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Il 25 aprile spiegato ai bambini

Rocco Rosignoli
Lingua: Italiano


Rocco Rosignoli

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Il 25 aprile spiegato ai bambini


La voce narrante e le musiche di Rocco Rosignoli per raccontare ai bambini, con una filastrocca, che cos'è il 25 Aprile. Da un'idea dell'Anpi di Parma, a pochi giorni dalle celebrazioni che quest'anno, a causa del coronavirus, non potranno essere aperte alla cittadinanza.
Voi bambini tutt'intorno date ascolto al cantastorie,
vi racconto le memorie che dan vita a questo giorno.
Cosa sono i partigiani? Perché son così importanti?
Voi che siete belli e tanti, e col futuro tra le mani,
immaginate che un'oscura nube scenda sulla vita
e che ci sfugga tra le dita quella libertà più pura
che viviamo nei bei giorni della calda primavera,
e che presto sarà vera e sarà ancora nei dintorni.

Dei bambini ancor più piccoli di voi che m'ascoltate
sono nati in tempi bui, e ci son pure cresciuti.
C'era un uomo grasso e calvo, si faceva chiamar Duce,
comandava a tutti quanti di marciare tutto il giorno.
Proprio tutti! Dai bambini che marciavano d'intorno
alla sua scuola, fino ai grandi che marciavan col fucile.
Qualche volta comandava ai giovanotti di partire
per la guerra, e sono in tanti che non fecero ritorno.

Qualche volta comandava d'ammazzare tutti i neri,
rincorrendo sui sentieri i poveretti d'Eritrea.
Si credeva un gran guerriero, ma era un bullo che pestava
solamente chi era debole ed era senza una difesa.
Coi più forti a capo chino sorrideva ed obbediva.
Così fece anche con Hitler, l'amichetto di Berlino,
che all'inizio era un suo allievo e poi divenne più potente,
e marciò su tutta Europa macellando case e gente.

Quei bambini ch'eran molti quando il Duce comandava
con il tempo che passava s'eran fatti quasi adulti.
Ed il Duce scese in guerra, e mandò tanti col fucile
via dal loro campanile per sparare all'altra gente.
Nella guerra ci sta sempre chi non torna più dal fronte,
e i ragazzi già stremati dalla vita prigioniera
che quel grasso pelatone da vent'anni gli imponeva
si decisero a cambiar quel brutto mondo alla sua fonte.

Salutati mamma e babbo, salutato il loro amore,
i ragazzi e le ragazze di quella generazione
se ne andarono sui monti e con le armi scalcagnate
cominciarono a dar calci nel sedere al Duce e ai suoi.
Sono questi i partigiani, dei ragazzi come voi,
che han deciso di dir basta a chi voleva macellare
mezzo mondo e poi marciare su montagne di macerie,
che alla guerra han preferito cose più belle e più serie.

Tanti mesi han resistito rifugiandosi tra i monti,
tra i torrenti, sotto i ponti, tra gli agguati dei tedeschi.
Combattendo con coraggio tra le cime e le vallate,
da settembre all'altra estate, e ancora fino a primavera.
Poi la sera calda e dolce di un bel giorno soleggiato
nel paese liberato vengon giù dalle montagne.
L'invasore se n'è andato, non gli serve più il fucile:
Ora son liberi e in pace. Era il venticinque aprile.

inviata da Sophionki - 24/4/2020 - 13:01


I partigiani

Non è per via della gloria, che siamo andati in montagna, a far la guerra. Di guerra eravam stanchi, di patria anche. Avevamo bisogno di dire: lasciateci le mani libere, i piedi, gli occhi, le orecchie; lasciateci dormire nel fienile, con una ragazza. Per questo abbiam sparato, ci siamo fatti impiccare, siamo andati al macello col cuore che piangeva, con le labbra tremanti. Ma anche così sapevamo che di fronte a un boia di fascista noi eravam persone, e loro marionette. E adesso che siam morti non rompeteci i coglioni con le cerimonie, pensate piuttosto ai vivi, che non debbano perdere anche loro la giovinezza.

[Nino Pedretti, Al vòusi e atre poesie in dialetto romagnolo, Torino, Einaudi 2007, pp. 17-18, la poesia si intitola I partigièn]

Reperito su www.paolonori.it

daniela -k.d.- - 26/4/2021 - 11:40




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