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Language: Turkish


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Bu Mahalle Bizim
[2017]

Şarkı Sözleri ve Müzik / Testo e musica / Lyrics and music / Paroles et musique / Sanat ja sävel :
Grup Yorum

Albüm / Album:
İlle Kavga

È un canto di lotta per la difesa del quartiere. Il linguaggio è esplicito, come e più del solito: colpisci i carnefici, difendi la tua vita di lavoro e sudore. La parola ricorrente è vur : colpisci, sciopera. Spazio alle assemblee popolari e difesa senza esitazioni, anche con le barricate.

Impropriamente, specie in questo contesto, e superficialmente, vur viene tradotto da qualcuno con “spara”, che peraltro non è nemmeno l’accezione principale. Il verbo è vurmak. Ad esempio il grido di battaglia ottomano che incita le truppe alla carica è Vur Hadi! / Dai, colpisci!
Incidentalmente, il grido Urrah deriva proprio dal turco vur ha. D’altronde anche nel mongolo, lingua della stessa famiglia altaica, urakh significa “avanti”.

[Riccardo Gullotta]




Halkımız için atar yüreklerimiz
Onun için bükülmez bileklerimiz
Burası bize vatan, emek, alın teri, can
Savunuyoruz hayatı hiç durmadan
Burası bize vatan, emek, alın teri, can
Savunuyoruz hayatı hiç durmadan

Çıkarız barikata
Umudun raylarıyla
Alnımızda yıldızlı bere
Bu mahalle bizim
And olsun ki sizlere
Geçit yok katillere

Vur vur devrim için
Vur vur cephe için
Vur vur halkım için
Vur vur vur vur

Vur vur katillere
Vur vur cellatlara
Vur vur çetelere
Vur vur vur vur

Hayatı örgütlüyor halk meclisleri
Adaletin peşinde koç yiğitleri
Örgütlenmiş halkız biz
Mahallenin çahanları
Faşizme dur diyen halk çocukları

Çıkarız barikata
Umudun raylarıyla
Alnımızda yıldızlı bere
Bu mahalle bizim
And olsun ki sizlere
Geçit yok katillere

Vur vur devrim için
Vur vur cephe için
Vur vur halkım için
Vur vur vur vur

Vur vur katillere
Vur vur cellatlara
Vur vur çetelere
Vur vur vur vur

Contributed by Riccardo Gullotta - 2020/5/9 - 11:58



Language: Italian

Traduzione italiana / Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös:
Riccardo Venturi, 27-05-2020 09:47

Due parole del traduttore. Traduttore peraltro incompleto, perché c'è una parola (çahan, v. nota 5) che ha resistito ad ogni ricerca e interpretazione e sulla quale chiedo lumi a chi possa. Nella traduzione mi sono attenuto all'interpretazione di vurmak (“colpire”) proposta da Riccardo Gullotta, ma avrei comunque qualcosa da dire. Il verbo vurmak ha delle accezioni piuttosto vaste, è assolutamente vero, e ha persino una doppia rezione: può reggere l'accusativo e il dativo. In questa canzone regge regolarmente il dativo (katillere, cellatlara, çetelere) e, col dativo, il significato di “sparare” (o “colpire per uccidere”) non è per niente secondario. All'inizio della canzone, del resto, si sentono chiaramente colpi di arma da fuoco; d'accordo la difesa, ma non ho mai sentito parlare di una barricata dalla quale non si spari. Secondo me è bene precisare che le canzoni del Grup Yorum non sono semplicemente “canzoni di lotta” astratta o letteraria: sono canzoni di guerriglia e di incitamento alla lotta armata, difesa o attacco che sia. Secondo me non sono né fraintendibili, né edulcorabili; sarebbe far loro torto, e questo spiega anche il terribile accanimento del regime turco nei confronti del gruppo per il quale si potrebbe davvero adoperare la vecchia definizione di guitarra armada dei tempi di Carlos Mejía Godoy che spiegava in musica come armare un Fal o un Garand.
QUESTO QUARTIERE È NOSTRO

I nostri cuori gettati per il nostro popolo
Per questo i nostri polsi non si piegano
Per noi qui c'è patria, fatica, duro lavoro, vita, [1]
Difendiamo la vita senza fermarci
Per noi qui c'è patria, lavoro, sudore, vita,
Difendiamo la vita senza fermarci

