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Seminatori di grano

Gianmaria Testa
Langue: italien


Gianmaria Testa

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Dall'album "Da questa parte del mare" (2006). È un concept album sulle migrazioni moderne, senza demagogia, faciloneria o retorica. Gianmaria Testa ha dichiarato, a proposito: "io parlo di quel razzismo istintivo che hanno perfino i bambini, che è il razzismo verso una qualche diversità. Questo razzismo va combattuto con intelligenza, con ragionamento. Me lo spiego benissimo quello degli italiani, compreso il mio senso di fastidio, qualche volta. Me lo spiego, ma non lo accetto, sono due cose diverse: me lo spiego, ma penso che non sia giusto averlo e che bisogna contrastarlo in qualche modo".

Nei concerti, prima di cominciare legge sempre questa poesia, la stessa che compare nel testo di Solo andata:

"Naufragi"
(Erri De Luca, dalla raccolta "Solo andata")

Nei canali di Otranto e Sicilia
migratori senz'ali, contadini di Africa e di oriente
affogano nel cavo delle onde.
Un viaggio su dieci si impiglia sul fondo,
il pacco dei semi si sparge nel solco
scavato dall'ancora e non dall'aratro.
La terraferma Italia è terrachiusa.
Li lasciamo annegare per negare.


Seminatori


Tratto dallo spettacolo Chisciotte e gli invincibili, di e con Erri De Luca, Gianmaria Testa, Gabriele Mirabassi, registrato nel 2006 al Teatro Stabile di Genova.

Sono quattrocento anni che abbiamo tra le mani il libro di Chisciotte, quattrocento anni che è stato fatto questo regalo al popolo dei lettori, e a noi questo libro è piaciuto così tanto che abbiamo deciso di contare il tempo a partire da quella data. Quattrocento anni di Chisciotte tra le mani, siamo nel 400 D.C., dopo Chisciotte, il quale è l'ultimo arrivato dei cavalieri erranti, l'ultimo iscritto a tempo ormai abbondantemente scaduto. Da secoli nessuno lo ha investito, nessuno lo ha autorizzato, si è invitato da sè, dopo una grande scorpacciata di lettura circa le imprese, le leggende di quei famosi eroi, i quali tutti loro -quegli eroi- sono dimenticati, mentre sopravvive il ricordo di quel visionario che li voleva imitare, Chisciotte.
Succede, che scompaiano i nomi dei re, dei potenti, di quelli che in terra hanno esercitato la potenza, e invece resiste quello di uno scalcagnato vagabondo della impotenza, Chisciotte. E' una delle poche giustizie che riconosco alla storia.
E insieme a lui sopravvive il suo cavallo, Rosinante, da noi tradotto bene con "Ronzinante", e quel suo scudiero, Sancho, e l'asino, naturalmente, sotto di lui. E insieme questa piccola squadra di bipedi e quadrupedi forma la sagoma essenziale dell'avventura che ci sta a cuore raccontare stasera, che è quella degli invincibili: invincibile Chisciotte, che non ne ha mai vinta né azzeccata una; perché per noi di stasera, per noi di passaggio, invincibili non sono quelli che stanno sempre sul gradino più alto del podio, posto scomodo da conservare a lungo, alla fine prima o poi qualcuno ti butta giù da là sopra.
Ma invincibili sono quelli che non si lasciano abbattere, scoraggiare, ricacciare indietro da nessuna sconfitta, e dopo ogni batosta sono pronti a risorgere e a battersi di nuovo.
Chisciotte che si tira su dai colpi e dalla polvere pronto alla prossima avventura, è invincibile. Stasera lo cantiamo e lo raccontiamo approfittando di versi di poeti, di poeti che ci sono piaciuti e ai quali abbiamo aggiunto un po' di musica nostra per andare meglio sottobraccio, per esempio quella d'inizio, di Don Chisciotte, porta i versi di Nazim Hikmet, poeta turco del 1900.
E il "noi" di stasera eccolo qua: è formato da mastro Fulvio che si occupa delle luci, da mastro Francesco che si occupa delle voci e dei suoni, da don Gabriele Mirabassi detto "il polmone" che impugna il suo clarinetto come un principe impugna il suo scettro, da don Gianmaria Testa detto "trinità" perché le musiche le suona, le canta e le fa, che abbraccia la sua chitarra, e da me che non abbraccio niente. Tutti insieme, noi tre, siamo abbastanza rappresentativi dell'unità d'Italia: c'è il Piemonte con Gianmaria, c'è l'Umbria, il centro, con Gabriele, e poi c'è il sud con me, di Napoli. Riusciamo anche a rappresentare la bandiera tricolore, il bianco delle nevi delle Alpi, il verde dei boschi dell'Umbria, e il rosso.
"Il rosso di che cosa?" Il rosso ci vuole dentro questa bandiera, non mi fare il causidico...
"Il rosso di che?" Il rosso... pomodoro. Agro sarnese nocerino, varietà sanmarzano, sempre sia lodato!
E a questo tavolo c'è anche una sedia vuota perché noi la lasciamo a Chisciotte, pensiamo che ogni sera, in ogni sala ce n'è almeno uno, e non è detto che sia di genere maschile.
Io per esempio conosco una donna che scala tutte le più grandi alture della terra, sopra gli 8000 metri, e lo fa senza scorta di ossigeno, utilizzando solo quello stentato che riesce a filtrare nei suoi polmoni, e soprattutto senza portatori di alta quota, senza nessuno che le sollevi dalle spalle il carico del su e giù dei materiali da portare là sopra e da riportare indietro. Nives Meroi, così si chiama questa donna, fa delle mosse da Chisciotte dove più scarseggiano l'aria e le forze; ecco che per lei, e per quelli come lei che giocano pulito con il mondo, questa sedia sta.
Invincibili per noi sono, per esempio, gli uomini e le donne della valle di Susa, che sono costretti a battersi a oltranza contro il gigante che viene a trapanare e ad avvelenare l'aria, l'acqua, il suolo della loro vallata spinto da tutte le forze e da tutti gli interessi economici costituiti. Loro, la loro piccola unanimità è costretta a battersi e si batterà, e sarà materialmente, necessariamente invincibile.
Invincibili per noi sono i migratori, quelli che traversano il mondo a piedi, per raggiungerci e non si fanno fermare da nessuna espulsione, da nessun naufragio, da nessun campo di concentramento, chiamato da noi per non disturbarci troppo le orecchie "centro di permanenza temporanea", le miriadi di donne e di uomini che si spostano a piedi per il mondo, e così spostano il mondo, non possono materialmente essere fermate.


