Melde gehorsamst", cioè "avviso con il massimo rispetto" una formula obbligatoria con cui i soldati semplici si dovevano rivolgere ai superiori. Ne trabocca "Il buon soldato Schweik" di Jaroslaw Hasek.
L'autore di "demoghela" presumibilmente resta ignoto, e la melodia della canzone potrebbe esser stata presa da qualcuna delle marce eseguite dalle bande militari austriache ogni sabato pomeriggio nelle città dell'impero, anche ben prima della guerra mondiale (come ricordano il grande Roth nel suo "Radetzkimarsch". il triestino di livello europeo Saba nel suo "Canzoniere" e gli indimenticabili Lino Carpinteri e Mariano Faraguna in "Serbidiola".
Enrico Franzil

Enrico Franzil - 2021/3/7 - 17:39


Si può ascoltare qui Demoghèla!

2022/10/19 - 16:11




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