Andiamo alla barricata [2]
Coi binari della speranza,
Berretto stellato sulla fronte
Questo quartiere è nostro
E, lo giuriamo, vostro,
Gli assassini non passeranno! [3]

Colpisci, colpisci per la rivoluzione
Colpisci, colpisci per il fronte
Colpisci, colpisci per il mio popolo
Colpisci, colpisci, colpisci, colpisci

Colpisci, colpisci gli assassini
Colpisci, colpisci i boia
Colpisci, colpisci le bande di briganti [4]
Colpisci colpisci colpisci colpisci

Le assemblee popolari stanno organizzando la vita
Giovani valorosi perseguono la giustizia
Noi siamo popolo organizzato
[…] del quartiere [5]
Ragazzi del popolo che dicono stop al fascismo

Andiamo alla barricata
Coi binari della speranza,
Berretto stellato sulla fronte
Questo quartiere è nostro
E, lo giuriamo, vostro,
Gli assassini non passeranno!

Colpisci, colpisci per la rivoluzione
Colpisci, colpisci per il fronte
Colpisci, colpisci per il mio popolo
Colpisci, colpisci, colpisci, colpisci

Colpisci, colpisci gli assassini
Colpisci, colpisci i boia
Colpisci, colpisci le bande di briganti
Colpisci colpisci colpisci colpisci
[1] All'ascolto, si sente chiaramente pronunciare emeç, ma può trattarsi di una pronuncia locale o fonosintattica. Alın teri significa alla lettera “sudore della fronte”, ma è una comune metafora per “lavoro duro” (non solo in turco, ovviamente)

[2] Si potrebbe anche intendere come “saliamo sulla barricata” (il verbo çıkmak è assai vasto nella sua direzionalità: “andare, andare avanti, avanzare, assaltare; salire [sopra]; scalare; ascendere” ecc. ecc.)

[3] Lett.: “non c'è passaggio per gli assassini”, los asesinos no pasarán!.

[4] Il turco çete “banda armata” (di ladri, briganti ecc.) è attestato ( چته‎) già nel turco ottomano prima del 1512 e deve avere a che fare col verbo çatmak “colpire, rubare”. E' stato ripreso ben presto nella lingua serba: чета (četa), da cui i četnici. Può significare anche semplicemente: guerriglieri.

[5] Si veda l'introduzione alla traduzione. Della serie: qui mi sono arreso veramente, e bisogna anche sapersi arrendere quando occorre. Un ultimissimo tentativo con un participio di un presupposto verbo *çahmak ha dato gli stessi risultati: zero. Ma ovviamente soli dieci anni di turco (che “emergono” solo adesso) non possono bastare.

2020/5/27 - 09:48


@ Riccardo Gullotta

Caro Riccardo, prima ancora di mettermi a tradurre questa canzone mi permetterai una precisazione. Ci andrei molto cauto con l'attribuzione del turco (e delle lingue turciche) alla “famiglia altaica” (e ancor di più alla “famiglia uralo-altaica” nella quale alcuni volevano includere anche le lingue ugrofinniche per certe concordanze strutturali). L'ipotesi dell'esistenza di una “famiglia altaica” è tuttora molto dibattuta, e, detto in estremi soldoni, si tende oggi a considerare certe concordanze come dovute a vicinanza e prestiti tra le varie lingue, e non all'appartenenza ad una vera e propria famiglia linguistica. C'è stato un periodo in cui la “famiglia altaica” (o “uralo-altaica”) era stata spinta talmente in là da comprendere non solo l'ungherese e il finlandese, ma anche il giapponese, l'ainu e il coreano (e persino il tamil, le lingue paleosiberiane e alcune lingue amerindie!). Poi è stato tirato in ballo il “nostratico”; il passo successivo, viene quasi da dire, sarebbe stata la famosa "teoria iafetica" di Marr con le sue quattro sillabe primordiali (sal, ber, yon, rosh).