Sono arrivati che faceva giorno
uomini e donne all'altipiano
col passo lento, silenzioso, accorto
dei seminatori di grano.

E hanno cercato quello che non c'era
fra la discarica e la ferrovia.
E hanno cercato quello che non c'era,
dietro i binocoli della polizia
e hanno piegato le mani e gli occhi al vento
prima di andare via.

Fino alla strada e con la notte intorno
sono arrivati dall'altipiano
uomini e donne con lo sguardo assorto
dei seminatori di grano.

E hanno lasciato quello che non c'era
alla discarica e alla ferrovia.
E hanno lasciato quello che non c'era
agli occhi liquidi della polizia
e hanno disteso le mani contro il vento
che li portava via.

envoyé par Antonio Piccolo - 21/6/2007 - 12:50




Langue: français

Version française de Marco Valdo M.I. – 2008

Chanson italienne – Seminatori di grano – Gianmaria testa – 2006

De l'album "Da questa parte del mare" (2006). C'est un album construit sur le concept des migrations modernes, sans démagogie, sans facilité ou rhétorique. Gianmaria Testa a déclaré à ce propos : « Je parle de ce racisme instinctif qu'ont jusqu'aux enfants, qui est le racisme envers n'importe quelle différence. Ce racisme doit être combattu par l'intelligence, par le raisonnement. Je m'explique très bien celui des Italiens, y compris mon sentiment d'aversion, quelquefois. Je me l'explique, mais je ne l'accepte pas. Ce sont deux choses différentes : je me l'explique, mais je pense qu'il n'est pas juste de l'avoir et qu'il faut le contrecarrer, de quelque manière. »
Dans les concerts, avant de commencer, il lit toujours cette poésie :

Naufrages
(Erri De Luca, du recueil "Solo andata")

Dans le canaux d'Otrante et de Sicile
Des migrateurs sans ailes, paysans d'Afrique et d'Orient
Se noient dans le creux des vagues.
Un voyage sur dix s'accroche au fond.
Le paquet de semences se répand dans le sillon
creusé par l'ancre et pas par l'araire.
La terre ferme de l'Italie est une terre fermée.
Nous les laissons se noyer pour nier.
Semeurs de grain.

Ils sont arrivés qu'il faisait jour
des hommes et des femmes sur le plateau
d'un pas lent, silencieux, précautionneux
des semeurs de grain.

Et ils ont cherché ce qu'il n'y avait pas
entre la décharge et la voie ferrée.
Et ils ont cherché ce qu'il n'y avait pas,
derrière les jumelles de la police
et ils sont serré leurs mains et leurs yeux au vent
avant de s'en aller.

Jusqu'à la route et avec la nuit autour
sont arrivés du plateau
des hommes et des femmes avec le regard absorbé
des semeurs de grain.

Et ils ont laissé ce qu'il n'y avait pas
à la décharge et à la voie ferrée.
Et ils ont laissé ce qu'il n'y avait pas
aux yeux liquides de la police
et ils ont déserré leurs mains face au vent.
Qui les emportait.

envoyé par Marco Valdo M.I. - 15/7/2008 - 10:30




Langue: allemand

Versione tedesca di Andrea Briel
GETREIDERSÄER

Sie kamen beim Morgengrauen an,
Männer und Frauen aus dem Hochland,
mit dem langsamen, schweigsamen, aufmerksamen
Schritt der Getreidesäer.

Und sie suchten das, was es nicht gab,
zwischen der Müllhalde und den Gleisen,
und sie suchten das, was es nicht gab,
in den Feldstechern der Polizei,
und sie falteten die Hände und die Augen im Wind,
bevor sie weggingen.

Bis zum Ende der Straße und mit der Nacht um sich herum
kamen sie aus dem Hochland
Männer und Frauen mit dem gedankenverlorenen Blick
der Getreidesäer.

Und sie ließen zurück, was es nicht gab
auf der Müllhalde und den Gleisen
und sie ließen zurück, was es nicht gab,
in den feuchten Augen der Polizisten
und sie streckten die Hände gegen den Wind aus,
der sie forttrug.

envoyé par Andrea Briel - 30/3/2016 - 20:02




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