Sono parecchio scettico anche sull'etimologia di (h)urrà(h), per la quale i (para-)etimologi si sono sbizzarriti come nel caso di altri gridi e/o interiezioni; questa del vur ha turco non la avevo, sinceramente, mai sentita (fonte?), ma comunque sono stati tirati fuori gridi di guerra cosacchi (in una lingua /altaica?/ non precisata, gu-rai! vorrebbe dire nientepopodimeno che “Verso la beatitudine del paradiso!”), gli immancabili celti (possibilmente druidi), alterazione di gridi alto-tedeschi antichi, pestoni di piedi tra gli Jatvingi, calli doloranti tra i Sanniti e incitamenti marinareschi del tardo '800. Insomma, come dire: il caro, vecchio Athanasius Kircher è sempre in agguato... [Saluti cari]

Riccardo Venturi - 2020/5/26 - 21:18


Caro Riccardo, Ο Πρώτος dei linguisti,
le tue osservazioni sono sempre centrate ed interessanti, d’altronde quando si tratta di linguistica e glottologia la tua competenza è ben nota e si può solo apprendere.

Da profano avevo percepito che c’era qualcosa di non ben definito nella famiglia “altaica”. Ora so che mentre sono assodate la consistenza delle famiglia di lingue turciche, mongoliche e tunguse, rimane aperto il dibattito se tali famiglie fanno parte di un ceppo comune, cioè di un gruppo altaico. Da una lettura frettolosa ho appreso che tale tesi fu sostenuta da Poppe e Sergei Starostin e , tra i viventi, da Ramer ; tra i contestatori figurano il finlandese Janhunen e Stefan George. Ciò che mi è sembrato curioso (sempre da profano) è che il prof. George è coautore con altri studiosi, compreso il citato Ramer, di una memoria per il Journal of Linguistic in cui si sostiene invece che “The hypothesis of an Altaic language family… continues to be a viable linguistic proposal, despite various published claims that it is no longer accepted” . Ora, la pubblicazione è della Cambridge University, quindi sarebbe da escludere la superficialità.Chissà se in qualche pausa tu non ci possa dare qualche dritta e il tuo parere.

Intanto ti invio il link ad un sito che, proseguendo i lavori di Starostin , raccoglie una miniera di informazioni. Se mai tu avessi voglia ( e scommetto che ce l’hai) di cimentarti con il mongolo, pardon, con la famiglia mongolica, troverai parecchio materiale: altaico
Per quanto riguarda gli urrah le fonti sono : Vur ha ed un’asserzione dello studioso di cultura mongola Jack Weatherford nel suo libro “Genghis Khan and the Making of the Modern World:” The Europeans even picked up the Mongol exclamation hurray as an enthusiastic cry of bravado and mutual encouragement.

A te, praticamente turcofono, non occorrerà ; riporto comunque un estratto sulla preposizione Ha(di), trovato in un forum:
“So the particle in question is "ha(y)" as in "hay ağzına sıçayım!" "hay kafanı sikeyim!" (roughly, "I shit in your mouth" and "I fuck your head") ... It can occur in phrases like "hay Allah!" (in the case of an unpleasant surprise, "now what!" situation)."Ha" can act differently, as in "vur ha!" (close to "vur hadi" with a meaning "hit it now, or afain," etc.). Also "ha gayret" is a fixed phrase in which "ha" is definitely for encouragement.”

La tua citazione di Kirchner (si potrebbe citare in sua vece o in aggiunta l’abate Vella e il calligrafo della banda della Magliana) e il tuo messaggio rimangono certamente valide raccomandazioni: più etimologia e meno para.

L’unico riferimento a çahan che ho trovato ha a che fare con il vasellame o la cucina (???): qui.

Infine, l’osservazione che mi sembra ancora più importante è l’ultima che hai fatto, quella sul rapporto tra la band e il tipo di lotta. Riconosco che le tue considerazioni sono fondate e fanno riflettere.
Mi sorge a questo punto un dubbio: il regime per molto meno ha sbattuto nelle carceri di massima sicurezza anche avvocati, giornalisti, intellettuali che non avevano minimamente fatto cenno né allusione ad una difesa armata. Perché avrebbe lasciato la band a piede libero per tanti anni sino al 2018, anche se opprimendoli? Con il consenso quasi plebiscitario che il tiranno aveva sino a due, tre anni fa e con i numerosi precedenti di repressione feroce al minimo tentativo di dissenso, come mai hanno atteso anni lui e la classe dirigente dell’AKP per eliminare la band quando avrebbe potuto screditarli facilmente come pericolosi estremisti sovversivi anni prima?

un caro saluto

Riccardo Gullotta - 2020/5/27 - 19:47




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